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Nostalgia canaglia (e rompicoglioni, alla lunga)

La casa di Kikko (il mio blog) - Dom, 11/02/2029 - 12:29

Un giorno la nebbia era tanta che non si vedeva da qui a là, cioè una decina di metri, forse anche meno. Ero imbarcato su un peschereccio vecchio, con la prua a picco che sembrava un bragozzo e la poppa allungata che sembrava la coda ritta di un tacchino, con un comandante che definire alcoolista era un eufemismo: una cassa di vino bianco gli durava un giorno in mare. Stavamo tornando in porto e per un po' abbiamo viaggiato a radar, ma vicino all'imboccatura non bastava più: toccava seguire il nautofono e guardare. Il radar, all’epoca, non era molto preciso sulle corte distanze e il GPS era sconosciuto su quel legno.

Io ero a prua e il capitano aveva ficcato la testa nella finestrella per sentire meglio le mie indicazioni, ripetendo ansiosamente «Vedi niente?» Cercavo gli scogli intorno al faro rosso all'imboccatura. Niente: il suono del nautofono era sempre più forte, ma di scogli nessun contorno. Mi ero quasi convinto di averli superati quando mi sorpresi a gridare «dai indietro, dai indietro...» a quel vecchio ubriacone. Mi spaventai parecchio. Però imboccammo il porto, seguendo il profilo della palata e l'ombra del Rockisland.

Tolta questa esperienza, datata 30 anni fa, con le attrezzature che ci sono ora su qualunque barca, il nautofono non ha senso. E’ un vezzo retrò per pochi nostalgici, che magari vivono lontano dal suono e non fanno a tempo ad esasperarsi al cupo brontolio intermittente, ormai superato dal tempo. E che, forse, come talvolta accade, del mare conoscono giusto «la roiga blu» orizzontale e quella verticale dei tanga.

(Foto del Corriere Romagna tratta dall'articolo https://www.corriereromagna.it/news-rimini-33396-suoni-solidi-fatti-nebb...)

Argomenti: BloggingSpazi: Rockisland

Finanziare lo sviluppo delle cooperative: la nuova Legge Marcora

Finanziare la nascita e lo sviluppo delle cooperative di piccola e media dimensione con l’obiettivo di creare nuove attività economiche e di incrementare i posti di lavoro: sono queste le finalità del Decreto del Ministero dello sviluppo economico pubblicato il 4 gennaio 2021. I soggetti destinatari sono le cooperative di produzione e lavoro e sociali che svolgono attività sia di tipo A che di tipo B, che operano in tutti i settori produttivi. Unici requisiti che devono possedere sono quelli di rientrare nei limiti previsti per le piccole e medie imprese e di essere partecipate da CFI, il fondo istituzionale controllato dal Ministero dello Sviluppo Economico e previsto dalla Legge 49/85, chiamata anche Legge Marcora. Nel caso in cui la cooperativa non sia partecipata da CFI, contestualmente alla presentazione della domanda di agevolazione deve essere presentata anche quella di partecipazione a CFI. Le cooperative richiedenti, inoltre, devono essere regolarmente costituite e non trovarsi in liquidazione o in procedure concorsuali. Le tipologie di iniziative ammissibile sono tutte quelle che permettono di realizzare la nascita o il consolidamento delle attività delle cooperative richiedenti, salvo alcune eccezioni. Tra queste vi sono quelle notarili, imposte, tasse, oppure riferite a investimenti di pura sostituzione di impianti o macchinari già esistenti. Sono escluse anche le spese per l’acquisto di automezzi, salvo che non servano direttamente nell’attività che svolge la cooperativa. I programmi di investimento non devono essere avviati alla di presentazione della richiesta di finanziamento agevolato. Il programma di investimento deve terminare entro 36 mesi dalla data di sottoscrizione del finanziamento agevolato. Può essere chiesto, inoltre, anche il finanziamento per supportare le esigenze di liquidità delle cooperative. In questo caso la sua concessione assume la forma di contributo de minimis, e deve essere finalizzato a realizzare programmi di investimento iniziati da non più di sei mesi dalla data di presentazione della richiesta oppure deve essere finalizzato a coprire esigenze di capitale circolante netto in un arco di tempo di dodici mesi. L’importo del finanziamento da richiedere non può essere superiore a cinque volte il valore della partecipazione di CFI nella cooperativa e, comunque, non superiore al limite complessivo di due milioni di euro. La durata del finanziamento non può essere inferiore a tre anni e non superiore a dieci anni, con un preammortamento di 3 anni. Le rate sono semestrali con scadenza il 31 maggio e il 30 novembre di ogni anno Il tasso di interesse è pari a zero.   Lo studio è in grado di supportare le cooperative per la richiesta del finanziamento agevolato e l’analisi di fattibilità dell’investimento da proporre. Prenota una prima consulenza gratuita al numero 0541.708252 Notizie ImpreseOggi
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Proroga Covid si applica solo agli accertamenti relativi al 2020

La proroga Covid contenuta nell’art. 67 del D.L. 18/2020 poi assorbita nell’art. 157 del successivo DL n. 34/2020 (Decreto Rilancio) si applica solo agli accertamenti relativi all’anno 2020 e non alle altre annualità. Lo stabilisce la Corte di Giustizia Tributaria di Forlì con la sentenza n. 228/2024 depositata il 16 dicembre 2024 e riguardante un caso, più complesso per i rilievi avanzati, seguito dallo studio. Anche i giudici di prime cure di Forlì si esprimono, dunque, sulla controversa questione della proroga dei termini di accertamento introdotta dalla normativa emergenziale per contrastare gli effetti della pandemia Covid. La proroga in esame è stata introdotta dall’art 67 del D.L. 18/2020 e poi assorbita nell’art. 157 del successivo DL n. 34/2020 (Decreto Rilancio). La norma prevede che i termini per gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni sono sospesi nel periodo dall’otto marzo al 31 maggio 2020. Nel calcolo dei suddetti termini, dunque, bisogna posticipare la data di scadenza di 85 giorni. L’Agenzia delle Entrate considera tale sospensione valida per tutti gli anni accertabili. Nel caso riferito alla sentenza in commento, riguardante l’annualità 2017, per l’Ufficio il termine di decadenza dell’accertamento non è il 31 dicembre 2023 ma, bensì, il 25 marzo 2024, cioè 85 giorni successivi alla scadenza del termine decadenziale ordinario. Non sono dello stesso avviso i giudici tributari di Forlì i quali si iscrivono si iscrive nel filone più ampio della giustizia di merito che ritiene infondata la proroga di 85 giorni per tutti gli accertamenti ancora aperti. Il concetto di fondo è che non vi può essere disparità di trattamento fra Agenzia delle Entrate e contribuente. L’art. 67, infatti, stabilisce da una parte la sospensione dei termini di accertamento a favore del Fisco e, dall’altra, la sospensione dei versamenti a favore dei contribuenti. Un uguale trattamento fra due soggetti vittime del grave periodo di contrazione delle attività a seguito dei vari lock-down. Intendere, quindi, il termine di proroga di 85 giorni valevole di fatto all’infinito, in un periodo in cui la pandemia è finita, realizzerebbe una grave disparità di trattamento non ravvisabile nelle norme che sovraintendono gli accertamenti fiscali. Su questo punto si osserva che l’art. 67 del D.L. 18/2020, al comma 4 rimanda alla disciplina contenuta nell’art.12, commi 1 e 3 del D.LGS. 159/2015. Disposizione normativa, questa, che prevede che in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti siano sospesi, sempre per lo stesso lasso di tempo, anche i termini processuali. Notizie ImpreseOggi
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Proroga Covid si applica solo agli accertamenti relativi al 2020

