Il 14 dicembre abbiamo un impegno: essere partner del Romagna Business Meeting, l'evento di Confindustria Romagna e Confindustria Forlì Cesena a Castrocaro Terme. Veniteci a trovare a desk Target Sinergie , venite ad ascoltare le nostre proposte per le aziende per migliorare attraverso l'outsourcing la produttività dell'impresa: il nostro Gianluca Fabbri spiegherà la ricetta professionale Target Sinergie nella gestione dei reclami per la customer service a partire dalle ore 14,30.
Nel salone Piacentini invece troverete il nostro team commerciale e, per l’occasione, potrete festeggiare con noi i 30 anni del gruppo Target Sinergie e magari sfruttare la photo opportunity che abbiamo predisposto per i nostri ospiti. MA ci sono anche tante altre buone motivazioni per fare un salto a Castrocaro Terme, presso il Grand Hotel & SPA - Terme di Castrocaro, in Via Roma, 2: il programma predisposto da Confindustria Romagna e Confindustria Forlì Cesena. Si prega di comunicare l’adesione a iscrizioni@romagnabusinessmatching.it entro e non oltre il 12 dicembre.
Ecco il programma
Ore 10.45: accredito partecipanti
Ore 11.00: illustrazione del nuovo sito Romagna Business Matching e app Confindustria Romagna e Confindustria Forlì Cesena
Ore 11.40: presentazione “Connext - il primo evento Nazionale di partenariato industriale di Confindustria” - Milano MICO 7 e 8 febbraio 2019 – alla presenza della Vice Presidente di Confindustria Licia Mattioli
Ore 12.45-13.30: buffet di networking
Ore 13.30-16.00: presentazione delle aziende partner di Romagna Business Meeting
Ore 16.00: lancio del servizio A.B.C., Autovalutazione per un Business Consapevole, e di Smart Tech, servizio di supporto nel percorso di digitalizzazione
Ore 17.00: presentazione del nuovo brand Romagna Business Multiservice, che riunisce le proposte di Romagna Servizi Industriali e Assoservizi Romagna
Ore 18.00: brindisi augurale
rbm_fb_14-12-18.jpg team_commerciale_target_sinergie_pa.jpg Eventi Notizie Facility Management LogisticaRimini – Vin brulé e castagne: la Cooperativa Sociale Cento Fiori invita amici, cooperatori, clienti, dipendenti e parenti ad una festa ruspante dalle ore 16 di […]
L'articolo Marecchia Social Fest – Aspettando Natale! proviene da Cento Fiori, Rimini.
di Simona Di Marco
Il lavoro clinico con richiedenti si svolge necessariamente in integrazione con il sistema dell’accoglienza e passa dall’incontro con gli operatori di SPRAR e CAS che sono, nella maggior parte dei casi, coloro che formulano la richiesta d’aiuto.
Partiamo dunque dal presupposto che la clinica in questo ambito sia una clinica di confine, decostruita e ricostruita attraverso una mediazione continua con altri sistemi e altri mondi.
Crediamo che una modalità di lavoro di gruppo sia essenziale nei vari ambiti e nei vari setting istituzionali sia dell’accoglienza sia della Cura.
Attraverso un setting di gruppo si può costruire una clinica integrata che tenga insieme aspetti sociali e sanitari.
Nel lavoro con i richiedenti evidenziamo diverse difficoltà dovute agli effetti del trauma e delle diversità culturali sulla relazione d’aiuto.
Sappiamo che i richiedenti sono portatori di vulnerabilità post-traumatica e sono pertanto ad alto rischio di sviluppare disturbi psicopatologici.
La vulnerabilità può emergere sotto forma di disagio psicologico nei luoghi di vita, nei CAS e negli SPRAR, in ogni momento del percorso di accoglienza.
Gli effetti del trauma possono rivivere nella relazione d’aiuto operatore-utente e generare difficoltà di comunicazione e vissuti emotivi molti intensi.
Sappiamo che è fondamentale intercettare precocemente la vulnerabilità affinché non diventi disturbo e non arrivi a compromettere il funzionamento sociale.
La fase di uscita dai percorsi di accoglienza può essere molto complessa soprattutto quando il progetto di inclusione non è stato realizzato.
Questa è una fase molto difficile in cui il disagio psicologico può riemergere o manifestarsi per la prima volta.
Chi lavora nell’accoglienza è esposto quotidianamente agli effetti del trauma.
Gli effetti traumatici dei richiedenti si trasmettono in chi li ospita e si riflettono a livello delle istituzioni. Ma soprattutto le conseguenze del trauma rivivono nella relazione operatore-richiedente. In questa relazione d’aiuto sono contenuti importanti aspetti terapeutici.
L’operatore dell’accoglienza è infatti la prima persona con cui il richiedente può costruire una relazione umana e gettare le basi per una esperienza di fiducia.
Possiamo dunque supporre che vi siano aspetti transferali e controtransferali che si sviluppano nelle relazioni fra il richiedente e il sistema dell’accoglienza e della cura.
Ci sono transfert positivi e negativi che il richiedente sviluppa nei confronti dell’operatore e dell’Istituzione dell’Accoglienza.
A volte l’operatore può essere investito da un potere molto grande e da aspettative che possono apparire irrealistiche.
L’operatore può a sua volta, sviluppare diversi tipi di controtransfert. Pensiamo che possa sentirsi frustrato se investito da aspettative troppo grandi o provare ambivalenza quando deve rispondere a mandati istituzionali nei quali non si riconosce.
Possono inoltre svilupparsi vissuti emotivi correlati alle differenze culturali e ad incomprensioni di codici e linguaggi (contro-transfert culturale).
E che tipo di tranfert sviluppa il richiedente nei confronti dell’Istituzione sanitaria o della salute mentale? Che tipo di fantasie, aspettative, corrispondenze si mettono in moto? Dove si incontrano gli equivalenti dei nostri luoghi di cura?
E che tipo di controtransfert si attiva in noi operatori sanitari?
La relazione con queste persone passa dunque attraverso tutti questi elementi che, se non vengono riconosciuti ed elaborati, possono condizionare la relazione d’aiuto e influire sulla riuscita del percorso di accoglienza.
Come sostiene Abdelmalek Sayad “ci sono elementi controtransferali che, se non riconosciuti e contenuti, possano generare relazioni violente ed espulsive”.
Pensiamo che il dispositivo gruppale possa proteggere da tutti questi aspetti.
Partiamo dall’utilizzo del setting gruppale nella clinica.
Nella clinica con i migranti i nostri riferimenti teorici sono quello etnopsichiatrico e quello etnopsicoanalitico di Devereux e Nathan.
“E’ un tipo di setting quello di gruppo”, come sostiene Nathan, “al quale il migrante più facilmente si appoggia, in quanto in esso riconosce la propria cultura gruppale”.
Il gruppo inoltre apporta dei vantaggi ai terapeuti proteggendoli da emozioni intense che il contatto con l’alterità suscita. Permette l’elaborazione del controtransfert e la sua trasformazione in strumento di conoscenza.
Se nel setting, sia esso individuale o gruppale, si riattivano le relazioni del pazienti, si può affermare come sostiene Bleger che, “nel caso dei migranti, nel setting gruppale, si riattivino i legami con le matrici culturali originarie”.
“Il dispositivo gruppale”, secondo Nathan, “consente il passaggio da un dialogo della coppia “paziente-terapeuta” ad un dialogo fra “gruppi sociali” (gruppo del paziente e gruppo del terapeuta)”.
Nel nostro setting di colloqui clinici all’interno del CSM (psichiatra, infermiere, psicologo e un assistente sociale) includiamo sempre il mediatore culturale e generalmente l’operatore dell’accoglienza.
Parliamo di un setting dunque che è interistituzionale, che mette insieme aspetti sociali, sanitari e culturali.
Riteniamo che la presenza dell’operatore dell’accoglienza nel setting possa svolgere diverse funzioni.
L’operatore può fungere da elemento di congiunzione fra sociale e sanitario; può favorire il racconto della storia del richiedente e aiutarlo ad esplicitare difficoltà nelle relazioni nel contesto di vita.
Abbiamo osservato che in alcuni casi la presenza dell’operatore ha invece ostacolato la libera espressione di vissuti del richiedente, questo soprattutto quando emergevano difficoltà nella relazione fra richiedente e operatore.
Il gruppo ha in questo caso funzionato anche come contenitore di aspetti tranferali e controtransferali generati nella trama di relazioni dentro i CAS e gli SPRAR.
La clinica con i migranti ci porta ad una riflessione su alcuni aspetti del setting (inquadramento): il tempo, lo spazio, i luoghi, il compito.
Il tempo del colloquio alla presenza del mediatore in genere si allunga, si raddoppia, si triplica.
E cosa pensiamo dei nostri luoghi? Gli ambulatori di un CSM sono i luoghi più adatti per svolgere questa clinica di confine?
Ci siamo accorti di come anche il Compito dei servizi di Salute Mentale dovesse essere ridefinito in un lavoro di negoziazione con altre istituzioni e con altri sistemi.
Questa che segue è un’esperienza clinica che ci ha consentito di riformulare e sperimentare sul campo alcuni aspetti del setting e di rinegoziare la nostra funzione clinica.
Qualche mese fa alla nostra equipe clinica del Centro di Salute Mentale è arrivata, da parte di un CAS, una richiesta di consultazione per un ragazzo che, nel momento di uscita dall’Accoglienza, manifestava un evidente disagio.
