«L’emergenza Covid-19 ci ha visti impegnati su più fronti fin dal suo primo insorgere. La prima necessità è stata di proteggere utenti e strutture. Anche prima del cosiddetto “lockdown”. L’equipe della Comunità Terapeutica di Vallecchio, dei due Centri Osservazione e Diagnosi, del Centro Diurno e dei gruppi appartamento hanno optato per varare l’isolamento cautelativo dei pazienti e delle strutture. Niente più visite di parenti, niente più uscite degli utenti, forte attenzione alle modalità di ingresso di persone e merci nelle strutture». Gabriella Maggioli, vicepresidente della Cooperativa Sociale Cento Fiori, ripercorre con la mente gli ultimi mesi di lavoro. Non si è ancora abbassata la guardia contro l’emergenza Codiv-19, a Vallecchio di Montescudo dove c’è la Comunità Terapeutica e il Centro Osservazione e Diagnosi omonimi, come in tutte le strutture di accoglienza – dedicate alle dipendenze patologiche o all’ospitalità dei richiedenti asilo – che gestisce la Cooperativa Sociale Cento Fiori ad Argenta, a Rimini, a Riccione, a Santarcangelo.
Ora si guarda con maggior fiducia al futuro, ma in Cento Fiori non si dimentica il febbraio scorso, quando in equipe si decise di andare in “lockdown”, termine diventato poi di uso comune dapprima a Codogno e poi in tutta Italia. «Abbiamo “chiuso tutto” con due settimane di anticipo – ricorda Cristina Rinaldi, la coordinatrice degli educatori della Comunità Terapeutica e del Centro Osservazione e Diagnosi (Cod) di Vallecchio – Procedure da adottare… Mascherine… Distanza dai ragazzi… Noi educatori abbiamo avuto, come dire, un attimo disorientamento, perché lavoriamo molto con la relazione. Un disorientamento che è durato poco, perché quando senti che è la cosa giusta da fare, la fai».
«Uno degli scogli maggiori è stato il reperimento dei dispositivi di protezione individuale e dei prodotti per la sanificazione, un aspetto non facile sin dai primi giorni dell’epidemia. – dice Cristian Tamagnini, presidente della Cooperativa Sociale Cento Fiori – Il reperimento delle mascherine protettive è stato quello che ci ha visti più impegnati. Oltre al canale di approvvigionamento attivato da Legacoop Romagna, ci siamo attrezzati aprendo due canali diretti con imprese all’estero per acquistare mascherine sia chirurgiche sia di tipo kn95 o ffp2. Per non parlare del gel disinfettante, dei guanti, delle tute protettive: uno sforzo notevole in termini di risorse economiche e di ricerca, che ha visto impegnati con inventiva diversi colleghi nei settori, non solo il management della cooperativa».
Il “lockdown” non è stato un passaggio naturale per gli utenti.«All’inizio gli utenti hanno avuto un po’ di resistenza. Non è durata tantissimo – dice Cristina Rinaldi – poi hanno capito dai giornali che la situazione era grave e che quello che stavamo facendo era per la loro tutela. E ci sono venuti dietro, ci hanno aiutato nelle procedure, nella distanza. Non è stato facile: ci mancavano i gruppi, ci mancavano i colloqui (che non erano facili con la mascherina), niente più incontri di calcetto, non più piscina al lunedì o altre attività esterne come mangiare fuori, fare shopping. Tutte quelle attività che danno energia agli utenti o dove potevano parlare dei loro problemi, eliminate».
Alfredo Pellegrini, educatore presso il Cod L’Airone di Argenta: «abbiamo cercato di dare una maggiore forza alla coesione al gruppo operativo e al gruppo dell’utenza, con un distacco meno marcato rispetto ai ruoli. Abbiamo cercato di inventarci delle attività in questo senso, cose anche semplici, come l’orto nel quale hanno coltivato il prezzemolo, le melanzane, pomodori, zucchine, peperoncini piccanti. Non tutti gli ospiti avevano il pollice verde, ma in diversi hanno dato una mano».
«Abbiamo cercato di integrare quel che a loro è venuto mancare. Sempre stando attenti perché noi educatori potevamo essere dei portatori di virus – dice ancora Cristina Rinaldi – a Vallecchio abbiamo creato attività all’aria aperta: ginnastica, meditazione, cinema. In cucina abbiamo proposto un menù un po’ più ricco di dolci, più elaborato con nuove ricette. Per Pasqua e per il 25 aprile abbiamo fatto un pranzo all’aperto, con grigliata e pizza».
Lo sforzo degli educatori è stato corale.Dice Cristina Rinaldi che «gli educatori sono stati molto disponibili, abbiamo ridotto i turni, le equipe da remoto. Per molti tutto ciò non è stato considerato un dovere ma un mettersi a disposizione, con la consapevolezza del momento e delle esigenze che comportava. Tutti hanno lavorato con amore. Ho sentito un gruppo molto unito. Ci abbiamo messo anche le nostre paure e le ansie. Un minimo di contatto con l’esterno noi educatori lo avevamo, anche solo per fare la spesa e quindi potenzialmente sentivamo il peso di essere ancora più attenti a non diventare noi i portatori del virus. Oppure quando per emergenze dovevamo recarci nelle strutture ospedaliere dopo che è scattata la zona rossa. Ma nonostante tutto, nessuno si è tirato indietro, tutti hanno fatto il loro lavoro con scrupolo e abilità».
«Ha colpito molto gli educatori del settore Migranti l’atteggiamento dei richiedenti asilo, davvero esemplare sotto tutti gli aspetti. Dall’inizio dell’epidemia non hanno atteso alcuna disposizione, hanno scelto di tutelarsi attraverso l’isolamento sociale con molto rigore, in tutte le strutture. – racconta Monica Ciavatta, responsabile area Migranti – E’ da segnalare, inoltre, che gli ospiti dei plessi riccionesi hanno avviato una colletta per donare due tablet ai pazienti dei reparti covid-19 dell’ospedale di Rimini, per permettere ai malati di comunicare con le famiglie. Un gesto che nasce dal cuore e dall’esperienza. Nella lettera che accompagnava i tablet, infatti, i giovani richiedenti asilo hanno scritto, tra le altre cose, “Conosciamo bene il dolore e l’angoscia che si prova quando sei costretto a stare lontano dalla tua famiglia. Quello che a noi ci ha aiutati è stato un telefono con cui poter chiamare casa e così vedere gli occhi delle nostre mamme, i visi dei nostri figli, poter dire loro che stavamo bene e che eravamo ancora vivi. Per questo abbiamo pensato a questi tablet”».
L'articolo Dall’accoglienza alla protezione, con inventiva: nell’emergenza Covid-19 le strutture e i dipendenti della Cento Fiori tra tutela degli ospiti, intrattenimento, impegno e responsabilità. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Il Libro Bianco sulle droghe, giunto alla undicesima edizione, è un rapporto indipendente sui danni collaterali del Testo Unico sulle droghe promosso da La Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD e ITANPUD. Ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno nell’ambito della campagna internazionale di mobilitazione Support! don’t Punish.
