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Da 35 anni lottiamo contro le dipendenze da sostanze e per l'inserimento sociale delle persone
Aggiornato: 6 giorni 18 ore fa

Riprendono dopo l’emergenza CoVid le crociere di Ulisse: dalla Comunità Terapeutica di Vallecchio alla Croazia. Con in più una ricerca dell’Università di Bologna.

Mer, 09/06/2021 - 14:55
A bordo anche una ricercatrice dell’Università di Bologna per Cefeo. Tre educatori, tra cui lo skipper Ambrosani, accompagnano gli utenti nella terapia “outdoor” che da oltre 20 anni caratterizza il progetto Ulisse.

Rimini – Dopo la pausa di un anno dovuto all’emergenza CoVid, riprende il progetto Ulisse, le crociere terapeutiche organizzate da oltre 20 anni dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori. Quest’anno la peculiare esperienza riminese di outdoor education accade nel 40simo anniversario della fondazione dell’azienda sociale. Inoltre, la crociera entra in una fase accademica: all’equipaggio si è aggiunta Chiara Borelli, dottoranda di ricerca del Dipartimento di scienze dell’educazione dell’Università di Bologna che sta compiendo uno studio per Cefeo, il Centro di ricerca sull’Educazione e la Formazione Esperienziale e Outdoor dell’ateneo bolognese.

A salpare verso i lidi croati sette ospiti della Comunità Terapeutica di Vallecchio, guidati da capitan Andrea Ambrosani, lo skipper che ha ereditato il comando dal fondatore del progetto, Werther Mussoni, e assistiti dallo psicologo Michele D’Alessio e dall’educatrice Chiara Gentili, entrambi ormai dei veterani di questa esperienza, unica invece per quasi tutti i pazienti a bordo. Anche se gli ingredienti sono quelli di una vacanza – sole, mare, barca a vela – per operatori della Cento Fiori e ospiti non sarà proprio una villeggiatura: «per gli educatori lo scopo principale della crociera è l’osservazione degli utenti – dice Michele Maurizio D’Alessio – ma per i pazienti è un’esperienza formativa perché è la realtà stessa (il vento, il mare, la convivenza in uno spazio particolare come una barca) a regolarizzare i rapporti: la realtà ci detta delle priorità. Il gruppo dei pazienti trova quindi un suo equilibrio nel corso della crociera».

A salutare il viaggio della prima crociera 2021 il fondatore del progetto, Werther Mussoni, che anche se ha smesso la cerata del capitano, non fa mai mancare il suo supporto agli equipaggi, quando non prende addirittura parte alle crociere. Ai nuovi marinai Mussoni ha ricordato che questa esperienza serve “a far riscoprire il gusto della vita che c’è nelle cose, anche in quelle inaspettate o non piacevoli, e nelle persone che ci circondano”. A sottolineare che questo viaggio è un’ulteriore tappa nel percorso di realizzazione di sé, avviato con l’adesione alla terapia.

Il progetto Ulisse sono ormai 20 anni che solca i mari. Quest’anno la prima delle tre crociere che si svolgono normalmente servirà a mettere a punto degli strumenti di osservazione e valutazione da parte del Cefeo, grazie appunto alla presenza della ricercatrice Chiara Borelli. Ora si utilizza una barca a vela dotata di tutti i comfort, ma all’inizio non era così. La prima crociere era con una goletta in legno, il Catholica, un ex peschereccio cattolichino restaurato dagli ospiti della Comunità Terapeutica di Vallecchio, poi diventata la Goletta Verde di Legambiente. All’epoca le crociere duravano settimane e toccavano il mar Ionio e poi le coste della Sicilia. Ora l’esperienza si gioca tra le due traversate e la costa croata. Forse crociere meno lunghe, ma non meno intense per i pazienti.

La goletta Catholica, prima barca del progetto Ulisse della Cooperativa Sociale Cento Fiori

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Hatha Yoga all’aperto a Riccione al Lago Arcobaleno

Sab, 22/05/2021 - 15:04
Prova gratuita il 29 maggio, da sabato 5 giugno il corso, dalle 9 alle 10,30, nel parco in viale Murano 47. Conduce Ramona Frisoni, naturopata e insegnante di yoga di scuola Sivananda del centro Arbor Vitae di Rimini.

Riccione – Una prova gratuita (con prenotazione obbligatoria) il 29 maggio e da sabato 5 giugno comincerà il corso di Hata yoga nel parco del Lago Arcobaleno, in viale Murano 47, organizzato dal Centro Arbor Vitae di Rimini. Dalle 9 alle 10,30 Ramona Frisoni, naturopata e insegnante yoga di scuola Sivananda, condurrà le lezioni che si svolgeranno su quattro momenti: pratica di pranayama (controllo del respiro), asana (posizioni statiche) e posizioni eseguite dinamicamente (saluto al sole), concentrazione e, infine, rilassamento profondo. Gli esercizi proposti sono semplici, adatti a chi fa già yoga e a chi si avvicina per la prima volta a questa pratica. Per partecipare occorre chiamare lo 0541 24822 o scrivere a segreteria@centroarborvitae.it, vestire con abbigliamento comodo e portando con se un tappetino e un asciugamano.

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Scomparso dopo una lunga malattia Gilberto Vittori, il cordoglio di amici e delle cooperative sociali che l’hanno visto protagonista.

Ven, 14/05/2021 - 18:23
Werther Mussoni: «credeva nell’uomo e nel dovere di lasciare agli altri un mondo migliore»

Laureato in Agraria, è entrato da giovane nella Cooperativa Sociale Cento Fiori e creato per gemmazione Ecoservizi L’Olmo: «un vero cooperatore sociale che credeva nella creazione di posti di lavoro per le persone in difficoltà».

Gilberto Vittori, per noi è sempre stato Gibo, ha lavorato con noi della Cooperativa Sociale Cento Fiori fin dai primi tempi, quasi dall’inizio si può dire. Avevamo l’esigenza di una persona esperta che seguisse il giardinaggio e la manutenzione del verde, uno dei settori lavorativi iniziali della cooperativa che servivano a completare il percorso terapeutico di disintossicazione. Era un giovane laureato in Agraria a Bologna, specializzato in paesaggistica, che prima di lavorare con noi svolgeva attività libero professionale. Abbiamo diviso l’ufficio per anni.

Quando fu emanata la legge 381/91, che divideva le cooperative sociali in tipologia A o B, a seconda se facevano assistenza sociosanitaria alle persone o producevano, decidiamo di creare per gemmazione la Cooperativa Sociale Ecoservizi l’Olmo, con a capo Gibo. E già dalla scelta del nome troviamo alcuni tratti del suo carattere e delle sue inclinazioni verso il prossimo. L’Olmo, mi diceva, era una pianta che era quasi estinta per causa di una malattia, ma che ha trovato la forza di sconfiggerla. E per questo – mi diceva sempre con emozione – gli ricordava i ragazzi che avevamo in cura e che stavano sconfiggendo la loro dipendenza. Era un cooperatore sociale convinto, e credeva nella creazione di posti di lavoro per le persone in difficoltà. A proposito di questa missione, un lavoratore della Olmo mi disse dell’opera di Gibo che «ha piantato un albero in mezzo al deserto e noi godiamo della sua ombra e dei suoi frutti».

Aveva verso di se un forte rigore interiore, unito a una marcata modestia. Ed era altrettanto rigoroso nel rispetto delle regole e delle persone, sopratutto per quanto riguarda i diritti dei lavoratori. Un episodio quasi banale che lo testimonia: ogni anno si faceva la cena sociale dell’Olmo, con 80 – 100 persone tra dipendenti e soci. Si intendeva di vini e, assaggiato quello al tavolo, chiama il cameriere chiedendo un vino migliore. Nessun problema, il cameriere prende le bottiglie al tavolo e ne porta due di un vino molto superiore. Fa per andarsene, Gibo lo ferma e indicando i tavoli degli altri dipendenti gli chiede: «E agli altri?» Anche a tavola era lui, con il suo spiccato senso dell’uguaglianza e il rispetto per chi lavora.

Abbiamo lavorato insieme per la costituzione del Consorzio Sociale Romagnolo, nel quale ha messo l’anima per riunire gran parte delle cooperative sociali di tipo B di Rimini. Una realtà che ora è cresciuta fino ad abbracciare realtà di tutta la Romagna. Ed anche pochi giorni fa, quando ci siamo visti l’ultima volta, il discorso è caduto sul Consorzio Sociale Romagnolo: «la cosa più bella che ho fatto, oltre la famiglia e i figli».

Ho avuto con Gibo un rapporto molto stretto, non solo per il lavoro. Abbiamo costruito una barca, passato le ferie, e i giorni e giorni che abbiamo navigato insieme hanno cementato la nostra amicizia. In lui ho visto l’anarchia pura, quel credere profondamente nell’uomo e il dovere che si ha di lasciare agli altri un mondo migliore».

Werther Mussoni

Abbiamo perso un cooperatore sociale lungimirante nel creare lavoro per le persone in difficoltà

Armando Berlini, Coop 134: «ha affrontato i mutamenti del mercato creando, insieme a Legacoop e me, la più grande cooperativa sociale dell’Emilia – Romagna».