Ci siamo chiesti cosa succede a questo setting quando viene meno la cornice, quando per esempio una persona deve uscire dal suo CAS e non ha un posto dove andare a dormire.
E’ questo un momento in cui si interrompono legami e si lascia un contesto che è diventato familiare, si lasciano luoghi in cui si sono depositati sogni, speranze, bisogni e in cui si sono stabiliti rapporti umani.
Anche per gli operatori dell’Accoglienza accompagnare questo passaggio può essere difficile, soprattutto quando la persona che termina il suo percorso in un CAS non ha raggiunto una propria autonomia. Il ragazzo per il quale eravamo stati consultati non aveva lavoro, né alcuna possibilità di autosostenersi ed era portatore di una vulnerabilità fisica oltre che psicologica.
Questo passaggio aveva generato in lui marcata sofferenza e la preoccupazione di perdere anche il diritto di curarsi per i suoi problemi di salute.
Difficoltà nella gestione di questo passaggio erano emerse anche negli operatori.
La situazione che si stava delineando ci imponeva una riflessione sia sul nostro modo di fare clinica sia sul modo di utilizzare il setting.
Abbiamo dunque riformulato il nostro setting clinico di gruppo includendovi il ragazzo, la mediatrice culturale, gli operatori del CAS e gli operatori del dormitorio.
Abbiamo creato dunque una equipe/gruppo di lavoro inter-istituzionale (3 istituzioni) che si riuniva nel dormitorio dove il ragazzo era stato inserito.
Ci siamo accorti di come la nostra funzione clinica andava rinegoziata su altri livelli di incontro.
E’ impossibile infatti lavorare sui bisogni psicologici se i bisogni materiali non sono soddisfatti (casa, cibo).
Né le storie con i loro contenuti culturali, i vissuti, le appartenenze, emergono al di fuori di un setting sicuro.
Ci siamo accorti che il disagio psicologico che emergeva (sintomi dissociativi, confusione, disorganizzazione), trovava nel gruppo il suo principale fattore terapeutico.
Il nuovo gruppo così composto si è fatto carico di garantire una coesione, di “tenere insieme i pezzi” di una identità che vacillava; ha funzionato da contenitore fisico e psichico dei bisogni psicologici e sociali.
Nel corso delle sedute la nuova equipe/gruppo ha creato una nuova operatività, un nuovo compito, riformulato sui nuovi bisogni del ragazzo.
Nel nuovo gruppo/equipe hanno trovato espressione aspetti transferali e controtransferali, che hanno potuto essere elaborati al fine di consentire la realizzazione di una nuova operatività.
Può succedere che, in questa fase (quella in cui la persona deve uscire dal CAS) un transfert positivo (del richiedente nei confronti dell’operatore) può diventare improvvisamente negativo (sentirsi espulsi da chi ci aveva accolti). Il richiedente può altrimenti depositare sull’operatore fantasie irrealistiche o salvifiche.
Supponiamo che l’operatore possa a sua volta provare vissuti di ambivalenza (deve rispondere al mandato istituzionale di mettere fuori una persona che non ha ancora raggiunto una autonomia).
Nel contesto del nuovo gruppo/equipe è stato possibile interpretare quanto stava accadendo in quella situazione (è difficile per voi operatori accompagnare questo passaggio) e, di conseguenza, ridurre l’ansia degli operatori del CAS e la loro fatica di sentirsi soli a sostenere il carico.
Nel gruppo/equipe si è osservata una resistenza iniziale che si opponeva all’operatività, dovuta al fatto che i componenti facevano riferimento alle loro isitituzioni di appartenenza e non riuscivano ad individuare un compito comune.
Nello svolgersi del processo gruppale il gruppo/equipe ha ridefinito un nuovo compito che aveva al centro i nuovi bisogni del ragazzo.
Solo nel momento in cui il setting gruppale è diventato sicuro e il ragazzo ha iniziato a provare fiducia, i materiali culturali insieme ai vissuti e alla narrazione della soggettività hanno iniziato ad emergere.
Possiamo dire che abbiamo realizzato una diagnosi operativa (e non una diagnosi psichiatrica).
In quei giorni abbiamo lavorato oltre il nostro orario istituzionale, mantenendo, oltre agli incontri in gruppo con il ragazzo, una rete di sms, mail, telefonate con gli operatori del dormitorio.
Pensiamo che questa rete abbia restituito confine e continuità e abbia permesso al ragazzo di sentirsi “tenuto” e di “tenere” in questo passaggio. Ha inoltre contenuto le nostre ansie, quelle degli operatori del CAS e quelle degli operatori del dormitorio e ha trasformato le identità professionali di ciascuno.
Noi operatori dell’equipe di consultazione abbiamo sentito sulla pelle il rischio in cui scivola la Psichiatria: il rischio di psichiatrizzare il disagio sociale e psicologico; il rischio di agire secondo schemi che ci sono familiari in risposta all’ansia e all’incertezza.
Abbiamo sperimentato quanto sia importante mantenere, nel primo periodo dopo l’uscita dall’Accoglienza, una continuità di interventi e di operatori che accompagnino il richiedente verso il nuovo percorso.
Ora il ragazzo è in un’altra città e ha portato con sé la bicicletta che noi, tutti insieme nel nuovo gruppo/equipe, gli avevamo regalato. La stessa bicicletta che, come una specie di oggetto transizionale, lo aveva accompagnato già nel passaggio dal CAS al dormitorio.
Abbiamo organizzato un momento comune di solidarietà e di divertimento, per dare corpo alle tanti voci solidali che in queste ore ci hanno sommerso, dopo gli […]
L'articolo Tamagnini: «Oggi qui c’è un’altra Rimini, che vuol essere solidale, contro il razzismo». Il video. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Cristian Tamagnini, presidente Cooperativa Sociale Cento Fiori: «Oggi qui c’è un’altra Rimini, una Rimini importante, che vuole essere solidale, che è contro il razzismo, che è contro la guerra tra poveri, e che vuole proporre la cooperazione e il bene comune contro la politica dell’odio e del razzismo».
L'articolo Oggi al campo dei Delfini una partita di calcio (e festa) con tanti amici solidali con la Cento Fiori e i migranti attaccati nelle scorse settimane proviene da Cento Fiori, Rimini.
Dopo i gesti razzisti che hanno colpito i nostri ospiti del Cas di Spadarolo, abbiamo deciso di organizzare un momento comune di solidarietà e di divertimento, per dare corpo alle tanti voci solidali che in queste ore ci hanno sommerso.
L'articolo Partita di calcio (e festa) per dare corpo alle tante voci solidali che in queste ore ci hanno sommerso proviene da Cento Fiori, Rimini.
Contratti di locazione a canone concordato “non assistiti” stipulati ex D.M. 16.01.2017 e obbligo di attestazione per avere le relative agevolazioni fiscali: ormai è chiaro che lo Stato italiano considera tutti i suoi cittadini come una massa enorme di evasori. Anche si vi fosse stato un dubbio, è svanito dopo è stato introdotto l’obbligo per i contratti di locazione a canone concordato, nel caso si voglia usufruire delle agevolazioni fiscali, di farsi rilasciare l’attestazione di congruenza del canone con gli Accordi Territoriali vigenti nei singoli Comuni.
E’ la definitiva presa di coscienza, da parte dei nostri legislatori, della propria totale incapacità a svolgere il ruolo di controllore. Come sempre, ormai, per ovviare a questo si realizza una produzione bulimica di adempimenti che, solo in teoria, dovrebbe evitare abusi da parte dei contribuenti italiani ma che, nella pratica, si concretizza per quest’ultimi unicamente in un aumento spropositato di costi.
Tutto parte con l’articolo 1, comma 8 del decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, emanato di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, del giorno 16 Gennaio 2017.
Il citato articolo prevede che “le parti contrattuali, nella definizione del canone effettivo, possono essere assistite, a loro richiesta, dalle rispettive organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori. Gli accordi definiscono, per i contratti non assistiti, le modalità di attestazione, da eseguirsi, sulla base degli elementi oggettivi dichiarati dalle parti contrattuali a cura e con assunzione di responsabilità, da parte di almeno una organizzazione firmataria dell’accordo, della rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all'accordo stesso, anche con riguardo alle agevolazioni fiscali”. In buona sostanza la norma prevede che per i contratti di locazione a canone concordato ‘non assistiti’, cioè quelli non fatti passando per un sindacato degli inquilini o dei proprietari, vi sia la necessità di farsi rilasciare l’attestazione da parte delle organizzazioni sindacali che hanno firmato l’accordo territoriale. Questa “certificazione” ha lo scopo di attestare la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto di locazione sia conforme a quanto previsto dall’accordo locale stipulato tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative.
Questa attestazione non è necessaria nel caso in cui il contratto di locazione sia stato materialmente fatto con l’intervento delle organizzazioni della proprietà edilizia e di quella dei conduttori.
Fin qui, pur comunque evidenziando una certa assurdità della norma in ambito civilistico, grosse problematiche non dovrebbero sorgere: è interesse comunque delle parti concludere un contratto che rispetti la legge. Il quadro si complica, come si può intuire, se si guarda la disposizione in commento sotto l’aspetto fiscale.