Il rapporto oltre a contenere i dati (2019) relativi agli effetti della war on drugs sul sistema penale e penitenziario italiano presenta un focus sulle conseguenze della crisi COVID-19 su carcere e consumi. Inoltre come ogni edizione contiene riflessioni e approfondimenti sul sistema dei servizi, sulla riduzione del danno e sulle prospettive di riforma delle politiche sulle droghe a livello nazionale ed internazionale.
Il 26 giugno, dalle ore 15, si terrà un webinar on line di presentazione del Libro Bianco con iscrizione obbligatoria ma gratuita a questo indirizzo: https://register.gotowebinar.com/register/6062862554304999947
Il Libro Bianco, disponibile in versione cartacea in tutte le librerie e i rivenditori on line, sarà consultabile sul sito di Fuoriluogo, www.fuoriluogo.it/librobianco.
LE DROGHE E LA REPRESSIONE. I dati in pillole La legge sulle droghe è il volano delle politiche repressive e carcerarie. Senza detenuti per art. 73, o senza tossicodipendenti non si avrebbe sovraffollamento nelle carceriDopo 30 anni di applicazione, i devastanti effetti penali del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti Jervolino-Vassalli (l’art. 73 in particolare) non possono essere più considerati “effetti collaterali”. La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri.
La legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario, come indicato dalle simulazioni prodotte. Dopo 30 anni di applicazione non possiamo più considerare questi come effetti collaterali della legislazione antidroga, ma come effetti evidentemente voluti.
Il 30% dei detenuti entra in carcere per un articolo di una legge dello Stato13.677 dei 46.201 ingressi in carcere nel 2019 sono stati causati da imputazioni o condanne sulla base dell’art. 73 del Testo unico. Si tratta del 29,60% degli ingressi in carcere: si consolida l’inversione del trend discendente attivo dal 2012 a seguito della sentenza Torreggiani della CEDU e dall’adozione di politiche deflattive della popolazione detenuta.
Il 34,80% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe.Sugli oltre 60.000 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2019 ben 14.475 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico (sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio, 23,82%). Altri 5.709 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, 9,39%), solo 963 esclusivamente per l’art. 74 (1,58%). Questi ultimi rimangono sostanzialmente stabili. Nel complesso vi è una impercettibile diminuzione dello 0,67%. Il costo della sola carcerazione per droghe è oltre 1 miliardo di euro l’anno.
OLTRE il 36% di chi entra in carcere usa droghe. Si assesta la presenza ai massimi storici dalla Fini-GiovanardiResta ai livelli più alti degli ultimi 15 anni la presenza di detenuti definiti “tossicodipendenti”: sono 16.934, il 27,87% del totale. Questa presenza, che resta maggiore anche rispetto al picco post applicazione della Fini-Giovanardi (27,57% nel 2007), è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone “tossicodipendenti”. Nel 2019 questi sono stati il 36,45% degli ingressi nel circuito penitenziario, in aumento costante e preoccupante da 4 anni.
Le conseguenze sulla Giustizia Oltre 200.000 fascicoli nei tribunali. 1 su 2 porta ad una condanna. Per reati contro la persona o il patrimonio il rapporto è 1 a 10Le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell’articolo 73 e 74 sono rispettivamente 175.788 e 42.067. è un dato che, pur in leggera diminuzione, si allinea agli anni bui della Fini-Giovanardi. Da notare come secondo una ricerca che pubblichiamo negli approfondimenti, mentre quasi 1 procedimento su 2 per droghe termina con una condanna, questo rapporto diventa 1 su 10 per i reati contro la persona o il patrimonio.
Le misure alternative Aumentano le misure alternative, che però appaiono ampliare l’area del controlloContinuano ad aumentare le misure alternative, fatto positivo in sé, ma che nasconde anche una tendenza che fa pensare che siano diventate una alternativa alla libertà invece che alla detenzione. Consentendo così di ampliare l’area del controllo.
Le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali Continua ad aumentare la repressione del consumo: su quasi 44.000 segnalazioni (+6,67%) solo 202 richieste di programma terapeutico. 1.312.180 SEGNALAZIONI DAL 1990. quasi un milione per CANNABIS (73,28%)Non si ferma il trend in aumento delle persone segnalate al Prefetto per consumo di sostanze illecite: 41.744 nel 2019. Le segnalazioni sono quasi 44.000, +6,67%. Più di 4000 sono minorenni. Diminuiscono leggermente le sanzioni: sono state 14.322 nel 2019. Queste vengono comminate in un terzo dei casi mentre risulta irrilevante la vocazione “terapeutica” della segnalazione al Prefetto: solo 202 sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento socio-sanitario; nel 2007 erano 3.008. La repressione colpisce principalmente persone che usano cannabis (77,95%), seguono a distanza cocaina (15,63%) e eroina (4,62%) e, in maniera irrilevante, le altre sostanze. Dal 1990 1.312.180 persone sono state segnalate per possesso di sostanze stupefacenti ad uso personale; di queste quasi un milione (73,28%) per derivati della cannabis.)
L’attività di repressione delle forze dell’ordine La cannabis è al centro dell’azione delle forze dell’ordine. Con la Fini-Giovanardi è vistosamente calata l’attività di contrasto a cocaina e eroinaDa una analisi retrospettiva dei dati della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga si nota come la sostanza al centro dell’azione delle Forze dell’Ordine sia la cannabis. Sia per numero di operazioni, che per sequestri e persone segnalate all’attività giudiziaria. Da notare come nel periodo in cui era vigente la Fini-Giovanardi, che equiparava tutte le sostanze ai fini delle sanzioni, si sia divaricata la forbice fra operazioni con oggetto cannabis (in continuo aumento) e operazioni contro cocaina e eroina. Per quest’ultima il calo del numero delle operazioni continua anche negli ultimi anni.
Le violazioni dell’art. 187 del codice della strada il 96.80% degli incidenti non c’entra nulla con le droghe. Solo lo 0,27% dei conducenti è risultato positivo durante i controlli notturni dei carabinieri durante i week endRestano significativi i dati rispetto alle violazioni dell’art. 187 del Codice della Strada, ovvero guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. I dati disponibili sono piuttosto disomogenei, per cui di difficile interpretazione, come confermato dalla stessa ISTAT. Nel corso dei controlli nelle notti dei week end da parte dei carabinieri le violazioni accertate rappresentano lo 0,27% dei controllati. Rispetto alle positività accertate a seguito di incidente questa percentuale sale, al 3,20% nel corso dei primi 10 mesi del 2019. Ricordando che spesso la positività al test non è prova di guida in stato alterato (in particolare per la cannabis), possiamo affermare che l’uso di droghe non è certamente la causa principale di incidenti in Italia.
Gli altri contenuti: consumi e carcere durante il lockdown Durante il lockdown i consumatori hanno dimostrato capacità di autoregolazione e il mercato illegale flessibilità e resilienza. I servizi hanno saputo adattarsi solo a macchia di leopardo alla nuova situazioneQuest’anno il Libro Bianco pone grande attenzione alla situazione dei consumi di sostanze e delle carceri durante la crisi Covid-19. In particolare rispetto ai consumi si presentano in anteprima i primi risultati di 3 ricerche sui consumi di droghe durante il lockdown che hanno messo in luce una significativa capacità di controllo dei consumatori, che hanno adottato strategie di fronteggiamento dell’emergenza, di adeguamento alle mutate condizioni di vita e di consumo, di minimizzazione dei rischi. Si è inoltre verificata la flessibilità e resilienza del mercato illegale delle droghe, che è rimasto vivace e mai si è interrotto. Mentre i Servizi pubblici hanno saputo, anche se ancora una volta a macchia di leopardo, adeguarsi alla situazione adattando le terapie farmacologiche, gli strumenti di Riduzione del Danno, di consulenza e informazione online sulle sostanze.
