Una tragedia della follia, un anziano ex poliziotto con disturbi mentali che uccide una giovane farmacista, Barbara Muccioli, per poi togliersi la vita con la stessa pistola. Un fatto di sangue lontano, avvenuto a Corpolò nel dicembre 1996, che allora colpì profondamente l’opinione pubblica locale e che ancora permane nella memoria, per l’assurdità nel quale è potuto maturare: l’omicida – suicida nonostante i problemi psichici di cui soffriva aveva un regolare porto d’armi. La tragedia scosse fortemente la comunità corianese, di cui Barbara Muccioli era parte: in Consiglio Comunale approdò un ordine del giorno a firma del sindaco Ivonne Crescentini, mentre in parlamento venne presentato da Sergio Gambini, allora senatore, un disegno di legge per rivedere le procedure sanitarie, che quella tragedia rivelò superficiali.
Da allora altre vittime, altri gesti di follia fino ai casi delle ultime settimane, che hanno mosso le dichiarazioni del ministro degli Interni. Ma come era successo in passato, spentasi l’eco della tragedia, le procedure di rilascio non sono cambiate: il medico di famiglia rilascia un certificato nel quale dichiara se l’interessato è sano fisicamente e psicologicamente, se fa o meno uso di sostanze stupefacenti, un certificato che viene acquisito ed integrato da una visita del medico dell’Asl per quanto riguarda la vista e l’udito. Sergio Gambini ha ripresentato il disegno di legge (nel maggio 2001) per modificare questa prassi, ed oggi ha richiesto le firme di sostegno. Ne sono giunte più di 60 dai colleghi deputati, aderenti ai gruppi parlamentari del centrodestra come del centrosinistra. L’ex generale Franco Angioni, già comandante della missione di pace in Libano, la presentatrice Gabriella Carlucci, di Forza Italia come l’ex ministro Raffaele Costa, insieme ad altri colleghi della Margherita, dell’Udeur, di An e dei Ds hanno sottoscritto la proposta di sostituire alla visita del medico di famiglia quella ben più indipendente di un collegio di tre medici, dipendenti delle aziende Usl. Un’adesione che ha portato Gambini a scrivere al presidente della Prima commissione Affari Istituzionali, sollecitandolo ad inserire al più presto ai lavori della commissione il disegno di legge presentato.
“Attualmente i controlli medici richiesti per il rilascio o il rinnovo del porto d’armi – spiega il parlamentare riminese – si risolvono in una questione burocratica. Lo stesso medico di famiglia, proprio per lo stretto rapporto che ha con il paziente ed il ruolo che ricopre, non sempre si trova nelle condizioni ideali per stilare un certificato. Per questo la mia proposta prevede un collegio di tre medici, alle dirette dipendenze delle aziende sanitarie locali, che certifichi l’assenza di disturbi mentali, di personalità o comportamentali, con l’obbligo di una periodica verifica. L’auspicio è che, a differenza della scorsa legislatura, sia varata rapidamente la legge, per evitare il ripetersi di eventi tanto drammatici quanto assurdi. La forte e trasversale adesione al mio disegno di legge spero porti la prima commissione ad un rapido esame”.