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La Rinascita al centro degli auguri per il nuovo anno

Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito […].In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”.

Con queste parole, tratte dal Vangelo di Matteo il dott. Benaglia, socio dello studio GRASSI BENAGLIA MORETTI, ha iniziato il tradizionale augurio rivolto ai suoi clienti per le festività natalizia.

Il messaggio, quest’anno, è improntato sul tema della rinascita e della ricostruzione della città di Rimini, martoriata e straziata dalle bombe durante la Seconda Guerra Mondiale. L’occasione è il 70° anniversario della nascita della Repubblica.

Il tradizionale augurio è accompagnato con un dono, anch’esso rivolto ai clienti: una pubblicazione dal titolo “PIU’ GRANDE, PIU’ BELLA PIU’ PROSPERA – Rimini: la rinascita civile e umana (01 dicembre 1945 –- 01 novembre 1946) che riproduce, al suo interno, la copia della comunicazione originale del Sindaco che annuncia la fine della guerra, la relazione tenuta dal Sindaco durante l’insediamento della Consulta Comunale e, infine, la copia del discorso tenuto, sempre dal Sindaco, al ricostituito Consiglio Comunale. La pubblicazione è introdotta da un testo del Prof. Bagnaresi Davide, che racconta la difficile ricostruzione di una Città martoriata dalla guerra.

Scrive Benaglia, nella sua lettera: “Un esercizio di memoria storica che non vuole solo ricordare ma che vuole anche essere monito per non ripetere gli errori. Non dobbiamo mai scordarci, infatti, che la tragedia che abbiamo vissuto 70 anni fa è accaduta perché a un certo punto, invece di costruire ponti, abbiamo iniziato a costruire dei muri tra le persone. La stessa cosa che stiamo facendo oggi con le migliaia di donne e uomini che vengono a bussare, quotidianamente, alle nostre porte perché la vita nei loro Paesi non è più sostenibile. I nostri nonni e i nostri genitori hanno avuto la fortuna di poter rivivere la loro rinascita sulla propria terra. Le persone che sbarcano o muoiono sulle rive del nostro mare hanno l’occasione di rinascere solo lontano dalla propria casa. Alla tragedia della miseria si aggiunge quella dell’abbandono dei propri affetti. Nonostante questo, ogni giorno attraversano il mare cercando una vita migliore”.

Il dott. Benaglia si augura che il 2017 sia l’anno in cui “ciascuno di noi incominci, nel proprio piccolo, a buttare giù i muri, a dare un’occasione di rinascita anche alle nostre sorelle e fratelli più lontani e di impegnarci a combattere qualsiasi discriminazione di razza, di religione, di idee politiche, perché alla fine tutti noi apparteniamo a un unico genere che è quello umano”.

 

Chi volesse ricevere copia della pubblicazione può inoltrare la propria richiesta all’indirizzo mail g.benaglia@gbmassociati.it.

 

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Accusato di tentato omicidio, condannato per lesioni

Un giovane sammaurese, a processo per aver accoltellato due ragazzi, è stato condannato a 5 anni per lesioni. La Procura aveva chiesto 10 anni e mezzo per tentato omicidio.

Il ragazzo - difeso dagli avvocati Davide Grassi e Gaia Galeazzi - era stato inizialmente arrestato a fine dicembre 2015 e finito a processo davanti al Tribunale di Ravenna con l'accusa di tentato omicidio. Secondo il Pubblico Ministero, la notte di Santo Stefano del 2015 avrebbe ferito due ragazzi nei pressi di locali da ballo della zona. Il 24 gennaio, al termine dell'istruttoria, il Collegio del Tribunale Penale di Ravenna ha tuttavia parzialmente accolto le richieste degli avvocati difensori, derubricando il reato a lesioni aggravate e condannando l'imputato alla pena di 5 anni e 6 mesi.

Il 27enne, dopo un periodo di custodia cautelare in carcere, è stato scarcerato e si trova ora agli arresti domiciliari.

