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Ici per alberghi, “il sostegno alle religioni non può essere confuso con la fiscalità di attività che si misurano sul mercato”.

“La delicatissima ed importantissima materia del sostegno alle religioni e allo straordinario patrimonio di attività sociali promosse dalle diverse fedi presenti nel nostro Paese, non può essere confusa con la questione di un diverso regime per tutelare attività economiche che si misurano, a tutti gli effetti, con le normali regole di mercato”. Sergio Gambini affronta il tema dell'Ici per gli immobili alberghieri, dopo l'approvazione di un emendamento che vuole esentare dall'imposta comunale le strutture di proprietà della Chiesa cattolica di altre religioni, hotel compresi. La novità è stata introdotta in commissione Finanze del Senato, durante la discussione sulla riconversione del decreto legge 203 del 2003, ma la modifica ha già suscitato le proteste di alcune associazioni di categoria, mentre si preanunciano numerosi ricorsi alla Commissione Europea.

Nell'interrogazione al ministro dell'Economia Gambini fa presente che “il trattamento fiscale di favore di cui beneficerebbero le imprese, consentirebbe di prestare servizi commerciali di mercato in tutto analoghi ma con minore carico fiscale, proponendosi alla domanda in maniera più competitiva rispetto ai propri concorrenti”. Un aspetto sul quale già le associazioni di categoria si sono espresse negativamente, sottolineando il contrasto della proposta con la disciplina comunitaria che vieta gli aiuti di Stato, in particolare con gli articoli 87 e 88 del Trattato CE, in quanto avvantaggia le imprese private appartenenti alle confessioni religiose che operano in regime di concorrenza con le altre imprese private dell’ospitalità. “Queste associazioni – spiega Gambini nell'interrogazione - reputano che tale esenzione discrimini gravemente le imprese alberghiere private che non rientrano tra quelle esentate (per le quali rimarrà immutato l’onere fiscale dell’ICI) e si ha già sentore che sarà promossa un’azione di ricorsi di massa presso la Corte Europea. Ciò potrebbe comportare un impegno finanziario molto oneroso vista la probabile, se non certa, vittoria dei ricorrenti ed i conseguenti risarcimenti che dovrebbero essere pagati dallo Stato”.

Gambini chiede al ministro Tremonti se dopo le proteste delle associazioni “sia stata valutata con attenzione dal Governo la coerenza con la normativa europea in materia di concorrenza e la possibilità di ricorsi presso la Corte Europea”. Nello stesso tempo, conclude nell'interrogazione “se non ritenga inopportuna, nella perdurante situazione di difficoltà strutturale e congiunturale del sistema turistico italiano, una norma che avvantaggia un segmento dell’offerta turistico-alberghiera a discapito della stragrande maggioranza delle imprese del settore e che introduce nuovi elementi di  destabilizzazione in una fase di crisi del turismo nazionale”.

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