Con Gilberto Vittori ci siamo incontrati già dai tempi in cui lavorava per la Cooperativa Sociale Cento Fiori, coltivando la nostra conoscenza nell’ambiente che riguarda non solo il sociale, ma anche il mercato dei servizi e della manutenzione del verde. Il tempo ci ha avvicinato ulteriormente quando fondammo la cooperativa sociale Nel Blu di Cattolica. Da questi rapporti, via via sempre più stretti è nata l’idea di creare una cooperativa unica.

La visione di Gibo era molto chiara, la cooperazione sociale stava affrontando un mutamento del mercato che avrebbe compromesso la stabilità delle cooperative sociali piccole, menomandole nella loro capacità di creare posti di lavoro per le persone in difficoltà. Con lungimiranza quindi si mise al lavoro assieme a Legacoop e a me per costruire questo progetto comune: Coop 134, la più grande cooperativa sociale dell’Emilia – Romagna.

La sua attenzione all’inserimento delle persone svantaggiate è sempre stata altissima, un vero faro per il suo operato nella cooperazione sociale, sia da presidente dell’Olmo, sia da presidente del Consorzio Sociale Romagnolo, del quale ha contribuito ad allargarne la base sociale fino a toccare le cooperative di tutta la Romagna.

Io perdo un amico, un punto di riferimento in cooperativa assolutamente essenziale, puntuale e lucido nelle analisi e nelle scelte, a volte anche dure, che abbiamo dovuto fare. E mi piace ricordare che le abbiamo sempre fatte con la totale condivisione.

Lascia un grande vuoto nella cooperativa di cui era vicepresidente, che si stringe tutta intorno alla moglie Rossella e ai figli Lorenzo e Anita.

Armando Berlini
Presidente Coop 134 cooperativa sociale

Gilberto Vittori, una persona mite e generosa, dal grande impegno verso il benessere di chi è svantaggiato.

Il ricordo di Tamagnini, «sono cresciuto nella Cooperativa Sociale Cento Fiori, della quale ha gettato le basi, 40 anni fa».

Con Gilberto Vittori non ho condiviso molti momenti di lavoro, sono un cooperatore sociale della generazione successiva. Ma sono cresciuto nella Cooperativa Sociale Cento Fiori, della quale ha gettato le basi quando nacque, 40 anni fa. E certamente ho avuto modo di conoscere in lui la forte passione per questo impegno che al posto del profitto ricerca i posti di lavoro, anteponendo il benessere sociale di chi è svantaggiato.

Parliamo di valori forti, veri, che una persona ha o non ha, che non può fingere. Ricordo quando un incendio doloso devastò la sede della sua cooperativa in via Portogallo e delle altre tre cooperative sociali, La Formica, noi Cento Fiori e New Horizon. Era un uomo affranto non tanto e non solo per i danni subiti, ma perché era stato colpito il cuore del lavoro sociale di Rimini.

Così come ricordo la sua rabbia e sconforto quando a Roma alcuni imprenditori senza scrupoli hanno gettato il fango sulla vera cooperazione sociale, quella che crea posti di lavoro per persone in difficoltà. Rabbia che non avevo mai visto in lui, una persona mite, disponibile, ironica e autoironica. Una rabbia che posso comprendere, visto il grande impegno che ha sempre avuto verso lo sviluppo della cooperazione sociale a Rimini, al quale si è sempre dedicato con dedizione e tenacia.

Cristian Tamagnini
Presidente Cooperativa Sociale Cento Fiori

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Quarant’anni di lotta alle dipendenze: il 7 maggio 1981 nasceva la Cooperativa Sociale Cento Fiori, la base della Comunità Terapeutica di Vallecchio e delle altre strutture di cura.

Ven, 07/05/2021 - 16:40
Dal collettivo che intorno al Centro Tutela Salute Tossicodipendenti organizzava la lotta all’eroina alla creazione di un Modello Rimini di intervento terapeutico, coinvolgendo servizi pubblici, le famiglie e il volontariato.

Rimini – Sette maggio 1981, diciannove persone si riuniscono nello studio del notaio Enrico Franciosi per fondare quello che doveva essere un nuovo tassello nella lotta all’eroina che stava dilagando in città: la Cooperativa Cento Fiori. Con un capitale di appena 100 mila lire, la sede in via Cavalieri, la cooperativa nasce come costola operativa del Centro Tutela Salute Tossicodipendenti, nel disegno del collettivo che gravita intorno al CTST di completare un Modello Rimini nella lotta alla droga. Un modello che, pur con qualche variante che il tempo inevitabilmente ha portato, continua a vivere nell’attuale Cooperativa Sociale Cento Fiori, sempre riminese nel cuore pulsante, ma con l’orizzonte di aiutare chi è dipendente da qualunque parte d’Italia provenga.

La fondazione della Comunità Terapeutica di Vallecchio: si monta il prefabbricato acquisito a Sulmona.

Collettivo, una parola che porta con sé il sapore della politica, del lavoro e della prassi di quegli anni. Anni dove le ideologie mobilitano le masse, terreni umani dove si possono piantare grandi idee ma anche grandi disastri. E’ il caso dell’eroina, che dalla fine degli anni ‘70 dilaga in tutti i quartieri riminesi, così come in tutte le città italiane, senza tanti riguardi per ceto e professioni. Intorno ai medici e operatori del Ctst (prima ancora si chiamava Centro Medico di Assistenza Sociale Cmas, ora SerT, Servizio Tossicodipendenza o SerDP, Servizio Dipendenze Patologiche) si riuniscono familiari, consumatori di droga, volontari che cercano insieme un metodo per combattere il fenomeno che avvelena la città. E’ una fase pionieristica per tutti. Al Cmas distribuiscono il metadone in sciroppo, per contrastare sia l’eroina sia il gusto del buco, coinvolgono i tossicodipendenti in assemblee, stampano giornali per sensibilizzare la città alla lotta all’eroina, le famiglie ospitano nelle case amici caduti nella spirale della dipendenza. Il collettivo che si raduna nel Cmas, giorno dopo giorno sperimenta e discute un modello che vede il lavoro come argine alla droga e una forma di riscatto nell’immediato. E per il futuro vagheggia il completamento in una comunità terapeutica, che faccia da cesura con i richiami delle piazza e dell’eroina che vi circola.

Werther Mussoni al lavoro nei campi di Vallecchio

L’idea della cooperativa prende corpo. E così alcune persone di quel collettivo, William Raffaeli,che sarà il primo presidente, Sergio Semprini Cesari, Ida Branducci, Mario Minadeo, Dino Balleroni, Rita Tortora, Giuseppe Avarino, Lanfranco Bezzi, Vittorio Buldrini, Lilo Nilo Puccioni, Trine Line Larsen, Roberta Giungi, Gilberto Filippi, Emanuele Zabaglio, Roberto Filippi, Giorgio Micconi, Maurizio Bullini, Claudio Mercatelli, Anna Ardini, si presentano nello studio del notaio Franciosi. I sette rappresentano solo una parte del collettivo che ruota intorno al Cmas, che comprende Leonardo Montecchi, Massimo Ferrari e altri medici e operatori.

La cooperativa è una buona idea ma ha bisogno di un catalizzatore che sappia darle forma, anche perché il lavoro del Cmas e ospedaliero di medici e operatori assorbe energie: occorrono altre figure per ampliare l’opera. C’è un volontario che frequenta il centro, un uomo impegnato nel sindacato e nel sociale, che ospita un amico in difficoltà con la droga e per questo viene a chiedere consigli e suggerimenti a medici e operatori. Sarà lui a dare corpo all’idea, strutturerà la cooperativa in forma agricola (coltivando terreni nell’aria Ghigi) e con laboratori di stampa serigrafica e di artigianato, e, infine, creerà la Comunità Terapeutica di Vallecchio, completando il Modello Rimini di lotta alla droga: Werther Mussoni.

La Cento Fiori anno dopo anno si consolida. Nel febbraio del 1983 un prefabbricato che ospitava terremotati, viene smontato in Friuli e montato a Vallecchio: è l’embrione della Comunità Terapeutica, dove già si coltivano i campi del podere Fantini e si allevano due mucche, Punto e Virgola. Sono sette i primi ospiti, tutti riminesi. E i primi sette operatori, psicologi ed educatori che lavorano con Mussoni sono stati anche fattori, muratori, elettricisti, contadini, giardinieri. Se la si guarda con gli occhi di oggi, era un’epoca pionieristica, si potrebbe dire, senza paura di essere retorici.

Da allora, la stalla è diventata una Scuderia Cento Fiori, e accanto è nato il Canile di Vallecchio e un ambulatorio veterinario, con la cooperativa che gestisce anche il Canile comunale di Rimini Stefano Cerni e un servizio di recupero di animali domestici da compagnia per conto di numerosi comuni della provincia riminese. La Comunità Terapeutica si è allargata, ora ospita 22 pazienti e un decennio fa, sotto la presidenza di Monica Ciavatta (succeduta a Werther Mussoni) e la direzione di Alfio Fiori è diventata di proprietà della Cooperativa. Per gemmazione, all’inizio del nuovo millennio, è nato un Centro Osservazione e Diagnosi, sempre a Vallecchio, con pazienti da tutta Italia, mentre pochi anni dopo la Cento Fiori ha acquisito un altro Centro Osservazione e Diagnosi, L’Airone, ad Argenta, Ferrara. Completano i servizi sociosanitari di lotta alle dipendenze il Centro Diurno di Rimini e due gruppi appartamento, che accompagnano i pazienti nel loro reinserimento nella vita di tutti i giorni. Mentre da dieci anni il patrimonio di esperienza nell’accoglienza delle persone è stato impiegato anche nel supporto ai richiedenti asilo.