La proroga Covid contenuta nell’art. 67 del D.L. 18/2020 poi assorbita nell’art. 157 del successivo DL n. 34/2020 (Decreto Rilancio) si applica solo agli accertamenti relativi all’anno 2020 e non alle altre annualità. Lo stabilisce la Corte di Giustizia Tributaria di Forlì con la sentenza n. 228/2024 depositata il 16 dicembre 2024 e riguardante un caso, più complesso per i rilievi avanzati, seguito dallo studio. Anche i giudici di prime cure di Forlì si esprimono, dunque, sulla controversa questione della proroga dei termini di accertamento introdotta dalla normativa emergenziale per contrastare gli effetti della pandemia Covid. La proroga in esame è stata introdotta dall’art 67 del D.L. 18/2020 e poi assorbita nell’art. 157 del successivo DL n. 34/2020 (Decreto Rilancio). La norma prevede che i termini per gli atti di accertamento, di contestazione, di irrogazione delle sanzioni sono sospesi nel periodo dall’otto marzo al 31 maggio 2020. Nel calcolo dei suddetti termini, dunque, bisogna posticipare la data di scadenza di 85 giorni. L’Agenzia delle Entrate considera tale sospensione valida per tutti gli anni accertabili. Nel caso riferito alla sentenza in commento, riguardante l’annualità 2017, per l’Ufficio il termine di decadenza dell’accertamento non è il 31 dicembre 2023 ma, bensì, il 25 marzo 2024, cioè 85 giorni successivi alla scadenza del termine decadenziale ordinario. Non sono dello stesso avviso i giudici tributari di Forlì i quali si iscrivono si iscrive nel filone più ampio della giustizia di merito che ritiene infondata la proroga di 85 giorni per tutti gli accertamenti ancora aperti. Il concetto di fondo è che non vi può essere disparità di trattamento fra Agenzia delle Entrate e contribuente. L’art. 67, infatti, stabilisce da una parte la sospensione dei termini di accertamento a favore del Fisco e, dall’altra, la sospensione dei versamenti a favore dei contribuenti. Un uguale trattamento fra due soggetti vittime del grave periodo di contrazione delle attività a seguito dei vari lock-down. Intendere, quindi, il termine di proroga di 85 giorni valevole di fatto all’infinito, in un periodo in cui la pandemia è finita, realizzerebbe una grave disparità di trattamento non ravvisabile nelle norme che sovraintendono gli accertamenti fiscali. Su questo punto si osserva che l’art. 67 del D.L. 18/2020, al comma 4 rimanda alla disciplina contenuta nell’art.12, commi 1 e 3 del D.LGS. 159/2015. Disposizione normativa, questa, che prevede che in caso di sospensione dei termini relativi ai versamenti siano sospesi, sempre per lo stesso lasso di tempo, anche i termini processuali. Notizie ImpreseOggi
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D(i)ritti a tavola, da Santarcangelo a La Stampa di Torino: Francesca Santolini su Specchio racconta gli eventi gastronomici e culturali di inclusione sociale

Cooperativa sociale Cento Fiori - Lun, 16/12/2024 - 16:08
Sul quotidiano torinese il progetto varato dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori, in collaborazione con la cooperativa Il Millepiedi e Valmarecchia Comunità Solidale. I prossimi appuntamenti.

Santarcangelo – Si sa che la città clementina è da decenni una fucina di cultura, un po’ per i suoi figli – Guerra, Baldini, Teodorani, giusto per dirne tre – o per il Festival del Teatro. Ma che anche una piccola iniziativa che mira a coniugare la cucina romagnola con le nuove culture che si sono affacciate in paese – D(i)ritti a tavola – assurga alle cronache dei quotidiani nazionali, beh, è un bel risultato. E’ grazie a Francesca Santolini, giornalista de La Stampa e curatrice della rubrica Futura sull’inserto domenicale Specchio, che il progetto varato dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori, in collaborazione con la cooperativa Il Millepiedi e Valmarecchia Comunità Solidale, è salito agli onori delle cronache nazionali. “Un’idea di accoglienza bella, concreta, scevra da ogni forma retorica”, scrive la giornalista. Che ha potuto toccare con mano, anzi assaggiare con gusto, la proposta di D(i)ritti a tavola, giunta quest’anno alla terza edizione.

Proprio Francesca Santolini ha aperto quest’anno la fortunata rassegna venerdì 29 novembre, presentando i suoi due libri Profughi del clima e Ecofascisti, dialogando con Marta Lovato, responsabile sostenibilità di Santarcangelo Festival. Una volta terminato l’incontro – oltre una settantina di persone sono intervenute nella ex scuolina del Bornaccino, ora Centro Giovani Labo380 – l’autrice ha assaggiato l’apericena con degustazione gratuita di piatti nati dall’incontro tra varie culture preparati dalle persone del progetto Sistema Accoglienza Integrazione (Sai) dell’Unione comuni Valmarecchia. Perché D(i)ritti a tavola è un progetto di inclusione sociale che passa dalle cucine del mondo e dalla tavola come simbolo di pace, dialogo e solidarietà tra le persone. Promuove il diritto al cibo quale diritto umano fondamentale e come strumento di accoglienza interculturale e sviluppo sostenibile.

Quest’anno il focus è sul rapporto tra crisi climatica, accesso al cibo e migrazioni forzate. Prima o dopo ogni incontro gli organizzatori offriranno una cena o aperitivo preparato dalle persone ospiti del progetto Sai, come restituzione di un laboratorio di auto-narrazione e cucina insieme a un’educatrice e a un cuoco. Un’accoppiata, al primo appuntamento, azzeccatissima, visto che la Santolini, giornalista, è esperta di temi ambientali, collaborando con i quotidiani «La Stampa» e «la Repubblica» e ha pubblicato Passione verde (2010), Profughi del clima (2019), Ecofascisti (2024).

D(i)ritti a tavola prosegue quest’anno domenica 29 dicembre alle ore 20 con le ricette del dialogo itinerante e alle 22 con il concerto di Tonino 3000 e Felafel Fazz Familia al Centro Parrocchiale Giovanni Paolo II, in via Merigi. Nel 2025 invece il 15 gennaio al Supercinema Santarcangelo, con alle 20 l’aperitivo e alle 21 con il film Africa nel mondo sommerso, , di Angelos Rallis. Mercoledì 19 febbraio oltre all’apericena delle 20, con alle 21 “Il secolo è mobile”, monologo multimediale di Gabriele Del Grande, sempre al Supercinema di Santarcangelo.

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Il mare di Lampedusa: Pietro Bartolo a Rimini, ospite della Cento Fiori. Il video integrale

Cooperativa sociale Cento Fiori - Mer, 11/12/2024 - 16:20

Il medico in prima fila nel soccorso dei migranti racconta con video e immagini le sue esperienze, introdotto da Vera Bessone, caposervizio Cultura del Corriere Romagna nell’incontro organizzato dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori il 15 novembre alle ore 20,30. Le storie di mare di Lampedusa, le tragedie e le speranze che hanno costellato quello specchio enorme di Mediterraneo che lambisce l’estrema propaggine dell’Italia, raccontate dal medico di Lampedusa che insieme a concittadini e volontari hanno assistito e assistono quotidianamente a lutti, sofferenze e insieme speranze dei migranti. Una narrazione di Storie migranti fatta di dialoghi ma anche immagini e video per sensibilizzare sul tema dei migranti e della loro accoglienza. L’incontro è stato organizzato dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori in collaborazione con il Sistema Accoglienza Integrazione (Sai) dell’Unione dei Comuni della Valmarecchia a ingresso libero.

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Il lease back fa decadere dall’agevolazione per la piccola proprietà contadina