Nel volume si trovano quindi spunti e riflessioni rispetto alla riforma delle politiche sulle droghe in ambito nazionale ed internazionale, e approfondimenti specifici sul carcere, sui reati minori sulle droghe e sulla riforma dei servizi in un’ottica di decriminalizzazione dell’uso delle sostanze.
(Comunicato stampa di lancio dell’ediizione 2020 del rapporto “Droghe e carcere al tempo del coronavirus. Undicesimo libro bianco sulle droghe”.)
L'articolo I dati dal rapporto “Droghe e carcere al tempo del Coronavirus. Undicesimo libro bianco sulle droghe” Gli effetti della legge antidroga Edizione 2020. proviene da Cento Fiori, Rimini.
“Naghma, musiche dall’Afghanistan” apre il calendario degli eventi estivi “Santarcangelo, respira la bellezza” in programma venerdì 26 giugno alle 21, avviando così la stagione allo Sferisterio organizzata dal Comune clementino. Il giorno dopo , nello stesso luogo, il secondo concerto in programma, “Musiche per l’Europa”. Il concerto Naghma (https://www.facebook.com/events/547857262788424/) – promosso da Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), Unione di Comuni Valmarecchia e dalle cooperative sociali Cento Fiori e Il Millepiedi – è gratuito ma è necessaria la prenotazione (338/5009342 – 339/3721538 – sprar2@cooperativailmillepiedi.org).
Dedicato alla Giornata mondiale del Rifugiato, “Naghma” è un concerto che riporta alle sonorità tipiche dell’Afghanistan. Terra ormai martoriata da drammatiche vicende, fin dall’antichità è stata crocevia di culture e vanta un’antica e ricchissima tradizione musicale. Una storia che verrà raccontata da Peppe Frana tramite il Robab, liuto a plettro nativo dell’Afghanistan e considerato antenato del sarod indiano e da Ciro Montanari con il Tabla, percussione principale della musica hinduista e normalmente utilizzata anche in Afghanistan.
“Musiche per l’Europa”, è invece il titolo del concerto dedicato alla giornata europea della musica in programma il giorno seguente, sabato 27 giugno alle ore 21. Simone Zanchini (fisarmonica), Andrea Alessi (contrabbasso), Stefano Bedetti (sax) e Marco Frattini (batteria) si esibiranno in una performance eclettica, un percorso musicale ricco di jazz e improvvisazione che riprenderà tradizioni, suoni e atmosfere da ogni angolo dell’Europa. Protagonisti della scena internazionale, i quattro musicisti creeranno un dialogo e uno scambio creativo e dinamico all’insegna dello spirito da cui nasce la Festa della Musica Europea: la musica come linguaggio comune e universale, che unisce sotto un’unica bandiera le tante lingue degli stati europei. L’ingresso al concerto è gratuito ma è consigliato prenotare telefonando al numero 0541/356.284.
«Dopo un periodo come quello appena trascorso – dicono l’assessore al Turismo Emanuele Zangoli e l’assessore ai Servizi sociali e welfare Danilo Rinaldi – dove preservare i confini, mantenere le distanze ed evitare contatti è stata la principale forma di tutela per la salute di tutti, oggi inauguriamo la stagione degli eventi tornando a forme di connessioni e contaminazioni positive: quelle che nascono grazie alla musica. Un linguaggio universale, capace di avvicinare e unire, raccontare tradizioni e storie dall’Europa e da tutto il mondo, abbattendo qualsiasi confine geografico».
L'articolo Naghma, musica senza confini allo Sferisterio di Santarcangelo grazie alla protezione dei richiedenti asilo della Valmarecchia proviene da Cento Fiori, Rimini.
Gambia e Senegal sono divisi da un confine di lingue veicolari differenti, l’inglese per la prima e il francese per il secondo. Ma le tradizioni culinarie rimangono le stesse. Ai begnè e al caakiri si aggiunge il pane, mburu, che si trova fresco a forma di baguette ogni mattina, più buono ancora di quello che potreste trovare a Parigi.
Questa è una versione di pane dolce, con aggiunta di latte in polvere e burro.
IngredientiMischiare la farina con un pizzico di sale. Aggiungere il lievito sbriciolandolo nell’impasto. Aggiungere le uova e mischiare con le mani tutto insieme. Aggiungere anche il burro sciolto, il latte in polvere e lo zucchero, ed amalgamare fino ad ottenere un composto uniforme.
Lasciare lievitare l’intero impasto per almeno due ore. Finito questo tempo, dare all’impasto la forma preferita e lasciare riposare un’altra ora.
Infornare a 180° per circa 30 minuti.
L'articolo Mburu sucar, la ndiki (colazione) in Senegal proviene da Cento Fiori, Rimini.
Siamo in Africa Occidentale, affacciati direttamente sull’Oceano Atlantico. Qui c’è il Senegal, paese della Teranga. La Teranga è ciò che unisce tutta la popolazione, da quella dei mercati vivaci di Dakar a quella delle pianure verdi e apparentemente silenziose della Casamance.
Teranga in wolof, lingua ufficiale del paese, significa accoglienza. Accoglienza significa lasciare le porte sempre aperte, che non si sa mai che qualcuno abbia bisogno di un tetto per la notte. Significa anche che quando è ora di mangiare, non importa quanto spazio e quanto cibo ci sia, tutti i presenti sono invitati. Accoglienza significa che nessuno si abbuffa: ognuno rinuncia a qualcosa per l’altro, ma, alla fine del pasto, tutti condividono la stessa gioia.
Significa anche che ad ogni Dieuredieuf, Grazie, si risponde Nio Far: Noi siamo Insieme. Toubab, Neri, Blu o Verdi non importa. Non mi devi ringraziare perché noi qui, Siamo Insieme.
Tra le tante ricette che il Senegal offre, la più facile da cucinare è sicuramente la yassa. La yassa ha come caratteristica principale la marinatura delle cipolle e può essere preparata con pollo, pesce, carne di manzo o montone. La versione che più spesso viene preparata nelle nostre strutture e che quindi vi proponiamo prevede il pomodoro concentrato, ma nella versione originale non viene aggiunto.
Ricordatevi di servirla in un unico piatto: è da mangiare obbligatoriamente insieme.
IngredientiTagliate anzitutto la carne a pezzi grandi e metteteli a marinare per mezz’ora in una terrina con un’emulsione preparata con il succo di limone, 2 cucchiai d’olio, il peperoncino pestato, le cipolle sbucciate e affettate, sale e pepe.
Trascorso il tempo previsto, togliete la carne dalla terrina, lasciatela sgocciolare e fatela quindi dorare in una casseruola in cui avrete versato un po’ d’olio.