Sergio Semprini Cesari con alcuni pazienti delle prime crociere terapeutiche del progetto Ulisse

Sono cambiate le metodologie di riabilitazione dalle dipendenze patologiche, ma due aspetti restano importanti. Uno è la natura, con le crociere terapeutiche in barca a vela o la gestione del lago Arcobaleno, a Riccione. L’altro aspetto fondamentale per la terapia è il lavoro. Per questo la Cento Fiori continua ad avere servizi che coinvolgono pazienti e nello stesso tempo inseriscono persone svantaggiate o diversamente abili. In questo senso La Serra Cento Fiori da vent’anni è una attività importante, che ora risiede nel vivaio ai bordi del parco XXV aprile. O la tipografia digitale Rimini Stampa, erede dei primi laboratori serigrafici, situata al piano terra della sede legale e amministrativa di via Portogallo 10 a Rimini.

Oggi la Cooperativa Sociale Cento Fiori festeggia i suoi quarant’anni con Cristian Tamagnini, da tre anni presidente, Gabriella Maggioli vicepresidente, Giovanni Benaglia come direttore, 100 soci di cui 41 lavoratori, 43 sovventori (31 persone fisiche le altre giuridiche), 16 volontari e contando 74 dipendenti. Festeggia 40 anni cercando di coniugare il patrimonio storico e culturale dell’azienda sociale con le sfide del mercato. Il quarantesimo anniversario sarà scandito da diverse iniziative, alcune di documentazione del percorso fatto, come un libro che raccoglie le testimonianze dei protagonisti di questi otto lustri. Dall’altra alcuni eventi pubblici di riflessione sui temi delle dipendenze patologiche e sui valori che in questi 40 anni hanno accompagnato l’evolversi della Cento Fiori. E che la porteranno nel futuro.

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Cloud – Festival delle giovani generazioni: Cnca lancia la prima edizione on line del progetto dedicato ad adulti e adolescenti

Mar, 16/03/2021 - 16:45
Incentrato quest’anno sulle ragazze e sui ragazzi tra i 13 e i 17 anni, il 24 marzo dalle 16 alle 19. Non un Festival per addetti ai lavori in cui si analizzano i temi dell’infanzia e dell’adolescenza, ma un Festival aperto alla comunità nelle sue generazioni, che costruisce spazi di confronto.

Web – Il CNCA organizza la prima edizione di “Cloud. Festival delle giovani generazioni”, dedicata quest’anno alle ragazze e ai ragazzi tra i 13 e i 17 anni. Un’occasione di incontro e scoperta che apre un dialogo concreto tra generazioni diverse – oggi più che mai necessario – che sperimenta linguaggi nuovi, portando alla luce riflessioni, esigenze, intuizioni nate in questo lungo anno di pandemia, per riflettere assieme su questo tempo e sulle nuove sfide che ci riserva.

CLOUD FESTIVAL è un progetto in cui adulti e adolescenti di età e provenienze diverse possono collaborare assieme al racconto del Festival stesso e alla produzione dei suoi contenuti, utilizzando le possibilità del digitale per accorciare le distanze.

Non un Festival per addetti ai lavori in cui si analizzano i temi dell’infanzia e dell’adolescenza, ma un Festival aperto alla comunità nelle sue generazioni, che costruisce spazi di confronto, che lavora con i ragazzi sull’importanza del prendere parola e di diventare protagonisti, di praticare il diritto a raccontarsi.

In occasione del Festival è stata lanciata una call per le ragazze e i ragazzi tra i 13 e i 17 anni, proprio per coinvolgerli nella produzione di senso e contenuti. Oggetto della call è stata la richiesta d’invio di un breve video, di 2 minuti circa, in cui raccontare “una cosa che hai imparato, una cosa che hai capito o una cosa che senti importante o una cosa che ti manca in questo tempo presente.” Dal montaggio dei video ricevuti sarà realizzato un mini doc che verrà presentato durante CLOUD FESTIVAL.

La prima edizione di CLOUD FESTIVAL si svolgerà interamente online. Sarà possibile seguire i lavori grazie alla diretta sulla pagina Facebook e il canale Youtube del CNCA, e interagire ponendo domande ai protagonisti. Le modalità di presentazione dei messaggi, e di incontro tra le voci del Festival, non saranno però canoniche.

CLOUD FESTIVAL si struttura in un palinsesto dinamico di interventi, che raccoglie le riflessioni dei ragazzi e delle ragazze e le mette in dialogo con la voce di chi lavora con passione e competenza sui temi per loro più importanti. Un festival che crea confronto, che stimola i più giovani nella produzione di contenuti, che costruisce una comunità parlante e la coltiva nel tempo.

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Fiori d’arancio alla Cooperativa Sociale Cento Fiori: dopo la disintossicazione Alice e Massimo sposi al Cod di Argenta e luna di miele alla Comunità Terapeutica di Vallecchio.

Sab, 20/02/2021 - 11:12
Il sindaco di Argenta Andrea Baldini ha officiato il matrimonio, con due educatori Alessia Bagordo e Alfredo Pellegrini del Centro Osservazione e Diagnosi L‘Airone come testimoni. La coppia proseguirà il percorso terapeutico a Vallecchio, tra le poche strutture italiane attrezzate con un programma dedicato alle coppie.

Rimini – Insieme hanno iniziato il percorso di disintossicazione al Centro Osservazione e Diagnosi (Cod) L’Airone di Argenta, e insieme Alice e Massimo hanno lanciato un’altra sfida alla loro (ex) dipendenza, convolando a nozze, per fare poi la loro luna di miele alla Comunità Terapeutica di Vallecchio, Rimini. Sono saliti in municipio ad Argenta, dove il sindaco Andrea Baldini ha officiato il loro matrimonio, dopo due anni di fidanzamento e alcuni mesi di terapia al Cod. Testimoni delle nozze i due educatori che li stanno assistendo in questo duplice impegno, Alessia Bagordo e Alfredo Pellegrini. Il primo impegno, come ospiti del Cod, è infatti liberarsi dalla dipendenza, sotto l’osservazione della equipe di educatori, psicologi e psichiatri.

Coriandoli e riso li hanno salutati, lanciati dagli altri pazienti della struttura e dall’equipe sociosanitaria della Cooperativa Sociale Cento Fiori di Rimini, che da alcuni anni gestisce la struttura di Argenta, diretta da Monica Ciavatta. Poi il taglio della torta, in refettorio, con gli altri dieci ospiti e l’equipe sociosanitaria al completo. Niente lancio del tradizionale bouquet da parte della sposa: il destino del mazzolino sarà di essere immortalato in uno dei lavori di bricolage nei quali si diletta lo sposo. Pazienza per le ospiti e le operatrici ancora nubili, ci saranno altri lanci ai quali attendere…

Un atto di coraggio notevole per Alice e Massimo, che hanno scelto di fare un duplice percorso: mettersi alla prova come persone e come coppia, rilanciando addirittura con il matrimonio. Un impegno quest’ultimo che sarà seguito in modo particolare dagli operatori della Cooperativa Sociale Cento Fiori di Rimini, che gestisce tra le altre tre strutture terapeutiche: i Cod di Argenta e di Vallecchio e la Comunità Terapeutica di Vallecchio (Rimini). Le tre strutture sono tra le poche in Italia che offrono da circa 20 anni un trattamento terapeutico specifico per le coppie, proprio per la duplice difficoltà che incontrano i pazienti.

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All’Invaso del parco Marecchia sono cresciute le iniziative per adulti e bambini, mentre ora è di scena il Natale

Mar, 22/12/2020 - 12:53
Collaborazioni e riqualificazioni decorano sempre di più l’area verde ai margini del parco XXV aprile. Accanto alla Serra Cento Fiori un orto sinergico, i graffiti arricchiscono gli edifici e nascono collaborazioni per progetti didattici e ludici.

Un anno sicuramente speciale, anche di riqualificazione, si sta concludendo per il progetto dell’Invaso, l’area verde ai margini del parco XXV aprile in concessione al Csr che è riuscita a vivere, nonostante l’emergenza Covid, di numerose iniziative. Centrale, naturalmente, la Serra Cento Fiori, il vivaio della Cooperativa Sociale Cento Fiori che in queste ore sta vivendo il tradizionale trambusto prenatalizio, con l’intenso viavai di abeti , stelle di Natale e tantissime altre piante che i sempre più numerosi clienti vengono ad acquistare. Sostenendo così i programmi terapeutici e gli inserimenti lavorativi di personale svantaggiato che la cooperativa riesce a realizzare in questo spicchio di parco riscattato dal degrado in cui versava solo pochi anni fa.