Il coltivatore diretto o l’imprenditore a titolo professionale (IAP) che pone in essere una operazione di lease back prima dei cinque anni dall’acquisto agevolato di un terreno agricolo per il quale ha usufruito dell’agevolazione per la piccola proprietà contadina, decade da tale ultima agevolazione. Il principio è contenuto nella sentenza della Cassazione n. 30664 del 25 ottobre 2024 pubblicata in data 28.11.2024. Piccola proprietà contadina. L’agevolazione sulla piccola proprietà contadina la possiamo trovare nell’art. 2 comma 4 bis del D.L. 194/2009. Essa prevede l’applicazione in misura fissa dell’imposta di registro e ipotecaria, e dell’un per cento dell’imposta catastale. Oggetto dell’acquisto devono essere dei terreni agricoli e tali acquisti devono essere effettuati da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo professionale. L’unica condizione è che l’acquirente non può, prima dei cinque anni, cedere i terreni acquisiti con l’agevolazione o cessare di coltivarli o gestirli direttamente. Lease back. Il contratto di lease back è una forma contrattuale atipica, che nel nostro ordinamento non esiste. Tuttavia è pacificamente consentito ai sensi dell’art. 1322 comma 2 del Codice Civile, in quanto raggiunge degli interessi meritevoli di tutela giuridica. Nel caso questi sono costituiti dalla necessità di finanziamento maturata dal soggetto che lo pone in essere. Nella sostanza si tratta di un contratto mediante il quale il proprietario cede a un istituto finanziario un bene e quest’ultimo lo riassegna al proprietario iniziale dietro pagamento di un canone di locazione. Il caso. Gli Ermellini sono stati chiamati ad esprimersi su un caso che vede coinvolta una società agricola che ha acquisito dei terreni in diritto di superficie utilizzando l’agevolazione sulla piccola proprietà contadina e, prima dei cinque anni, ha posto in essere un’operazione di lease back sugli stessi. Lo scopo dell’operazione era solo quello di finanziare lo sviluppo agricolo e fotovoltaico sui terreni acquisiti. L’Agenzia delle Entrate, di fronte al compimento di tale contratto, ha revocato le agevolazioni sulle imposte di registro, ipotecaria e catastale e ha recuperato le imposte calcolandole in misura ordinaria. Il contribuente si è opposto a questo recupero lamentando il fatto che il contratto di lease back di fatto non è altro che un modo alternativo utilizzato per finanziarsi e che il terreno, al termine del periodo di leasing, sarebbe comunque rientrato nella sua disponibilità attraverso il pagamento del prezzo di riscatto. Di diverso parere è la Corte di Cassazione. L’obiezione principale che viene mossa è che il contratto di lease back è un’operazione complessa composta da più negozi successivi (cessione, successiva locazione, eventuale riacquisto) certamente collegati funzionalmente tra di loro ma ciascuno ben distinto sul piano della sua forma tecnica. Il contratto di lease back prevedendo proprio come primo atto quello della cessione, fa scattare in automatico la decadenza dall’agevolazione stessa che non ammette nessuna cessione di bene. Non si può invocare, inoltre, su questo punto una interpretazione estensiva della norma, con la prevalenza della sostanza sulla forma. Gli Ermellini, nella sentenza in commento, ribadiscono nuovamente il principio che le norme tributarie non possono essere interpretate in via analogica. L’agevolazione sulla piccola proprietà contadina non fa alcun riferimento al lease back tra le cause di esclusione dalla decadenza. Pertanto, per l’invocato principio di rigidità interpretativa delle agevolazioni fiscali, non si può che decidere a favore dell’Agenzia delle Entrate, legittimando il recupero delle maggiori imposte non pagate in sede di acquisto.   Notizie ImpreseOggi
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Il lease back fa decadere dall’agevolazione per la piccola proprietà contadina

Il coltivatore diretto o l’imprenditore a titolo professionale (IAP) che pone in essere una operazione di lease back prima dei cinque anni dall’acquisto agevolato di un terreno agricolo per il quale ha usufruito dell’agevolazione per la piccola proprietà contadina, decade da tale ultima agevolazione. Il principio è contenuto nella sentenza della Cassazione n. 30664 del 25 ottobre 2024 pubblicata in data 28.11.2024. Piccola proprietà contadina. L’agevolazione sulla piccola proprietà contadina la possiamo trovare nell’art. 2 comma 4 bis del D.L. 194/2009. Essa prevede l’applicazione in misura fissa dell’imposta di registro e ipotecaria, e dell’un per cento dell’imposta catastale. Oggetto dell’acquisto devono essere dei terreni agricoli e tali acquisti devono essere effettuati da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo professionale. L’unica condizione è che l’acquirente non può, prima dei cinque anni, cedere i terreni acquisiti con l’agevolazione o cessare di coltivarli o gestirli direttamente. Lease back. Il contratto di lease back è una forma contrattuale atipica, che nel nostro ordinamento non esiste. Tuttavia è pacificamente consentito ai sensi dell’art. 1322 comma 2 del Codice Civile, in quanto raggiunge degli interessi meritevoli di tutela giuridica. Nel caso questi sono costituiti dalla necessità di finanziamento maturata dal soggetto che lo pone in essere. Nella sostanza si tratta di un contratto mediante il quale il proprietario cede a un istituto finanziario un bene e quest’ultimo lo riassegna al proprietario iniziale dietro pagamento di un canone di locazione. Il caso. Gli Ermellini sono stati chiamati ad esprimersi su un caso che vede coinvolta una società agricola che ha acquisito dei terreni in diritto di superficie utilizzando l’agevolazione sulla piccola proprietà contadina e, prima dei cinque anni, ha posto in essere un’operazione di lease back sugli stessi. Lo scopo dell’operazione era solo quello di finanziare lo sviluppo agricolo e fotovoltaico sui terreni acquisiti. L’Agenzia delle Entrate, di fronte al compimento di tale contratto, ha revocato le agevolazioni sulle imposte di registro, ipotecaria e catastale e ha recuperato le imposte calcolandole in misura ordinaria. Il contribuente si è opposto a questo recupero lamentando il fatto che il contratto di lease back di fatto non è altro che un modo alternativo utilizzato per finanziarsi e che il terreno, al termine del periodo di leasing, sarebbe comunque rientrato nella sua disponibilità attraverso il pagamento del prezzo di riscatto. Di diverso parere è la Corte di Cassazione. L’obiezione principale che viene mossa è che il contratto di lease back è un’operazione complessa composta da più negozi successivi (cessione, successiva locazione, eventuale riacquisto) certamente collegati funzionalmente tra di loro ma ciascuno ben distinto sul piano della sua forma tecnica. Il contratto di lease back prevedendo proprio come primo atto quello della cessione, fa scattare in automatico la decadenza dall’agevolazione stessa che non ammette nessuna cessione di bene. Non si può invocare, inoltre, su questo punto una interpretazione estensiva della norma, con la prevalenza della sostanza sulla forma. Gli Ermellini, nella sentenza in commento, ribadiscono nuovamente il principio che le norme tributarie non possono essere interpretate in via analogica. L’agevolazione sulla piccola proprietà contadina non fa alcun riferimento al lease back tra le cause di esclusione dalla decadenza. Pertanto, per l’invocato principio di rigidità interpretativa delle agevolazioni fiscali, non si può che decidere a favore dell’Agenzia delle Entrate, legittimando il recupero delle maggiori imposte non pagate in sede di acquisto.   Notizie ImpreseOggi
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Gli auguri Cento Fiori sono un volo di solidarietà e accoglienza sulla città firmato Samuele Grassi ed Enrico Rotelli

Cooperativa sociale Cento Fiori - Gio, 05/12/2024 - 14:44
La cooperativa sociale dedica l’illustrazione per le feste, in tre manifesti 6×3 metri, cento manifesti 100×140 cm, giornali, social e sito, a quanti “con fantasia e impegno”, fanno crescere il terzo settore “attraverso azioni e progetti” sociali

Rimini – Sono un volo con la fantasia gli auguri di Natale della Cooperativa Sociale Cento Fiori che fa “a chi da e chi riceve”, ovvero alle associazioni e alle cooperative sociali che operano e alla città di Rimini. Un volo disegnato dall’illustratore Samuele Grassi con testi di Enrico Rotelli, la “coppia creativa” – come si diceva una volta per le pubblicità – che da anni costruiscono la comunicazione dell’azienda sociale riminese.

Samuele Grassi ha reinterpretato per Cento fiori i tratti costitutivi delle sue opere, ormai sedimentati nell’immaginario collettivo riminese che ama l’illustrazione e i fumetti, dopo la partecipazione alla Biennale del Disegno 2024 e l’attuale mostra al grattacielo. Ovvero, linee chiare che affondano nel ricordo di Moebius per trovare una propria originale collocazione in un dolce futuro che saprà trarre dal possibile disastro ecologico del global warming un nuovo equilibrio. La grande tavola, prodotta per i manifesti 6 per 3 metri e 100 x 140 cm, giornali, social e sito, invece prende l’ispirazione dalle navicelle di Hayao Miyazaki – Il castello errante di Howl, Il mio amico Totoro, Porco Rosso, per citare alcuni titoli – calandole però di nuovo nel delicato immaginario grassiano e nei tratti caratteristici delle nostre tradizioni marinaresche. Una flotta in volo tra le nuvole sopra la città, leggerezza sopra leggerezza che tradisce l’amore per le lezioni regalate dalla letteratura di Italo Calvino.

