Più che la crisi economica, a San Marino è la crisi dei rapporti con l'Italia a far paura. Una preoccupazione "per i prossimi mesi visti i rapporti pregiudicati", spiega Gilberto Piermattei, vice segretario della Confederazione Sindacale del Lavoro, una delle due confederazioni sammarinesi. Diverse aziende stanno valutando una migrazione dal Titano all'Italia, venendo a mancare i fattori competitivi che ne hanno favorito, nei decenni scorsi, l'impianto.
E' vero, anche qui la crisi economica ha mietuto le sue vittime. Il rapporto 2009 della Cdls, l'altra confederazione sindacale, segna una flessione dell'1,6% nel settore privato, che è il modo a San Marino di definire tutti i posti di lavoro al di fuori dell'elefantiaca Pubblica Amministrazione. Nel manifatturiero si arriva al - 7%, mitigato dal commercio, + 3,8%, voce notevole per un nazione di 63 kmq, disseminata di centri commerciali. Forse è poco rispetto al resto del mondo, ma a San Marino è un'ulteriore preoccupazione: con lo scudo fiscale diversi milioni hanno ripreso la via dell'Italia, mentre la spesa pubblica sostiene gran parte dei redditi.
Una preoccupazione anche per circa 6200 italiani: sono oltre il 40% del settore privato quelli che ogni giorno leggono al confine il "Benvenuti nell'antica terra della libertà". E sono i primi a pagare la crisi: - 4% rispetto al 2008. Ora poi i rapporti con l'Italia si sono incancreniti: "Se non usciamo dalla black list dei paradisi fiscali, - continua Piermattei - se non risolviamo i problemi di trasparenza fiscale e non riqualifichiamo l'economia avremo grossi rischi di prese di posizione protezionistiche del lavoro. E' giusto salvaguardare l'occupazione interna, ma le aziende vanno avanti con le professionalità sammarinesi e italiane. E le professionalità non si salvaguardano con il nazionalismo".