Qualcuno ha pianto, uno non ha nemmeno guardato il magistrato negli occhi, mentre spiegavano al gip Lucio Ardigò la notte del 10 novembre, quando Andrea Severi, senzatetto di Rimini, è stato arso vivo. Nel giorno della convalida dell'arresto, i quattro ragazzi hanno abbozzato la linea di difesa in un'aula del Tribunale di Rimini. Alessandro Bruschi ha versato la benzina ma non per uccidere, solo spaventare, ha detto. La pendenza del marciapiede ha fatto dilagare il combustibile fino alla panchina: Severi avrebbe preso fuoco alzandosi, poggiando i piedi su quel muro di fiamma che gli si era levato davanti, mentre dormiva.
Gli altri tre, Fabio Volanti, Enrico Giovanardi, che guidava l'auto e Matteo Pagliarani, hanno scaricato tutte le responsabilità su Alessandro. Succubi, hanno detto di aver tentato di fermarlo ma "quando si mette in testa di fare una cosa la fa", di non essere usciti dall'auto. Uno non ha nemmeno guardato.
Si sono dichiarati pentiti. Non è bastato: restano in carcere. Neppure gli arresti domiciliari, come hanno chiesto i difensori. Per il magistrato c'è il pericolo del reiterazione del reato - qui probabilmente hanno gravato i sassi e i petardi lanciati ad Andrea Severi. Poi c'è il pericolo dell'inquinamento delle prove, "l'obbiettiva gravità del fatto"e, infine, la mancanza di un ravvedimento.
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