LA NORMA FISCALEL’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 31 del 20 aprile 2018, ha stabilito che “per i contratti a canone concordato ‘non assistiti’, l’acquisizione dell’attestazione costituisce elemento necessario ai fini del riconoscimento delle agevolazioni”.
Il concetto espresso dal Fisco è che se si vogliono utilizzare le agevolazioni fiscali che discendono dai contratti concordati occorre che il contratto di locazione sia certificato da una delle organizzazioni sindacali che ha firmato l’Accordo Territoriale vigente per il Comune dove è ubicato l’immobile oggetto di locazione.
Si ricordano, qui a titolo di informazioni, le agevolazioni fiscali previste: applicazione dell’aliquota ridotta nella misura del 10 %, prevista ai fini della ‘cedolare secca’, riduzione dell’imposta di registro dal 2% al 1,4%, riduzione, in caso di non utilizzo della cedolare secca, dell’imponibile ordinario per l’Irpef.
Ovviamente si può immaginare che il rilascio di tali certificazioni, come giusto che sia, non sarà certamente gratuito. In buona sostanza, siccome l’Agenzia delle Entrate non è in grado di verificare la correttezza dei singoli contratti, demanda tale onere al cittadino che dovrà sobbarcarsi pure l’onere, in denaro e in tempo, di farsi certificare la regolarità del proprio comportamento.
Per onor del vero, la posizione dell’Agenzia non nasce dal nulla. Era già stata espressa dal Ministero delle Infrastrutture - Direzione Generale per la Condizione Abitativa - che, con la nota del 6 febbraio 2018, n. 1380, aveva affermato che “per quanto concerne i profili fiscali va considerato che l’obbligatorietà dell’attestazione fonda i suoi presupposti sulla necessità di documentare alla pubblica amministrazione, sia a livello centrale che comunale, la sussistenza di tutti gli elementi utili ad accertare sia i contenuti dell’accordo locale che i presupposti per accedere alle agevolazioni fiscali, sia statali che comunali. Ne consegue l’obbligo per i contraenti, di acquisire l’attestazione in argomento anche per poter dimostrare all’Agenzia in caso di verifica fiscale la correttezza delle deduzioni utilizzate”.
L’attestazione di rispondenza non risulta, invece, necessaria, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali in due casi:
L’Agenzia delle Entrate ci aggiunge pure una complicazione in più. Il decreto in esame non definisce un obbligo in capo alle parti contrattuali di procedere all’allegazione dell’attestazione e, soprattutto, tale obbligo non emerge neppure dalle previsioni dettate dal Testo unico dell’imposta di registro, approvato con il DPR 26 aprile 1986, n. 131 (TUR).
L’Agenzia delle Entrate, nella citata circolare, sostanzialmente dice che è pur vero che non esiste un obbligo di allegazione, però tale assenza “non esclude, tuttavia, che le parti possano, comunque, procedere a detta allegazione, in sede di registrazione del contratto di locazione”. Non è obbligatorio, ma se viene fatto è meglio. Tant’è che poi aggiunge che “l’allegazione dell’attestazione in sede di registrazione appare, peraltro, opportuna al fine di documentare la sussistenza dei requisiti, laddove il contribuente chieda di fruire dell’agevolazione prevista dall’articolo 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, ai fini dell’imposta di registro”.
L’agevolazione in parola stabilisce che per la determinazione della base imponibile per l’applicazione dell’imposta proporzionale di registro, il corrispettivo annuo venga assunto nella misura del 70 per cento.
Potrebbe sorgere il dubbio che l’allegazione di un atto aggiuntivo a un contratto di locazione faccia scaturire l’obbligo di applicazione dell’imposta di registro. Ma l’Agenzia delle Entrate, con una botta di inusuale magnanimità, dice che “l’attestazione in argomento concretizza un atto per il quale non vige l’obbligo della registrazione, in quanto la stessa non appare riconducibile nell’ambito delle previsioni recate dalla tariffa, parte prima e parte seconda, allegata al TUR. In sede di registrazione del contratto di locazione, pertanto, l’ufficio dell’Agenzia provvederà alla registrazione anche dell’attestato senza autonoma applicazione dell’imposta di registro”.
Ma non solo. Ormai lanciata nella scia della benevolenza nei confronti del contribuente, esenta l’allegazione dell’attestazione anche dall’imposta di bollo. Infatti nella risoluzione n. 31 del 20 aprile 2018 vi è chiaramente scritto che “tenuto conto che l’attestazione in argomento, si rende necessaria, cosi come previsto dal citato decreto, al fine di certificare la rispondenza del contenuto economico e normativo del contratto all’accordo stesso, anche con riguardo al riconoscimento delle agevolazioni fiscali, deve ritenersi che per il rilascio della predetta attestazione non debba essere applicata l’imposta di bollo, ai sensi del citato articolo 5 della Tabella allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 642”.
Analisi e commenti ImpreseOggi
Un imprenditore può rendere felici i collaboratori? Perché dovrebbe farlo? Quest’anno al Meeting di Rimini CDO Logistica affronta il tema di come l’impresa possa e debba farsi carico non solo che il dipendente stia bene, ma che possa realizzare le proprie aspirazioni.
Due imprenditori, Flavio Cecchetti (Susa trasporti Spa) e Domenico Pirozzi (fondatore Target Sinergie) racconteranno le loro esperienze pluridecennali nella crescita dell’impresa anche attraverso la crescita del benessere del personale. Modererà l’incontro Davide Zamagni, presidente Cdo logistica e Target Sinergie.
Meeting 2018, c/o Fiera, via Emilia 155 Rimini - Area CDO for Innovation - Pad. A5/C5, giovedì 23 agosto ore 17
convegno_rimini_23_agosto_18.jpg Eventi Notizie LogisticaRifornimento di carburante e tracciabilità del pagamento: il dubbio aperto riguarda soprattutto i quei contribuenti che effettuano i rifornimenti nei distributori stradali senza provvedere, immediatamente, al pagamento ma posticipandolo solo a una scadenza successiva, ad esempio alla fine del mese.
Ipotesi, questa, non così rara, in quanto molti impianti stradali permettono ai clienti abituali di pagare il rifornimento non al momento della sua effettuazione ma in un momento successivo, come ad esempio solo alla fine del mese: si pensi alle prassi che coinvolgono gli agenti e rappresentanti, gli autotrasportatori, i procacciatori d’affari, gli artigiani.
Da più parti si dice che tale comportamento non sia ammissibile, in quanto ogni volta che si effettua il rifornimento quest’ultimo deve essere regolato tramite strumenti tracciabili, pena l’inammissibilità del costo e della detrazione IVA.
In realtà, invece, a parere dello scrivente tale affermazione non appare condivisibile. Vediamo il perché.
Il rinvio dell’obbligo di emissione della fattura elettronica per le cessioni di carburante destinato all’autotrazione fatte presso i distributori stradali, non incide sulla disciplina riguardante il pagamento tracciabile del relativo prezzo. Ciò significa che, al di là dell’emissione o meno della fattura elettronica, il pagamento del rifornimento di carburante, per essere detraibile, deve sempre essere effettuato tramite strumenti tracciabili.
Tale principio lo si desume dalla lettura del combinato disposto fra quanto previsto dalla legge finanziaria 2018 e il testo del decreto legge n. 79 del 28 giugno 2018 che ha materialmente disposto il rinvio del termine per l’emissione della fattura elettronica per le cessioni di carburante destinato all’autotrazione dall’originario 01 luglio 2018 all’attuale 01 gennaio 2019.
Il comma 922 della finanziaria stabilisce che “le spese per carburante per autotrazione sono deducibili […], se effettuate esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605”.
Il successivo comma 923, in materia di detraibilità ai fini IVA, a sua volta stabilisce che “L'avvenuta effettuazione dell'operazione deve essere provata dal pagamento mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, o da altro mezzo ritenuto parimenti idoneo individuato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate “
E’ curioso notare, tra l’altro, che la diversa formulazione normativa rispetto ai mezzi di pagamenti ammessi, ha ingenerato una confusione: infatti per il costo è consentita la deducibilità solo se i pagamenti sono effettuati con carte di credito, debito o prepagate, mentre per quanto riguarda la detraibilità IVA è consentito il pagamento anche con altri mezzi pagamento. Per sanare questa oggettiva discrepanza, è intervenuta la circolare 8/e del 30.04.2018 la quale ha stabilito che “in assenza di specifiche indicazioni contrarie presenti nella norma o nella relazione illustrativa, impone che tali strumenti (cioè quelli individuati dal Direttore dell’Ade) vadano considerati idonei anche ai fini della deducibilità dei costi sostenuti”.
Gli altri mezzi di pagamento individuati dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono:
Appare quindi, del tutto evidente, che se il contribuente fa il pieno di benzina al distributore e la paga solo successivamente con una fattura riepilogativa, è sufficiente che tracci il pagamento con i mezzi ammessi per farlo, cioè, ad esempio, con bonifico bancario. Non c’è nessun disposto normativo che lo obblighi a pagare tutte le volte che fa il rifornimento. E’ sufficiente che, quando provvederà materialmente al pagamento, questo avvenga con gli strumenti tracciabili previsti dal Legislatore.
Non è nemmeno necessario, inoltre, che il corrispettivo sia certificato da una fattura elettronica: se il soggetto passivo fa benzina solo ed esclusivamente per uso di autotrazione stradale l’obbligo di emissione della fattura elettronica è rinviato al 01 gennaio 2019.
