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«Lavoravo 14 ore al giorno, non mi hanno mai saldato» Le testimonianze di chi veniva tenuto buono con false promesse

Sono in gran parte romene, donne, quelle che ci hanno rimesso gli stipendi nella vicenda di un pugno di hotel tra Rimini e Cesenatico. Arrivate alle strutture dal passaparola di colleghe, avviate al lavoro ma tenute legate con acconti di poche centinaia di euro che rimandavano a saldi dei quali non si sa bene l'esito. Come Loredana, che sapeva «che c'erano stati problemi all'hotel Mosè, ma l'anno scorso, e mi dicevano che era cambiata la gestione» Ha iniziato a lavorare il 9 giugno. Da allora «mi hanno dato un acconto di 300 euro in due mesi. Ho chiesto di avere gli altri soldi ma chi gestisce la struttura dice che sono lì solo per assistere i clienti dell'agenzia». Racconta che il lavoro gliel'ha indicato una persona «che lavorava alla Caritas», in azienda le avevano promesso «900 euro al mese e il lavoro andava dalla mattina alle sette alle 9 di sera, prima alle camere, poi a lavare i piatti, le pulizie, la lavanderia. Il 15 giugno sono caduta e mi hanno portato in ospedale - racconta - mi hanno chiesto quante ore facevo e gli ho detto 6. Il medico mi ha guardato, avevo gli occhi grossi - e indica i pestoni sotto le palpebre- e mi ha detto "tu ne fai molte di più"».

Florea invece ha lavorato il primo anno in campagna, al sud. Poi attraverso un'agenzia romena è approdata ad un hotel al Lido di Savio. All'agenzia, come la chiama lei, ha pagato 250 euro e poi 200. Prendeva 1100 euro mese con vitto e alloggio per lavorare dalle otto di mattina alle 2 e poi dalle 6 alle 9,30, senza giorni liberi. «Qui è passato un mese, poi un altro e alla fine mi hanno dato un anticipo di 250 euro. Poi mi dicevano "domani vi pago, domani vi pago" ma il domani non è venuto mai. E l'albergo era sempre pieno, la gente c'era...».

Poi è la volta di Mbaye, anche lui aspetta notizie alla Camera del Lavoro Cgil di Rimini. Faceva il tutto fare in cucina, dove «non c'era un cuoco ma gente che andava e veniva». Vive a Rimini da due anni con i fratelli e in questi mesi, racconta non è mai «stato pagato regolarmente. Dopo un mese ho protestato e allora mi hanno dato un acconto di 250 euro: li ho presi per tenere il lavoro» Poi estrae dalla tasca alcune carte: «non posso pensare solo a me, ho la famiglia in Senegal» e mostra una ricevuta Money Trasfert di 190 euro. «Gli altri li ho tenuti io, devo pur vivere...»

Storie di chi è sceso in strada sul lungomare di Rimini, Torre Pedrera, dopo che, esaurite le promesse, volevano togliere ai lavoratori anche l'alloggio. Al tavolo delle trattative la Filcams Cgil, mentre in strada ci sono i ragazzi dell'associazione Rumori sinistri, tutti vegliati dalle forze dell'ordine. «Lo scorso 12 agosto - dice Manila Ricci, dell'associazione - è stato chiuso un albergo perché ospitava venditori abusivi e merce contraffatto. Questo albergo invece è ancora aperto: questo ci dice che le istituzioni locali tutelano più la merce delle persone. Persone che tengono in piedi il nostro sistema turistico». E mentre lo dice, il Comune dirama una nota sui controlli appena fatti nella struttura, «a tutela di tutti gli operatori turistici che gestiscono le attività con grande professionalità e nel rispetto delle norme, degli ospiti che scelgono Rimini per le loro vacanze e degli addetti del settore».

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