Unitevi poi la marinata, un po’ d’acqua, il pomodoro concentrato e lasciate cuocere sino a quando la carne risulti cotta e la salsa consistente.
Nel frattempo lessate a parte il riso nell’acqua salata. Portate infine in tavola, servendo la carne su di un piatto da portata in cui avrete disposto il riso.
L'articolo Yassa, Senegal proviene da Cento Fiori, Rimini.
Se il Byrani è il simbolo della cucina pakistana, non bisogna dimenticarsi del pane quotidiano, il Chapati. Il chapati viene preparato e cotto in maniera molto simile alla nostra piadina: tanto che le mani dei nostri ragazzi potrebbero competere con quelle di una azdora romagnola! Se sulla teglia si aggiunge burro o olio d’oliva allora il chapati si trasforma in Parata. La parata è la colazione pakistana per eccellenza, sia nella versione dolce, farcita con zucchero o miele, sia salata, normalmente farcita con patate lesse.
Il piatto viene consumato insieme al Chay, ovvero il tè, oppure con il Lassi, lo yogurt fatto in casa. La vera particolarità della parata pakistana, mi dicono, è il burro: quello che si usa a casa viene preparato a mano dalle nonne. Qui usiamo quello industriale, ma è comunque buonissima!
IngredientiPer il ripieno dolce
Per ripieno salato
Unire acqua e farina ed impastare fino ad ottenere un composto omogeneo. Quando è pronto, stendere come se si stesse stendendo una piadina. Riscaldare la piastra e imburrarla. Una volta cotta, metterla da parte e cuocerne un’altra allo stesso modo. Cospargerne una di zucchero e sovrapporle.
Per la versione salata, semplicemente sostituire allo zucchero delle patate lesse e mettere nell’impasto un pizzico di sale.
L'articolo Parata, il pane per colazione in Pakistan (o chapati) proviene da Cento Fiori, Rimini.
La Nigeria è il paese più popoloso del continente africano. “Abia, Adamawa, Akwa Ibon..” inizia l’elenco dei 36 stati da cui il paese è composto, ripetuti in ordine alfabetico con la stessa cantilena con cui a scuola s’imparano a memoria capoluoghi e province. All’interno del paese vi sono più di 500 lingue diverse, ma le più diffuse sono lo Yoruba, l’Igbo e l’Hausa.
La terra della lingua Hausa, ovvero il “Kasar Hausa” o più comunemente “Hausaland, si trova nella regione del Sahel tra il fiume Niger e il lago Chad che corrisponde, oggi, al nord della Nigeria. In questa parte di terra, infatti, la maggioranza delle persone è Hausa, un gruppo che conta più di 30 milioni di persone nell’Africa Occidentale.
Le antiche popolazioni Hausa erano costituite principalmente da agricoltori che avevano una concezione della terra e dei suoi frutti come appartenenti a tutta la comunità. Un proverbio recita: “idan da chi da sha da abin yalwa da lafiya, ibada kan yado” che significa “solo se c’è salute e cibo e acqua sufficiente per tutti, la religione può prosperare”.
Il Weina è un piatto tipico di Kano, stato a nord della Nigeria, dove la colazione è un piatto importante e a volte l’unico di tutta la giornata. Per questo motivo, può essere farcito con alimenti diversi (tonno, carne, verdure) a seconda delle disponibilità e dei gusti di ciascuno.
Il Weina viene fatto nelle nostre strutture le mattine in cui non si lavora perché richiede tempo e cura. E perché non si fa mai per una persona sola: quando si cucina, si cucina perché possa esserci Weina sufficiente per tutti. Poi si mangia insieme ascoltando il cantante Hausa Ali Jita: https://www.youtube.com/watch?v=gGTQBY4tRKA
IngredientiMischiare tutto insieme fino ad ottenere un composto omogeneo e senza grumi, che rimanga abbastanza liquido. La consistenza deve essere quella delle nostre crepe, e anche il metodo di cottura. Preparare una padella con poco olio di semi, di modo che il composto non si attacchi alla padella. Mettere un mestolo di composto direttamente in padella e dopo qualche minuto girarlo sull’altro lato.
L'articolo Weina, karinsape (colazione) in Hausaland proviene da Cento Fiori, Rimini.
Rimini – Cassa integrazione? Fondamentale in questo periodo di lockdown, ma alla Cooperativa Sociale Cento Fiori hanno preferito scegliere una strada – come dire… – più cooperativistica: un Fondo Solidarietà ferie – banca ore. «Al blocco di alcuni dei nostri settori produttivi e servizi alle persone, che hanno costretto alcuni dei nostri dipendenti a sospendere il loro lavoro e ricorrere alle ferie, abbiamo cercato di dare una risposta in chiave solidale, piuttosto che ricorrere alla Cig – spiega il direttore della Cooperativa Sociale Cento Fiori Giovanni Benaglia – Abbiamo istituito il Fondo al quale stanno attingendo i nostri colleghi che hanno consumato le loro ferie. E devo dire che la solidarietà è stata davvero elevata».
La Cooperativa Sociale Cento Fiori è nata nel 1981 a Rimini, con l’obbiettivo di sostenere il percorso riabilitativo delle persone dipendenti da sostanze. Nel 1983 ha fondato la Comunità terapeutica di Vallecchio di Montescudo, nella provincia di Rimini, alla quale si sono aggiunti due Centri Osservazione e Diagnosi, uno a Vallecchio e uno ad Argenta, un Centro Diurno a Rimini e tre gruppi appartamento. Accanto alle strutture terapeutiche, sono nate delle attività economiche che impiegano sia le persone in terapia sia persone diversamente abili: la Serra Cento Fiori, la tipografia digitale Rimini Stampa, il lago di pesca sportiva Arcobaleno, la Scuderia Cento Fiori. Mentre 10 anni fa l’esperienza maturata nell’accoglienza delle persone è stata dedicata anche ai richiedenti asilo. Circa 70 persone impiegate in azienda, per un fatturato di quasi 4 milioni di euro all’anno. «Ma alcuni di questi servizi e attività sono rimasti chiusi per il lockdown. Da qui la necessità di intervenire a sostegno dei lavoratori coinvolti in questa crisi economico – sanitaria», dice Giovanni Benaglia.
«Siamo partiti dalla constatazione che il ricorso alla cassa integrazione rappresentava un cospicuo taglio allo stipendio dei nostri colleghi, anche del 40%. Non è poco. E di questi tempi sarebbe stato un ulteriore aggravio delle difficoltà e dei rischi che tutti conosciamo e stiamo affrontando. Abbiamo quindi proposto il Fondo di solidarietà banca ore / ferie». Dal lancio della proposta in meno di 24 ore circa un terzo dei dipendenti ha aderito. «Avevamo proposto la donazione di cinque ore a persona – dice Giovanni Benaglia – ma i colleghi che avevano disponibilità in banca ore o in ferie hanno raddoppiato, triplicato, qualcuno ha donato persino 20 ore. E non si sono fermati lì. Man mano che il blocco delle attività procedeva, altri dipendenti hanno aggiunto le loro ore per aiutare i colleghi che avevano esaurito le loro ferie».