Certo i fortissimi desideri di vivere la natura sono stati una reazione ai in questi terribili mesi di limitazioni che abbiamo vissuto hanno decretato una forte attività all’aperto. Ma non è solo nella crescita del vivaio che si misura il progetto Invaso: anche quest’anno, nonostante lockdown e normative emergenziali è riuscito a mettere in cantiere alcuni piacevoli eventi e iniziative per adulti e bambini, con il tema della natura sempre al centro. Un percorso di crescita cominciato con la nascita di un orto sinergico, ovvero alcune prode dove accanto agli ortaggi sono cresciute piante officinali e fiori, creando un ecosistema che si protegge dagli insetti e cresce in modo armonioso. Al progetto hanno lavorato Sara Paci, Viola Carando e Laura Moretti.

Laura Moretti è stata la coordinatrice di un evento organizzato da La Bottega Culturale che dalla coltivazione orticola si è ampliato ad una giornata dedicata al writing, ampliando così il filone dei Marecchia Social Fest al “Live painting. Orto. Sonorità”. I portelloni metallici di un edificio del vivaio sono stati nell’occasione disegnati dai writers Burla e Mozone, mentre poco distante gli ospiti poteva cimentarsi in un piccolo laboratorio di piantumazione di semi antichi e letture degli attori di Fratelli di Taglia. Il tutto condito con i sapori della festa grazie ai prodotti alimentari della Cooperativa Sociale Terre Solidali.

La narrazione, il gioco e il laboratorio per bambini dai 4 ai 10 anni invece sono state le attività che hanno polarizzato l’Invaso sabato 7 novembre, grazie a L’ippogrifo e alla cooperativa sociale Il Millepiedi, realizzando un appuntamento nell’ambito del Progetto di sistema regionale – La scuola in natura. Il progetto, nato nel 2011, coordinato dalla Rete Ceas (centri di educazione alla sostenibilità) Emilia-Romagna per intervenire in funzione dei bisogni delle comunità e per cogliere in ambito didattico le tante opportunità offerte dall’ambiente naturale e dal territorio.

Le due organizzazioni pedagogiche hanno allestito un programma – “Un pomeriggio di niente … a seminar piante e storie” – dove alle letture di racconti si sono alternati giochi e occasioni per imparare la grande bellezza dei processi naturali. Oltre allo spazio, la Cooperativa Sociale Cento Fiori ha messo a disposizione l’esperta agronoma Dea Guidi che ha insegnato ai bambini i meccanismi della riproduzione delle piante e della crescita, donando loro alcuni semi e delle piantine da accudire una volta tornati a casa. I bambini sono stati assistiti oltre che dai loro genitori, dalle volontarie dell’Ippogrifo e de Il millepiedi, per poi disperdersi nell’area in una divertente caccia al tesoro.

Articolo pubblicato su Csr news, newsletter periodica del Consorzio Sociale Romagnolo

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E’ Alessandro Guagneli il campione 2020 del “pesce più grosso” del Lago Arcobaleno di Riccione. In finale batte Alex Lisi e Simone Mosconi.

Ven, 16/10/2020 - 13:43
Ventotto i finalisti: i pescatori che si sono aggiudicati almeno una gara di pesca al pesce più grosso, ovviamente “no kill”, in programma tutti i fine settimana e d’estate anche i giovedì sera. Ai tre del podio un prosciutto ciascuno.

Riccione – E’ Alessandro Guagneli il campione 2020 delle gare di pesca al pesce più grosso al Lago Arcobaleno di Riccione. Guagneli si è aggiudicato il titolo durante la finale che vedeva sulle rive della struttura sportiva in via Murano, 47a San Lorenzo i 28 pescatori che si sono aggiudicati almeno una gara nel corso dell’anno.

Ha vinto Alessandro Guagneli, al quale è andato il prosciutto San Daniele in palio, secondo Alex Lisi un prosciutto crudo di Parma, terzo classificato Simone Mosconi, anche a lui un prosciutto intero, con morsa e coltelli. Al quarto e quinto posto Franco e Alessandro Vandi.

Le gare al pesce più grosso, naturalmente “no kill” come tutte le competizioni al lago Arcobaleno, si tengono normalmente sabato e domenica a partire dalle ore 14, mentre nel periodo estivo al calendario vengono aggiunti i giovedì sera dalle ore 20,30. Regolamento ed iscrizioni sul sito del lago Arcobaleno, www.lagoarcobaleno.com, dove ci si può aggiornare su eventi e competizioni insieme alle pagine Facebook e Instagram.

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Cnca, bene il decreto immigrazione, ora superare la legge Bossi-Fini.

Mar, 06/10/2020 - 15:25
Dopo l’approvazione in Consiglio dei ministri il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, al quale aderisce la Cooperativa Sociale Cento Fiori, ritiene «necessario e urgente cambiare l’approccio al fenomeno migrazioni».

Roma – Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), al quale è iscritta anche la Cooperativa Sociale Cento Fiori, esprime la propria soddisfazione per il decreto immigrazione approvato ieri in Consiglio dei ministri e chiede che si lavori subito a una nuova normativa sul fenomeno migrazioni.

“Siamo soddisfatti per i contenuti del decreto immigrazione”, dichiarano Riccardo De Facci, presidente del CNCA, e Stefano Trovato, coordinatore Area Migrazioni della federazione (e presidente della cooperativa sociale Polo 9). “Auspichiamo che il Parlamento non peggiori, nel suo esame, quanto contenuto nel testo del provvedimento. Tuttavia, consideriamo l’approvazione del decreto solo un primo passo verso una radicale riscrittura delle politiche sulle migrazioni. Il testo adottato dal governo mette fine a un approccio punitivo verso persone migranti e ong, fortemente voluto dal precedente ministro dell’Interno, che ha purtroppo facilitato le morti di migranti nel Mediterraneo e le possibili speculazioni legate ai grandi centri di accoglienza».

«Ma è la legge Bossi-Fini sull’immigrazione che dobbiamo superare al più presto, una normativa lesiva dei diritti delle persone migranti e incapace di fare i conti con la realtà della globalizzazione e dei processi di migrazione a essa collegati. Se il governo vorrà aprire questo processo il CNCA, e le altre organizzazioni civiche impegnate su questi temi, saranno pronte a portare al tavolo le loro analisi e proposte».

La Cooperativa Sociale Cento Fiori è particolarmente sensibile al tema della migrazine, e attualmente attraverso il settore Migranti e i suoi qualificati operatori offre numerosi servizi di accoglienza aderendo ai progetti Sproimi e Sprar.

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Live painting. Orto. Sonorità: street art e natura per un pomeriggio di rigenerazione umana e urbana a La Serra Cento Fiori.

Mer, 09/09/2020 - 16:05
I graffiti di Burla e Mozone, la nascita di un “piccolo orto antico” con semi autoctoni, reading di Debora Grossi e sonorità di Davide Clementi in arte Tritodetriti , e presentazione del progetto “Piantiamola – Ragazzi che cambiano il clima”: venerdì 11 settembre dalle 16 al Parco Marecchia.

Rimini – Un pomeriggio dedicato alla rigenerazione, del corpo e dello spirito, dove arte e natura scandiranno parallelamente le ore dalle 16 al tramonto di venerdì 11, nell’area della Serra Cento Fiori, nell’alveo del Parco XXV aprile.

Marecchia Social Fest – Live painting. Orto. Sonorità.

E’ il Marecchia Social Fest dedicato questa volta a “Live painting. Orto. Sonorità”, che vede coinvolti, in un progetto de La bottega Culturale, la Cooperativa Sociale Cento Fiori, i writers Burla e Mozone, l’associazione Civiltà contadina, il progetto dedicato ai giovani “Piantiamola – Ragazzi che cambiano il clima” e l’associazione Tassello mancante.

Programma Marecchia Social Fest – Live painting. Orto. Sonorità.

La prima voce del trittico che da il nome all’evento, live painting, aprirà il pomeriggio alle 16, con la rigenerazione di un vecchio edificio dell’area vivaistica del parco XXV aprile (o parco Marecchia come lo chiamano ancora i riminesi) attraverso i graffiti. Burla e Mozone, due presenze importanti nel panorama della street art riminese, disegneranno su uno degli edifici del vivaio che si affaccia sul parco Marecchia, di fianco a La Serra Cento Fiori (ingresso parcheggio da via Galliano 19 o da via padre Tosi).

I due writers nei giorni scorsi hanno dipinto due soggetti nella ex scuola di via Marecchiese a Spadarolo, e venerdì rinnoveranno la collaborazione con la Cooperativa Sociale Cento Fiori con il live painting fino al tramonto.

Orto sinergico presso La Serra Cento Fiori

Il programma proseguirà alle 17.30 con “Il piccolo grande orto antico”, ovvero la creazione di un orto sinergico speciale, piantando semi autoctoni. L’evento, a cura di Civiltà contadina, è dedicato a grandi e piccini e va a irrobustire la presenza di piante nell’area. L’orto infatti sarà preparato in una delle aree dove non crescono le oltre 300 essenze arboree piantate da La Serra Cento Fiori.

A seguire la presentazione del progetto “Piantiamola – Ragazzi che cambiano il clima”, azione di rilevanza locale finanziata dalla Regione Emilia-Romagna e promosso da associazioni di volontariato e promozione sociale della provincia di Rimini. La presentazione sarà a cura di Stefano Parmeggiani, ingegnere e divulgatore ambientale, il quale partecipa come consulente a nome del progetto Sosteniamoci.