Tale affermazione è supportata dal tenore del decreto normativo di proroga: il decreto legge 28 giugno 2018 n. 79 stabilisce che “al comma 917, lettera a), dopo le parole: «per motori» sono aggiunte le seguenti: «, ad eccezione delle cessioni di carburante per autotrazione presso gli impianti stradali di distribuzione, per le quali il comma 920 si applica dal 1°gennaio 2019». Il comma 920 recita che “Gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto devono essere documentati con la fattura elettronica”.
Per cui, per ritornare al caso oggetto di indagine iniziale, è sufficiente che il soggetto passivo paghi la fattura cartacea dei carburanti con un bonifico bancario alle scadenze indicate.
Di contro, se paga la benzina tutte le volte che fa il rifornimento, è abbastanza chiaro che deve tracciare il pagamento con i mezzi previsti. L’eventuale fattura successiva conterrà al suo interno gli estremi dei singoli pagamenti e, di conseguenza, sarà pari a zero.
Notizie ImpreseOggi
Rifornimento di carburante e tracciabilità del pagamento: il dubbio aperto riguarda soprattutto i quei contribuenti che effettuano i rifornimenti nei distributori stradali senza provvedere, immediatamente, al pagamento ma posticipandolo solo a una scadenza successiva, ad esempio alla fine del mese.
Ipotesi, questa, non così rara, in quanto molti impianti stradali permettono ai clienti abituali di pagare il rifornimento non al momento della sua effettuazione ma in un momento successivo, come ad esempio solo alla fine del mese: si pensi alle prassi che coinvolgono gli agenti e rappresentanti, gli autotrasportatori, i procacciatori d’affari, gli artigiani.
Da più parti si dice che tale comportamento non sia ammissibile, in quanto ogni volta che si effettua il rifornimento quest’ultimo deve essere regolato tramite strumenti tracciabili, pena l’inammissibilità del costo e della detrazione IVA.
In realtà, invece, a parere dello scrivente tale affermazione non appare condivisibile. Vediamo il perché.
Il rinvio dell’obbligo di emissione della fattura elettronica per le cessioni di carburante destinato all’autotrazione fatte presso i distributori stradali, non incide sulla disciplina riguardante il pagamento tracciabile del relativo prezzo. Ciò significa che, al di là dell’emissione o meno della fattura elettronica, il pagamento del rifornimento di carburante, per essere detraibile, deve sempre essere effettuato tramite strumenti tracciabili.
Tale principio lo si desume dalla lettura del combinato disposto fra quanto previsto dalla legge finanziaria 2018 e il testo del decreto legge n. 79 del 28 giugno 2018 che ha materialmente disposto il rinvio del termine per l’emissione della fattura elettronica per le cessioni di carburante destinato all’autotrazione dall’originario 01 luglio 2018 all’attuale 01 gennaio 2019.
Il comma 922 della finanziaria stabilisce che “le spese per carburante per autotrazione sono deducibili […], se effettuate esclusivamente mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605”.
Il successivo comma 923, in materia di detraibilità ai fini IVA, a sua volta stabilisce che “L'avvenuta effettuazione dell'operazione deve essere provata dal pagamento mediante carte di credito, carte di debito o carte prepagate emesse da operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, o da altro mezzo ritenuto parimenti idoneo individuato con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate “
E’ curioso notare, tra l’altro, che la diversa formulazione normativa rispetto ai mezzi di pagamenti ammessi, ha ingenerato una confusione: infatti per il costo è consentita la deducibilità solo se i pagamenti sono effettuati con carte di credito, debito o prepagate, mentre per quanto riguarda la detraibilità IVA è consentito il pagamento anche con altri mezzi pagamento. Per sanare questa oggettiva discrepanza, è intervenuta la circolare 8/e del 30.04.2018 la quale ha stabilito che “in assenza di specifiche indicazioni contrarie presenti nella norma o nella relazione illustrativa, impone che tali strumenti (cioè quelli individuati dal Direttore dell’Ade) vadano considerati idonei anche ai fini della deducibilità dei costi sostenuti”.
Gli altri mezzi di pagamento individuati dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono:
Appare quindi, del tutto evidente, che se il contribuente fa il pieno di benzina al distributore e la paga solo successivamente con una fattura riepilogativa, è sufficiente che tracci il pagamento con i mezzi ammessi per farlo, cioè, ad esempio, con bonifico bancario. Non c’è nessun disposto normativo che lo obblighi a pagare tutte le volte che fa il rifornimento. E’ sufficiente che, quando provvederà materialmente al pagamento, questo avvenga con gli strumenti tracciabili previsti dal Legislatore.
Non è nemmeno necessario, inoltre, che il corrispettivo sia certificato da una fattura elettronica: se il soggetto passivo fa benzina solo ed esclusivamente per uso di autotrazione stradale l’obbligo di emissione della fattura elettronica è rinviato al 01 gennaio 2019.
Tale affermazione è supportata dal tenore del decreto normativo di proroga: il decreto legge 28 giugno 2018 n. 79 stabilisce che “al comma 917, lettera a), dopo le parole: «per motori» sono aggiunte le seguenti: «, ad eccezione delle cessioni di carburante per autotrazione presso gli impianti stradali di distribuzione, per le quali il comma 920 si applica dal 1°gennaio 2019». Il comma 920 recita che “Gli acquisti di carburante per autotrazione effettuati presso gli impianti stradali di distribuzione da parte di soggetti passivi dell'imposta sul valore aggiunto devono essere documentati con la fattura elettronica”.
Per cui, per ritornare al caso oggetto di indagine iniziale, è sufficiente che il soggetto passivo paghi la fattura cartacea dei carburanti con un bonifico bancario alle scadenze indicate.
Di contro, se paga la benzina tutte le volte che fa il rifornimento, è abbastanza chiaro che deve tracciare il pagamento con i mezzi previsti. L’eventuale fattura successiva conterrà al suo interno gli estremi dei singoli pagamenti e, di conseguenza, sarà pari a zero.
Notizie ImpreseOggi
di Leonardo Montecchi
In primo luogo che cosa intendiamo quando parliamo di metodo? La parola viene dal greco μέϑοδος ed è composta di due parti: Meta che significa andare verso, e Odus che significa cammino, si tratta dunque di una via verso una meta, questo senso viene ampliato perché la parola greca si può tradurre come ricerca.
E qui arriviamo all’interrogativo di oggi:
qual è il metodo della ricerca con il nostro Schema di riferimento concettuale e operativo?
Discendiamo anche noi dalla frattura che Descartes ha introdotto nel pensiero antico assieme a Galilei e Newton, per questo parliamo di metodo scientifico ma con tutti i cambiamenti che sono intervenuti nelle scienze nel secolo scorso non è più possibile parlare di “metodo scientifico” ma di metodi scientifici. Le vie per la conoscenza certa: la ἐπιστήμη, come dicevano i greci, diventano molteplici, non c’è più solo un unica via da seguire per conoscere l’oggetto.
Dobbiamo a questo proposito soffermarci sulla scoperta della esistenza del campo. Sto parlando del campo come oggetto fisico scoperto prima da Faraday ampliato da Maxwell come campo elettromagnetico e poi da Einstein nella relatività generale.
Il campo, come oggetto fisico, complica la relazione di conoscenza tra soggetto ed oggetto, immette la reciprocità.
Kurt Lewin introducendo il concetto di campo in psicologia parla di un passaggio dal pensiero aristotelico a quello galileiano. Ci dice Bleger in “Psicologia della conducta” a proposito del campo psicologico
“se define un campo come el conjunto de elementos coexistentes e interactuantes en un momento dado (…) La relazione sujeto-medio no es, entonces,una simple relacion linear de causa a efecto, entre dos objectos distintos e separados, sino que ambos son integrantes de una sola estructura total (…)”
Queste considerazioni ci fanno uscire da una teoria della conoscenza ingenua per cui il soggetto conosce l’oggetto in una sorta di “immacolata percezione”; in realtà il processo di conoscenza avviene in un campo in cui il soggetto modifica l’oggetto e contemporaneamente l’oggetto modifica il soggetto. Ci dice Merleau Ponty in “Fenomenologia della percezione”, nel capitolo IV intitolato “Il campo fenomenico”:
“Non diremo più che la percezione è la scienza ai suoi albori, ma viceversa che la scienza classica è una percezione che dimentica le sue origini e si crede compiuta. Il primo atto filosofico consisterebbe quindi nel ritornare al mondo vissuto al di qua del mondo oggettivo”.
Anche i coniugi Baranger nel loro fondamentale lavoro “La situazione analitica come campo bipersonale” affermano:
“la coppia analitica è un trio, in cui uno dei tre membri, fisicamente assente, è presente dal punto di vista del vissuto”.
Così arriviamo alla psicoanalisi che per Freud era una pluralità di metodi, cioè un metodo di cura, un metodo di conoscenza ed in terzo luogo una teoria della mente.
Il metodo di cura si è sviluppato dalla relazione medico-paziente, è passato attraverso l’ipnosi ed è approdato alla coppia libera associazione ed attenzione fluttuante. Ma il dispositivo che rende possibile il processo psicoanalitico è, come ci dice Bleger, un non-processo: l’inquadramento, cioè:
“…il ruolo del analista, l’insieme dei fattori relativi allo spazio (ambiente) e al tempo e parte degli aspetti della tecnica (che comprende la fissazione e il mantenimento degli orari, gli onorari, le interruzioni concordate ecc.)”