«Il risultato è che non ci sono stati ritardi nell’erogazione degli stipendi e si è alleggerito il clima di preoccupazione che questa situazione ha inevitabilmente comportato per i lavoratori coinvolti nel blocco. Ma c’è un altro aspetto che i nostri soci e i lavoratori hanno colto – dice il direttore, Giovanni Benaglia – Si è trattato di un atto concreto di solidarietà tra soci e lavoratori ma che travalica non solo i singoli settori lavorativi della Cooperativa Sociale Cento Fiori, ma la nostra stessa azienda. L’aver evitato la cassa integrazione per – pochi? Molti dipendenti? non ha importanza – ha liberato risorse economiche che possono essere utilizzate dai lavoratori di altre aziende. Insomma, un gesto di solidarietà del quale i nostri colleghi possono essere orgogliosi».
L'articolo Vade retro Cassa Integrazione! Con un Fondo Solidarietà ferie – banca ore, Cento Fiori ha affrontato la sospensione del lavoro in chiave cooperativistica. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Il progetto “Adolescenti e Migranti 2019/2020- Musica, Poesia di resistenza e Azione” a cura di Cinzia Carnevali, ha costruito un’esperienza di integrazione ed arricchimento per adolescenti e richiedenti asilo attraverso laboratori di poesia e musica, quest’anno utilizzando una delle forme artistiche di resistenza alla disgregazione del sistema sociale: il rap- con la collaborazione di Lorenzo Cappadone KD One.
Promosso da Società Psicoanalitica Italiana SPI, Società Italiana di Psicodramma Analitico S.I.Ps.A e C.O.I.R.A.G, Associazione Arcobaleno e la collaborazione di Associazione Margaret, Istituto Scienze dell’Uomo-progetto Interazioni, Cooperative Sociali CAD e Cento Fiori e le Scuole Superiori: Liceo “Cesare-Valgimigli”, IPSCT “Luigi Einaudi” di Rimini e Liceo Scientifico -Artistico “Volta-Fellini” di Riccione.
L'articolo “Adolescenti e Migranti 2019/2020 – Musica, Poesia di resistenza e Azione” a cura di Cinzia Carnevali proviene da Cento Fiori, Rimini.
Ittehad, Iman, Tanzeem, Unità, Fede e Disciplina. E’ con queste tre parole che il Pakistan, con una popolazione di più di 233 milioni di persone, si presenta al mondo. Il suo territorio è considerato culla della civiltà e queste ricchezza di tradizioni si riscontra sicuramente anche in cucina. In famiglia sono le donne a cucinare mentre il cibo dei mercati e dei ristoranti è preparato principalmente da uomini. Nelle telefonate a casa però F. (uno dei richiedenti asilo ospitati dalla Cento Fiori) ha capito che il COVID-19 ha cambiato anche ciò che era ordinario in famiglia: “In questo momento di emergenza, in cui tutti sono a casa, anche gli uomini fanno da mangiare, non c’è più differenza!”. Il piatto simbolo del Pakistan è il Byrani, piatto originario della cucina persiana. Viene preparato in occasione di feste e cerimonie, ma anche comunemente venduto nei mercati come piatto da portare via. Con la parola byrani si intendono diverse preparazioni (pollo, gamberi, verdure) a base di riso e spezie.
IngredientiTagliare il pollo, privarlo della pelle e lavarlo bene. Affettare le cipolle e tagliarle a tocchetti, fare la stessa cosa con i pomodori, lo zenzero e l’aglio
In una padella grande mettere l’olio a scaldare, aggiungere le cipolle e farle appassire, aggiungere il sale, l’aglio e lo zenzero. Far cuocere per qualche minuto e poi aggiungere il pollo e girare bene con un cucchiaio di legno. Far cuocere bene il pollo a fiamma bassa e senza coperchio per almeno 20 minuti.
Aggiungere i pomodori, aumentare la fiamma e far cuocere ancora per venti minuti.
Aggiungere le bustine di Biryani, quindi lo yogurt e mescolare bene. Aggiungere quindi il cumino. Aggiungere al pollo il succo di mezzo limone, amalgamare bene tutti gli ingredienti e spegnere il fuoco.
Mentre il pollo cuoce mettere a bollire una pentola di acqua. Versare il riso in un recipiente, lavarlo bene e lasciarlo riposare immerso nell’acqua per 10 minuti. Quando l’acqua bolle aggiungere il sale e un paio di cucchiai di olio, scolare il riso e buttarlo nell’acqua bollente. Cuocere per 10 minuti, scolare e lasciare da parte.
Mettere sul fuoco a scaldare una pentola grande. Cospargere il fondo con un po’ di brodo di cottura del pollo. Prendere il riso e metterlo nella pentola formando un primo strato. Aggiungere un po’ di pollo sopra il riso, creando un secondo strato e ripetere l’operazione fino a terminare il pollo e il riso. Chiudere con uno strato di riso.
In un 1/2 bicchiere di acqua sciogliere lo zafferano e bagnare l’ultimo strato di riso. Avvolgere il coperchio della pentola con degli stracci, in modo da non far uscire il vapore dalla pentola e coprire. Cuocere così per 10 minuti. A cottura ultimata aprire la pentola e mescolare il pollo con il riso. Servire ben caldo.
Il piatto può essere accompagnato con verdure (cipolla, cetrioli, pomodori) crude tagliate a fette e yogurt, mischiato con menta, sale e pepe.
L'articolo Chicken byrani (pollo, riso e spezie) proviene da Cento Fiori, Rimini.
«Siamo migranti, veniamo tutti da paesi diversi, ma siamo anche uomini e ci hanno insegnato che nelle difficoltà non bisogna aver paura di chiedere aiuto; quando però stai bene, tocca a te aiutare. […] Conosciamo bene il dolore e l’angoscia che si prova quando sei costretto a stare lontano dalla tua famiglia. Quello che a noi ci ha aiutati è stato un telefono con cui poter chiamare casa e così vedere gli occhi delle nostre mamme, i visi dei nostri figli, poter dire loro che stavamo bene e che eravamo ancora vivi. Per questo abbiamo pensato a questi tablet».
Sono alcuni passaggi della lettera che i richiedenti asilo residenti nelle strutture di Riccione gestite dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori hanno consegnato «ai lavoratori e lavoratrici dell’Ospedale Infermi», infermieri e medici dei reparti Covid – 19, insieme a due tablet, donati «con la speranza che possano aiutare le persone lontane ad incontrarsi e a portare così un sollievo, seppur piccolo, ai cuori delle persone di cui vi prendete cura e anche ai vostri». Tablet che sono state consegnati nelle mani della dottoressa Raffaella De Giovanni e di una infermiera dei reparti Covid di Rimini da Omar D. e da Marena D., in rappresentanza dei 38 compagni.
Scoppiata l’emergenza gli ospiti delle strutture di via Piemonte e di via Puglia a Riccione, 19 per ciascuna struttura provenienti da Senegal, Costa d’Avorio, Nigeria, Mali, Gambia, Pakistan, Ghana, Bangladesh, hanno deciso di dare una mano. Una volta acquistati i tablet, dotati sia di collegamento wireless sia predisposti per una sim così da essere utili in ogni frangente, la consegna: appuntamento all’ospedale Infermi. La colletta infatti era partita all’inizio di marzo, quando anche a Riccione c’erano malati Covid, reparto poi per fortuna chiuso con l’attenuarsi del contagio. Ai sanitari che li hanno accolti i ragazzi hanno consegnato, a nome di tutti, una lettera. Lettera che i sanitari hanno letto e, non senza trattenere dei moti di emozione, e che il lettore potrà leggere integralmente.