Conclusa la presentazione è previsto un “reading” a cura di Debora Grossi (associazione Tassello Mancante) di brani tratti dal libro “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono, letture accompagnate da sonorità a cura di Davide Clementi in arte Tritodetriti. Concluderà il tutto una piccola degustazione di prodotti green e, per chi vuole, la “ligaza” è benvenuta.

«Con questo giornata, realizzata grazie all’apporto de La Bottega Culturale e in particolare a Laura Moretti, e la disponibilità dei due writers Burla e Mozone, ampliamo la rigenerazione di quest’area del parco che gestiamo da alcuni anni – dice Giovanni Benaglia, direttore della Cooperativa Sociale Cento Fiori – Oltre a La Serra Cento Fiori, la cui nascita ha visto la ristrutturazione di due edifici che erano in preda al degrado, ora cerchiamo di rendere l’intero spazio di circa due ettari non solo fruibile al pubblico ma anche attivo attraverso singoli eventi e collaborazioni che inseriamo nel progetto Marecchia Social Fest».

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Gara del piccolo pescatore al Lago Arcobaleno di Riccione: 31 premiati dal divertimento con canne da pesca Camor e medaglie ricordo Filps.

Ven, 04/09/2020 - 17:24
I ragazzi, tra i 4 e i 12 anni, seguiti da un adulto, si sono cimentati nella pesca alla carpa “no kill”. Gran finale con piada e nutella.

Riccione – Trentun bambini tra i 4 e i 12 anni hanno partecipato alla Gara del piccolo pescatore, al Lago Arcobaleno di Riccione. Gara naturalmente si fa per dire, poiché a tutti i partecipanti è andata la medaglia ricordo della Federazione Italiana Laghetti Pesca Sportiva (Filps) e, come dono, canna da pesca e filo offerti dallo sponsor tecnico, la Camor. I 31 bambini, in parte figli d’arte ma in buona parte curiosi di questa disciplina sportiva che hanno appreso della gara dai canali social Instagram, Facebook e Youtube del Lago Arcobaleno Asd, che gestisce la struttura insieme alla Cooperativa Sociale Cento Fiori.

Un pomeriggio di sport, terminato con la merenda a base di piada e nutella, all’insegna del rispetto dell’ambiente. Infatti la pesca è rigorosamente alla carpa “no kill” e, come ulteriore approccio positivo, i ragazzi competevano sul numero dei pesci pescati, che venivano immediatamente rilasciati, e non sul peso delle catture. Le esche invece erano il pellet fatto appositamente per il Lago Arcobaleno su ricetta del biologo che ne segue l’equilibrio biologico.

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Street art al Centro di Accoglienza Straordinario: i graffiti di Mozone e Burla impreziosiscono la struttura per migranti della Cooperativa Sociale Cento Fiori.

Sab, 22/08/2020 - 15:20
I due noti writers riminesi creano due soggetti scolastici per la ex scuolina lungo la via Marecchiese a Spadarolo, forse il primo passo di un progetto più ampio di riqualificazione urbana della periferia rurale.

Rimini – I suoi muri hanno accolto tante generazioni di alunni delle elementari delle zone rurali che si affacciano sulla Marecchiese, fino a 30 anni fa. Poi hanno accolto chi è fuggito da guerre e persecuzioni in Africa e in Asia, i richiedenti asilo ospitati dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori, che gestisce la ex scuola elementare di Spadarolo trasformata in Centro di Prima Accoglienza. Ed ora quelle mura sono diventate anche “tela” per la street art di Mozone e Burla, due conosciuti writers del riminese che dal vissuto della ex scuola hanno preso le mosse per creare due graffiti, uno che guarda alla Valmarecchia e uno al mare. I quali, oltre che opere in sé, sono anche un abbozzo di quello che potrebbe diventare un progetto di riqualificazione urbana che dipana l’arte lungo la Marecchiese, nell’immediata periferia di Rimini.

Due scene scolastiche nate dalle bombolette, due immagini a cavallo tra il passato e il presente, contemporanee dei dettagli e senza tempo nell’essenza. A monte una bambina che sorride al suo bambolotto ascoltando mp3 dalla cuffia. Una scena che, spiega Mozone, l’artista che ha ideato l’iniziativa e che ha coinvolto l’amico Burla e la Cento Fiori, «voleva essere un po’ anni ‘80, con la bambina che indossa sulle spalle una cartellina e non uno zainetto e ha sottobraccio un bambolotto di pezza». Probabilmente Mozone ha sentito le ultime campanelle di inizio e fine lezione in quella scuolina. Anche da questo è partita la sua idea che, dice, «questo graffito potrebbe essere l’inizio di un progetto di più ampio respiro su via Marecchiese di arte urbana. Qualcosa che si dipani tra Spadarolo, Vergiano e i Padulli».

Ispirato alla scuola anche il graffito di Burla, ma anche dal fatto che lì, ora, vivono dei migranti: «ho pensato a un concetto legato alla scambio culturale, tra due ragazzi che in un momento di pausa, seduti su un banco, sfogliano insieme un libro. Penso che i problemi di razzismo nascano dalla mancanza di scambio culturale». E quindi il disegno, una ragazza e un ragazzo che vivono la ricreazione fianco a fianco sul banco.

«I due writers ci hanno proposto il progetto, senza chiederci alcun impegno. Una iniziativa che ci ha lusingato e che siamo stati ben felici di accogliere e favorire in ogni modo. – dice Monica Ciavatta, responsabile del settore Migranti della Cooperativa Sociale Cento Fiori. – Gli stessi ospiti hanno seguito i lavori con grande interesse, qualcuno riconoscendo lo stile in altri disegni in città. Devo dire che dopo gli episodi di intolleranza di un paio di anni fa abbiamo ricevuto molte espressioni d vicinanza, da parte del vicinato e tanti soggetti pubblici e privati. Ma certo quest’ultima di Mozone e di Burla e la più evidente: hanno creato due graffiti bellissimi. Speriamo che il progetto prosegua e cercheremo di sostenerlo come potremo».

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Okra Soup

Ven, 03/07/2020 - 15:58

In questa ricetta, più che di un paese, parleremo del frutto di una pianta che ne rappresenta tanti: l’okra. Nota con nomi diversi (okra, bindhi, gombo, lady finger) è molto usata nella cucina asiatica, africana e anche sudamericana.

L’okra si presa a tante preparazioni anche perché contiene una sostanza gelatinosa ottima per addensare le salse. Un sapore apprezzatissimo da tanti (in particolar modo nella cucina del West Africa di cui parleremo) ma molto diverso da quelli a cui i nostri palati occidentali sono abituati – motivo per cui il mio (di palato) ci ha messo un po’ prima di riuscire ad apprezzarlo. La forma assomiglia a quella di un peperoncino verde mentre il sapore è più simile a quello di un asparago ma, appunto, gelatinoso.

L’okra, che piaccia o meno, fa benissimo alla salute: ricca di vitamine e minerali, sembrerebbe essere anche un ottimo antiossidante. Per questo (e anche perché il prezzo dell’okra – che si trova principalmente nei negozi di cibo etnico – è solitamente caro) abbiamo deciso di provare a piantarla nei nostri orti. Sebbene normalmente cresca in ambienti tropicali e subtropicali, le prime foglie sono spuntate anche a San Vito, Spadarolo e Riccione.

La ricetta di oggi prende il nome proprio da questa pianta e, nonostante l’autore della ricetta sia nato in Nigeria, ha sottolineato che dovessi attribuire la provenienza di questo piatto a tutto il West Africa. Infatti, pur potendo assumere colori e forme diverse, è un piatto il cui cuore non riconosce bandiere.

Ingredienti
  • Okra (0,500 kg)
  • Spinaci freschi tagliati fini (0,500 kg)
  • Pesce sgombro (1)
  • Cipolla (1)
  • Peperoncino q.b.
  • Pepe Nero q.b.
  • Zenzero fresco tagliato a pezzetti (0,200 kg)
  • Timo in polvere (1 pizzico)
  • Curry in polvere (1 pizzico)
  • Olio di palma (3 cucchiai)
Procedura

Per prima cosa, pulire e cuocere nel forno lo sgombro per circa 30 minuti a 200 gradi.

Nel frattempo, in una padella, far rosolare la cipolle con tutte le spezie. Aggiungere circa mezzo litro d’acqua e portare ad ebollizione. Aggiungere quindi l’okra tagliata a dadini (di modo da dare la possibilità alla sostanza gelatinosa di uscire – se si lascia intera si può mangiare così ma non si ottiene lo stesso effetto addensante). Aggiungere gli spinaci tagliati fini.

Quando il pesce è pronto, aggiungerlo alla zuppa avendo cura di toglierne la pelle e le spine. Mescolare tutto insieme, aggiungere per ultima cosa l’olio di palma e far cuocere per altri 20 minuti.

Alla fine, servire con riso basmati o Bancu (una sorta di polenta ottenuta mescolando acqua e farina di cui forniremo presto la ricetta).

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Dall’accoglienza alla protezione, con inventiva: nell’emergenza Covid-19 le strutture e i dipendenti della Cento Fiori tra tutela degli ospiti, intrattenimento, impegno e responsabilità.

Mar, 30/06/2020 - 12:32
Due settimane prima del lockdown, nella Comunità terapeutica e nei Cod «niente visite né uscite, attenzione all’ingresso di persone e merci. Create attività all’aperto: ginnastica, meditazione, orto, cinema». I Migranti: «esemplari nella tutela e generosi: donati tablet a pazienti Covid-19 ospedale di Rimini».

