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«Governo subdolo: così cancella la storia» Intervista a Maurizio Ridolfi

 

«No alla soppressione delle Feste civili»: poche parole ma eloquenti che diventano un blog, soppressionefestecivili.blogspot.com e una raccolta firme varati da alcuni insegnanti universitari e amministratori emiliano romagnoli. Roberto Balzani, sindaco di Forlì, Thomas Casadei docente all'Università di Modena e Reggio, il rettore di scienze politiche dell'Università di Tuscia Maurizio Ridolfi, Sauro Mattarelli, presidente della fondazione Oriani di Ravenna, uniti nel dire che «la soppressione delle feste civili, contenuta nelle misure straordinarie di finanza pubblica del Governo di questo agosto, è un colpo molto duro inferto al già precario equilibrio simbolico su cui si regge l'identità della Repubblica».

Quanto duro, professor Ridolfi

«Ha stupito questo assordante silenzio su una misura che incide sulla rappresentazione della Repubblica, così come continuano i ragazzi a conoscerla a scuola. Faccia un confronto con la Francia o gli Stati Uniti: sarebbe possibile cancellare il 14 luglio francese o il 4 luglio? E invece è successo con un provvedimento che ha tutt'altro scopo e finalità. Occorre mettere di fronte alla pubblica opinione un fatto di tale portata: sta succedendo ciò che non è accaduto mai, la cancellazione di quei simboli che nel passaggio da una generazione a un'altra hanno rappresentato l'immaginario della Repubblica».

Scrivete che lo spostamento delle feste civili costituisce «di fatto, la negazione di quel patriottismo costituzionale e di quella idea di democrazia sociale su cui si è costruita e sviluppata la miglior storia della nostra Repubblica».

«Il 25 aprile è la Liberazione, il momento eticamente fondativo, il 2 giugno i nostri nonni scelsero la Repubblica, sulla cui base è nata la Costituzione che ha, nel primo articolo, un riferimento molto forte al lavoro. E in Occidente non c'è paese che non lo festeggi. Date che rappresentano patriottismo costituzionale, realtà repubblicana e lavoro. Cancellarle tutte e tre... L'opinione pubblica sa che portata ha un tale gesto? E i partiti politici, non hanno niente da dire? Non abbiamo sentito leader parlare di questo. Tutti in passato hanno speso parole su questi valori, Bersani, Casini... dovranno pur dire pure qualcosa su questo argomento ora».

Si è avuta l'impressione che non ci sia stata una reazione immediata, come se "il colpo" dovesse essere "elaborato" dal grande pubblico.

«I mondi accademico e politico, forse complice la vacanza, non se ne sono resi conto. Ma tra poco sarà qualcosa di scritto. La necessità economica fa velo sul valore identitario che hanno le tre giornate. Ma se guardiamo ai numeri, il recupero economico nelle fabbriche si trasforma per l'economia turistica, che è il 12 % di Pil, in una perdita secca. Tutto questo vantaggio economico c'è davvero? No. Allora, non sarà piuttosto che in modo artificioso il Governo vuole cancellare qualcosa che nella vita pubblica non potrebbe?»

Cade il 150° dell'Unità d'Italia, può essere letto come un tentativo di sovrastare con valori non ben enunciati i valori fondanti repubblicani?

«Sono dell'idea che questo stia accadendo. Se avvenisse nella consapevolezza dell'opinione pubblica, dopo una discussione... Ma ciò non è. Le celebrazioni per il 150° hanno dato ovunque il segno di un senso della storia comune che parte dal Risorgimento, passa attraverso la Resistenza, arriva alla Costituzione, che legittima la Repubblica. Non è così? Il governo dica su quali valori vuole rifar crescere la Repubblica. Ma questo il governo non lo vuole. E ne approfitta in modo subdolo per fare ciò che si è sempre respinto».

Pubblicato su L'unità pag 16 (pagine nazionali)

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