Pur avendo diversi amori “spirituali” nel terreno comune, i testi di Enrico Rotelli collocano più prosaicamente i voli delle navicelle nel lavoro quotidiano di quanti operano per associazioni e cooperative attive nel sociale. Migliaia di persone che “ogni giorno usano fantasia e impegno per far volare solidarietà e accoglienza a Rimini, attraverso azioni e progetti”. Il fulcro del messaggio è la navicella del progetto Ulisse, le crociere terapeutiche che oltre 20 anni fa hanno iniziato il loro viaggio con il capitano Werther Mussoni e che continuano ad essere una peculiarità dei programmi terapeutici delle due strutture della Cooperativa Sociale Cento Fiori a Vallecchio di Montescudo: la Comunità Terapeutica e il Centro Osservazione e Diagnosi.

Pur firmando gli auguri negli anni scorsi, la coppia ha virato verso l’illustrazione sulla spinta del direttore Giovanni Benaglia, dopo che Samuele Grassi ha realizzato l’illustrazione del manifesto per il concerto del 25 aprile scorso. “Conoscevamo già il grafico Samuele Grassi, abbiamo lasciato carta bianca all’illustratore Grassi e quel che è nato è un omaggio a quanti, come noi, militano nei lavori sociali. – dice Cristian Tamagnini, presidente della cooperativa Sociale Cento Fiori – Militano perché educatori, psicologi, psicanalisti, tecnici, operai, non lavorano per cooperative sociali e associazioni per i lauti guadagni che il settore sociale offre, ma perché fare solidarietà e accoglienza fa stare bene chi la riceve e chi la fa. Ogni volta che si parla di tagli alla spesa pubblica è il Welfare nel mirino delle amministrazioni pubbliche, con le ricadute sulle persone svantaggiate e le loro famiglie. Oggi una educatrice esce da un percorso universitario, eppure il suo stipendio non rappresenta la sua preparazione né le ricadute positive che ha sulla popolazione. Forse è il caso che la gente e chi amministra riconsideri il lavoro sociale e il volontariato. Non solo quando si presume siamo tutti più buoni”.

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Storia di Persone, non “migranti”

Cooperativa sociale Cento Fiori - Mar, 03/12/2024 - 12:09
L’altra informazione. La cruda ed emozionante testimonianza di Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, che gira l’Italia condividendo il suo dolore. L’articolo di Enrico Rotelli pubblicato sul settimanale Il Ponte, dopo l’incontro organizzato dalla Cento Fiori.

Alle 20 di venerdì 15 novembre le poltrone del Cinema Teatro Tiberio erano già quasi tutte occupate, in attesa che lui, Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, cominciasse le sue Storie Migranti, Il mare di Lampedusa. Portato a Rimini dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori, che da anni si occupa di assistenza ai migranti, la testimonianza di Pietro Bartolo è attesa. Ma forse ben pochi dei presenti si potevano aspettare quel che di lì a poco sarebbe cominciato: un lungo, doloroso viaggio nella coscienza di ciascuno. Fatto da chi quel lungo viaggio l’ha cominciato tanti anni fa e forse, ancora oggi, lo sta elaborando, serata dopo serata, parola dopo parola, immagine dopo immagine.

Vera Bessone, la collega caposervizio Cultura del Corriere di Romagna, introduce l’uomo, medico, ostetrico, “perché a Lampedusa non c’era ospedale, non c’era nemmeno l’elicottero per portare le partorienti in Sicilia”. Padre pescatore, lui stesso marinaio prima di lasciare l’isola, l’ultimo lembo d’Europa nel Mediterraneo, per seguire la carriera di Esculapio, torna nella sua isola per incontrare il fato di migliaia di persone – “perché noi spesso ci scordiamo che queste sono persone”, ricorda come un mantra nel corso della serata – vive o morte. E scoprirne il vissuto attraverso le visite mediche in banchina o sulla tolda delle barche da pesca dei suoi compaesani, sulle motovedette della Guardia Costiera, su barche o gommoni alla deriva.

Lui, che ha studiato per dare la vita, immagine dopo immagine, video dopo video, racconta quello che è diventato un viaggio nella medicina del soccorso: ostetrico, medico di pronto soccorso suo malgrado, anatomopatologo, medico legale. Un viaggio nell’orrore del mare e degli aguzzini libici ad ogni approdo, ad ogni sbarco dei pescherecci lampedusani, con i corpi ammucchiati a poppa, scrutando i corpi irrigiditi dal rigor mortis, per trovare un flebile afflato di vita. Perché in quei mucchi di muscoli rattrappiti, una persona non è irrigidita. “Ne tasto il polso, zittisco il pescatore che li ha portati in porto, «fammi sentire», e dopo un minuto lo sento, un battito, flebile, ma un battito». Non entrerà in uno dei sacchi neri in poliuretano, i bodybag che conosciamo nei telefilm e film sulla guerra, come gli altri. Non farà parte di quella lunga teoria di bare allineate nell’hangar di Lampedusa, mostrate in televisione ma subito digerite dopo i tre minuti di servizio, poi fagocitate dalla politica per farle diventare rabbia e voti da scaricare in una x sul simbolo di una scheda elettorale.

Il racconto per parole, immagini, video e, sì, emozioni e lacrime, diventerà una lunga testimonianza di “controinformazione”, storie e tragedie che sui giornali e sulle televisioni, legate alla leggi della notizia, dei palinsesti e dei timoni giornalistici, non diventano servizi ma sono, quel che si dice in gergo giornalistico, “colore”. “Ma la realtà è un’altra, quel che vi raccontano è tutto falso, è tutto distorto. Non ci sono invasioni, ma quali invasioni…”. Una realtà appresa dai media all’ora di pranzo o al Pc che si sgretola nei volti delle oltre 200 persone che, fino alla fine, gremiscono il Cinema Teatro Tiberio.

Man mano che scandisce la parola “avanti” ai tecnici nel loggione della regia, Marco Biagini e Stefano Tonini – grazie ragazzi, nessuno come chi scrive sa quanto vi siate prodigati per la riuscita di questa testimonianza – i volti della sala cambiano espressione. Due adolescenti in seconda fila all’inizio della serata sorridevano con papà e mamma. Ad ogni “avanti” il volto diventava più cupo, si velava di lacrima come gran parte degli altri spettatori. Nuove malattie affioravano nella narrazione, “il male del gommone”, racconta Bartolo, perché i gommoni che trasportano i migranti stipati in cento usano un motore fuoribordo che deve essere rifornito in viaggio, e la benzina, caduta sul pagliolato, si mischia all’acqua di mare, evapora, intossica i polmoni, sballottata sui corpi produce ustioni, ferite, pustole. “Altro che la scabbia… I migranti portano la scabbia, dicono, ma non è vero, non è quella la malattia di cui sono affetti, nessuno di quelli che ho visitato aveva malattie contagiose, queste altre sono le malattie: le sofferenze di queste persone”. E mostra il volto e il corpo di un uomo dalla pelle devastata dalla benzina e dall’acqua di mare. Niente a che vedere con il migrante che, per farne esempio e sprone agli altri, viene colpito con due colpi di pistola alla scapola e al fianco all’altezza del rene. “Perché la gente non vuole salire sui gommoni, lo sanno che la morte è certa su quei gommoni, e allora sparano a uno o due persone per convincere gli altri a salire”, racconta Pietro, “questo ragazzo invece, si è salvato perché pur con due proiettili in corpo è riuscito a salire”.

La strenua lotta per la sopravvivenza, la voglia di vita e la forza necessaria per arrivare all’Europa dopo due anni di viaggio, dopo torture, dopo sevizie inenarrabili nei campi di concentramento in Libia , è il sottotesto della narrazione. E Pietro Bartolo non risparmia questi aspetti. Esalta la forza delle donne, la loro capacità di arrivare pur stremate, dopo aver sopportato stupri, iniezioni di sostanze per indurle in una forzata menopausa per poterne abusare a piacimento senza “complicazioni” o sfruttarla per la prostituzione. O i momenti concitati di un parto sulla motovedetta, con una stringa delle sue scarpe che serve per chiudere il cordone ombellicale del nascituro. “Vedete? Il bambino appena nato è bianco, proprio come noi, tra qualche giorno prenderà la pigmentazione della madre, una donna del Mali. Ma ora è bianco come noi, è una persona uguale a noi, in tutto e per tutto. Non esistono razze, esistono etnie!”.

