Processo a Togliatti nella rossa Romagna: un piccolo brivido d'estate, tra zanzare e pollina, nella torre di Villa Torlonia. Terra di Giovanni Pascoli, San Mauro, nel cui nume tutelare si celebra da otto anni il rito giuridico - storico, organizzato dalla locale Confindustria. Dal giudizio della giuria popolare sono passati personaggi romagnoli, compreso il padre del liscio, Secondo Casadei, o legati alla tradizione anche politica, come Mazzini o Garibaldi. Quest'anno si è virato: sfumano i legami, si mettono in discussione le radici politiche, che affondano nel Pci e nei sostrati repubblicani, socialisti, anarchici. Sul banco degli imputati "il Migliore", Palmiro Togliatti: "uomo di Stalin o padre della democrazia?".
E' qui il brivido rosso: lo condanneranno? Qui che hanno assolto persino Mussolini.... «No, hanno assolto la Romagna "per non avere aperto la strada al fascismo"», chiarisce Giuliano Ghirardelli. Ottocento persone ad ascoltare quattro storici, Accusa e Difesa, giovani, adulti, e "molto adulti", che magari hanno sentito lo «state calmi» di Togliatti, dopo l'attentato del '48, l'Italia in bilico su una nuova guerra civile. Lo spray antizanzare all'ingresso aiuta contro gli insetti, ma non per le quattro lezioni degli accademici: due ore serrate - fatti, date, carteggi - che scivolano un po' noiose. Poco spazio al clima passionale di quegli anni, di tragedia mondiale e di guerra fredda.
L'Accusa - Marina Cattaruzza dell'Università di Berna e Victor Zaslavsky, sociologo alla Luiss Guido Carli di Roma - si concentra: Trieste e Ungheria i capisaldi. Un Togliatti "eterodiretto" che ostacola l'occupazione alleata di Trieste - afferma la prima - cercando di favorire non esplicitamente la Jugoslavia di Tito: una posizione netta avrebbe portato fuori il Pci dal comune sentire nazionale. Per Zaslavsky una lettera di Togliatti, "influente capo del più grande partito occidentale" il 30 ottobre del '56 avrebbe portato Krusciov a rivedere posizioni non interventiste sull'Ungheria, ribaltandole: invasione. Applausi per entrambi.
Troppo poco, secondo la Difesa, per giudicare: l'interezza togliattiana la tratteggia Maurizio Ridolfi, unico anelito di veemenza nel "legal thriller" sanmaurese, che strappa gli applausi più forti. Confuta «l'influenza» di Togliatti in Ungheria: più "influente" l'uscita dal Patto d Varsavia di Nagy. Su Trieste, lo cita «è una città italiana. La sinistra non tollera che non sia italiana». Ma è in quello «state calmi», dopo i colpi di Antonio Pellanti - «unico caso di dirigente politico prima di Aldo Moro» - che c'è "il costruttore della repubblica e della democrazia italiana". Insieme a «De Gasperi e Nenni». Togliatti non è, quindi «solo quello che l'accusa ci ha presentato». E' quello della Costituzione, che nel '51, a Forlì, tratteggia «una repubblica non solo senza re» ma verso il popolo. E' quello - prende la parola lo storico Carlo Spagnolo - che nel '56 «avvia una fase nuova, una via italiana al socialismo» e che nel "Memoriale di Yalta", poche ore prima di morire, «critica il regime sovietico di Krusciov che aveva prospettato delle riforme ma non le ha attuate».
Un quarto d'ora di camera di consiglio per la giuria popolare di giornalisti, presieduta da Fabrizio Casadei di Sanmauroindustria. A ridosso della mezzanotte il verdetto: Togliatti va «giudicato nel quadro di un periodo storico denso di tragedie, di dittature e di guerre». E ritiene prevalente «l'elemento positivo del contributo dato dal leader del Pci al consolidamento della democrazia italiana». Togliatti è assolto: «per 4 voti a 3».
Pubblicato su L'Unità , fascicolo Bologna