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Choc a Rimini. Clochard bruciato sulla panchina. Cosparso di liquido infiammabile mentre dormiva: è in prognosi riservata

Due scarpe da tennis bruciacchiate, una striscia di plastica fusa sulle doghe della panchina, annerite dal fuoco: sono i segni che restano del rogo che ha avvolto Andrea Severi, l'uomo di 44 anni originario di Taranto, che aveva eletto la panchina alle porte di Rimini come sua dimora. Lo hanno cosparso di un liquido infiammabile mentre dormiva - una tanica è stata trovata poco lontano - soprattutto le gambe e il corpo fino all'ombellico ed hanno acceso. Chi e perché, non si sa. Razzismo? Oppure balordi che aveva scacciato in passato da un parco, quando si era assunto il ruolo di allontanare gli spacciatori? E dai quali era stato picchiato duramente, fratturandogli un braccio e alcune costole? Il questore Antonio Pezzano, intanto, ha intensificato i controlli tra i senzatetto. E teme l'effetto emulazione. Il sindaco Ravaioli: «L'assalto verso una persona debole non è una ragazzata o opera di balordi ma il frutto di azioni criminali permeate da una mentalità profondamente violenta e intollerante».

L'allarme lo ha dato una passante, poco dopo mezzanotte. Poi i sanitari del 118, quando l'uomo, svegliatosi per il calore, aveva già spento le fiamme. Era cosciente, ma grave: ustioni del terzo e del secondo grado alle gambe, ai genitali, al volto, ma da Padova, dove è stato trasferito dicono che non versa in pericolo di vita. Prognosi riservata.

Di lui si sa che è stato seguito, 10 anni fa, dal Centro di igiene mentale. Che è schivo, ma ha creato una rete di solidarietà intorno a lui. Ai sanitari ha detto di chiamarsi “Biscia” Rizzo, in questura hanno detto che è stato poco collaborativo. A Padova, alle domande degli inquirenti, si è agitato, facendo sconsigliare ai sanitari ogni colloquio. Lui stesso ha preferito evitare tutti, anche i volontari della Capanna di Betlemme, il ricovero per i senza tetto allestito a Rimini dall'associazione Papa Giovanni XXIII. Carlo Fabbri, il responsabile, dice che «è tutto così assurdo. Ma che sia stato un altro barbone a prendere la benzina, lo è ancora di più».

Davanti alla panchina sfilano i riminesi, stupiti in capannelli. «Non dava fastidio a nessuno» è la litania, aggiungendo qualche dettaglio dello sconosciuto che gira per Rimini da anni. Taciturno, «stava molto sulle sue», non accettava elemosina, «era di Taranto», «di Lecce» Andrea – lo conoscono così, niente cognome - non si azzardava ad entrare nel supermercato a fianco o nel bar. Chiedeva l'aiuto alle persone per ritirare la spesa, ma non per i soldi, pagava. Così in tutti gli angoli del suo peregrinare quotidiano, del quale la panchina era epicentro e giaciglio. Anche col parroco, don Antonio Moro: «Qualche volta gli abbiamo dato delle medicine, ma pagava sempre».

Non è la prima aggressione che ha subito. Qualche anno fa viveva in un altro parco, racconta Valentina «si definiva il guardiano, scacciava gli spacciatori, era rassicurante vederlo, quando uscivo e tornavo a casa. Mi diceva di stare tranquilla, di non chiudere la bicicletta, perché c'era lui. Sì, era una persona schiva, però c'ero entrata in confidenza. Teneva compagnia agli anziani e quando ha saputo che era morto mio nonno mi ha fatto le condoglianze. Aveva adottato un gatto, insieme agli operai della Telecom, gli portava il latte, un po' del suo panino, e il gatto stava con lui sulla panchina». Poi, l'aggressione, dei giovani lo hanno picchiato una notte. «Gli hanno rotto un braccio e le costole, sarà stato nel 2005 – riprende Valentina - Da allora, si è trasferito nella panchina alla Colonnella». Dove l'hanno aggredito.

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