Ma qualche volta questa spinta di sopravvivenza deve soccombere. E’ uno dei postulati della legge del mare. La stessa che spinge l’ex pescatore ad aiutare, che proibisce alle persone di piegarsi alle leggi ad hoc e portare invece soccorso, “perché anche io sono stato naufrago”, ma che di fronte all’ineluttabile diventa tragedia. Ci sono le foto: una distesa di corpi in una ghiacciaia di un peschereccio, come in tutti i pescherecci che ci sono anche a Rimini. Fatevela mostrare da un marinaio se capitate al porto: una botola, un locale in legno senza oblò, che su un peschereccio di trafficanti diventa la “terza classe” della traversata, “quella dove non si ha diritto ad un filo d’aria”. “Pietro, vieni a vedere qua sotto, mi dissero, scendo al buio e sento sotto i piedi qualcosa, chiedo luce: i corpi ammassati di persone che hanno lottato per uscire, mi raccontano i sopravvissuti, quando l’aria cominciava a scarseggiare, tenuti dabbasso prima con le botte, poi sigillando la botola con i peso dei corpi degli aguzzini, che tenevano lontani i parenti che avevano capito cosa stava succedendo ai loro cari: stavano morendo soffocati”.

O il video della Guardia Costiera, con i sub che estraggono da un peschereccio adagiato sul fondo i corpi degli affogati. Sono immagini irreali, sembra di essere in una piscina da quanta luce c’è,. L’unica cosa non irrigidita nel rigore della morte sono i capelli, che ondeggiano nell’acqua cristallina. I sub li adagiano in fila poco distanti dal relitto, statue di carne modellate nelle pose in cui la morte li ha raccolti. Li sistemano sulla sabbia del fondo, nel chiarore filtrato dal Mediterraneo, per poi legarli assieme con delle tanichette di plastica e per portarli a galla, dove si inscenerà una danza macabra verso la sponda della motovedetta che li porterà, troppo tardi, nella desiderata Europa.

L’intensità e la potenza del racconto di Pietro Bartolo, le sue immagini, le sue emozioni che attraversano la testimonianza portano alla catarsi gran parte del pubblico. Una catarsi che si potrà rivivere nel video che la Cooperativa Sociale Cento Fiori posterà presto su Youtube. Qualcuno non regge, molti piangono, qualcuno è provato e non alza lo sguardo verso il grande schermo. Qualcuno, come chi scrive, riesce a popolare la propria memoria marinaresca dei particolari che solo le genti di mare conoscono – la ghiacciaia popolata di morte, la paura, il senso di fratellanza che abbraccia i marinai, il lavoro spasmodico di fronte alle vite in pericolo, i racconti come mantra per metabolizzare paure ancestrali. Si può popolare la propria memoria, ma c’è una domanda che non abbiamo avuto il coraggio di rivolgere a Pietro. La mattina dopo ha di nuovo raccontato le sue Storie Migranti, i dolori e le gioie della salvezza a cui ha assistito, a una platea di giovani liceali al Serpieri di Rimini. E poi via, di nuovo in viaggio verso Pesaro. E questa settimana altri incontri, altre narrazioni, e di nuovo parole al pubblico in città italiane, d’Europa, di nuovo emozionato ed emozionante. Un mantra doloroso che si ripete, senza epica, senza estetica, senza eroi, men che meno lui. Un lungo flusso di coscienza di anima ferita che regala al pubblico il suo dolore.

Enrico Rotelli

L'articolo Storia di Persone, non “migranti” proviene da Cento Fiori, Rimini.

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Agevolazione sul compendio unico salva se si affitta alla società agricola dei proprietari del fondo agevolato.

In tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale non si decade dall’agevolazione per l’acquisto di un compendio unico se l’affitto viene concesso a favore di una società agricola i cui unici soci sono gli originari acquirenti del fondo agevolato. L’interessante principio di diritto è contenuto nella sentenza della Cassazione numero 30684 del 25 ottobre 2024 e pubblicata il 28 novembre 2024. Il caso da cui trae spunto l'orientamento giurisprudenziale si riferisce ad un avviso di liquidazione delle maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali emesso dall’Agenzia delle Entrate contro gli acquirenti originari di un compendio unico il quale è stato successivamente  affittato, prima della scadenza dei dieci anni, a una società agricola interamente partecipata quest’ultima. Nell’atto di acquisto originario ci si è avvalsi dell’agevolazione sull’acquisto di un compendio unico contenuta nell'art. 5 bis del D. Lgs. n. 228 del 2001 che prevede l’esenzione dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale e di bollo sull’atto di acquisto, purchè tale compendio sia coltivato per dieci anni dal soggetto che ha beneficiato dell’agevolazione. Il citato decreto legislativo definisce il compendio unico come quel terreno che ha una estensione tale da raggiungere il livello minimo di redditività stabilito dai Piani Regionali di Sviluppo Rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai Regolamenti (CE) nn. 1257 e 1260/1999. La Cassazione, sul caso di specie, ha osservato che il contratto di affitto stipulato dai beneficiari non va analizzato in quanto tale ma in quanto atto che porta a separare o meno la conduzione diretta del fondo dal proprietario dello stesso. Solo in questo caso, secondo gli Ermellini, si viola il precetto imposto dall’agevolazione sul compendio unico rispetto alla conduzione per almeno dieci anni. Negli altri casi, se il contratto di affitto viene stipulato fra gli acquirenti iniziali e una società agricola partecipata interamente da quest’ultimi, non si può affermare di trovarsi di fronte a una interruzione di conduzione diretta del fondo. Tanto più che la normativa in questione riconosce alle società agricole, ricorrendone i requisiti, gli stessi diritti e le stesse agevolazioni previste in capo ai coltivatori diretti o agli imprenditori agricoli a titolo principale. Ovviamente il principio enunciato dalla Cassazione non vale nel caso in cui l’affitto sia concesso a favore di una società agricola non partecipata dagli acquirenti originari o partecipata solo in maniera parziale. Notizie ImpreseOggi
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Agevolazione sul compendio unico salva se si affitta alla società agricola dei proprietari del fondo agevolato.

In tema di imposta di registro, ipotecaria e catastale non si decade dall’agevolazione per l’acquisto di un compendio unico se l’affitto viene concesso a favore di una società agricola i cui unici soci sono gli originari acquirenti del fondo agevolato. L’interessante principio di diritto è contenuto nella sentenza della Cassazione numero 30684 del 25 ottobre 2024 e pubblicata il 28 novembre 2024. Il caso da cui trae spunto l'orientamento giurisprudenziale si riferisce ad un avviso di liquidazione delle maggiori imposte di registro, ipotecarie e catastali emesso dall’Agenzia delle Entrate contro gli acquirenti originari di un compendio unico il quale è stato successivamente  affittato, prima della scadenza dei dieci anni, a una società agricola interamente partecipata quest’ultima. Nell’atto di acquisto originario ci si è avvalsi dell’agevolazione sull’acquisto di un compendio unico contenuta nell'art. 5 bis del D. Lgs. n. 228 del 2001 che prevede l’esenzione dall’imposta di registro, ipotecaria e catastale e di bollo sull’atto di acquisto, purchè tale compendio sia coltivato per dieci anni dal soggetto che ha beneficiato dell’agevolazione. Il citato decreto legislativo definisce il compendio unico come quel terreno che ha una estensione tale da raggiungere il livello minimo di redditività stabilito dai Piani Regionali di Sviluppo Rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dai Regolamenti (CE) nn. 1257 e 1260/1999. La Cassazione, sul caso di specie, ha osservato che il contratto di affitto stipulato dai beneficiari non va analizzato in quanto tale ma in quanto atto che porta a separare o meno la conduzione diretta del fondo dal proprietario dello stesso. Solo in questo caso, secondo gli Ermellini, si viola il precetto imposto dall’agevolazione sul compendio unico rispetto alla conduzione per almeno dieci anni. Negli altri casi, se il contratto di affitto viene stipulato fra gli acquirenti iniziali e una società agricola partecipata interamente da quest’ultimi, non si può affermare di trovarsi di fronte a una interruzione di conduzione diretta del fondo. Tanto più che la normativa in questione riconosce alle società agricole, ricorrendone i requisiti, gli stessi diritti e le stesse agevolazioni previste in capo ai coltivatori diretti o agli imprenditori agricoli a titolo principale. Ovviamente il principio enunciato dalla Cassazione non vale nel caso in cui l’affitto sia concesso a favore di una società agricola non partecipata dagli acquirenti originari o partecipata solo in maniera parziale. Notizie ImpreseOggi
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Il compenso dell'amministratore gode dell’agevolazione per il rientro dei cervelli.