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L’emergente nella scienza o la scienza dell’emergente

Scuola di prevenzione José Bleger Rimini - Mer, 18/01/2017 - 10:39

Ed el mi disse: «Volgiti! Che fai?
Vedi là Farinata che s’è dritto:
da la cintola in sù tutto ‘l vedrai».

Io avea già il mio viso nel suo fitto;
ed el s’ergea col petto e con la fronte
com’ avesse l’inferno a gran dispitto.
(La divina commedia, Inferno, Canto X, 31-36)

Venti anni fa Armando Bauleo scriveva nella prefazione del testo “Cambiare : il modello operativo del Sert di Rimini”:
“Fu creata una Scuola di Prevenzione per formare operatori nel difficile ambito della prevenzione e della psicoigene. Emergente dell’esperienza, la scuola simbolizza la necessità di organizzare un corpo concettuale e le possibilità di una trasmissione, affinché le pratiche non rimangano semplici aneddoti”

Cercherò di affrontare l’argomento dell’emergente dal punto di vista della scuola, cioè come una elaborazione dell’esperienza che non sia il semplice racconto aneddotico ma nemmeno una evidenza basata su studi controllati o una metanalisi. È un altro metodo.
Al centro di questa comunicazione sta il concetto di emergente che non nasce prima del fenomeno o meglio del fatto.
Ci sono fatti, accadimenti, eventi che non sono emergenti e altri che lo sono, dunque possiamo considerare emergente un tipo particolare di fatto o di accadimento.
In questo modo di procedere seguo le prime due proposizioni del Tractatus di Wittgenstein, filosofo che Armando Bauleo studiava anche per la sua amicizia intellettuale con Aldo Gargani che è stato più’ volte invitato a tenere seminari all’Istituto Internazionale di Psicologia Sociale di Venezia.
Dice Wittgenstein:
1. il mondo è ciò che accade
1.1 il mondo è la totalità dei fatti e non delle cose


Dunque la “totalità” dei fatti, degli accadimenti, costituisce il mondo e per tornare a noi l’emergente è prima di tutto un fatto, un accadimento, un evento.
Dico accadimento perché l’emergente accade, o è accaduto nel mondo, appartiene dunque alla dimensione dell’esperienza, non è un “flatus vocis”, una emissione di fiato un segno privo di referente. Ha una sua realtà che è indipendente dal nome come
dice Giustiniano “nomina sunt consequentia rerum” cioè prima viene il fatto, poi il concetto.
Se l’emergente è un fatto non è una cosa ma, sempre per citare Wittgenstein “il sussistere di uno stato di cose”, perché per la cosa è essenziale la relazione in uno stato di cose.
Dunque perché sussiste un certo stato di cose e non un altro? Cioè: che cosa fa si che ad un certo punto, in un mondo accada un evento e non un altro?
Questa domanda ci pone nella dimensione della causalità cioè della concatenazione di eventi, ora, tralasciando tre delle quattro cause della concezione aristotelica, ci concentreremo sulla quarta e cioè la causa efficiente.
Per causa efficiente si intende ciò che ha prodotto l’evento.
In questo caso dobbiamo isolare due eventi, il primo che chiameremo causa ed il secondo che chiameremo effetto, i due eventi sarebbero vincolati da un “nesso causale” tale per cui il primo sarebbe antecedente e il secondo conseguente.
Questa relazione vincolare è una implicazione necessaria.
Massimo Bonfantini nel suo apologo sulle tre inferenze di Peirce mette in scena un uomo del neolitico che chiama Petrus Petrosus che è fermo a pensare mentre fuori dalla sua caverna piove. “Piove” – osserva – “e il terreno si bagna”.
Questi due eventi sono connessi in una legge che li collega necessariamente un ‘se – allora':
“se piove allora il terreno si bagna”.
Ossia la pioggia produce il terreno bagnato.
Un evento ( la pioggia) causa un altro evento (il terreno bagnato).
Ma questi eventi sembrano implicarsi reciprocamente per questo quando Petrus vede che inizia a piovere capisce che il terreno si bagnerà cioè è in grado di formulare una previsione per via della legge della causalità.
Tuttavia, come ci racconta argutamente Bonfantini una mattina il Petrosus vede il terreno bagnato e consapevole della legge causale scommette le pelli che ha conservato  che durante la notte c’è stata la pioggia ma purtroppo per lui, perde tutto perché l’evento antecedente non è stata la pioggia ma un branco di elefanti che dopo avere bevuto nel fiume hanno scaricato l’acqua sul terreno bagnandolo.
Ossia, ci dice Peirce, non sempre un evento conseguente è legato ad un solo altro evento antecedente, quello più frequentemente osservato e ne diventa necessariamente l’unica causa efficiente, ma l’evento può essere prodotto da una serie di cause di cui è possibile ipotizzarne una.
Ma questa ipotesi non è sufficiente, per stabilire il vero nesso causale è necessaria una ricerca perché l’ipotesi sia confermata o smentita.
Dunque un evento si manifesta nel mondo in un certo tempo ed in un certo punto dello spazio, può trattarsi di un vaso che cade o il sorgere del sole.
Nello spazio-tempo ogni punto si può indicare con quattro coordinate, tre definiscono la posizione nello spazio e la quarta indica un preciso momento temporale.
Dunque un evento è un fatto accaduto in un preciso luogo in un preciso tempo.
Dunque se un evento compare: il vaso che cade, ci deve essere un altro evento antecedente che lo causa, nel senso di produrlo: un urto .
Il vaso si muove perché è stata applicata una forza che l’ha mosso e fatto cadere. Questo è il famoso principio di inerzia della meccanica galileiana
Un corpo mantiene il proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme, finché una forza non agisce su di esso.