Il dispositivo del metodo di cura che dura per anni e viene mantenuto in base ad un insieme di norme e di attitudini “altro non è, per sua stessa definizione, che una istituzione”
Ora, questa istituzione della cura psicoanalitica ha prodotto una specifica teoria della mente: la metapsicologia.
Quella istituzione ha prodotto un altro dispositivo: l’Associazione Psicoanalitica internazionale, il gruppo degli analisti che custodivano il metodo di cura ortodosso e che potevano includere ed espellere chi effettuava cambiamenti non autorizzati del dispositivo di cura o introduceva concetti innovativi che potevano essere percepiti come eretici.
Forse per questo Karl Popper riteneva che la psicoanalisi non fosse una scienza, perché i suoi costrutti sembravano non poter essere sottoposti alla sperimentazione ma all’autorità di una istituzione.
Qui entra in campo l’aspetto del metodo psicoanalitico come metodo di ricerca e dunque l’applicazione della psicoanalisi in campi diversi da quello abituale degli adulti nevrotici ricevuti negli studi privati.
Abbiamo una serie importante di nuovi campi con la pedagogia, l’antropologia, la letteratura, i bambini, gli psicotici e istituzioni come cliniche ospedali, scuole, asili ecc., via via altre applicazioni che ampliano enormemente i dispositivi clinici.
Ma queste sperimentazioni entrarono spesso in conflitto con l’associazione psicoanalitica perché si ponevano come un aspetto istituente a fronte di regole istituite.
Negli anni fra le due guerre si sono intrecciati conflitti politici e teorici importanti che si possono riassumere in una spaccatura fra una destra e una sinistra psicoanalitica. La destra continuava con la libera professione e gli studi privati.
La sinistra pensava all’applicazione dei dispositivi psicoanalitici fuori dallo studio libero professionale, pensava alla prevenzione, ai temi sociali, agli asili, alle scuole, ai quartieri operai.
Questi differenti metodi hanno prodotto diversi concetti metapsicologici, dalla parte “destra” si cerca di teorizzare una esperienza “individuale”, come se non esistesse il concetto di campo e si potesse regredire ad una concatenazione lineare di causa ed effetto in cui un soggetto con una “area dell’io libera da conflitti” fin dalle origini (Hartmann) potesse sviluppare la propria affermazione sociale indipendentemente dal vincolo con l’altro.
L’altra concettualizzazione, al contrario, prevede che l’io non sia libero nel proprio modo di agire ma che dipenda dall’es e dal super-io. Cioè dal biologico e dal sociale. Per riprendere il Reich di “Materialismo dialettico e psicoanalisi” che aveva allargato il metodo psicoanalitico al sociale e al politico con il movimento sexpol.
Inoltre, come sappiamo, il metodo di cura applicato ai bambini da Melania Klein ed agli psicotici da Rosenfeld e da Bion ha modificato la metapsicologia introducendo le relazioni oggettuali e l’identificazione proiettiva. Tutte queste ricerche e nuove concettualizzazioni hanno generato conflitti nell’istituzione psicoanalitica. Nei primi anni 50, Jacques Lacan fonda la sua scuola che si presenta come l’introduzione della dialettica idealista nella psicoanalisi. La dialettica hegeliana lo porta ad una diversa concezione del soggetto.
Secondo Bauleo, Lacan ci dice che nella fase dello specchio il bambino “esce dalla realtà dell’io vissuto, per riferirsi a quell’io immaginario di cui l’immagine speculare è l’inizio”.
Seguirà la “dialettica dell’identificazione con l’Altro”.
Questi concetti entrano in conflitto con la metapsicologia freudiana “ortodossa”.
Nello stesso periodo Pichon Rivière, usa la dialettica materialista per applicare il metodo di cura psicoanalitico agli psicotici e, in seguito alla sua esperienza istituzionale nell’Ospedale Psichiatrico, sperimenta il dispositivo del gruppo operativo. Ripensando a questi passaggi nel prologo de “Il processo gruppale” Pichon usa il concetto elaborato da Bachelard di ostacolo epistemologico, concetto fondamentale che rientra a pieno titolo nella nostra metapsicologia, cioè nel nostro ECRO.
L’ostacolo, per lui, consisterebbe nella nozione di istinto e di narcisismo primario a cui contrappone il concetto di vincolo come “un protoapprendimento, come il veicolo delle prime esperienze sociali che costituiscono il soggetto come tale”.
Si tratta sicuramente di un cambiamento di paradigma di cui parla Thomas Khun, che si precisa meglio con l’applicazione del metodo clinico e del dispositivo psicoanalitico all’istituzione totale in un momento di emergenza, quando:
“si rese necessario formare, con un gruppo di pazienti, una equipe di infermieri per il Servizio”.
Pichon sente la necessità di una rottura epistemologica, come dice Althusser di Marx, cioè elabora dei concetti che rendono conto di una prassi differente da quella della applicazione del “pensiero psicoanalitico ortodosso”.
Il metodo di ricerca, in questo caso lo porta ad ipotizzare un “oggetto astratto” che poi elaborerà in seguito con Bauleo. Si tratta del compito. Peirce avrebbe parlato di una abduzione, ma si può parlare anche di una operazione dada per Pichon che conosceva Tzara, un ready-Made concettuale.
Un emergente dell’epistemologia convergente.
Ora, per riprendere un lavoro di René Kaes, il compito, che non cita quando parla delle sue differenze con Pichon, appartiene ad una metapsicologia che Kaes chiama di terzo tipo e che si riferisce alle applicazioni dei metodi analitici alle coppie, alle famiglie e ai gruppi. Non considera le istituzioni.
Bauleo aveva già ampliato lo schema concettuale e operativo, la nostra metapsicologia, e nella prefazione all’edizione italiana de “Il processo gruppale” dice:
“Il compito (o finalità) del gruppo sarà l’elemento chiave nella problematica della situazione gruppale; ora da me concepita come un vertice della triangolazione (compito-coordinazione-struttura gruppale)”
Ma il nostro Schema concettuale di riferimento e operativo l’ECRO, si è esteso in questo tempo grazie ad altre e numerose prassi. Sicuramente dobbiamo includere quella che Bauleo e De Brasi chiamavano “clinica istituzionale”, che si caratterizza per un dispositivo specifico e cioè l’assemblea generale. È un dispositivo particolarmente concettualizzata dagli analisti istituzionali come Georges Lapassade, ma che è stato ed è un dispositivo applicato anche nei processi di deistituzionalizzazione a partire dalla esperienza di Franco Basaglia a Gorizia. E dal movimento del ‘68.
Ora si sta sperimentando il dispositivo multifamigliare in diversi ambiti. Molti di noi organizzano dispositivi per pensare attraverso la differenza di genere. Altri elaborano dispositivi etnopsicanalitici con i migranti.
Sono convinto che le nostre ricerche costruiscano un arricchimento del nostro ECRO in un nuovo giro di spirale che ci porterà ad ipotizzare una metapsicologia del quarto tipo in grado di dialogare con le varie scuole psicoanalitiche per superare le scomuniche ed affermare attraverso pluralità di metodi la necessità della ricerca.
In questo siamo aiutati dal concetto di compito nel suo aspetto manifesto e latente che si articola in pre-compito, compito e progetto e descrive il funzionamento di un apparato psichico che si articola in situazioni e campi diversi e si dispone su ambiti che circoscrivono spazi specifici. Quello individuale o psicosociale, il gruppo interno, quello gruppale famigliare, il gruppo esterno o sociodinamico, quello istituzionale, quello comunitario e quello globale.
In ciascuno di questi ambiti organizziamo dispositivi analitici, di cura e di ricerca e da qui stiamo traendo nuovi oggetti per la teoria.
L’epistemologia convergente significa dunque fare convergere sul compito diversi apporti di diverse discipline e di diverse esperienze e vissuti.
Sono convinto che l’epistemologia convergente sia indispensabile per affrontare la complessità senza riduzionismi e banalizzazioni.
Possiamo fare nostra l’affermazione di Edgar Morin che ne “Il metodo” dice:
“Il cerchio sarà la nostra ruota, la nostra strada sarà a spirale”
Non si può praticarla se non si effettua la rottura epistemologica con l’individualismo ed il narcisismo che alimentano un clima di lavoro caratterizzato da una ideologia gerarchica in cui il rappresentante di una disciplina cerca di prevalere sull’altra. Quando avviene questo si è perso di vista il compito.
La rottura implica la necessità della prassi perché è nella prassi che possono ricombinarsi i diversi saperi e costruire uno schema concettuale ed operativo specifico per quella situazione.
Dice Paul Feyerabend:
“L’idea di un metodo che contenga principi fermi, immutabili e assolutamente vincolanti come guida nell’attività scientifica si imbatte in difficoltà considerevoli (…) (le scoperte più importanti) si verificarono solo perché alcuni pensatori o decisero di non lasciarsi vincolare da certe norme metodologiche ovvie o perché involontariamente le violarono”
Per concludere voglio descrivere brevemente una esperienza che stiamo facendo a Rimini nel servizio per le dipendenze patologiche.
Da qualche anno si riunisce ogni mese un gruppo interdisciplinare che ha il compito di costruire la clinica della complessità. Che cosa significa?
