Jacques Séguéla diceva: «non dite a mia madre che lavoro nella pubblicità, lei mi crede pianista in un bordello». Non a caso Séguéla è un “genio”: in un simpatico aforisma ha tratteggiato tutta la difficoltà di far capire a un non addetto ai lavori cosa significhi lavorare nella comunicazione. Dici idraulico e ti immagini cosa voglia dire: tutti hanno un rubinetto che perde. O una moglie a casa. Dici direttore commerciale e tutti i portafogli hanno dovuto combattere per non essere alleggeriti da un agente di commercio e i suoi budget da rispettare, fissati dal di lui direttore. Provate a immaginare cosa voglia dire “responsabile comunicazione” di un'azienda. Buio profondo. O dire: mi occupo di web. «Capito tutto: cazzeggerà fisso su Facebook...»
La cosa divertente è che questo buio profondo ti avvolge sopratutto nelle aziende per le quali lavori. Oddio, io sono un ragazzo fortunato, nella cerchia dei commerciali, nella quale sono inserito, ce l'hanno un'idea di che cosa faccio e a cosa servo. Anzi, se c'è da dare un aiuto o una spintina in un senso o in un altro non si tirano indietro. Son soddisfazioni. Ma so anche che non è sempre festa. E per quanto tu ti possa ingegnare con dati, grafici, report, le Tenebre del tuo lavoro sono sempre in agguato: non si rischiarano se non toccando con mano. Così, al primo report sull'andamento del sito puoi anche snocciolargli un +118% qua e +69,spiccioli% là. Nessuno ti ascolta. Poi un giorno il tuo capo scappa fuori con un «Kikko, il nostro sito è letto! Hai una grossa responsabilità, lo sai vero?!» E benedici lo sconosciuto che gli ha fatto un anche minimo apprezzamento. Perché il tuo posto è salvo!
Da un paio d'anni corteggio una rivista di settore. Mando comunicati, sottopongo notizie che ci riguardano e che presumo possano interessare. Insomma, pasturo. Un giorno arriva la telefonata: il direttore vuole fare un servizio su di noi. Divento come uno scolaretto al suo primo appuntamento: lo dico a tutti, il giorno dell'incontro aspetto l'ospite all'ingresso, gli faccio fare il giro dell'azienda, lo presento in tutti gli uffici e poi assisto al colloquio - intervista. Esce l'articolo, faccio incetta di copie e son tutto soddisfatto. Anche gli altri lo sono ma - lo so, ne sono certo - cosa significhi quell'articolo su un giornale non è del tutto chiaro. Ho un bel parlare di tirature, pubblico di riferimento ecc ecc. Ci sono le Tenebre che comunque ci avvolgono: l'incoscienza di quali segrete e palesi strade prendono i mezzi di comunicazione di massa, che portata e che impatto hanno nelle vite comuni o nelle comuni aziende, chi sono i lettori... Poi al capo arriva una mail, poche parole ma dal mittente giusto: «complimenti, bella intervista». E le Tenebre si dissolvono.