Tuttavia questo principio, che è alla base del determinismo e del meccanicismo, il nesso necessario causa-effetto che per Isaac Newton è una legge naturale è negato da David Hume che contesta radicalmente che fra due eventi A e B di cui l’uno precede e l’altro segue si possa instaurare un nesso causale necessario. Per lui la frequenza della associazione non ne definisce la necessità, come abbiamo visto nelle inferenze di Peirce , che il terreno si bagni quando piove non significa necessariamente che tutte le volte che troviamo il terreno bagnato precedentemente sia piovuto, perché possono essere passati gli elefanti ecc., ecc.

Per Hume i nessi fra gli eventi si costituiscono sulla base di abitudini.
Non esiste un principio di uniformità in natura che si faccia carico di considerare immutabili certi nessi associativi molto frequenti.

Così Hume decostruisce Il nesso di causa effetto come fatto reale  e ne mostra l’aspetto abitudinario, immaginario. Così  anticipa Peirce quando sostiene che l’abitudine associativa è uno dei modi in cui si fissa la credenza.
Come ha svegliato Kant dal sonno dogmatico così il pensiero scettico di Hume ci può servire per uscire dal materialismo meccanicista che considera gli eventi separatamente e li inserisce in una concatenazione determinista di causa effetto che sembra un elemento della realtà ed invece non riesce a comprendere la complessità dell’evento.
La causalità lineare, meccanica, non prende in considerazione il contesto perché isola gli eventi e li concatena come antecedente e conseguente secondo una idea cronologica del tempo che prevede una successione di istanti lungo una linea.
La complicazione ha inizio quando si prendono in considerazione eventi che non appartengono al piano fisico o meglio l’ambito dell’evento si amplia alle reazioni chimiche.
Stuart Mill nel 1843 scrive nel suo “System of  logic” che un insieme di cause fisiche si sommano nell’ effetto che si ottiene.
Per questo lui parla di  effetto omopatico.
Ma se prendiamo in considerazione i reagenti chimici come la causa di un effetto, cioè il prodotto della reazione chimica, ci accorgiamo che il risultato non è dato dalla somma delle parti che compongono la reazione. C’è un plus che non si ritrova nei reagenti di partenza. Mill parla, a questo proposito, di effetto eteropatico che modifica qualitativamente le leggi che governano il corpo in questione.
Ma le leggi della dialettica dell’ idealismo tedesco avevano già affrontato questa questione con il concetto di totalità.
La totalità è di più’ o qualche volta anche di meno della somma delle parti.
L’introduzione del concetto di totalità ci permette di uscire dalla idea della causalità lineare e di entrare nella dimensione della retroazione degli effetti sulle cause che li hanno prodotti.
Dobbiamo distinguere due grandi correnti che attraversano il pensiero attorno al tema dell’evento: il materialismo e l’idealismo.
Per il materialismo l’evento è esterno al soggetto, appartiene alla dimensione della realtà, ed è sottoposto alle leggi della causalità, ma non per Hume.