Ci siamo resi conto che esiste una molteplicità di casi che transitano in diversi campi dal ricovero nel reparto ospedaliero di diagnosi e cura, al centro di salute mentale, al servizio ambulatoriale delle dipendenze patologiche, alle varie comunità terapeutiche del territorio e così via.
Agli incontri partecipano medici, infermieri, educatori, assistenti sociali, psicologi, psichiatri, psicoterapeuti provenienti da diversi servizi pubblici e del privato sociale, come comunità terapeutiche, centri diurni, gruppi appartamento, educatori di strada, con lo stesso diritto alla presa di parola. Vengono presentati a turno i casi nella prima ora, poi si discute in un tempo fuori dall’urgenza, apportando informazioni o formulando ipotesi per capire meglio ed applicare i diversi saperi e per assumere decisioni concrete.
In questo lavoro diviene evidente l’ostacolo epistemologico quando, ad esempio, le diverse manifestazioni di un essere umano sono ricondotte ad una qualche diagnosi psichiatrica che pretende di spiegarle tutte, oppure ad una visione medico-biologica o pedagogica o sociale e così via. L’ostacolo è dato anche dalla visione parziale di una situazione, ad esempio in un servizio ospedaliero o in un altro segmento del dispositivo terapeutico, che viene generalizzata come “la verità” sul caso.
Emerge in questo, come in tutti i gruppi operativi, lo specifico criterio di verità.
Significa che non si può imporre una visione ma cercare un accordo che passa attraverso la comprensione del compito comune. Così i concetti sorgono come effetto della ricombinazione di diversi saperi applicati in un campo determinato.
L’ostacolo epistemologico si colloca nel pre-compito e si caratterizza per la prevalenza degli aspetti istituzionali. E come se gli integranti non avessero coscienza di trovarsi in un campo nuovo, la parte della loro personalità legata all’istituzione di appartenenza li fa vivere nella falsa coscienza. È in questa situazione che, come ci dicono Pichon Riviere e Bauleo, “appare il ‘come se’ o l’impostura del compito. Si fa ‘come se’ si affrontasse il lavoro specifico (o il comportamento richiesto)”.
Fu una ricerca del dipartimento del gruppo operativo del CIR a dimostrare che il passaggio da pre-compito a compito era ostacolato dalle appartenenze istituzionali.
Ecco, l’epistemologia convergente permette di usare gli strumenti derivati dalle più diverse discipline per applicarli al lavoro sul compito nel campo concreto quando si rompe la dissociazione e la ripetizione stereotipata e si “rende cosciente ciò che è inconscio” ed in questi passaggi sta l’aspetto produttivo del gruppo, la sua possibilità di creare concetti specifici per quel campo e quella situazione ma che possono circolare alimentando la spirale del nostro ECRO, come succederà in queste giornate.
Quale sia il metodo, cioè il cammino dell’epistemologia convergente ce lo dicono i versi di Machado:
“caminante no hay camino,
se hace camino al andar”
Adelante companeros.
Madrid 26 aprile 2018
Bibliografia
Enrique Pichon Rivière, “Il processo gruppale”, Lauretana
Willy e Madeleine Baranger, “La situazione analitica come campo bipersonale”, Raffaello Cortina
José Bleger, “Psicologia della conducta”, Paidos
“Simbiosi e ambiguità”, Lauretana
Armando Bauleo, “Ideologia, gruppo e famiglia”, Feltrinelli
Paul Feyerabend, “Contro il metodo”, Feltrinelli
Edgar Morin, “Il metodo, la natura della natura”, Raffaello Cortina
Maurice Merleau-Ponty, “Fenomenologia della percezione”, Bompiani
René Kaes, “La metapsychologie aujourdhui et l’exstension de la psychanalyse”, Conferenza a Bologna di “Psicoterapia e scienze umane”, 14/4/2018
“A proposito del gruppo interno, del gruppo, del soggetto, del legame e del portavoce nell’opera di Pichon Riviere”, Interazioni 1/7/1996
Thomas Khun, “La struttura delle rivoluzioni scientifiche”, Einaudi
Karl Popper, “Logica della scoperta scientifica”, Einaudi
Fattura elettronica, consorzio e subappalto: nessun obbligo. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 13/e del 02.07.2018 che finalmente fa un po' di luce sulla complessa tematica della fatturazione elettronica e stabilisce chiaramente che al consorzio aggiudicatario di un appalto di una Pubblica Amministrazione, o che si inserisce nella filiera dei contratti di subappalto, non si applica la disciplina riguardante l’obbligatorietà della fattura elettronica.
Infatti è prassi ormai consolidata che alle prestazioni rese dai consorziati al consorzio si applica la stessa disciplina delle prestazioni rese dal consorzio ai terzi, in analogia a quanto previsto dall’articolo 3, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, con riferimento al mandato senza rappresentanza.
Da ciò ne consegue che le modalità di fatturazione nei confronti dei terzi si trasferiscono anche ai rapporti interni fra consorzio e consorziati. Sul punto si può trovare riscontro anche nelle circolari n. 14/E del 27 marzo 2015 e 20/E del 18 maggio 2016.
Da una lettura superficiale, quindi, la specifica natura del rapporto Consorzio – consorziato, potrebbe far ritenere sussistente l’obbligo di procedere all’emissione della fattura elettronica anche nel rapporto tra consorzio e consorziato.
In realtà, però, se si passa ad una lettura più approfondita, si evidenzia che, ad esempio, la risoluzione 242/e del 27 agosto 2009 evidenzia che, «come affermato in numerosi documenti di prassi, l’equiparazione delle prestazioni rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza con quelle che intervengono nei rapporti tra mandante e mandatario, contenuta nell’articolo 3, terzo comma, ultimo periodo, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, opera, ai fini dell’IVA, in relazione alla qualificazione oggettiva delle prestazioni, ma non anche in relazione all’aspetto soggettivo (cfr. risoluzioni 23 maggio 2000, n. 67/E, 15 maggio 2002, n. 145/E e 14 novembre 2002, n. 355/E)». In buona sostanza, l’obbligo della fatturazione elettronica in capo al consorzio discende da un elemento soggettivo che lo lega alla Pubblica Amministrazione: va emessa la fattura elettronica perché il ricevente è una pubblica amministrazione. La norma richiamata dell’Iva, però, stabilisce chiaramente che il rapporto che lega il mandante e il mandatario (e per analogia consorzio-consorziato) è puramente oggettivo, cioè attiene alla natura della prestazione, e pertanto, tale rapporto trascina con sé solo la natura delle operazioni e non anche i rapporti soggettivi degli stessi. In sostanza, l’obbligo di fatturazione elettronica in capo al consorzio, che è legato alla qualificazione soggettiva del committente della Pubblica Amministrazione non si estenderà ai rapporti consorzio-consorziate.
Inoltre, la circolare richiamata all’inizio, sottolinea che è “da escludersi che l’obbligo di fatturazione elettronica sorga nei rapporti interni laddove il consorzio non sia il diretto referente della PA, ma si inserisca nella filiera dei subappalti”.
Tale affermazione si rifà a quanto già detto nella circolare n. 8/E del 2018 dove si è chiarito che quanto previsto dall’articolo 1, comma 917, lettera b), della legge n. 205 del 2017, troverà applicazione per i soli rapporti (appalti e/o altri contratti) “diretti” tra il soggetto titolare del contratto e la Pubblica Amministrazione, nonché tra il primo e coloro di cui egli si avvale (in ipotesi il consorzio X), con esclusione degli ulteriori passaggi successivi (ossia, in tutti i casi, i rapporti interni tra X e i singoli consorziati, che, in linea generale, non configurano comunque subappalti o ipotesi affini [cfr. il punto 5 della circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006]).
Infatti secondo la prassi dell’Agenzia delle Entrate i rapporti posti in essere all'interno dei consorzi e delle altre strutture associative analoghe non configurino subappalti o ipotesi affini.
Su questo punto giova ricordare che l’art. 1655 del codice civile stabilisce chiaramente che l’appalto è “un contratto con cui una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo di denaro”. Di contro, per sua natura, il rapporto tra consorzio e consorziato non può ricondursi a un subappalto perché il primo è semplicemente un soggetto che tratta per i singoli consorziati. Infatti, il consorzio con attività esterna è un contratto, a mente dell’art. 2602, con il quale “più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”. Per giurisprudenza costate il rapporto che lega consorzio e consorziato è quello del mandato.
Pertanto, se il Consorzio riveste il ruolo di appaltatore o di sub-appaltatore con la pubblica amministrazione, dovrà necessariamente, sulla base della normativa sopra riportata, provvedere all’emissione della fattura elettronica.
Di conseguenza, per quanto fino a qui detto, essendo il rapporto tra consorzio e consorzio un rapporto diverso da quello di subappalto, viene meno il requisito previsto dalle norme e, pertanto, non è necessario procedere all’emissione della fattura elettronica.
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Fattura elettronica, consorzio e subappalto: nessun obbligo. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 13/e del 02.07.2018 che finalmente fa un po' di luce sulla complessa tematica della fatturazione elettronica e stabilisce chiaramente che al consorzio aggiudicatario di un appalto di una Pubblica Amministrazione, o che si inserisce nella filiera dei contratti di subappalto, non si applica la disciplina riguardante l’obbligatorietà della fattura elettronica.
Infatti è prassi ormai consolidata che alle prestazioni rese dai consorziati al consorzio si applica la stessa disciplina delle prestazioni rese dal consorzio ai terzi, in analogia a quanto previsto dall’articolo 3, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, con riferimento al mandato senza rappresentanza.