«L’emergenza Covid-19 ci ha visti impegnati su più fronti fin dal suo primo insorgere. La prima necessità è stata di proteggere utenti e strutture. Anche prima del cosiddetto “lockdown”. L’equipe della Comunità Terapeutica di Vallecchio, dei due Centri Osservazione e Diagnosi, del Centro Diurno e dei gruppi appartamento hanno optato per varare l’isolamento cautelativo dei pazienti e delle strutture. Niente più visite di parenti, niente più uscite degli utenti, forte attenzione alle modalità di ingresso di persone e merci nelle strutture». Gabriella Maggioli, vicepresidente della Cooperativa Sociale Cento Fiori, ripercorre con la mente gli ultimi mesi di lavoro. Non si è ancora abbassata la guardia contro l’emergenza Codiv-19, a Vallecchio di Montescudo dove c’è la Comunità Terapeutica e il Centro Osservazione e Diagnosi omonimi, come in tutte le strutture di accoglienza – dedicate alle dipendenze patologiche o all’ospitalità dei richiedenti asilo – che gestisce la Cooperativa Sociale Cento Fiori ad Argenta, a Rimini, a Riccione, a Santarcangelo.

Ora si guarda con maggior fiducia al futuro, ma in Cento Fiori non si dimentica il febbraio scorso, quando in equipe si decise di andare in “lockdown”, termine diventato poi di uso comune dapprima a Codogno e poi in tutta Italia. «Abbiamo “chiuso tutto” con due settimane di anticipo – ricorda Cristina Rinaldi, la coordinatrice degli educatori della Comunità Terapeutica e del Centro Osservazione e Diagnosi (Cod) di Vallecchio – Procedure da adottare… Mascherine… Distanza dai ragazzi… Noi educatori abbiamo avuto, come dire, un attimo disorientamento, perché lavoriamo molto con la relazione. Un disorientamento che è durato poco, perché quando senti che è la cosa giusta da fare, la fai».

«Uno degli scogli maggiori è stato il reperimento dei dispositivi di protezione individuale e dei prodotti per la sanificazione, un aspetto non facile sin dai primi giorni dell’epidemia. – dice Cristian Tamagnini, presidente della Cooperativa Sociale Cento Fiori – Il reperimento delle mascherine protettive è stato quello che ci ha visti più impegnati. Oltre al canale di approvvigionamento attivato da Legacoop Romagna, ci siamo attrezzati aprendo due canali diretti con imprese all’estero per acquistare mascherine sia chirurgiche sia di tipo kn95 o ffp2. Per non parlare del gel disinfettante, dei guanti, delle tute protettive: uno sforzo notevole in termini di risorse economiche e di ricerca, che ha visto impegnati con inventiva diversi colleghi nei settori, non solo il management della cooperativa».

Il “lockdown” non è stato un passaggio naturale per gli utenti.

«All’inizio gli utenti hanno avuto un po’ di resistenza. Non è durata tantissimo – dice Cristina Rinaldi – poi hanno capito dai giornali che la situazione era grave e che quello che stavamo facendo era per la loro tutela. E ci sono venuti dietro, ci hanno aiutato nelle procedure, nella distanza. Non è stato facile: ci mancavano i gruppi, ci mancavano i colloqui (che non erano facili con la mascherina), niente più incontri di calcetto, non più piscina al lunedì o altre attività esterne come mangiare fuori, fare shopping. Tutte quelle attività che danno energia agli utenti o dove potevano parlare dei loro problemi, eliminate».

Alfredo Pellegrini, educatore presso il Cod L’Airone di Argenta: «abbiamo cercato di dare una maggiore forza alla coesione al gruppo operativo e al gruppo dell’utenza, con un distacco meno marcato rispetto ai ruoli. Abbiamo cercato di inventarci delle attività in questo senso, cose anche semplici, come l’orto nel quale hanno coltivato il prezzemolo, le melanzane, pomodori, zucchine, peperoncini piccanti. Non tutti gli ospiti avevano il pollice verde, ma in diversi hanno dato una mano».

«Abbiamo cercato di integrare quel che a loro è venuto mancare. Sempre stando attenti perché noi educatori potevamo essere dei portatori di virus – dice ancora Cristina Rinaldi – a Vallecchio abbiamo creato attività all’aria aperta: ginnastica, meditazione, cinema. In cucina abbiamo proposto un menù un po’ più ricco di dolci, più elaborato con nuove ricette. Per Pasqua e per il 25 aprile abbiamo fatto un pranzo all’aperto, con grigliata e pizza».

Lo sforzo degli educatori è stato corale.

Dice Cristina Rinaldi che «gli educatori sono stati molto disponibili, abbiamo ridotto i turni, le equipe da remoto. Per molti tutto ciò non è stato considerato un dovere ma un mettersi a disposizione, con la consapevolezza del momento e delle esigenze che comportava. Tutti hanno lavorato con amore. Ho sentito un gruppo molto unito. Ci abbiamo messo anche le nostre paure e le ansie. Un minimo di contatto con l’esterno noi educatori lo avevamo, anche solo per fare la spesa e quindi potenzialmente sentivamo il peso di essere ancora più attenti a non diventare noi i portatori del virus. Oppure quando per emergenze dovevamo recarci nelle strutture ospedaliere dopo che è scattata la zona rossa. Ma nonostante tutto, nessuno si è tirato indietro, tutti hanno fatto il loro lavoro con scrupolo e abilità».

«Ha colpito molto gli educatori del settore Migranti l’atteggiamento dei richiedenti asilo, davvero esemplare sotto tutti gli aspetti. Dall’inizio dell’epidemia non hanno atteso alcuna disposizione, hanno scelto di tutelarsi attraverso l’isolamento sociale con molto rigore, in tutte le strutture. – racconta Monica Ciavatta, responsabile area Migranti – E’ da segnalare, inoltre, che gli ospiti dei plessi riccionesi hanno avviato una colletta per donare due tablet ai pazienti dei reparti covid-19 dell’ospedale di Rimini, per permettere ai malati di comunicare con le famiglie. Un gesto che nasce dal cuore e dall’esperienza. Nella lettera che accompagnava i tablet, infatti, i giovani richiedenti asilo hanno scritto, tra le altre cose, “Conosciamo bene il dolore e l’angoscia che si prova quando sei costretto a stare lontano dalla tua famiglia. Quello che a noi ci ha aiutati è stato un telefono con cui poter chiamare casa e così vedere gli occhi delle nostre mamme, i visi dei nostri figli, poter dire loro che stavamo bene e che eravamo ancora vivi. Per questo abbiamo pensato a questi tablet”».

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I dati dal rapporto “Droghe e carcere al tempo del Coronavirus. Undicesimo libro bianco sulle droghe” Gli effetti della legge antidroga Edizione 2020.

Ven, 26/06/2020 - 15:34

Il Libro Bianco sulle droghe, giunto alla undicesima edizione, è un rapporto indipendente sui danni collaterali del Testo Unico sulle droghe promosso da La Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, CGIL, CNCA, Associazione Luca Coscioni, ARCI, LILA e Legacoopsociali con l’adesione di A Buon Diritto, Comunità di San Benedetto al Porto, Funzione Pubblica CGIL, Gruppo Abele, ITARDD e ITANPUD. Ogni anno viene presentato in occasione del 26 giugno nell’ambito della campagna internazionale di mobilitazione Support! don’t Punish.

Il rapporto oltre a contenere i dati (2019) relativi agli effetti della war on drugs sul sistema penale e penitenziario italiano presenta un focus sulle conseguenze della crisi COVID-19 su carcere e consumi. Inoltre come ogni edizione contiene riflessioni e approfondimenti sul sistema dei servizi, sulla riduzione del danno e sulle prospettive di riforma delle politiche sulle droghe a livello nazionale ed internazionale.

Il 26 giugno, dalle ore 15, si terrà un webinar on line di presentazione del Libro Bianco con iscrizione obbligatoria ma gratuita a questo indirizzo: https://register.gotowebinar.com/register/6062862554304999947

Il Libro Bianco, disponibile in versione cartacea in tutte le librerie e i rivenditori on line, sarà consultabile sul sito di Fuoriluogo, www.fuoriluogo.it/librobianco.

LE DROGHE E LA REPRESSIONE. I dati in pillole La legge sulle droghe è il volano delle politiche repressive e carcerarie. Senza detenuti per art. 73, o senza tossicodipendenti non si avrebbe sovraffollamento nelle carceri

Dopo 30 anni di applicazione, i devastanti effetti penali del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti Jervolino-Vassalli (l’art. 73 in particolare) non possono essere più considerati “effetti collaterali”. La legge sulle droghe continua a essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia italiana e nelle carceri.

La legislazione sulle droghe e l’uso che ne viene fatto sono decisivi nella determinazione dei saldi della repressione penale: la decarcerizzazione passa attraverso la decriminalizzazione delle condotte legate alla circolazione delle sostanze stupefacenti così come le politiche di tolleranza zero e di controllo sociale coattivo si fondano sulla loro criminalizzazione. Basti pensare che in assenza di detenuti per art. 73. o di quelli dichiarati tossicodipendenti, non vi sarebbe il problema del sovraffollamento carcerario, come indicato dalle simulazioni prodotte. Dopo 30 anni di applicazione non possiamo più considerare questi come effetti collaterali della legislazione antidroga, ma come effetti evidentemente voluti.