Per l’idealismo invece l’evento è puramente mentale è un peculiare modo di manifestazione dello spirito nel suo processo di sviluppo. La causalità è circolare nel senso che gli effetti possono retroagire sulle cause.
Queste due linee di pensiero trovano il proprio limite nell’analisi dell’emergente.
Cosa intendiamo per emergente?
Se passiamo dai fatti chimici, di cui abbiamo parlato, alla biologia la complessità si impadronisce di noi.
Charles Darwin ha dimostrato che la natura non è statica ma che subisce nel corso del tempo dei processi di cambiamento da lui chiamati evoluzione.
Durante questa evoluzione naturale sono comparsi i vegetali, poi gli animali, che a loro volta hanno subito processi evolutivi e così via.
Sembrerebbe la scoperta della evoluzione dalla materia, però in questo materialismo è impossibile applicare la causalità lineare. Ad esempio la comparsa dell’uomo non si spiega con un nesso causa effetto, così come la comparsa della mente, della coscienza e della coscienza della coscienza o autocoscienza. Di questi processi evolutivi intesi come “salti di qualità” si può parlare solo se si esce dalla logica formale aristotelica basata sul principi di identità di non contraddizione e di terzo escluso.
All’interno della logica formale non è possibile comprendere come “emerga” l’essere umano da una natura che non lo contiene in nessuna delle sue parti. Per questo ci sono ipotesi di interventi esterni, dal Creatore, fino al monolito alieno di 2001 odissea nello spazio.

Emergente è dunque un evento la cui causalità non è lineare e che compare in un preciso momento in una certa situazione i cui elementi, presi separatamente e sommati non rendono conto di questo emergente che ridefinisce la situazione totale con un l’aggiunta di un plus che non c’era.

Dunque l’ emergente non può essere capito partendo dagli elementi che compongono la situazione da cui emerge, ma è partendo dall’emergente che si capiscono gli elementi della situazione.
Scrive Marx nella “Introduzione alla critica dell’economia politica” del 1857:

“L’anatomia dell’uomo ci dà una chiave per l’anatomia della scimmia. Gli accenni ad una forma superiore che vi sono nelle specie animali inferiori possono essere compresi solo se quella forma superiore è già conosciuta”

Marx ed Engels introducono la dialettica nel materialismo e soprattutto chiariscono la legge della trasformazione della quantità in qualità attribuendo un valore positivo alla contraddizione.
Scrive Engels nell’“AntiDuring”:

“(…) quasi dappertutto nella chimica e già nei diversi ossidi dell’azoto, nei diversi acidi ossigenati del fosforo e dello zolfo si può vedere come ‘la quantità si converta in qualità’ e come questa pretesa idea confusa e nebulosa di Hegel si possa, per così dire, toccar con mano nelle cose e nei fenomeni, senza che tuttavia nessuno resti confuso e annebbiato tranne During”

Questo testo del 1878 riprende il principio di causalità eteropatica, come diceva Mill ma lo inserisce all’interno di una visione dialettica
che rende conto di come possa emergere qualcosa di nuovo e di imprevisto da una serie di elementi in una certa situazione.
Il materialismo dialettico cominciò il suo sviluppo indipendentemente da altre visioni del mondo perché i suoi fondatori l’hanno elaborato come risultato della lotta di classe all’interno della teoria, come diceva Althusser, per questo il pensiero accademico l’ha costantemente osteggiato.