Da ciò ne consegue che le modalità di fatturazione nei confronti dei terzi si trasferiscono anche ai rapporti interni fra consorzio e consorziati. Sul punto si può trovare riscontro anche nelle circolari n. 14/E del 27 marzo 2015 e 20/E del 18 maggio 2016.
Da una lettura superficiale, quindi, la specifica natura del rapporto Consorzio – consorziato, potrebbe far ritenere sussistente l’obbligo di procedere all’emissione della fattura elettronica anche nel rapporto tra consorzio e consorziato.
In realtà, però, se si passa ad una lettura più approfondita, si evidenzia che, ad esempio, la risoluzione 242/e del 27 agosto 2009 evidenzia che, «come affermato in numerosi documenti di prassi, l’equiparazione delle prestazioni rese o ricevute dal mandatario senza rappresentanza con quelle che intervengono nei rapporti tra mandante e mandatario, contenuta nell’articolo 3, terzo comma, ultimo periodo, del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, opera, ai fini dell’IVA, in relazione alla qualificazione oggettiva delle prestazioni, ma non anche in relazione all’aspetto soggettivo (cfr. risoluzioni 23 maggio 2000, n. 67/E, 15 maggio 2002, n. 145/E e 14 novembre 2002, n. 355/E)». In buona sostanza, l’obbligo della fatturazione elettronica in capo al consorzio discende da un elemento soggettivo che lo lega alla Pubblica Amministrazione: va emessa la fattura elettronica perché il ricevente è una pubblica amministrazione. La norma richiamata dell’Iva, però, stabilisce chiaramente che il rapporto che lega il mandante e il mandatario (e per analogia consorzio-consorziato) è puramente oggettivo, cioè attiene alla natura della prestazione, e pertanto, tale rapporto trascina con sé solo la natura delle operazioni e non anche i rapporti soggettivi degli stessi. In sostanza, l’obbligo di fatturazione elettronica in capo al consorzio, che è legato alla qualificazione soggettiva del committente della Pubblica Amministrazione non si estenderà ai rapporti consorzio-consorziate.
Inoltre, la circolare richiamata all’inizio, sottolinea che è “da escludersi che l’obbligo di fatturazione elettronica sorga nei rapporti interni laddove il consorzio non sia il diretto referente della PA, ma si inserisca nella filiera dei subappalti”.
Tale affermazione si rifà a quanto già detto nella circolare n. 8/E del 2018 dove si è chiarito che quanto previsto dall’articolo 1, comma 917, lettera b), della legge n. 205 del 2017, troverà applicazione per i soli rapporti (appalti e/o altri contratti) “diretti” tra il soggetto titolare del contratto e la Pubblica Amministrazione, nonché tra il primo e coloro di cui egli si avvale (in ipotesi il consorzio X), con esclusione degli ulteriori passaggi successivi (ossia, in tutti i casi, i rapporti interni tra X e i singoli consorziati, che, in linea generale, non configurano comunque subappalti o ipotesi affini [cfr. il punto 5 della circolare n. 37/E del 29 dicembre 2006]).
Infatti secondo la prassi dell’Agenzia delle Entrate i rapporti posti in essere all'interno dei consorzi e delle altre strutture associative analoghe non configurino subappalti o ipotesi affini.
Su questo punto giova ricordare che l’art. 1655 del codice civile stabilisce chiaramente che l’appalto è “un contratto con cui una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo di denaro”. Di contro, per sua natura, il rapporto tra consorzio e consorziato non può ricondursi a un subappalto perché il primo è semplicemente un soggetto che tratta per i singoli consorziati. Infatti, il consorzio con attività esterna è un contratto, a mente dell’art. 2602, con il quale “più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese”. Per giurisprudenza costate il rapporto che lega consorzio e consorziato è quello del mandato.
Pertanto, se il Consorzio riveste il ruolo di appaltatore o di sub-appaltatore con la pubblica amministrazione, dovrà necessariamente, sulla base della normativa sopra riportata, provvedere all’emissione della fattura elettronica.
Di conseguenza, per quanto fino a qui detto, essendo il rapporto tra consorzio e consorzio un rapporto diverso da quello di subappalto, viene meno il requisito previsto dalle norme e, pertanto, non è necessario procedere all’emissione della fattura elettronica.
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Il decreto casa (art. 9, comma 2 bis del d.l. 47 del 2014) estende l'applicazione della cedolare secca con aliquota agevolata al 10% per i contratti di locazione stipulati nei Comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza a seguito di calamità naturale nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione e cioè dal 27 maggio 2014.
Il citato comma 2 bis recita, infatti che le disposizioni di cui “al comma 1 ( che prevedono la riduzione al 10% della cedolare secca per i contratti concordati al 10% fino al 31.12.2019) si applica anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per quali sia stato deliberato, negli ultimi cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto lo stato di emergenza a seguito del verificarsi degli eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera c) , della legge 24 febbraio 1992, n. 225”.
Come già accennato la data di entrata in vigore del decreto è il 27 maggio 2014 pertanto, sulla base del tenore normativo, occorre riferirsi agli eventi calamitosi accaduti nei 5 anni precedenti a tale data (e cioè fino al 2009). La norma non richiede, però, che questa condizione sia in corso al momento della redazione del contratto (lo stato di emergenza può durare al massimo 180 giorni prorogabili di uguale periodo). Ciò porta come conseguenza che l'agevolazione si applica sia nel caso in cui il contratto concordato è di recente stipula, sia, a maggior ragione, quando lo stesso è stato sottoscritto in anni precedenti dove la stessa agevolazione si sarebbe potuta applicare fin da subito. In questo caso si può estendere l'agevolazione agli anni contrattuali rimanenti. Non è possibile, invece, applicare l'agevolazione a Comuni i cui eventi calamitosi sono successivi al 28 maggio 2014, con la conseguenza, abbastanza discutibile, che l'agevolazione non si applica ad altri comuni che attualmente si trovano in emergenza. Tanto per citare un esempio, sarebbero esclusi tutti i comuni vittime di Terremoto nell'Italia Centrale.
Per quanto riguarda l’accordo territoriale da applicare per definire l’importo del canone concordato, laddove il Comune non ne abbia uno proprio, si può tenere conto di quello vigente nel “comune demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale anche situato in altra regione.” (così recita il D.M. del 14 Luglio 2004 all'art. 1 comma 2, possibilità ribadita dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 12/e del 08 aprile 2016).
Infine, per scoprire se un Comune è stato vittima di eventi calamitosi si può consultare questo link o rivolgersi allo Studio tributario. In via generale, comunque, tutti i Comuni Emiliano romagnoli nel periodo indicato dalla normativa hanno avuto eventi per i quali è stato dichiarato lo “stato di emergenza”.
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Il decreto casa (art. 9, comma 2 bis del d.l. 47 del 2014) estende l'applicazione della cedolare secca con aliquota agevolata al 10% per i contratti di locazione stipulati nei Comuni per i quali è stato deliberato lo stato di emergenza a seguito di calamità naturale nei cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione e cioè dal 27 maggio 2014.
Il citato comma 2 bis recita, infatti che le disposizioni di cui “al comma 1 ( che prevedono la riduzione al 10% della cedolare secca per i contratti concordati al 10% fino al 31.12.2019) si applica anche ai contratti di locazione stipulati nei comuni per quali sia stato deliberato, negli ultimi cinque anni precedenti la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto lo stato di emergenza a seguito del verificarsi degli eventi calamitosi di cui all’art. 2, comma 1, lettera c) , della legge 24 febbraio 1992, n. 225”.
Come già accennato la data di entrata in vigore del decreto è il 27 maggio 2014 pertanto, sulla base del tenore normativo, occorre riferirsi agli eventi calamitosi accaduti nei 5 anni precedenti a tale data (e cioè fino al 2009). La norma non richiede, però, che questa condizione sia in corso al momento della redazione del contratto (lo stato di emergenza può durare al massimo 180 giorni prorogabili di uguale periodo). Ciò porta come conseguenza che l'agevolazione si applica sia nel caso in cui il contratto concordato è di recente stipula, sia, a maggior ragione, quando lo stesso è stato sottoscritto in anni precedenti dove la stessa agevolazione si sarebbe potuta applicare fin da subito. In questo caso si può estendere l'agevolazione agli anni contrattuali rimanenti. Non è possibile, invece, applicare l'agevolazione a Comuni i cui eventi calamitosi sono successivi al 28 maggio 2014, con la conseguenza, abbastanza discutibile, che l'agevolazione non si applica ad altri comuni che attualmente si trovano in emergenza. Tanto per citare un esempio, sarebbero esclusi tutti i comuni vittime di Terremoto nell'Italia Centrale.
Per quanto riguarda l’accordo territoriale da applicare per definire l’importo del canone concordato, laddove il Comune non ne abbia uno proprio, si può tenere conto di quello vigente nel “comune demograficamente omogeneo di minore distanza territoriale anche situato in altra regione.” (così recita il D.M. del 14 Luglio 2004 all'art. 1 comma 2, possibilità ribadita dalla circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 12/e del 08 aprile 2016).
Infine, per scoprire se un Comune è stato vittima di eventi calamitosi si può consultare questo link o rivolgersi allo Studio tributario. In via generale, comunque, tutti i Comuni Emiliano romagnoli nel periodo indicato dalla normativa hanno avuto eventi per i quali è stato dichiarato lo “stato di emergenza”.
