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Cosa faccio (ancora non l'ha capito nemmeno mia madre)

Il giornalista (e questo è semplice da capire).

Sono iscritto all'Ordine dei giornalisti dell'Emilia – Romagna, albo dei Pubblicisti, dal gennaio 1994, con tesserino n. 123614.

Ho diretto testate giornalistiche: Exitime, periodico free press di cultura e tempo libero edito a Rimini da Samuele Grassi, Qui Riccione, periodico del Comune di Riccione.

Scrivo articoli per giornali, L'Unità e Il Ponte, e per siti web, come L'Osservatorio sull'informazione del Premio Ilaria Alpi.

Curo uffici stampa, cioè per conto di aziende profit e non profit, associazioni sportive, enti pubblici, manifestazioni, eventi, scrivo comunicati stampa e curo le relazioni pubbliche verso giornali, radio, televisioni e siti web.

Progetto, gestisco e curo il posizionamento (Seo) dei siti web e le reti di social network (Per spiegarlo a mia mamma l'ho dovuta iscrivere a Facebook. Devo dire che è bravina...)

Chiariamoci subito: un sito web è un mezzo di comunicazione di massa. Il VOSTRO mezzo di comunicazione di massa. Non è una roba SOLO da smanettoni del codice o designer ultraraffinati, è, a un tempo, la vostra brochure, il vostro giornale, la vostra vetrina. In una parola, la vostra immagine sul web. Digitale. Io progetto cosa comunicare, come comunicare e come renderlo interessante per i lettori umani e per i motori di ricerca.

Vuoi saperne di più? Leggi i dettagli di questa parte importante del mio lavoro.

Il copywriter (e qui, siamo sul complicato: ho rinunciato a spiegarlo alla mamma)

Il copywriter (copy per brevità) è colui che scrive i messaggi pubblicitari. Figura nata negli Stati uniti alla fine dell''800, da noi è ormai consolidata. Per capirci, è la persona che inventa le idee pubblicitarie, scrive gli slogan (come di diceva una volta, ma è più corretto dire headline), i testi della pubblicità (la bodycopy in gergo), i payoff, che sarebbe la filosofia dell'azienda. Avete presente le frasi che chiudono la pubblicità, chessò, quella della Galbani “Vuol dire fiducia” oppure della Microsoft “Dove vuoi andare oggi?”: ecco, sono payoff. Ma non li ho inventati io, li ha scritti qualcun altro.

Dopo una breve esperienza con agenzie di pubblicità sono passato armi e bagagli nella politica, una delle mie passioni comunicative. Ma ne parlo nei prossimi capoversi. Adesso lavoro solo per aziende e onlus. Ma la politica la seguo sempre :-).

Comunicazione istituzionale e politica (questo proprio non ditelo alla mia mamma, mi crede pianista in un postribolo*)

Partiamo dall'ovvio: comunicare è fondamentale, per chi si occupa di politica o comunque di temi sociali. Veicola idee, proposte per la società e cerca, attraverso il consenso, di realizzarle o trovare persone che le appoggino. E questo vale per tutti: soggetti collettivi (movimenti, gruppi, partiti) o singoli, candidati a cariche elettive o eletti. Il mio lavoro è aiutare i soggetti a trovare il modo migliore (per quanto possibile) per comunicare le loro idee e raggiungere gli obbiettivi. Chi si deve affermare, comunica per affermarsi, chi si deve far eleggere, comunica le proprie idee per farsi eleggere, chi è eletto, rende conto ai suoi elettori – o agli avversari – di ciò che fa. Semplice, no? I mezzi a disposizione sono tantissimi, ciascuno con le proprie caratteristiche. Ciò che li accomuna è che tutti, ma proprio tutti, usano come base, le parole. Le differenze? Beh, c'è chi usa i miei servizi e chi no. Ma sono problemi di quest'ultimo.

“Si, va bene, ma tu, cosa fai?” qualcuno continuerà a chiedersi. Progetto, pianifico, scrivo la comunicazione di ogni soggetto committente, per qualunque mezzo di informazione intenda utilizzare. E, all'occorrenza, li creo e li gestisco ad hoc. La politica si muove soprattutto sui mezzi di comunicazione di massa: giornali, radio, tv. Dalla metà degli anni '90, a questi mezzi si è aggiunto Internet, con i suoi canali costantemente in fermento e in crescita, i più noti dei quali sono i siti e i blog. Chiunque si occupi di politica deve interagire con questi mezzi.

Molti devono creare i propri mezzi di comunicazione. Quali? Dai più semplici, una brochure di candidatura o una lettera mirata agli elettori, ai più complessi, uno spot o un programma televisivo, una newsletter periodica che racconti l'attività svolta in parlamento o in consiglio comunale. Per finire al più complesso, e diretto, di tutti: un sito web che illustri l'attività di questo o quel politico, oppure che informi e aggreghi una comunità politica, sociale o un partito. Faccio anche questo

(* la battuta del titolo non è mia, ma di Jacques Séguéla, un pubblicitario francese al quale in parte mi ispiro. Insieme a David Ogilvy).

La campagna elettorale: tutto quello che vi ho detto sopra, ma concentrato in poche settimane.

Della comunicazione politica è il concentrato, il succo dolcissimo e venefico di idee, forze, professionalità, emozioni, vissute in funzione di una sola cosa: informare con ogni mezzo di informazione l'elettore dell'esistenza di un candidato e del suo programma elettorale. Poche settimane a ritmo sincopato, nelle quali si concentrano anni di lavoro – politico e professionale per il candidato e il suo staff - che improvvisamente si placano in una falsa quiete: l'attesa – ansiosa – del verdetto degli elettori, racchiuso in un'urna.

Si dice "campagna" mutuando il linguaggio guerresco, e anche senza aver letto Von Clausewitz e Shin-Tsu, lo spirito che coinvolge è il medesimo. Perché il confronto, non certo cruento ma non meno epico ed emotivo, si sviluppa in poche settimane. Un concentrato dolcissimo, perché ciascuno - candidato o professionista che l'aiuta - mette tutto sé stesso e l'arte che conosce nel campo di battaglia: i media, tutti e nello stesso tempo. Venefico, perché, come una campagna, è un concentrato di emozioni e tensioni spossante. Al quale non sempre arride la fortuna.

Tutto questo è il mio mondo, che esploro quotidianamente insieme ai miei committenti. Perché per me non sono prodotti da pubblicizzare: sono persone con idee valide, che vogliono realizzare per la società. E per fare questo lavoro, è necessario che il primo a crederci sia io. E se non ci credo? Beh, ci sono molti altri professionisti, certamente più in gamba di me.