Il dibattito su come emerge il nuovo si sposta, alla fine del secolo dalla biologia alla sociologia e da questa alla politica.
Ad esempio: la società attuale capitalistica è la forma definitiva che ha assunto la vita dell’uomo, per cui la storia è finita o e prevedibile un’altra forma  che dovrebbe realizzarsi?
E questa nuova società emergerà dalla vecchia naturalmente o sarà necessaria una “forzatura soggettiva” per farla nascere?
A questo proposito Gramsci scriveva:

“È necessario impostare esattamente il problema della prevedibilità degli accadimenti storici per essere in grado di criticare esaurientemente la concezione del causalismo meccanico, per svuotarla di ogni prestigio scientifico e ridurla a puro mito che fu forse utile nel passato, in un periodo arretrato di sviluppo di certi gruppi sociali subalterni”
(“Il materialismo storico e la filosofia di Benedetto Croce”)

Dunque il tema di cosa sia un emergente, ritorna nella fisica,  con la scoperta del campo elettromagnetico , le equazioni di Maxwell e la forza di Lorenz. In questo caso i fenomeni emergono da un campo di forze.
Georg Cantor introduce nella matematica ,il concetto di insieme che altri come S. Lesniwski preciseranno che non è semplicemente la somma delle parti che lo compongono.

In questo quadro, negli anni 20 in Inghilterra nasce il primo emergentismo con il libro di Charles Lloyd Morgan l’evoluzione emergente.
In questo testo Morgan mostra come durante l’evoluzione compaiano
fenomeni nuovi ed imprevedibili in base alla conoscenza degli stati evolutivi precedenti questi fenomeni come la vita e la mente non hanno nulla di soprannaturale ma non possono essere dedotti dai componenti degli insiemi a cui sono associati.
Morgan si riferisce all’effetto eteropatico di Mills e non fa alcun riferimento alla dialettica ed alla legge della ” quantità che si trasforma in qualità”.
Anche Henri Bergson si era occupato di evoluzione, prima degli emergentisti, e a proposto della comparsa della vita, dell’essere umano e della mente, e di tutti gli altri elementi che emergono improvvisamente da uno stadio evolutivo parla di evoluzione creatrice
Dice Bergson:
“Ogni giorno sotto i nostri occhi, le forme più’ elevate della vita sorgono da una forma molto elementare. L’esperienza dimostra dunque che il più’ complesso è potuto nascere dal più’ semplice per via evolutiva”
(“L’evoluzione creatrice”, cap. I)

Ma per spiegare l’emergenza della complessità dal semplice postula l’esistenza di un “elan vital”  che sembra possedere un proprio statuto ontologico al di là della materia.

Comunque, l’emergentismo britannico applicato alla evoluzione si accompagna alla idea di “campo psicologico” che Kurt Lewin  riprende dal campo elettromagnetico ed alla  idea  della psicologia della gestalt che un comportamento emerga da un campo così come una figura emerge dallo sfondo.
Arriviamo così agli anni 50, quando Pichon-Riviere applica il concetto di emergente alla psicopatologia e definisce il paziente come emergente del suo gruppo famigliare.
Che cosa significa questa affermazione?
Significa che ciò che emerge come sintomo nel campo individuale è il risultato di una serie di interazioni di un campo più vasto  come quello famigliare. L’emergere di allucinazioni uditive e visive in una persona ad esempio non si può comprendere con un meccanicismo a causalità lineare, n’è è spiegabile con le situazioni famigliari precedenti. Compare improvvisamente. Emerge e definisce una nuova situazione per il campo cui appartiene.
Il filosofo Charles Broad nel 1925 aveva precisato il pensiero di Morgan dicendo che i fenomeni emergenti non sono deducibili a partire dalla conoscenza dei componenti dei sistemi naturali da cui emergono e che questi fenomeni retroagiscono causalmente sui sistemi cui sono associati.
Questa indeducibilità e imprevedibilità sono caratteristiche dei fenomeni con proprietà emergenti.
Gli studi sulla non linearità dei fenomeni che porteranno alla teoria del caos stanno alla base del concetto di comportamento emergente.
Percy Bridgam, il fisico nord americano famoso per il suo operazionismo scrive nel 1927:

“Il comportamento emergente di un sistema è dovuto alla non-linearità. Le proprietà di un sistema lineare sono infatti additive: l’effetto di un insieme di elementi è la somma degli effetti considerati separatamente, e nell’insieme non appaiono nuove proprietà che non siano già presenti nei singoli elementi. Ma se vi sono termini/elementi combinati, che dipendono gli uni dagli altri, allora il complesso è diverso dalla somma delle parti e compaiono effetti nuovi.”
(P. Bridgman, “The Logic of Modern Physics”, The MacMillan Company, New York 1927)

Come si vede Pichon-Riviere applica il concetto di emergente alla psicopatologia ed alla teoria dei gruppi. Questa applicazione implica un mutamento della concezione deterministica della scienza che si ritrova nella psicanalisi. Infatti Pichon non fonda una scuola di psicanalisi ma di psicologia sociale.

Per questo cita gli autori nord americani come Cooley e soprattutto George Mead che intitola un capitolo del suo “Mente sé e società”: la creatività sociale del se emergente. Così un’altra corrente confluisce nel concetto di emergente elaborato da Pichon-Riviere è quella dell’interazionismo simbolico che concepisce la mente come un fenomeno emergente.
Ma nella concezione di Pichon-Riviere l’emergente è anche “la quantità che si converte in qualità” del materialismo dialettico.
Su questo tema ha lavorato soprattutto Josè Bleger. Armando Bauleo mi ha raccontato più volte di come Bleger e lui abbiano tradotto Georges Politzer e, nella bella prefazione alla prima edizione italiana di “Simbiosi e ambiguità”, Bauleo ricordava la luce che filtrava nello studio mentre lavoravano assieme.

Un altro autore  che è confluito nella sintesi pichoniana dell’emergente è Henri Lefebvre ed il suo materialismo dialettico antidogmatico.
Bauleo nel suo approfondimento del concetto  di emergente in Ideologia gruppo e famiglia cita  Stephen Pepper e il suo testo “World hypotheses: a study in evidence”, Berkeley (CA) 1942, in cui il filosofo nordamericano precisa le quattro “ipotesi mondo”:1) il formismo, per cui esistono entità mentali che maturano senza il contributo determinante dell’ambiente; 2) il meccanicismo, che vede gli stimoli esterni come causa della crescita individuale; 3) l’organicismo, per cui l’individuo costruisce da sé il proprio sviluppo nell’interazione con l’ambiente; 4) il contestualismo che considera organismo e ambiente come elementi inseparabili di un’unica totalità.
L’emergente nella concezione operativa di gruppo è evidentemente nell’ipotesi contestualista. In quel testo Bauleo cita anche gli apporti della antropologia da parte di Nadel:

“l’emergenza, dunque è il risultato di una sintesi: è creatrice di reale novità, di un attualità o di una nuova proprietà di un genere inesistente prima dell’emergenza; e questa qualità o proprietà nuova ha efficacia causale e modifica l’ulteriore corso degli avvenimenti”
(“Lineamenti di antropologia sociale”)

Dunque Bauleo  apporta novità al concetto di emergente, in primo luogo chiarisce che emergente non si confonde con portavoce e quindi indica una serie di interrogativi che si riferiscono al metodo clinico e di ricerca ed allo statuto epistemologico della concezione operativa di gruppo.
Il tema diventa centrale per l’attività del Centro di Ricerca Internazionale in psicologia sociale e di gruppo.

