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Al Grand hotel di Rimini esce Coppola ed entra Batani

Aveva "perso" il Grand Hotel di Rimini per un soffio, Antonio Batani, imprenditore romagnolo nel campo degli alberghi: il gioiello riminese gli era sfuggito di mano nel febbraio 2006 sul filo della firma, ad opera dell'immobiliarista romano Danilo Coppola. Svanito il concorrente nel turbinio delle traversie giudiziarie e finanziarie, il simbolo della Rimini alberghiera, raccontato da Fellini nel suo Amarcord, è tornato sul mercato. E Batani ci ha riprovato. Ieri, dopo un mese di trattative, è diventato suo. Alla vigilia del centesimo compleanno della struttura riminese. Arricchirà il portafoglio alberghiero dell'imprenditore di Cervia che conta già un cinque stelle, il Palace, a Milano Marittima, e diversi 4 stelle cervesi, il Gallia, il Mare Pineta, l'Aurelia, il Doge, il Brasil, il Diplomatic, l'Universal. Una galassia creata dagli anni '50, quando da San Piero in Bagno, nel forlivese, Batani, si è tuffato nella nascente industria turistica.

Alberto Ravaioli, sindaco di Rimini, saluta "con un sospiro di sollievo la notizia dell'acquisto del Grand Hotel da parte dell'imprenditore Antonio Batani", La storia di Danilo Coppola aveva allungato lugubri ombre sul futuro di quello che da sempre è stato, insieme, simbolo e "desiderata" della città turistica. In una Rimini costellata di pensioni a conduzione familiare, frenetiche di lavoro in estate e chiuse d'inverno, la barocca figura a 5 stelle (l'unico su 1300 alberghi riminesi) si è sempre eretta come mito e nello stesso tempo specchio dei desideri: dal turismo di massa che ha improntato il secondo dopoguerra al sogno di tornare a servire le elite europee, magari in versione business. E il Grand hotel, nella sua storia, questo ruolo guida lo ha svolto. Nonostante tutto.

Lo costruisce il Comune, quasi un secolo fa. Nel 1912 un incendio ne distrugge due cupole, quelle che Coppola disse di voler ricostruire. Il passaggio della guerra lo riduce piuttosto male: più che le bombe, sono gli scomodi inquilini del comando tedesco a ridurlo male. Nel 1954, per ricostruirlo, il Comune di Rimini ne cede la proprietà al'imprenditore Durante, che lo riapre ma solo per l'estate. Bisogno aspettare Pietro Arpesella, nel 1964, perché da sogno in chiave felliniana diventi quel che è, più o meno, oggi. Arpesella dopo lacune vicissitudini economiche, lo rivenderà nel 1982 all'imprenditrice Cultrera. Il quale lo spezzetta tra 2500 azionisti sparsi in tutta Italia. Ma la gestione resta ad Arpesella. Il quale, oltre a tener aperta una dependance tutto l'anno, comincia la politica di destagionalizzazione del turismo, affiancando al Grand Hotel un centro congressi. Politica che oggi Rimini ha abbracciato in toto. Nel 2000 il Grand Hotel passa ad Andrea Facchi. imprenditore con base a San Marino. Da lui poi al duo Casto Jannotta e Isidoro Fratus, che lo venderanno a Danilo Coppola. Ora, il nuovo annuncio: "mi impegnerò per un rilancio in grande stile", da parte di Batani. E nuove speranze per un secolo di storia, sogni e desideri del turismo riminese.

L'Unità, Economia e lavoro, pagina 13.

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