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Barbi schiera la Cgil a difesa del modello emiliano. Congresso regionale, apertura alla presenza di Errani

La Cgil vuole «Una regione che promuove l'uguaglianza» e nello stesso tempo "rivuole" Vasco Errani alla Regione, promuovendolo. Accade al 10° congresso, ieri in scena a Riccione, presente in sala il presidente, in prima fila. Siamo alle prime battute, si insediano le commissioni e si salutano gli ospiti: al nome di Errani scatta l'applaudo della platea dei delegati, forse il più lungo dei lavori, una trentina di secondi. Poi è Danilo Barbi, il segretario uscente, con la chiusura del capitolo della sua relazione dedicato all'Emilia Romagna a dare l'ufficialità al feeeling con Errani. In questa regione si può «fare di più, ma occorre che questa amministrazione regionale, come noi speriamo, venga confermata nelle elezioni del 28 e 29 marzo». Ed è di nuovo un lungo applauso.

Il nome di Errani non cade dalle nuvole che campeggiano alle spalle di Barbi, raccolte in nembi dal profilo emiliano romagnolo. Il ragionamento del segretario passa attraverso «il governo italiano come parte integrante della crisi» e il raffronto con l'Emilia Romagna. «Spero che tutti i compagni che, a partire da me, hanno messo passione nel congresso, abbiano preservato le energie per potersi indignare per quello che sta succedendo - dice Barbi - la deformazione dell'immagine femminile fra massaggi ed escort, l'uso della legislazione per questioni particolari o personali, manipolazione dell'informazione, il riemergere di una vocazione anticostituzionale, il riapparire di una sistema di corruzione della cosa pubblica con imprenditori che si fregano le mani e ridono di fronte la terremoto». E poi ricorda alcuni ministri «e le loro ossessioni: quello alla pubblica istruzione che ha l'ossessione della pubblica istruzione, che cerca di demolire. Il ministro al Lavoro pubblico la cui ossessione sono i lavoratori pubblici, contro i quali ha scatenato una campagna denigratoria. E infine il ministero del Lavoro, che ha due ossessioni: la Cgil e il diritto del lavoro. Noi consideriamo incostituzionale il nuovo tentativo di legislazione dell'arbitrato».

L'Emilia Romagna è il contraltare a questo Governo. «Ovviamente è stata quella che ha risentito di più dalla mancanza di contrasto alla crisi da parte del Governo». Dal congresso precedente Barbi ricorda «la necessità di una nuova stagione di programmazione democratica, relativamente alle contraddizioni della globalizzazione». Ed una delle risposte è stato il fondo per la non autosufficenza varato dalla Regione, «un'operazione che pensa al Welfare come motore di sviluppo, che dà risposte a bisogni nuovi creando nuova occupazione. Una scelta alternativa alle politiche di governo». Poi enumera il patto per attraversare la crisi, e, Barbi, vede nel piano territoriale regionale un punto di svolta alla ricerca di un nuovo modello si sviluppo, nel quale «si candida l'Emilia Romagna ad essere un laboratorio italiano della Green economy. «Si propone l'idea forte di una società della conoscenza e della nuova manifattura, con una politica strutturale della ricerca industriale imperniata sulla costruzione di undici tecnopoli». E qui conclude con il sostegno ad Errani: «diciamo alla Regione Emilia Romagna che questa è la strada e di fare di più sui questa strada» Ovviamente dopo la riconferma del governo regionale.

Barbi affronta anche il tema dei rapporti con le altre centrali sindacali: «la Cgil sa che l'unità fra le confederazioni è la forza maggiore per i lavoratori e i pensionati e crede nel valore del pluralismo sindacale. Ma il punto più critico dei nostri rapporti sindacali non è nel confronto fra modelli sindacali diversi, che c'è sempre stato, quanto nel fatto che si accetti che Governo e Parlamento sostengano la propria idea di sindacato. Così è stato nell'accordo separato sulle regole contrattuali, così è stato nella legislazione sugli Enti bilaterali di origine contrattuale».

Pubblicato su L'Unità, fascicolo Emilia Romagna

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