Il CIR ha sviluppato le sue ricerche negli anni 80 ed ha elaborato il concetto di emergente per raccogliere il materiale, i dati delle ricerche. Si è prodotta una scheda in cui veniva precisato come raccogliere gli emergenti di un gruppo, in un primo emergente, uno centrale ed uno finale.
Un bell’articolo di Horacio Foladori comparso nel n. 3 della rivista “Illusion grupal”, mette a punto la problematica attorno all’emergente citando anche la posizione di Gear e Liendo che nel loro psicoterapia della coppia e del gruppo famigliare considerano l’emergente nel gruppo come la risultante di 5 pressioni o forze: 1) la pressione laterale sintattica dei membri del gruppo,2) la pressione verticale della storia individuale, 3) la pressione che proviene dal compito 4) la pressione del coordinatore, 5) la pressione del fuori, ciò degli ambiti istituzionale e comunitario, io aggiungerei anche globale in cui il gruppo è inserito.
Come si vede torna il tema dell’emergere in un campo di un evento non routinario, che appare, come dice Bauleo e può dare un senso alla situazione.
Questa elaborazione, avviene quando l’emergentismo britannico viene dimenticato ed il concetto di emergente è abbandonato nel dibattito filosofico ed epistemologico.
Tuttavia gli studi sui processi non lineari aumentano così come aumenta l’interesse per l’auto organizzazione e la comparsa improvvisa ed imprevedibile di nuove forme. La meteorologia è un esempio molto interessante di questi studi, è in questa disciplina che cercando di prevedere l’andamento del tempo si è scoperto che piccole variazioni possono alterare il clima in modo imprevedibile.
Edward Lorenz parlò di questo effetto in un articolo del 1963 che poi divenne proverbiale con il titolo di una sua conferenza del 1972: “può, il batter d’ali di un farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”. Si tratta del famoso effetto farfalla che ci trasporta dal determinismo alla teoria del caos.
Gli oggetti di studio oltre al clima diventano i fenomeni auto-organizzati ad esempio il volo di stormi di uccelli e le forme conseguenti, o la direzione che prende uno sciame di api.
Questi studi rimandano tutti all’idea di totalità ed alla causalità non lineare.
Nasce così il secondo emergentismo legato alla cibernetica ed alla teoria dei sistemi
In particolare voglio parlare della Intelligenza artificiale
Negli anni 90 ho coordinato un gruppo di ricerca nel campo della intelligenza artificiale, abbiamo lavorato per costruire un sistema esperto per diagnosi tipologica della tossicodipendenza partendo da quella che abbiamo chiamato logica della diagnosi operativa  del Sert di Rimini.

Il lavoro è contenuto  nel volume “Cambiare: il modello operativo del Sert di Rimini” dalla cui prefazione ho iniziato questa riflessione.
Il sistema si concentra sulla diagnosi attraverso un procedimento inferenziale che nel testo viene descritto da Giampaolo Proni .
Ci siamo concentrati soprattutto su quel procedimento che Peirce chiama abduzione o ipotesi. Cioè il caso o l’evento che si presenta alla osservazione non soggiace ad una casualità lineare per cui se è presente ‘questo’ allora ,applicando la regola che si è formata nelle osservazioni precedenti ed ha costituito una base di dati, sarà necessariamente ‘quello’ perché il nesso causale costruito con la casistica è abitudinario e soprattutto non coglie l’imprevedibilità.
L’ ipotesi può riferirsi ad una causa improbabile ma non impossibile, come il fatto che il terreno sia bagnato dagli elefanti e non dalla pioggia e necessita di una strategia operativa per confermarla o smentirla.
Ma questa logica del se/allora appartiene ad una dimensione cognitivi sta o simbolista dell’intelligenza artificiale, per questa teoria la mente funziona come una macchina di Turing cioè con un calcolo simbolico di algoritmi la cui forma è data dall’albero di Porfirio, nella nostra esperienza questa concezione si arresta di fronte alla contraddizione.
Per la logica formale l’elemento di novità deve per forza rientrare all’interno di una categorizzazione preesistente, un repertorio che tuttavia, per quanto vasto sia non può assolutamente esaurire la complessità. A questo proposito è indicativo lo studio di Umberto Eco sull’ornitorinco l’animaletto che emerge, è proprio il caso di dirlo, come una novità che contraddice tutte le classificazioni precedenti.