Il compenso percepito dall’amministratore che è rientrato dall’estero può godere dell’agevolazione prevista per i lavoratori impatriati in quanto tale compenso è parificato, per legge, ai redditi da lavoro dipendente. Così stabilisce un interpello dell’Agenzia delle Entrate, non pubblicato e riguardante un caso curato dallo studio, nel quale si è illustrata la condizione di un lavoratore italiano residente all’estero che vuole rientrare nel suo Paese di origine al fine di aprire una srl. La quota di partecipazione in tale srl non è ancora nota al momento dell’invio dell’interpello e il compenso previsto sarà diviso in una parte variabile e in una parte fissa. L’Agevolazione impatriati. Ai fini della piena comprensione della risposta si ricorda che, per l’anno 2024, l’agevolazione per il rientro dei lavoratori impatriati (art. 5 D. Lgs 209/2023) riguarda il reddito da lavoro dipendente e assimilato e quello di lavoro autonomo (con esclusione di quello forfettario), prodotto all’interno del territorio italiano da lavoratori italiani o stranieri che provvedono a trasferire la propria residenza in Italia. L’agevolazione consiste nella detassazione del 50%, per l’anno del rientro e per i quattro successivi, del reddito prodotto nel limite annuale di 600.000 euro. Limitatamente al 2024 l’agevolazione si estende per ulteriori 3 anni (quindi in totale sette anni) nel caso in cui il beneficiario abbia acquistato, entro il 31 dicembre 2023, una prima casa di abitazione. Altresì si ricorda che la detassazione aumenta del 60% nel caso in cui il trasferimento avvenga con la presenza di un figlio a carico oppure nasca un figlio nell’ambito temporale di utilizzo dell’agevolazione. In questo ultimo caso l’aumento della detassazione spetta per il rimanente periodo residuo a partire dalla nascita del figlio.  Le condizioni per godere dell’agevolazione impatriati sono:
  • Il beneficiario non deve essere stato residente in Italia nei tre anni precedenti il trasferimento. Questo limite aumenta se il beneficiario rientra nel nostro Paese e continua a prestare attività per lo stesso datore di lavoro per il quale lavorava all’estero (ad esempio perché era in distacco) o per una società appartenente al suo gruppo. L’aumento passa:
    • da tre a sei anni nel caso in cui il beneficiario non sia già stato già in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo gruppo;
    • da tre a sette anni nel caso in cui, invece, prima del trasferimento era già dipendente dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo gruppo.
  • l’attività lavorativa deve essere prestata prevalentemente in Italia per un periodo superiore ai 183 giorni all’anno;
  • il lavoratore deve essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione. In sostanza deve avere almeno una laurea triennale.
Agevolazione impatriati e compenso amministratore. L’Agenzia delle Entrate, nel concedere il beneficio dell’agevolazione in argomento anche al compenso percepito dall’amministratore si rifà all’art. 50 comma 1 lettera c-bis del Tuir laddove si dice che “sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente […] le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società [..]”. Il compenso amministratore è, dunque, per legge parificato al lavoro dipendente. Per cui, per logica conclusione, può godere del beneficio previsto per il rientro dei cervelli in Italia. Tale condizione si verifica anche nel caso in cui l'amministratore sia anche socio della srl che amministra, purchè non socio unico. In tale caso, infatti, si segnala la risposta n. 407/2021 nel quale si tratta il caso di una srl unipersonale dove il socio unico è anche amministratore della società e percepisce un compenso totalmente variabile in funzione dell'utile prodotto. Secondo l'Agenzia delle Entrate, infatti, in tale caso si può ravvisare l'abuso del diritto in quanto il beneficiario travestirebbe da compenso da amministratore (avvantaggiandosi dell'agevolazione impatriati) ciò che in realtà può considerarsi come distribuzione occulta di utile essendo il compenso determinato solo come percentuale sugli utili ottenuti.  Notizie ImpreseOggi
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Il compenso dell'amministratore gode dell’agevolazione per il rientro dei cervelli.

Il compenso percepito dall’amministratore che è rientrato dall’estero può godere dell’agevolazione prevista per i lavoratori impatriati in quanto tale compenso è parificato, per legge, ai redditi da lavoro dipendente. Così stabilisce un interpello dell’Agenzia delle Entrate, non pubblicato e riguardante un caso curato dallo studio, nel quale si è illustrata la condizione di un lavoratore italiano residente all’estero che vuole rientrare nel suo Paese di origine al fine di aprire una srl. La quota di partecipazione in tale srl non è ancora nota al momento dell’invio dell’interpello e il compenso previsto sarà diviso in una parte variabile e in una parte fissa. L’Agevolazione impatriati. Ai fini della piena comprensione della risposta si ricorda che, per l’anno 2024, l’agevolazione per il rientro dei lavoratori impatriati (art. 5 D. Lgs 209/2023) riguarda il reddito da lavoro dipendente e assimilato e quello di lavoro autonomo (con esclusione di quello forfettario), prodotto all’interno del territorio italiano da lavoratori italiani o stranieri che provvedono a trasferire la propria residenza in Italia. L’agevolazione consiste nella detassazione del 50%, per l’anno del rientro e per i quattro successivi, del reddito prodotto nel limite annuale di 600.000 euro. Limitatamente al 2024 l’agevolazione si estende per ulteriori 3 anni (quindi in totale sette anni) nel caso in cui il beneficiario abbia acquistato, entro il 31 dicembre 2023, una prima casa di abitazione. Altresì si ricorda che la detassazione aumenta del 60% nel caso in cui il trasferimento avvenga con la presenza di un figlio a carico oppure nasca un figlio nell’ambito temporale di utilizzo dell’agevolazione. In questo ultimo caso l’aumento della detassazione spetta per il rimanente periodo residuo a partire dalla nascita del figlio.  Le condizioni per godere dell’agevolazione impatriati sono:
  • Il beneficiario non deve essere stato residente in Italia nei tre anni precedenti il trasferimento. Questo limite aumenta se il beneficiario rientra nel nostro Paese e continua a prestare attività per lo stesso datore di lavoro per il quale lavorava all’estero (ad esempio perché era in distacco) o per una società appartenente al suo gruppo. L’aumento passa:
    • da tre a sei anni nel caso in cui il beneficiario non sia già stato già in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo gruppo;
    • da tre a sette anni nel caso in cui, invece, prima del trasferimento era già dipendente dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo gruppo.
  • l’attività lavorativa deve essere prestata prevalentemente in Italia per un periodo superiore ai 183 giorni all’anno;
  • il lavoratore deve essere in possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione. In sostanza deve avere almeno una laurea triennale.
Agevolazione impatriati e compenso amministratore. L’Agenzia delle Entrate, nel concedere il beneficio dell’agevolazione in argomento anche al compenso percepito dall’amministratore si rifà all’art. 50 comma 1 lettera c-bis del Tuir laddove si dice che “sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente […] le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società [..]”. Il compenso amministratore è, dunque, per legge parificato al lavoro dipendente. Per cui, per logica conclusione, può godere del beneficio previsto per il rientro dei cervelli in Italia. Tale condizione si verifica anche nel caso in cui l'amministratore sia anche socio della srl che amministra, purchè non socio unico. In tale caso, infatti, si segnala la risposta n. 407/2021 nel quale si tratta il caso di una srl unipersonale dove il socio unico è anche amministratore della società e percepisce un compenso totalmente variabile in funzione dell'utile prodotto. Secondo l'Agenzia delle Entrate, infatti, in tale caso si può ravvisare l'abuso del diritto in quanto il beneficiario travestirebbe da compenso da amministratore (avvantaggiandosi dell'agevolazione impatriati) ciò che in realtà può considerarsi come distribuzione occulta di utile essendo il compenso determinato solo come percentuale sugli utili ottenuti.  Notizie ImpreseOggi
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Agricoltura: contributi a fondo perduto per innovazione e sostenibilità.