Il 30% dei detenuti entra in carcere per un articolo di una legge dello Stato

13.677 dei 46.201 ingressi in carcere nel 2019 sono stati causati da imputazioni o condanne sulla base dell’art. 73 del Testo unico. Si tratta del 29,60% degli ingressi in carcere: si consolida l’inversione del trend discendente attivo dal 2012 a seguito della sentenza Torreggiani della CEDU e dall’adozione di politiche deflattive della popolazione detenuta.

Il 34,80% dei detenuti è in carcere per la legge sulle droghe.

Sugli oltre 60.000 detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2019 ben 14.475 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico (sostanzialmente per detenzione a fini di spaccio, 23,82%). Altri 5.709 in associazione con l’art. 74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, 9,39%), solo 963 esclusivamente per l’art. 74 (1,58%). Questi ultimi rimangono sostanzialmente stabili. Nel complesso vi è una impercettibile diminuzione dello 0,67%. Il costo della sola carcerazione per droghe è oltre 1 miliardo di euro l’anno.

OLTRE il 36% di chi entra in carcere usa droghe. Si assesta la presenza ai massimi storici dalla Fini-Giovanardi

Resta ai livelli più alti degli ultimi 15 anni la presenza di detenuti definiti “tossicodipendenti”: sono 16.934, il 27,87% del totale. Questa presenza, che resta maggiore anche rispetto al picco post applicazione della Fini-Giovanardi (27,57% nel 2007), è alimentata dal continuo ingresso in carcere di persone “tossicodipendenti”. Nel 2019 questi sono stati il 36,45% degli ingressi nel circuito penitenziario, in aumento costante e preoccupante da 4 anni.

Le conseguenze sulla Giustizia Oltre 200.000 fascicoli nei tribunali. 1 su 2 porta ad una condanna. Per reati contro la persona o il patrimonio il rapporto è 1 a 10

Le persone coinvolte in procedimenti penali pendenti per violazione dell’articolo 73 e 74 sono rispettivamente 175.788 e 42.067. è un dato che, pur in leggera diminuzione, si allinea agli anni bui della Fini-Giovanardi. Da notare come secondo una ricerca che pubblichiamo negli approfondimenti, mentre quasi 1 procedimento su 2 per droghe termina con una condanna, questo rapporto diventa 1 su 10 per i reati contro la persona o il patrimonio.

Le misure alternative Aumentano le misure alternative, che però appaiono ampliare l’area del controllo

Continuano ad aumentare le misure alternative, fatto positivo in sé, ma che nasconde anche una tendenza che fa pensare che siano diventate una alternativa alla libertà invece che alla detenzione. Consentendo così di ampliare l’area del controllo.

Le segnalazioni e le sanzioni amministrative per il consumo di droghe illegali Continua ad aumentare la repressione del consumo: su quasi 44.000 segnalazioni (+6,67%) solo 202 richieste di programma terapeutico. 1.312.180 SEGNALAZIONI DAL 1990. quasi un milione per CANNABIS (73,28%)

Non si ferma il trend in aumento delle persone segnalate al Prefetto per consumo di sostanze illecite: 41.744 nel 2019. Le segnalazioni sono quasi 44.000, +6,67%. Più di 4000 sono minorenni. Diminuiscono leggermente le sanzioni: sono state 14.322 nel 2019. Queste vengono comminate in un terzo dei casi mentre risulta irrilevante la vocazione “terapeutica” della segnalazione al Prefetto: solo 202 sono state sollecitate a presentare un programma di trattamento socio-sanitario; nel 2007 erano 3.008. La repressione colpisce principalmente persone che usano cannabis (77,95%), seguono a distanza cocaina (15,63%) e eroina (4,62%) e, in maniera irrilevante, le altre sostanze. Dal 1990 1.312.180 persone sono state segnalate per possesso di sostanze stupefacenti ad uso personale; di queste quasi un milione (73,28%) per derivati della cannabis.)

L’attività di repressione delle forze dell’ordine La cannabis è al centro dell’azione delle forze dell’ordine. Con la Fini-Giovanardi è vistosamente calata l’attività di contrasto a cocaina e eroina

Da una analisi retrospettiva dei dati della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga si nota come la sostanza al centro dell’azione delle Forze dell’Ordine sia la cannabis. Sia per numero di operazioni, che per sequestri e persone segnalate all’attività giudiziaria. Da notare come nel periodo in cui era vigente la Fini-Giovanardi, che equiparava tutte le sostanze ai fini delle sanzioni, si sia divaricata la forbice fra operazioni con oggetto cannabis (in continuo aumento) e operazioni contro cocaina e eroina. Per quest’ultima il calo del numero delle operazioni continua anche negli ultimi anni.

Le violazioni dell’art. 187 del codice della strada il 96.80% degli incidenti non c’entra nulla con le droghe. Solo lo 0,27% dei conducenti è risultato positivo durante i controlli notturni dei carabinieri durante i week end

Restano significativi i dati rispetto alle violazioni dell’art. 187 del Codice della Strada, ovvero guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti. I dati disponibili sono piuttosto disomogenei, per cui di difficile interpretazione, come confermato dalla stessa ISTAT. Nel corso dei controlli nelle notti dei week end da parte dei carabinieri le violazioni accertate rappresentano lo 0,27% dei controllati. Rispetto alle positività accertate a seguito di incidente questa percentuale sale, al 3,20% nel corso dei primi 10 mesi del 2019. Ricordando che spesso la positività al test non è prova di guida in stato alterato (in particolare per la cannabis), possiamo affermare che l’uso di droghe non è certamente la causa principale di incidenti in Italia.

Gli altri contenuti: consumi e carcere durante il lockdown Durante il lockdown i consumatori hanno dimostrato capacità di autoregolazione e il mercato illegale flessibilità e resilienza. I servizi hanno saputo adattarsi solo a macchia di leopardo alla nuova situazione

Quest’anno il Libro Bianco pone grande attenzione alla situazione dei consumi di sostanze e delle carceri durante la crisi Covid-19. In particolare rispetto ai consumi si presentano in anteprima i primi risultati di 3 ricerche sui consumi di droghe durante il lockdown che hanno messo in luce una significativa capacità di controllo dei consumatori, che hanno adottato strategie di fronteggiamento dell’emergenza, di adeguamento alle mutate condizioni di vita e di consumo, di minimizzazione dei rischi. Si è inoltre verificata la flessibilità e resilienza del mercato illegale delle droghe, che è rimasto vivace e mai si è interrotto. Mentre i Servizi pubblici hanno saputo, anche se ancora una volta a macchia di leopardo, adeguarsi alla situazione adattando le terapie farmacologiche, gli strumenti di Riduzione del Danno, di consulenza e informazione online sulle sostanze.

Nel volume si trovano quindi spunti e riflessioni rispetto alla riforma delle politiche sulle droghe in ambito nazionale ed internazionale, e approfondimenti specifici sul carcere, sui reati minori sulle droghe e sulla riforma dei servizi in un’ottica di decriminalizzazione dell’uso delle sostanze.

(Comunicato stampa di lancio dell’ediizione 2020 del rapporto “Droghe e carcere al tempo del coronavirus. Undicesimo libro bianco sulle droghe”.)

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Naghma, musica senza confini allo Sferisterio di Santarcangelo grazie alla protezione dei richiedenti asilo della Valmarecchia

Mer, 24/06/2020 - 17:14
Al via gli eventi del calendario estivo con due concerti: venerdì 26 giugno Naghma, i suoni dall’Afghanistan, sabato 27 la musica europea.

“Naghma, musiche dall’Afghanistan” apre il calendario degli eventi estivi “Santarcangelo, respira la bellezza” in programma venerdì 26 giugno alle 21, avviando così la stagione allo Sferisterio organizzata dal Comune clementino. Il giorno dopo , nello stesso luogo, il secondo concerto in programma, “Musiche per l’Europa”. Il concerto Naghma (https://www.facebook.com/events/547857262788424/) – promosso da Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati), Unione di Comuni Valmarecchia e dalle cooperative sociali Cento Fiori e Il Millepiedi – è gratuito ma è necessaria la prenotazione (338/5009342 – 339/3721538 – sprar2@cooperativailmillepiedi.org).

Dedicato alla Giornata mondiale del Rifugiato, “Naghma” è un concerto che riporta alle sonorità tipiche dell’Afghanistan. Terra ormai martoriata da drammatiche vicende, fin dall’antichità è stata crocevia di culture e vanta un’antica e ricchissima tradizione musicale. Una storia che verrà raccontata da Peppe Frana tramite il Robab, liuto a plettro nativo dell’Afghanistan e considerato antenato del sarod indiano e da Ciro Montanari con il Tabla, percussione principale della musica hinduista e normalmente utilizzata anche in Afghanistan.