Notizie ImpreseOggi
Il Centro Studio e Ricerche “José Bleger”
vi invita
alla presentazione della traduzione in italiano del libro
“Psicologia de la conducta” (1963) di José Bleger
“Psicologia della condotta”
(Armando Editore, 2018)
tradotto e curato da Lorenzo Sartini e Alejandro Fasanini,
contiene una prefazione di Leonardo Montecchi.
Sarà l’occasione per parlare del libro e della sua diffusione, e per festeggiare.
L’incontro si svolgerà venerdì 15 giugno, dalle 17.00 alle 19.00,
presso la sala di RM25 a Rimini in Corso d’Augusto 241
Intervenite numerosi.
Diffondete la notizia a chi credete opportuno.
Doppia festa quest'anno: 30 anni di Target Sinergie. L'annuale appuntamento con le assemblee delle cooperative Log - It e In Opera, aderenti al Consorzio Target Sinergie (e con la premiazione dei dipendenti) diventa la festa del trentennale della capofila. L’incontro del 19 maggio 2018, come di consueto al campo di Don Pippo a Rimini, è stato preceduto da un acceso torneo di calcetto, che ha visto scontrarsi amichevolmente i colleghi provenienti da 8 regioni italiane per tutto il pomeriggio.
A partire dalle 18 son ostate espletate le formalità delle assemblee dei soci di Log It e della cooperativa Sociale In Opera, al termine delle quali Davide Zamagni ha approfittato per illustrare l’andamento del 2017 per il Consorzio Target Sinergie, che lui presiede, e i risultati dei primi mesi del 2018. AL termine della presentazione, Zamagni, insieme alla madrina Susy Pirozzi, hanno consegnato i premi alle squadre ai dipendenti per il 2017 sia del Consorzio Target Sinergie, sia delle cooperative In Opera e Log It.
I premiati sono stati: squadra con maggior presenze 2017 alla commessa del Pastificio Cellino, gestione del magazzino, settore Logistica. Premio alla miglior soddisfazione dei cliente secondo l'indagine Customer satisfaction 2017 alla squadra pulizie del Riviera Golf Resort di San Giovanni in Marignano. Premio Migliore Start up 2017 alla commessa di Maxion Wheels, settore Logistica. Premio per il miglior tasso di espansione 2017 alla commessa Hera Rimini, per il Facility Management Amministrativo.
I premi individuali: Premio per il miglior spirito di adattamento e disponibilità alle sinergie 2017 alla nostra Kimete Rama, del settore pulizie. Luna Bezzi si aggiudica il premio per la migliore crescita professionale 2017. Miglior caposquadra 2017 è Martin Marku. Il miglior "Rookie", ovvero Esordiente dell'anno 2017 è stato Paolo Longhi, della commessa Fette di Sole.
La serata è poi proseguita con la cena a buffet e il concerto musicale, con il clou del taglio dlela torta, per festeggiare il 30ennale della fondazione del Consorzio Target Sinergie, ocnil fondatore Domenico “Mimmo” Pirozzi al taglio, attorniato dai presidenti del Consorzio, di Log It e di In Opera.
domenico_mimmo_pirozzi_taglia_torta_30_anni_target_sinergie_rimini.jpg assemblea_soci_log-it_2018.jpg squadra_maggior_presenze_2017_commessa_pastificio_cellino_gestione_magazzino logistica.jpg premio_miglior_customer_satisfaction_2017_squadra_pulizie_riviera_golf_resort_san_giovanni_marignano.jpg premio_migliore_start_up_2017_commessa_maxion_wheels_logistica.jpg premio_miglior_tasso_espansione_2017_commessa_hera_rimini_facility_management_amministrativo.jpg premio_miglior_spirito_adattamento_2017_kimete_rama_settore_pulizie.jpg luna_bezzi_premio_migliore_crescita_professionale_2017.jpg miglior_esordiente_2017_paolo_longhi_commessa_fette_sole.jpg miglior_caposquadra_2017_martin_marku.jpg Eventi Notizie Facility Management Igiene e pulizie LogisticaCon delibera di Giunta Regionale n. 515 del 16 aprile 2018 la Regione Emilia Romagna dà l'avvio al programma di incentivo rivolto a giovani coppie, single e nuclei familiari diversi per l'acquisto della prima casa. Un’iniziativa che in realtà è anche un aiuto indiretto per le imprese immobiliari della Regione che in questo modo possono, attraverso il bando, mettere a disposizione gli immobili già costruiti o che hanno intenzione di realizzare nei prossimi mesi.
Il programma è diviso in due distinti interventi, denominati LINEA 1 e LINEA 2.
LINEA 1. Qualificazione del patrimonio esistente.
Il primo intervento è rivolto alla Qualificazione del patrimonio: in questo caso l'obiettivo è promuovere l'accesso alla proprietà della prima casa, anche attraverso patti di futura vendita, tramite incentivi volti alla ristrutturazione edilizia di immobili già esistenti, migliorandone la qualità urbana ed architettonica nonché l’efficienza sismica ed energetica del patrimonio edilizio.
Gli interventi ammissibili a finanziamento sono quelli riguardanti il recupero del patrimonio edilizio attraverso gli interventi ricompresi nelle fattispecie previste alle lettere b), c), d), f) dell’allegato parte integrante all’art. 9 – comma 1 alla L.R. n. 15/2013 e s.m.i. In buona sostanza, si tratta di interventi riguardanti la manutenzione straordinaria, restauro scientifico, interventi di restauro e risanamento conservativo e gli interventi di ristrutturazione edilizia.
Sono ammissibili anche gli interventi di nuova costruzione ammessi dalle norme urbanistiche vigenti e realizzati in conseguenza di demolizione di edifici esistenti e di loro sostituzione.
Il fabbricato oggetto di intervento deve essere di esclusiva proprietà dell’operatore che partecipa al bando per una quota superiore al 50% dei millesimi generali di proprietà. Per accedere al contributo è sufficiente che si possieda un’opzione sui diritti di proprietà oppure il diritto di acquistare l’edificio entro una data stabilita e ad un prezzo determinato. Al termine dei lavori detti alloggi dovranno essere ricompresi nelle categorie catastali A/2, A/3, A/4, A/5.
La misura dell'incentivo in conto capitale (per cui non deve essere restituito ma è a fondo perduto) è di euro 35.000,00 per alloggio.
LINEA 2. Utilizzo del costruito esistente.
Il secondo intervento è rivolto agli operatori che hanno già realizzato gli immobili. In questo caso il prezzo di cessione dei singoli alloggi non può essere superiore a € 300.000,00 per interventi collocati in un capoluogo di provincia o in un comune con più di 50.000 abitanti e di € 250.000 in tutti gli altri casi. Devono, infine, essere ricompresi nelle categorie catastali A/2, A/3, A/4, A/5, A7. In questo caso la misura del contributo è di euro 25.000,00 per alloggio.
MODALITA' DI PARTECIPAZIONE
LINEA 1
Gli operatori che intendono partecipare al bando devono presentare la domanda di contributo esclusivamente per via telematica dal proprio indirizzo di Posta Elettronica Certificata al seguente indirizzo di Posta Elettronica Certificata (PEC) pru@postacert.regione.emilia-romagna.it dalle ore 9,00 del 23 aprile 2018 alle ore 16 del 21 maggio 2018 compilando il modulo di cui all’allegato 4, parte integrante del bando, reperibile all’indirizzo http://territorio.regione.emilia-romagna.it/politiche-abitative o sul portale regionale nella pagina dedicata al bando, pena la sua inammissibilità.
Il 13 luglio sarà pubblicata sul sito web regionale: http://territorio.regione.emilia-romagna.it/politiche-abitative la graduatoria degli operatori ammessi a finanziamento.
LINEA 2
La procedura prevede due distinti momenti:
selezione alloggi da ammettere a finanziamento;
selezione dei nuclei familiari che presentano la domanda di contributo:
1. Selezione alloggi
Dalle ore 9,00 del 23 aprile 2018 alle ore 16,00 del 7 maggio 2018 le imprese di costruzione o loro consorzi, le cooperative di abitazione o loro consorzi possono mettere a disposizione, sul portale regionale dedicato all'incentivo, i propri alloggi attraverso una procedura on-line.
L’offerta degli alloggi dovrà essere sottoscritta dal legale rappresentante con firma digitale rilasciata da un certificatore accreditato. Per ogni operatore è prevista la possibilità di collocare solo un'offerta.
Il giorno 25 maggio 2018 alle ore 12,00 sul portale regionale sarà pubblicato l’elenco degli alloggi che i nuclei interessati potranno proporsi di acquistare.
I possibili acquirenti hanno tempo fino al 29 giugno 2018 per individuare un alloggio e sottoscrivere un pre-contratto esclusivamente per l’acquisto di un alloggio compreso nella lista pubblicata sul portale regionale.
2. Selezione dei nuclei familiari che presentano la domanda di contributo
I nuclei che hanno sottoscritto un pre-contratto entro il termine del 29 giugno 2018 potranno presentare la domanda di contributo compilando on-line la modulistica che sarà resa disponibile sul portale regionale dalle ore 9,00 alle ore 17,00 del giorno 2 luglio 2018.
Il 13 luglio 2018 sarà pubblicata la graduatoria dei nuclei familiari ammessi al contributo.
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