Per chi vuole fare innovazione nell’ambito dell’agricoltura, a partire dal giorno 15 novembre 2024 e fino al giorno 13 dicembre 2024 può rivolgersi ad Ismea, la società pubblica che si occupa di fornire servizi e assistenza al mondo dell’imprenditoria agricola, per ottenere un contributo a fondo perduto. E’ ufficialmente aperto, infatti, il bando relativo al Fondo Innovazione - Intervento a sostegno della produttività che si prefigge come obiettivo quello di sostenere progetti per l’innovazione e riconversione ecologica della produzione nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura. I soggetti che possono presentare la domanda sono le Piccole Medie Imprese, singole o in forma associata, comprese le cooperative e le associazioni che possiedono questi requisiti:
  • essere iscritti al registro imprese e risultano attive, con la qualifica di “impresa agricola”, “impresa agromeccanica” o “impresa ittica”,
  • essere attivi da due anni rispetto alla data di presentazione della domanda;
  • avere la sede operativa in Italia.
I beni che rientrano nel contributo (dettagliatamente descritti nel Decreto 9 agosto 2023 del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) devono essere nuovi e devono rientrare nella seguente categoria: Sono ammissibili alle agevolazioni i costi per l'acquisto di:
  • Macchine, strumenti e attrezzature per l’agricoltura dotate di apparecchiature tali da rendere automatica la lavorazione;
  • macchine mobili non stradali per agricoltura e zootecnia, con motorizzazione elettrica e destinate specificatamente ad attività agricole o zootecniche.
  • macchine per la zootecnia con un elevato livello tecnologico e di automazione;
  • investimenti riguardanti la pesca e l’acquacoltura volti a rendere sostenibile la produzione.
L’importo complessivo della spesa per la quale si richiede il contributo deve essere compreso tra gli euro 70.000,00 e gli euro 500.000,00. Nel caso di richieste da parte di imprenditori che esercitano l’attività di pesca, l’importo minimo viene ridotto ad euro 10.000,00. La misura di aiuto offerta consiste in un contributo a fondo perduto e in aggiunta ai progetti riguardanti l’Agricoltura e la Pesca, una garanzia pubblica per la richiesta di un finanziamento bancario a copertura dell’investimento. L’importo della garanzia è dell’80% nel caso di interventi nel settore agricolo e del 70% nel settore della pesca. L’importo del contributo a fondo perduto varia a seconda delle categorie previste dal Regolamento UE ABER e dal Regolamento UE FIBER è può essere così riassunto:

Scaglioni di importo di investimento

ABER giovani (massimale 80%) ABER non giovani (massimale 65%) FIBER (massimale 50%) fino 100.000,00 60% 48,75% 37,50% da 100.000,01 a 200.000 52% 42,25% 32,50% da 200.000,01 a 300.000 44% 35,75% 27,50% da 300.000,01 a 500.000 36% 29,25% 22,50%

La domanda dovrà essere presentata in forma telematica, attraverso lo sportello messo a disposizione da Ismea. La finestra temporale per le richieste apre alle ore 12.00 del giorno 15 novembre 2024 per chiudere alle ore 12.00 del giorno 13 dicembre 2024.

 

 

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Agricoltura: contributi a fondo perduto per innovazione e sostenibilità.

Per chi vuole fare innovazione nell’ambito dell’agricoltura, a partire dal giorno 15 novembre 2024 e fino al giorno 13 dicembre 2024 può rivolgersi ad Ismea, la società pubblica che si occupa di fornire servizi e assistenza al mondo dell’imprenditoria agricola, per ottenere un contributo a fondo perduto. E’ ufficialmente aperto, infatti, il bando relativo al Fondo Innovazione - Intervento a sostegno della produttività che si prefigge come obiettivo quello di sostenere progetti per l’innovazione e riconversione ecologica della produzione nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura. I soggetti che possono presentare la domanda sono le Piccole Medie Imprese, singole o in forma associata, comprese le cooperative e le associazioni che possiedono questi requisiti:
  • essere iscritti al registro imprese e risultano attive, con la qualifica di “impresa agricola”, “impresa agromeccanica” o “impresa ittica”,
  • essere attivi da due anni rispetto alla data di presentazione della domanda;
  • avere la sede operativa in Italia.
I beni che rientrano nel contributo (dettagliatamente descritti nel Decreto 9 agosto 2023 del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste) devono essere nuovi e devono rientrare nella seguente categoria: Sono ammissibili alle agevolazioni i costi per l'acquisto di:
  • Macchine, strumenti e attrezzature per l’agricoltura dotate di apparecchiature tali da rendere automatica la lavorazione;
  • macchine mobili non stradali per agricoltura e zootecnia, con motorizzazione elettrica e destinate specificatamente ad attività agricole o zootecniche.
  • macchine per la zootecnia con un elevato livello tecnologico e di automazione;
  • investimenti riguardanti la pesca e l’acquacoltura volti a rendere sostenibile la produzione.
L’importo complessivo della spesa per la quale si richiede il contributo deve essere compreso tra gli euro 70.000,00 e gli euro 500.000,00. Nel caso di richieste da parte di imprenditori che esercitano l’attività di pesca, l’importo minimo viene ridotto ad euro 10.000,00. La misura di aiuto offerta consiste in un contributo a fondo perduto e in aggiunta ai progetti riguardanti l’Agricoltura e la Pesca, una garanzia pubblica per la richiesta di un finanziamento bancario a copertura dell’investimento. L’importo della garanzia è dell’80% nel caso di interventi nel settore agricolo e del 70% nel settore della pesca. L’importo del contributo a fondo perduto varia a seconda delle categorie previste dal Regolamento UE ABER e dal Regolamento UE FIBER è può essere così riassunto:

Scaglioni di importo di investimento

ABER giovani (massimale 80%) ABER non giovani (massimale 65%) FIBER (massimale 50%) fino 100.000,00 60% 48,75% 37,50% da 100.000,01 a 200.000 52% 42,25% 32,50% da 200.000,01 a 300.000 44% 35,75% 27,50% da 300.000,01 a 500.000 36% 29,25% 22,50%

La domanda dovrà essere presentata in forma telematica, attraverso lo sportello messo a disposizione da Ismea. La finestra temporale per le richieste apre alle ore 12.00 del giorno 15 novembre 2024 per chiudere alle ore 12.00 del giorno 13 dicembre 2024.

 

 

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I ricavi delle assegnazioni delle cooperative edilizie non sono tassabili

Le cooperative edilizie a proprietà divisa quando assegnano alloggi ai propri soci non generano ricavi tassabili ai sensi dell’art. 85 del Tuir. Ciò in quanto con l’assegnazione si viene a realizzare lo scambio mutualistico tra la cooperativa e il socio assegnatario. L’interessante principio di diritto è contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 28069/2024 pubblicata il 30.10.2024. Il contenzioso nasce dal fatto che una cooperativa edilizia a proprietà divisa ha assegnato un alloggio a un suo socio e il corrispettivo ricevuto l’ha contabilizzato in riduzione delle rimanenze di merci invece che come corrispettivo, non facendolo transitare nel conto economico ma riducendo solamente la voce iscritta nello stato patrimoniale. L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento non condividendo l’operato della cooperativa edilizia. Per l’Ufficio, infatti, l’assegnazione dell’appartamento al socio costituisce corrispettivo ai sensi dell’art. 85, c.1 lett. a) del Dpr 917/86 e, quindi, da ricomprendere nella voce dei ricavi del conto economico. Tesi che, peraltro, è stata riconosciuta fondata dai giudici di merito i quali, con sentenze di fatto conformi fra loro, hanno condannato sia in primo che in secondo grado la cooperativa edilizia al pagamento delle imposte Ires e Irap sul corrispettivo dell’assegnazione. Il contribuente si è rivolto, quindi, alla Corte di Cassazione sostenendo di aver contabilizzato il corrispettivo dell’assegnazione in riduzione del valore delle rimanenze in quanto la cooperativa stessa svolge una attività mutualistica e senza scopo di lucro. Inoltre ha rilevato che il corrispettivo stesso è uguale ai costi sostenuti per la costruzione dell’immobile oggetto di assegnazione, dimostrando una volta in più l’assenza di lucro della propria attività. La Cassazione accoglie la tesi della cooperativa. Lo fa evidenziando che sarà pur vero che il contratto di assegnazione di alloggio è pur sempre un atto di compravendita che trasferisce la proprietà, ma ciò non implica che automaticamente questo sia da intendere, sul piano contabile e fiscale, come un ricavo di vendita. Ciò in quanto le società cooperative edilizie non svolgono una attività finalizzata alla costruzione di immobili, ma bensì una attività senza scopo di lucro volta a consentire, ai propri soci, l’accesso alla casa a prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli di mercato. L’assegnazione, dunque, sul piano giuridico può essere senza dubbio considerata come una compravendita. Sul piano fiscale e contabile, al contrario, essa è la forma con la quale si realizza lo scambio mutualistico assumendo, quindi, una natura non commerciale. Scrive, a tal proposito, la Cassazione: “l’assegnazione, di norma, non può costituire conseguimento di una plusvalenza o di un ricavo, non generando materia imponibile per la società assegnante, in quanto il valore degli alloggi da assegnare ai soci è determinato al “costo” ed il totale dei costi sostenuti dalla cooperativa, imputato allo stato patrimoniale nelle rimanenze, risulta pari al corrispettivo di assegnazione di cessione degli alloggi ceduti ai soci, detratti gli eventuali versamenti già effettuati negli anni precedenti [..]”. Il principio di diritto che la Cassazione esprime, infine, è il seguente: “Il valore correlato all’assegnazione dell’unità abitativa al socio della società cooperativa edilizia a proprietà divisa non va considerato quale corrispettivo della cessione di beni ai sensi dell’art. 85, primo comma, lett. a) del d.P.R. n. 917 del 1986, e come tale ricompreso nella voce dei ricavi del conto economico, generando materia imponibile tassabile, in quanto l’assegnazione realizza una vicenda che, di norma, non fa maturare reddito tassabile né in capo alla società cooperativa edilizia assegnante, né in capo al socio assegnatario, in ragione dello scambio mutualistico che viene a realizzarsi”. Notizie ImpreseOggi
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I ricavi delle assegnazioni delle cooperative edilizie non sono tassabili