Cari lavoratori e lavoratrici dell’Ospedale Infermi,
Siamo un gruppo di ragazzi delle strutture di accoglienza CAS di Riccione della Cooperativa sociale Cento Fiori. Siamo migranti, veniamo tutti da paesi diversi, ma siamo anche uomini e ci hanno insegnato che nelle difficoltà non bisogna aver paura di chiedere aiuto; quando però stai bene, tocca a te aiutare.
Siamo arrivati qui dopo viaggi difficili, molti di noi hanno attraversato il mare: sappiamo cosa significhi morire da soli, senza più riuscire a respirare. Abbiamo visto tanti amici andarsene così. Noi siamo i fortunati. L’Italia è il paese che ci ha salvati e che ci ha accolti quando avevamo bisogno di aiuto. Riccione è la nostra casa. Per questo, quando abbiamo sentito e visto cosa stava succedendo in Italia, nel nostro paese, ci siamo seduti in cerchio e abbiamo discusso su quello che potevamo fare. Perché se c’è un problema ci si aiuta, ognuno con quello che può. Gli esseri umani funzionano così.
Nessuno qui è medico, non ci sono infermieri tra di noi, ma conosciamo bene il dolore e l’angoscia che si prova quando sei costretto a stare lontano dalla tua famiglia. Quello che a noi ci ha aiutati è stato un telefono con cui poter chiamare casa e così vedere gli occhi delle nostre mamme, i visi dei nostri figli, poter dire loro che stavamo bene e che eravamo ancora vivi.
Per questo abbiamo pensato a questi tablet, con la speranza che possano aiutare le persone lontane ad incontrarsi e a portare così un sollievo, seppur piccolo, ai cuori delle persone di cui vi prendete cura.. e anche ai vostri.
Ogni mattina quando ci svegliamo preghiamo che questa malattia non ci sia più. Ma sappiamo che per questo abbiamo bisogno di persone che la combattano in prima linea, e queste persone siete voi. Quindi, ogni mattina quando ci svegliamo preghiamo e continueremo a pregare per ognuno di voi e per le persone che state aiutando.
Con tutta la nostra stima e gratitudine,
I ragazzi dei Centri di Accoglienza Straordinaria di via Piemonte e Via Puglia gestiti dalla Cooperativa sociale Cento Fiori
L'articolo I richiedenti asilo di Riccione regalano due tablet per i pazienti dei reparti covid: «Conosciamo il dolore e l’angoscia che si prova quando sei costretto a stare lontano dalla tua famiglia». proviene da Cento Fiori, Rimini.
«Servizi attivi per affrontare al meglio questo periodo di difficoltà», perché «Nessuno si salva da solo»: un titolo e un sottotitolo del sito http://ligaza.eu che nella loro semplicità la dicono invece lunga sull’importante aiuto che possono dare. L’emergenza Covid ha impoverito il nostro territorio con lutti e paure, ma lo ha anche arricchito di servizi ed esperienze per la popolazione. Servizi ed esperienze non sempre facili da conoscere a causa della sovraesposizione mediatica alla quale tutti sono sottoposti, tra social, siti, tv, giornali e passaparola. Per questo Federica Soglia e Gando Diallo, la prima educatrice della Cooperativa Sociale Cento Fiori il secondo programmatore della Guinea Conakry, ospite di una struttura di accoglienza seguita da Federica, hanno unito le loro capacità. Ed è nato http://ligaza.eu.
Federica ha raccolto le informazioni su associazioni, iniziative e contatti sul territorio utili a varie categorie di fruitori: anziani, stranieri, consegna a domicilio, sostegno psicologico, cultura, esercizio fisico, bambini e famiglie. Gando Diallo le ha organizzate per pagine e messe in Rete creando il sito ligaza.eu. Il tutto sotto l’egida del progetto Sprar – Siproimi (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) dell’Unione dei comuni della Valmarecchia con strutture gestite dalle Cooperative Sociali Cento Fiori e Il Millepiedi a Santarcangelo e Verucchio.
«Nel momento dell’emergenza sono nate tante iniziative per superare insieme questo periodo di difficoltà – spiega Federica Soglia – le informazioni giravano velocissime sui social, sui sistemi di messaggistica, ma non c’era mai uno spazio dove trovarle tutte insieme. E così è nato http://ligaza.eu, il cui nome è un omaggio al dialetto romagnolo e al pranzo comunitario, in particolare alla Festa della solidarietà che si svolge ogni anno in piazza a Santarcangelo».
«È un sito che raccoglie le informazioni e le risorse per affrontare in sicurezza e solidarietà questo periodo di difficoltà, con pagine in continuo aggiornamento. – continua Federica – Nasce dal desiderio di offrire un servizio, e nelle intenzioni non si limiterà all’emergenza covid ma diventerà uno strumento di dialogo fra lo Sprar e i cittadini. L’idea è di creare una cosa utile, condivisibile, con informazioni circostanziate e focalizzate abbastanza per essere facilmente comprese e gestite. Ci piacerebbe che tutto ciò potesse diventare multilingua, ma certamente non è facile, vista anche la situazione di distanza sociale».
L'articolo Servizi ed esperienze per la popolazione nel tempo del Covid 19: nasce ligaza.eu dall’educatrice Cento Fiori Federica Soglia e dal guineano Gando Diallo proviene da Cento Fiori, Rimini.
Siamo sempre in Gambia e Senegal, e la colazione è spesso presa al volo, venduta dai bambini in piccoli sacchetti di plastica, contenenti ognuno una porzione di Caakiri. Viene fatto con lo yogurt fresco. Qui usiamo quello del supermercato, ma è comunque buono!
IngredientiMischiare tutto insieme e servire una volta raffreddato. In caso si avesse cherreh non è necessaria l’acqua bollente.
L'articolo Caakiri (budino di cous cous o di cherreh) proviene da Cento Fiori, Rimini.
Alla parola pancake la maggior parte penserà di trovarsi in una cucina di una tipica famiglia americana, la domenica mattina. E invece siamo in uno dei paesi più piccoli dell’Africa, la Gambia. Ai lati delle strade, sedute sotto l’ombra degli alberi di mango, le donne la mattina preparano la colazione. E’ dalle donne che abbiamo imparato, dalle nostre mamme, dalle nostre sorelle. E questo è ciò che abbiamo imparato:
IngredientiMischiare tutto insieme fino ad ottenere un composto omogeneo e senza grumi. Preparare una padella con olio di semi. Prepara delle palline e, a olio caldo, metterle in padella fino a quando acquisiranno un colore dorato.
L'articolo Begne’ (pancake): Dasamo (colazione) in Gambia proviene da Cento Fiori, Rimini.
Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca), al quale aderisce la Cooperativa Sociale Cento Fiori, esprime forte preoccupazione per le rivolte che stanno avendo luogo in diversi istituti di pena italiani. “L’emergenza coronavirus ha aggiunto ulteriore pressione in una situazione già oltre il limite del sopportabile, a causa di un sovraffollamento pesante e continuo”, dichiara Riccardo De Facci, presidente del Cnca, “Alle rivolte di questi giorni bisogna rispondere non solo con la repressione, ma attivando misure alternative alla detenzione per un numero congruo di detenuti. E predisponendo modi di comunicazione tra detenuti e familiari diversi dalla presenza fisica, utilizzando gli strumenti offerti da internet o altri che non comportano rischi di contagio. Quello che è accaduto a Modena, poi, con le morti per overdose, rende evidente che negli istituti di pena devono essere presenti strumenti per intervenire in caso di overdose, superando l’ipocrisia che vuole il carcere libero dalle sostanze psicoattive.”
“I fatti di questi giorni”, conclude De Facci, “sono un’ulteriore conferma di una situazione esplosiva, che va affrontata – al di là delle rivolte di questi giorni – prevedendo un uso esteso e sistematico delle misure alternative alla detenzione (messa alla prova, detenzione domiciliare…) e cancellando alcune normative ‘carcerogene’ come l’attuale legislazione sulle droghe. Sono richieste che avanziamo da tempo e che continuano a restare senza risposta.”
La Cooperativa Sociale Cento Fiori gestisce attualmente il progetto Se.A.T.T. Andromeda: Sezione a custodia attenuata Trattamento Tossicodipendenti della Casa Circondariale di Rimini. Il progetto ha la finalità d’individuare e sostenere il percorso più idoneo al reinserimento sociale dei detenuti tossicodipendenti, coinvolgendo direttamente in prima persona il singolo utente e l’équipe di trattamento.
L'articolo Cnca: rivolte in carcere, attivare subito le misure alternative. L’emergenza coronavirus ha aggiunto ulteriore pressione in una situazione già oltre il limite del sopportabile proviene da Cento Fiori, Rimini.
Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) esprime sconcerto e contrarietà rispetto all’intenzione del ministro dell’Interno Luciana Lamorgese di proporre una modifica all’attuale testo unico sulle droghe, prevedendo l’arresto immediato con custodia in carcere per coloro che sono trovati in possesso di piccoli quantitativi di droga, se recidivi.
“Qualora si arrivasse a una modifica di legge come quella prospettata dal ministro Lamorgese”, dichiara Riccardo De Facci, presidente del CNCA, “la conseguenza inevitabile sarebbe l’ulteriore incremento dei detenuti per reati connessi alle droghe, che andrebbero a sovraffollare le carceri già al collasso. Il problema resterebbe invece immutato, come dimostrano gli ultimi 30 anni di una guerra alla droga che è stata fallimentare. Ed è evidente che una norma siffatta non colpirebbe solo gli spacciatori, come viene dichiarato, bensì anche molti consumatori. Ancora una volta il penale e il carcere verrebbero utilizzati per affrontare questioni sociali, sanitarie ed educative. Dall’esecutivo ci aspettiamo, piuttosto, un serio ragionamento sulla depenalizzazione del possesso di piccoli quantitativi di sostanze e un rafforzamento di tutti quegli interventi innovativi che permettono un reale e più efficace lavoro educativo, di prevenzione e di riduzione del danno e dei rischi”.
L'articolo Cnca: «Droghe, anche il governo in carica pensa di conquistare consenso colpendo i consumatori»? proviene da Cento Fiori, Rimini.
La Rassegna: “Da qualche parte tra Musica e Psicoanalisi” apre quest’anno la sua XII° Edizione con: “Poesia Azione e Musica”, lunedì 24 Febbraio ore 21.00 presso Spazio Tondelli di Riccione. La serata vedrà sul palco alcuni allievi dei licei di Riccione e Rimini che si esibiranno a conclusione di un percorso laboratoriale.
Da alcuni anni SPI (società psicoanalitica italiana) e SIPsA (Società italiana di psicodramma analitico), insieme all’Associazione Arcobaleno, hanno una collaborazione su progetti che prendono in considerazione i bisogni di adolescenti e migranti, con l’obiettivo di dare un riconoscimento alla sofferenza nel percorso adolescenziale e stimolare il senso di solidarietà e l’integrazione per prevenire il disagio che comporta l’essere lasciati soli e non compresi nei vari percorsi e passaggi di vita.
I giovani, nelle loro diversità, stanno vivendo insieme un’importante esperienza allo scopo di favorire lo scambio culturale e sperimentarsi in una espressione creativa fatta di musica, pensiero e parole. La musica e la poesia consentono di esprimersi come soggetti in uno spazio accogliente che facilita la crescita affettiva e mentale dei ragazzi. Il sapere psicoanalitico e antropologico confluiscono in un registro poetico-esistenziale.
Presenta la serata Stefania Fabbri psicoterapeuta SIPsA-Coirag, intervengono Lucia Santolini antropologa dell’Associazione Margaret.
I ragazzi si sono messi alla prova per esprimere attraverso musica e ritmo i propri pensieri sotto la direzione artistica del rapper Lorenzo Cappadone in arte KD-ONE. Parole poetiche in rima e in musica Rap, racconto in rima da condividere in gruppo e ritmare insieme, ricerca del suono e ricerca di senso con adolescenti e migranti espressione del Sé interiore e della relazione con l’Altro.
Durante i primi mesi (circa due) si sono coinvolti gli studenti per classi ed incontri con ragazzi richiedenti asilo. Attraverso poesie di azione individuali e civili, poesia come opposizione all’ingiustizia, alla discriminazione e violenza contro le diversità, ma anche poesia narrazione in rima e con ricerca del suono e della musica, una sorta di Slam e Rap cioè poesia musicata.
Il progetto, promosso da SPI (società psicoanalitica italiana) e SIPsA (Società italiana di psicodramma analitico) vede la collaborazione di diverse scuole superiori – Einaudi, Scienze Umane, Liceo classico e scientifico di Rimini e Riccione – le cooperative sociali Cad e Cento Fiori e associazioni del territorio quali Arcobaleno, Margaret, Istituto Scienze dell’Uomo. Hanno collaborato al progetto: Cinzia Carnevali, Laura Ravaioli, Gabriella Vandi Psicoanaliste SPI del gruppo nazionale PER (Psicoanalisti europei per i rifugiati). Sonia Saponi, Silvia Cicchetti, Stefania Fabbri, Belpassi Rita Arianna, Roberta Savioli, Roberta Secchiaroli Psicoterapeute SIPsA, Giorgia Guenci Villa Antropologa Associazione Margaret, Monica Ciavatta (Coop. Cento Fiori), Daniela Balducci (Coop. CAD), Valentina Di Cesare, Erika Romagnoli coordinatrici progetti Associazione Arcobaleno, Giovanni Ceccarelli e Carlo Pantaleo, rispettivamente presidente e coordinatore di progetti sociali e alternanza Scuola Lavoro Istituto Scienze dell’Uomo-Progetto Interazioni. Sandra Villa, Paride Principi Dirigenti Scolastici.
