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Come convivere felicemente con i social network in azienda e magari rimediare pure qualche cliente

Enrico Rotelli

Ci sono aziende che guardano con diffidenza i social network: roba per perdere tempo, secondo qualcuno. Io sono invece tra quelli che crede che i social network – massì, facciamo un po' di nomi: Facebook, LinkedIn, Youtube, Twitter - possano essere un buon alleato in azienda, sopratutto se l'azienda è sociale, come una cooperativa. Sono alleati preziosi per farla conoscere, diffonderne i contenuti sociali, i servizi che offre e per coltivare la collaborazione tra colleghi. Più altri mille risvolti che per brevità fatico a enucleare. Ci crediamo così tanto in azienda – In Opera e Target Sinergie - che la (giusta) partecipazione dei dipendenti non solo l'auspichiamo e la incoraggiamo, ma l'abbiamo inserita in un progetto di Responsabilità sociale di impresa che ha partecipato al premio Sodalitas 2014.

Se vogliamo far conoscere la nostra attività, sociale e aziendale, non ci sono scappatoie: tocca essere presenti dove le persone si muovono – il web - e dove si incontrano. E le persone, oggi, si incontrano sui social network. Può sembrare una banalità, ma è una banalità che al nostro sito, per esempio, frutta su base annua circa il 2% di visitatori. Tradotto in numeri sono poche centinaia, ma oltre il 57% sono nuove visite, percentuale sopra la media degli altri canali di ingresso, motori di ricerca compresi. Questi ultimi veicoleranno grosse quantità di visitatori, ma i social network ti danno quel qualcosa che Google e Yahoo non possono darti: la fidelizzazione del lettore. Quella te la possono dare le pagine aziendali di Facebook e di LinkedIn.

Sito e social network sono due realtà che viaggiano parallele: alimentandosi a vicenda. Il sito si propaga attraverso i secondi. I social network, non generando contenuti propri – ad eccezione di youtube - vivono e crescono con i contenuti del sito. Se il sito è statico e non offre contenuti multimediali – immagini, video - è inutile perdere tempo sui social network. Ma se il sito produce notizie – nuovi clienti, servizi offerti, progetti avviati, risultati raggiunti – queste possono essere propagate con facilità. Facebook in questo senso è utile, con semplicità si possono contattare i consumatori e veicolare contenuti sociali di cui gli utenti sono ghiotti. Per una realtà aziendale legata al B2B, come la nostra, LinkedIn invece è il social più interessante. E' un'utenza professionale, fortemente interessata a cercare contatti e opportunità, a conoscere realtà aziendali e servizi. L'identità dell'impresa, oltre che del singolo, è fondamentale per catturare attenzione, catalizzare interesse e fidelizzare un pubblico. E infatti, il lettore che da lì raggiunge il sito (85% di nuove visite sul nostro), non si ferma alla pagina di ingresso, visita più pagine e più a lungo di qualsiasi altro canale di ingresso.

Che ruolo hanno i dipendenti? Fondamentale. Sono loro il motore dei social, i propagatori delle informazioni. Su Facebook, ad esempio, oltre alla pagina aziendale abbiamo creato un gruppo per i dipendenti, nel quale condividono gli interessi fuori e dentro il lavoro. Promuovono il volontariato, i momenti di socializzazione aziendale, le immagini del lavoro e del loro tempo libero, cementando così i rapporti ben oltre l'orario d'ufficio o di cantiere. Non solo. Ogni dipendente ha, attraverso i social, una propria rete. Quando condivide una notizia dell'azienda – e più lo riguardano direttamente, più le condivide – amplifica la diffusione della notizia, anche solo a livello di titolo e di immagine. Su LinkedIn la relazione azienda – dipendente è molto più stringente che su Facebook: è immediata e fondamentale. Sul profilo professionale appare il logo dell'azienda – se esiste la pagina aziendale – e quindi ogni dipendente può essere un testimonial per l'azienda, un vettore di contenuti e magari creare followers (iscritti). Insomma, se ben utilizzati, forse i social network in azienda non sono esattamente una perdita di tempo.

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