Le cooperative edilizie a proprietà divisa quando assegnano alloggi ai propri soci non generano ricavi tassabili ai sensi dell’art. 85 del Tuir. Ciò in quanto con l’assegnazione si viene a realizzare lo scambio mutualistico tra la cooperativa e il socio assegnatario. L’interessante principio di diritto è contenuto nella sentenza della Corte di Cassazione n. 28069/2024 pubblicata il 30.10.2024. Il contenzioso nasce dal fatto che una cooperativa edilizia a proprietà divisa ha assegnato un alloggio a un suo socio e il corrispettivo ricevuto l’ha contabilizzato in riduzione delle rimanenze di merci invece che come corrispettivo, non facendolo transitare nel conto economico ma riducendo solamente la voce iscritta nello stato patrimoniale. L’Agenzia delle Entrate ha emesso un avviso di accertamento non condividendo l’operato della cooperativa edilizia. Per l’Ufficio, infatti, l’assegnazione dell’appartamento al socio costituisce corrispettivo ai sensi dell’art. 85, c.1 lett. a) del Dpr 917/86 e, quindi, da ricomprendere nella voce dei ricavi del conto economico. Tesi che, peraltro, è stata riconosciuta fondata dai giudici di merito i quali, con sentenze di fatto conformi fra loro, hanno condannato sia in primo che in secondo grado la cooperativa edilizia al pagamento delle imposte Ires e Irap sul corrispettivo dell’assegnazione. Il contribuente si è rivolto, quindi, alla Corte di Cassazione sostenendo di aver contabilizzato il corrispettivo dell’assegnazione in riduzione del valore delle rimanenze in quanto la cooperativa stessa svolge una attività mutualistica e senza scopo di lucro. Inoltre ha rilevato che il corrispettivo stesso è uguale ai costi sostenuti per la costruzione dell’immobile oggetto di assegnazione, dimostrando una volta in più l’assenza di lucro della propria attività. La Cassazione accoglie la tesi della cooperativa. Lo fa evidenziando che sarà pur vero che il contratto di assegnazione di alloggio è pur sempre un atto di compravendita che trasferisce la proprietà, ma ciò non implica che automaticamente questo sia da intendere, sul piano contabile e fiscale, come un ricavo di vendita. Ciò in quanto le società cooperative edilizie non svolgono una attività finalizzata alla costruzione di immobili, ma bensì una attività senza scopo di lucro volta a consentire, ai propri soci, l’accesso alla casa a prezzi più vantaggiosi rispetto a quelli di mercato. L’assegnazione, dunque, sul piano giuridico può essere senza dubbio considerata come una compravendita. Sul piano fiscale e contabile, al contrario, essa è la forma con la quale si realizza lo scambio mutualistico assumendo, quindi, una natura non commerciale. Scrive, a tal proposito, la Cassazione: “l’assegnazione, di norma, non può costituire conseguimento di una plusvalenza o di un ricavo, non generando materia imponibile per la società assegnante, in quanto il valore degli alloggi da assegnare ai soci è determinato al “costo” ed il totale dei costi sostenuti dalla cooperativa, imputato allo stato patrimoniale nelle rimanenze, risulta pari al corrispettivo di assegnazione di cessione degli alloggi ceduti ai soci, detratti gli eventuali versamenti già effettuati negli anni precedenti [..]”. Il principio di diritto che la Cassazione esprime, infine, è il seguente: “Il valore correlato all’assegnazione dell’unità abitativa al socio della società cooperativa edilizia a proprietà divisa non va considerato quale corrispettivo della cessione di beni ai sensi dell’art. 85, primo comma, lett. a) del d.P.R. n. 917 del 1986, e come tale ricompreso nella voce dei ricavi del conto economico, generando materia imponibile tassabile, in quanto l’assegnazione realizza una vicenda che, di norma, non fa maturare reddito tassabile né in capo alla società cooperativa edilizia assegnante, né in capo al socio assegnatario, in ragione dello scambio mutualistico che viene a realizzarsi”. Notizie ImpreseOggi
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Il mare di Lampedusa: le storie Migranti di Pietro Bartolo, intervistato da Vera Bessone, al Cinema Teatro Tiberio di Rimini

Cooperativa sociale Cento Fiori - Ven, 25/10/2024 - 16:19
Il medico in prima fila nel soccorso dei migranti racconta con video e immagini le sue esperienze, introdotto dalla caposervizio Cultura del Corriere Romagna nell’incontro organizzato dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori il 15 novembre alle ore 20,30.

Le storie di mare di Lampedusa, le tragedie e le speranze che hanno costellato quello specchio enorme di Mediterraneo che lambisce l’estrema propaggine dell’Italia, raccontate da Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che insieme a concittadini e volontari hanno assistito e assistono quotidianamente a lutti, sofferenze e insieme speranze dei migranti.

Il mare di Lampedusa, questo il titolo dell’incontro pubblico di venerdì 15 novembre alle ore 20,30 al cinema Tiberio (via San Giuliano 16) di Rimini, che vedrà Pietro Bartolo dipanare il racconto durante un’intervista condotta da Vera Bessone, giornalista caposervizio Cultura del Corriere Romagna. Una narrazione di Storie migranti fatta di dialoghi ma anche immagini e video per sensibilizzare sul tema dei migranti e della loro accoglienza.

L’incontro è organizzato dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori in collaborazione con il Sistema Accoglienza Integrazione (Sai) dell’Unione dei Comuni della Valmarecchia ed è a ingresso libero.

Biografia di Pietro Bartolo

Medico chirurgo, laureato all’Università di Catania, è specializzato in ginecologia. Sposato e padre di tre figli. Dal 1991 ufficiale sanitario delle isole Pelagie, nel 1993 diviene responsabile del presidio sanitario e del poliambulatorio di Lampedusa, occupandosi anche delle prime visite a tutti i migranti che sbarcano a Lampedusa e di coloro che soggiornano nel centro di accoglienza.

Nonostante qualche settimana prima fosse stato colpito da un’ischemia cerebrale, è stato in prima fila nei soccorsi ai sopravvissuti del Naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013 di un peschereccio carico di oltre 500 migranti, in cui persero la vita 368 persone.

Prende parte nel 2015 al film documentario Fuocoammare di Gianfranco Rosi, che nel febbraio 2016 ha vinto l’Orso d’oro al 66º festival di Berlino e ha ottenuto una candidatura nella categoria miglior documentario agli Oscar 2017.

Dal suo libro Lacrime di Sale (2016) è liberamente tratto il film Nour (regia di Maurizio Zaccaro), per il quale ha contribuito all’ideazione del soggetto. Il film, in cui a vestire i panni del medico di Lampedusa è l’attore Sergio Castellitto, è stato presentato alla 37ª edizione del Torino Film Festival del 2019. È autore anche del testo “Le Stelle di Lampedusa” (2018).

Dal 2019 al 2024 è europarlamentare, con l’incarico di vicepresidente della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento europeo (LIBE).

È sempre stato un sostenitore dell’istituzione di corridoi umanitari contro la tratta degli esseri umani.

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