Che bel regalo ci ha dato un bimbo, oggi: un fiore petaloso. Un fiore inesistente, se stiamo alla lingua, ma se solo immaginiamo questo ragazzino - quanti anni? sette? otto? – pronunciare il suo personale aggettivo – petaloso – vuoi che non si apra il nostro sorriso ad ogni sillaba? Vuoi che non si materializzi, lì, nel nostro cervello, bello, profumato, con tanti, ma che dico tanti, tantissimi petali? Ne vorrei un giardino pieno, di 'sti fiori petalosi. E che bel regalo gli hanno fatto, prima la maestra, poi la Crusca. La maestra gli ha segnato un “errore bello”. Mamma mia, che dolce regalo: sì può sbagliare, gli ha insegnato. E' bello sbagliare. Anzi, con le parole è ancora più bello sbagliare, tocca farlo, perché se no come diavolo si fa a scoprire tutte quelle belle parole che ci fanno ridere, piangere, arrabbiare e sognare? Come diavolo si fa a imparare a metterle tutte in fila, una dietro l'altra fino a farci perdere dentro le righe per un minuto, un'ora o una vita intera? Sbagliando si imparano. Altro che vincere: sba glia re è il verbo giusto con le parole.
E che bel regalo gli ha fatto la Crusca. Gli ha detto che la parola non esiste sul vocabolario, ma ha un significato in se. E che se crede nella sua parola, e la diffonde, e anche gli altri troveranno un senso e un piacere nell'usarla, un giorno finirà nel vocabolario: diventerà patrimonio di tutti. Gli ha ricordato che la sua lingua non è scritta nelle tavole della legge, che può giocarci, manipolarla, che non è quella sciacquata in Arno per 25 lettori, ma nemmeno quella presunta morta che viene soppiantata dagli inglesismi, francesismi, tecnologismi, televisionismi, ignorantismi. Va che bel regalo che gli ha fatto la Crusca, gli ha spalancato la strada della creatività prima ancora che della letteratura. E i media? Ma che regalo gli hanno fatto i media? E petaloso sì, e petaloso no... E che bella parola, e che brutta parola... Soprattutto sui social dove, è noto, esistono legioni di letterati, come diceva il professore dal nome di una ninfa. E dove tutti usano un italiano irreprensibile. Mica come me, che dopo essermi riempito la bocca della dolcezza di questo fiore petaloso, uccido la mia mente chiudendo – bimbo perdonami – questo post sul blog.