L'articolo Adolescenza e integrazione, in scena allo Spazio Tondelli di Riccione “Poesia Azione e Musica”: liceali & migranti Cento Fiori a tempo di rap. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Le belle storie si raccontano a tavola. Così viene interpretata la formazione per i nuovi soci della Cooperativa Sociale Cento Fiori: con un momento conviviale, alcuni narratori d’eccezione e un tour nelle strutture che la compongono. Poche e piacevoli ore nelle quali alcuni dei nuovi soci lavoratori hanno appreso da chi ha vissuto il passato e da chi gestisce il presente della realtà di cui fanno ora parte integrante: il fondatore Werther Mussoni e l’attuale presidente Cristian Tamagnini. Non solo: nel tour che dalla sede centrale si è dipanato in tutti i luoghi di lavoro, sono stati gli stessi soci ad essere, di volta in volta, spettatori e anfitrioni dei colleghi, fino al momento finale a La Serra Cento Fiori, il vivaio nel cuore di Rimini.
Eterogeneo il drappello dei cooperatori: Raffaele Caserta, Chiara Gentili, Simona Longo, Lorenzo Rizzo, Enrico Rotelli, Lorenzo Valeri, che si sono dati appuntamento in via Portogallo 10, mentre con rammarico non sono potuti essere presenti i quattro nuovi soci che operano al Centro Osservazione e Diagnosi l’Airone di Argenta. Ma per loro ci sarà modo di riservare un’altra calda occasione di benvenuto per la seconda giornata di formazione, quando incontreranno Federica Protti, responsabile per le cooperative sociali di Legacoop Romagna, che li formerà sul tema della governance e della partecipazione cooperativa. Cristian Tamagnini ha avviato la giornata raccontando l’attuale assetto della cooperativa sociale, che ricordiamo è di tipo A e B. «Il tipo A presuppone i servizi alle persone, con la Comunità Terapeutica e il Centro di Osservazione e diagnosi (Cod) di Vallecchio, il Cod di Argenta, il Centro Diurno e i tre gruppi appartamento di Rimini. La tipologia B riguarda invece gli inserimenti lavorativi delle persone diversamente abili o provenienti dalle aree dello svantaggio, e quindi le attività come La Serra Cento Fiori, il centro stampa Rimini Stampa, la Scuderia Cento Fiori, il cantiere nautico di Rimini e il Lago Arcobaleno. Attività che sono nate e che continuano ad affiancare i percorsi terapeutici delle nostre strutture di accoglienza».
Il tour è iniziato con il Centro Diurno, struttura che nel 2019 ha ospitato 21 utenti, per poi passare alla sottostante tipografia digitale, dove il timone di guida “turistica” è stato preso da Lorenzo Valeri, responsabile del settore tipografico. Poi tutti in auto verso l’appuntamento clou: la storia della cooperativa sociale Cento Fiori e della sua Comunità terapeutica di Vallecchio narrata Werther Mussoni, che le ha create insieme a tanti altri amici – Leonardo Montecchi, Massimo Ferrari, William Raffaeli solo per citarne alcuni – e lo scomparso Sergio Semprini Cesari. Intorno alla tavola imbandita da Ilaria Bartolini nel chiosco del Lago Arcobaleno, si sono intrecciate la storia della cooperativa con quella di Rimini, gli strozzapreti al ragù con il prosciutto tagliato a mano e la piada, l’evoluzione degli interventi terapeutici e dell’utenza nel corso dei decenni, la porchetta con le patate. Quando si dice la formazione professionale…
Lasciato il Lago Arcobaleno, una ex cava di argilla a San Lorenzo di Riccione trasformata dalla cooperativa in oasi naturale prima e in meta del turismo della pesca sportiva no kill poi, i neo cooperatori hanno raggiunto Vallecchio, il cuore pulsante di tutta l’attività sociale. Werther racconta come il paesaggio sia cambiato, mostra il primo edificio della comunità, un prefabbricato di Gemona aveva dato ospitalità ai terremotati del terribile terremoto del Friuli del 1976. Prefabbricato smontato, trasportato su un camion e rimontato a Vallecchio tra l’83 e l’84 dai primi ospiti della comunità, nove riminesi. Nucleo del futuro polo terapeutico Cento Fiori, costruito sul terreno messo a disposizione dall’Ospedale Fantini di Montescudo. In quasi quarant’anni è l’ultima vestigia di un’epoca pionieristica, insieme allo spirito che spinge l’incessante ricerca terapeutica nel campo in continua evoluzione delle dipendenze. «Ecco, forse il senso vero di essere soci di questa cooperativa – ha detto qualcuno del drappello dei neo cooperatori – è di fare parte di una lunga storia, nata a Rimini ma che continua a evolversi nella ricerca italiana».
L'articolo Alla Cento Fiori “sbocciano” nuovi cooperatori: Werther Mussoni li tiene a battesimo narrando, in una giornata di formazione, gli anni della nascita proviene da Cento Fiori, Rimini.
Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) e il CNCA Puglia aderiscono al sit -in di solidarietà per l’inviata del Tg1 Maria Grazia Mazzola, vittima di una brutale aggressione da parte della moglie di un boss mafioso avvenuta nel quartiere Libertà del capoluogo pugliese due anni fa, mentre svolgeva il suo lavoro di giornalista.
Il CNCA domani mattina sarà vicino a Maria Grazia Mazzola in occasione dell’udienza preliminare di rinvio a giudizio che si terrà al tribunale di Bari, alla quale la giornalista partecipa in qualità di parte offesa.
“Bari non dimentica”, dichiarano Riccardo De Facci, presidente del CNCA, e Vito Mariella, presidente del CNCA Puglia. “L’aggressione subita da Mazzola ribadisce la necessità di mantenere alta l’attenzione sui fenomeni mafiosi presenti in città. Si combatte la criminalità organizzata con il duro lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura in stretta sinergia con le associazioni e i cittadini che ogni giorno si adoperano per un cambiamento culturale e sociale. Ed esponenti della stampa come Mazzola, che svolgono un ruolo prezioso nel documentare le realtà di mafia, devono contare sull’appoggio delle istituzioni e della società civile”.
L'articolo CNCA: solidali con Maria Grazia Mazzola, la giornalista Rai aggredita a Bari due anni fa. Domani l’udienza preliminare. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), la più grande rete di comunità di accoglienza e di recupero dalle dipendenze del terzo settore italiano, alla quale ha aderito anche la Cooperativa Sociale Cento Fiori, non si sente in alcun modo rappresentato dall’ex ministro Salvini e dalle sue posizioni sulla cannabis light.
“Sono ben altri i problemi che il sistema dei servizi deve affrontare,” dichiara Riccardo De Facci, presidente del CNCA, “questioni che si sono aggravate durante il periodo in cui Salvini ha fatto parte del governo: l’aumento del consumo di eroina, delle morti per overdose e le decine di nuove sostanze che hanno inondato il mercato. Noi crediamo in una politica sulle droghe radicalmente diversa da quella espressa dal leader della Lega. Non cerchi di farci passare per suoi complici in una ‘guerra alla droga’ fallimentare e dannosa.”
L'articolo Cnca: «Non in mio nome. Salvini sulla cannabis light non ci rappresenta. Il leader della Lega non cerchi di farci passare per suoi complici in una “guerra alla droga” fallimentare e dannosa». proviene da Cento Fiori, Rimini.