“Musiche per l’Europa”, è invece il titolo del concerto dedicato alla giornata europea della musica in programma il giorno seguente, sabato 27 giugno alle ore 21. Simone Zanchini (fisarmonica), Andrea Alessi (contrabbasso), Stefano Bedetti (sax) e Marco Frattini (batteria) si esibiranno in una performance eclettica, un percorso musicale ricco di jazz e improvvisazione che riprenderà tradizioni, suoni e atmosfere da ogni angolo dell’Europa. Protagonisti della scena internazionale, i quattro musicisti creeranno un dialogo e uno scambio creativo e dinamico all’insegna dello spirito da cui nasce la Festa della Musica Europea: la musica come linguaggio comune e universale, che unisce sotto un’unica bandiera le tante lingue degli stati europei. L’ingresso al concerto è gratuito ma è consigliato prenotare telefonando al numero 0541/356.284.

«Dopo un periodo come quello appena trascorso – dicono l’assessore al Turismo Emanuele Zangoli e l’assessore ai Servizi sociali e welfare Danilo Rinaldi – dove preservare i confini, mantenere le distanze ed evitare contatti è stata la principale forma di tutela per la salute di tutti, oggi inauguriamo la stagione degli eventi tornando a forme di connessioni e contaminazioni positive: quelle che nascono grazie alla musica. Un linguaggio universale, capace di avvicinare e unire, raccontare tradizioni e storie dall’Europa e da tutto il mondo, abbattendo qualsiasi confine geografico».

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Mburu sucar, la ndiki (colazione) in Senegal

Mar, 16/06/2020 - 12:55

Gambia e Senegal sono divisi da un confine di lingue veicolari differenti, l’inglese per la prima e il francese per il secondo. Ma le tradizioni culinarie rimangono le stesse. Ai begnè e al caakiri si aggiunge il pane, mburu, che si trova fresco a forma di baguette ogni mattina, più buono ancora di quello che potreste trovare a Parigi.

Questa è una versione di pane dolce, con aggiunta di latte in polvere e burro.

Ingredienti
  • farina (750 gr)
  • sale (un pizzico)
  • zucchero (100 gr)
  • uova (4)
  • acqua (q.b)
  • lievito di birra (mezzo cubetto)
  • latte in polvere (200 gr)
Procedura

Mischiare la farina con un pizzico di sale. Aggiungere il lievito sbriciolandolo nell’impasto. Aggiungere le uova e mischiare con le mani tutto insieme. Aggiungere anche il burro sciolto, il latte in polvere e lo zucchero, ed amalgamare fino ad ottenere un composto uniforme.

Lasciare lievitare l’intero impasto per almeno due ore. Finito questo tempo, dare all’impasto la forma preferita e lasciare riposare un’altra ora.

Infornare a 180° per circa 30 minuti.

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Yassa, Senegal

Mer, 03/06/2020 - 17:53

Siamo in Africa Occidentale, affacciati direttamente sull’Oceano Atlantico. Qui c’è il Senegal, paese della Teranga. La Teranga è ciò che unisce tutta la popolazione, da quella dei mercati vivaci di Dakar a quella delle pianure verdi e apparentemente silenziose della Casamance.

Teranga in wolof, lingua ufficiale del paese, significa accoglienza. Accoglienza significa lasciare le porte sempre aperte, che non si sa mai che qualcuno abbia bisogno di un tetto per la notte. Significa anche che quando è ora di mangiare, non importa quanto spazio e quanto cibo ci sia, tutti i presenti sono invitati. Accoglienza significa che nessuno si abbuffa: ognuno rinuncia a qualcosa per l’altro, ma, alla fine del pasto, tutti condividono la stessa gioia.

Significa anche che ad ogni Dieuredieuf, Grazie, si risponde Nio Far: Noi siamo Insieme. Toubab, Neri, Blu o Verdi non importa. Non mi devi ringraziare perché noi qui, Siamo Insieme.

Tra le tante ricette che il Senegal offre, la più facile da cucinare è sicuramente la yassa. La yassa ha come caratteristica principale la marinatura delle cipolle e può essere preparata con pollo, pesce, carne di manzo o montone. La versione che più spesso viene preparata nelle nostre strutture e che quindi vi proponiamo prevede il pomodoro concentrato, ma nella versione originale non viene aggiunto.

Ricordatevi di servirla in un unico piatto: è da mangiare obbligatoriamente insieme.

Ingredienti 
  • 700 gr carne (pollo o manzo) 
  • 4 limoni 
  • 2 cipolle 
  • 1 peperoncino 
  • 2 cucchiai di pomodoro doppio concentrato 
  • Olio di semi 
  • Sale 
  • Pepe 
  • 450 gr riso 
Procedura 

Tagliate anzitutto la carne a pezzi grandi e metteteli a marinare per mezz’ora in una terrina con un’emulsione preparata con il succo di limone, 2 cucchiai d’olio, il peperoncino pestato, le cipolle sbucciate e affettate, sale e pepe.

Trascorso il tempo previsto, togliete la carne dalla terrina, lasciatela sgocciolare e fatela quindi dorare in una casseruola in cui avrete versato un po’ d’olio.

Unitevi poi la marinata, un po’ d’acqua, il pomodoro concentrato e lasciate cuocere sino a quando la carne risulti cotta e la salsa consistente.

Nel frattempo lessate a parte il riso nell’acqua salata. Portate infine in tavola, servendo la carne su di un piatto da portata in cui avrete disposto il riso.

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Parata, il pane per colazione in Pakistan (o chapati)

Mer, 27/05/2020 - 14:52

Se il Byrani è il simbolo della cucina pakistana, non bisogna dimenticarsi del pane quotidiano, il Chapati. Il chapati viene preparato e cotto in maniera molto simile alla nostra piadina: tanto che le mani dei nostri ragazzi potrebbero competere con quelle di una azdora romagnola! Se sulla teglia si aggiunge burro o olio d’oliva allora il chapati si trasforma in Parata. La parata è la colazione pakistana per eccellenza, sia nella versione dolce, farcita con zucchero o miele, sia salata, normalmente farcita con patate lesse.

Il piatto viene consumato insieme al Chay, ovvero il tè, oppure con il Lassi, lo yogurt fatto in casa. La vera particolarità della parata pakistana, mi dicono, è il burro: quello che si usa a casa viene preparato a mano dalle nonne. Qui usiamo quello industriale, ma è comunque buonissima!

Ingredienti
  • Acqua 150 ml
  • Farina 250 gr
  • (se versione salata aggiungere anche un pizzico di sale)
  • Burro qb

Per il ripieno dolce

  • Zucchero qb

Per ripieno salato

  • Patate lesse
Preparazione

Unire acqua e farina ed impastare fino ad ottenere un composto omogeneo. Quando è pronto, stendere come se si stesse stendendo una piadina. Riscaldare la piastra e imburrarla. Una volta cotta, metterla da parte e cuocerne un’altra allo stesso modo. Cospargerne una di zucchero e sovrapporle.

Per la versione salata, semplicemente sostituire allo zucchero delle patate lesse e mettere nell’impasto un pizzico di sale.

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Weina, karinsape (colazione) in Hausaland

Mer, 20/05/2020 - 18:27

La Nigeria è il paese più popoloso del continente africano. “Abia, Adamawa, Akwa Ibon..” inizia l’elenco dei 36 stati da cui il paese è composto, ripetuti in ordine alfabetico con la stessa cantilena con cui a scuola s’imparano a memoria capoluoghi e province. All’interno del paese vi sono più di 500 lingue diverse, ma le più diffuse sono lo Yoruba, l’Igbo e l’Hausa.

La terra della lingua Hausa, ovvero il “Kasar Hausa” o più comunemente “Hausaland, si trova nella regione del Sahel tra il fiume Niger e il lago Chad che corrisponde, oggi, al nord della Nigeria. In questa parte di terra, infatti, la maggioranza delle persone è Hausa, un gruppo che conta più di 30 milioni di persone nell’Africa Occidentale.

Le antiche popolazioni Hausa erano costituite principalmente da agricoltori che avevano una concezione della terra e dei suoi frutti come appartenenti a tutta la comunità. Un proverbio recita: “idan da chi da sha da abin yalwa da lafiya, ibada kan yado” che significa “solo se c’è salute e cibo e acqua sufficiente per tutti, la religione può prosperare”.

Il Weina è un piatto tipico di Kano, stato a nord della Nigeria, dove la colazione è un piatto importante e a volte l’unico di tutta la giornata. Per questo motivo, può essere farcito con alimenti diversi (tonno, carne, verdure) a seconda delle disponibilità e dei gusti di ciascuno.

Il Weina viene fatto nelle nostre strutture le mattine in cui non si lavora perché richiede tempo e cura. E perché non si fa mai per una persona sola: quando si cucina, si cucina perché possa esserci Weina sufficiente per tutti. Poi si mangia insieme ascoltando il cantante Hausa Ali Jita: https://www.youtube.com/watch?v=gGTQBY4tRKA

Ingredienti
  • farina 500 gr
  • uova 3
  • cipolle 1
  • sale un pizzico
  • maggi (dado) mezzo
  • peperoncino a piacere
  • (facoltativo tonno in scatola-verdure-carne macinata)
  • acqua
  • olio di semi
Procedura

Mischiare tutto insieme fino ad ottenere un composto omogeneo e senza grumi, che rimanga abbastanza liquido. La consistenza deve essere quella delle nostre crepe, e anche il metodo di cottura.  Preparare una padella con poco olio di semi, di modo che il composto non si attacchi alla padella. Mettere un mestolo di composto direttamente in padella e dopo qualche minuto girarlo sull’altro lato.

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