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Giornali

Vorrei un giardino di fiori petalosi

Alice nel paese delle meraviglie, Walt Disney

Che bel regalo ci ha dato un bimbo, oggi: un fiore petaloso. Un fiore inesistente, se stiamo alla lingua, ma se solo immaginiamo questo ragazzino - quanti anni? sette? otto? – pronunciare il suo personale aggettivo – petaloso – vuoi che non si apra il nostro sorriso ad ogni sillaba? Vuoi che non si materializzi, lì, nel nostro cervello, bello, profumato, con tanti, ma che dico tanti, tantissimi petali? Ne vorrei un giardino pieno, di 'sti fiori petalosi. E che bel regalo gli hanno fatto, prima la maestra, poi la Crusca. La maestra gli ha segnato un “errore bello”. Mamma mia, che dolce regalo: sì può sbagliare, gli ha insegnato. E' bello sbagliare.

Giornali locali e impresa: può esserci un rapporto più stretto, oltre la pubblicità?

James Bond, Die another day

A Rimini non è facile pubblicare comunicati e articoli di taglio economico, per un'azienda. Eccetto un mensile - Tre, Tutto Rimini Economia - il resto del panorama è fatto di quotidiani – con tutto quel che consegue in fatto di regole e tagli editoriali – e periodici free press. Probabilmente la mia è una percezione parziale, ma mi pare che sui quotidiani “bucare” non sia semplice, stretti come sono tra le esigenze di cronaca, il “colore” rispetto a un fatto oppure il “personaggio”, e le parole d'ordine SSS (sesso sangue soldi).

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Non dite a mia madre che lavoro nella comunicazione...

Gene Wilder e Marty Feldman in una scena di Young Frankenstein

Jacques Séguéla diceva: «non dite a mia madre che lavoro nella pubblicità, lei mi crede pianista in un bordello». Non a caso Séguéla è un “genio”: in un simpatico aforisma ha tratteggiato tutta la difficoltà di far capire a un non addetto ai lavori cosa significhi lavorare nella comunicazione. Dici idraulico e ti immagini cosa voglia dire: tutti hanno un rubinetto che perde. O una moglie a casa. Dici direttore commerciale e tutti i portafogli hanno dovuto combattere per non essere alleggeriti da un agente di commercio e i suoi budget da rispettare, fissati dal di lui direttore.

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«Io non credo nella pubblicità»

Irma la dolce, film di Billy Wilder

In queste ore Marco starà armeggiando con i primi clienti del suo albergo. Apre la struttura nella classica “ridente località di villeggiatura” a Pasqua e continuerà fino alla fine della stagione. In un dopopranzo domenicale mi racconta che a metà della stagione, mentre il suo hotel è quasi sempre pieno, incontrerà il suo dirimpettaio per il rito di scambiarsi le impressioni di imprenditori del turismo. Li immagino, pallidi come immancabilmente sono pallidi gli albergatori della Riviera romagnola, all'ombra di un pino, con il suo interlocutore a indagare i segreti del mestiere: «Ma te come fai ad avere l'albergo sempre pieno»? E Marco invariabilmente gli risponde: «io faccio molta pubblicità». Al che l'altro lo guarda e replica: «Io non credo nella pubblicità».

Comunicazione: 

Ad ogni conferenza stampa il suo tempo. Breve, per favore.

Gli intoccabili, film di Brian De Palma

Forse sono un purista rompiscatole, ma faccio fatica a concepire una conferenza stampa che duri più di mezz'ora. Non concepisco nemmeno una conferenza stampa con persone che devono fare “pubblico”, come spesso accade. Forse la confusione nasce dal fatto che noi la chiamiamo conferenza stampa, mutuata da «press confererence». Ma troppo spesso ci dimentichiamo la seconda parola, «stampa». E quindi una conferenza dedicata ai mezzi di informazione, non al pubblico. Perché invitarlo quindi? Per fare numero? Mah.

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