Per questo la logica della diagnosi operativa applicando il materialismo dialettico attribuisce come dice Ludovico Geymonat:

” (…) una nuova e singolarissima funzione alla contraddizione esistente fra momenti diversi del divenire; nel considerala cioè come un nesso che, da due momenti tra loro contraddittori, fa scaturire un nuovo momento il quale, collocandosi su un piano più elevato, elimina gli aspetti contraddittori dei due momenti precedenti”
(L. Geymonat, “Attualità del materialismo dialettico”)

Con questa logica abbiamo incontrato le reti neurali e il connessionismo.
Le reti non formano connessioni gerarchiche, i neuroni o nodi della rete hanno tutti la possibilità di comunicare con tutti, non esistono relè o centri che controllano la periferia, ogni centro è una periferia ed ogni periferia è un centro.

Non vi sono livelli gerarchici che filtrano le informazioni, le conoscenze sono immagazzinate in una serie di nodi in connessione fra loro che possono mutare.
Non c’è una corrispondenza anatomica con i centri della rete.
Se un centro viene distrutto, la conoscenza distribuita ne crea un’ altro. Così un caso o una situazione che contraddice la conoscenza accumulata, un evento imprevisto non manda la rete in loop cioè in una ripetizione automatica di tutte le combinazioni che non riescono a classificare l’evento, ma registra l’evento come un nuovo elemento di base per allargare l’area della conoscenza.
Esattamente come fa l’equipe che utilizza una epistemologia convergente per applicare diverse conoscenze disciplinari al caso emergente e sconosciuto.
Questa ricerca ci ha collocato nel nuovo emergentismo che ha messo a punto il concetto di emergente all’interno di un tipo di epistemologia della complessità .
A questo proposito Edgar Morin nel libro primo de il metodo pubblicato nel 1977 riprende il tema dell’emergenza e dell’emergente e scrive:
“L’emergenza è una nuova qualità rispetto ai costituenti del sistema. Ha dunque lo statuto di evento, poiché sorge in maniera discontinua una volta che il sistema si sia costituito, ha naturalmente il carattere di irriducibilità; è una qualità che non si lascia scomporre, e che non si può dedurre dagli elementi anteriori.”
(Cap. 2, L’organizzazione, III L’unità complessa organizzata. Il tutto e le parti. Le emergenze ed i vincoli.)

Torniamo dunque all’ emergente ed alla sua scienza si tratta di capire qual è la connessione fra gli eventi per organizzare come ci ha detto Bauleo “un corpo concettuale e le possibilità di una trasmissione affinché le pratiche non rimangano semplici aneddoti”

Immagino ora un gruppo di ricerca: ci riuniamo da diverso tempo con una certa frequenza. Inizia una persona a parlare del concetto  di emergente, qualche domanda di qualcuno poi un po’ di silenzio.
In seguito brevi discorsi, precisazioni o divagazioni, racconti senza un tema preciso, associazioni.
Si sente che fuori sta per iniziare a piovere, si alza un po’ di vento, nessuno accenna al clima esterno.
Si continua a parlare.
Improvvisamente un evento: la finestra della stanza, che forse non era stata chiusa bene, si spalanca ed entra nel gruppo una folata di vento.

La conversazione si ferma e cade un silenzio inquieto qualcuno, dopo un po’ dice: “sembra che sia entrato un fantasma!” e di nuovo tutti tacciono poi una dice: “sai che stavo pensando a *** “ e fa il nome del loro maestro morto da qualche tempo che era stato nominato nella informazione.
Tutti si guardano, qualcuno è commosso fino alle lacrime, un altro sfoglia nervosamente le pagine di un libro, un’altra guarda la finestra aperta, uno dice: “non era lui che diceva che emergente era qualsiasi elemento a partire dal quale la situazione prende senso?”
Interviene un altro: “parlavamo fra di noi poi si è aperta la finestra ad un colpo di vento”
“Un emergente!”
“Ma è stato lui a dire che era entrato un fantasma”
“Già ma tutti lo pensavate non è vero? “

Qualcuno annuisce.
“Ma la causa della finestra che si apre è stato il vento e il vento non è certo un fantasma. Il vento è il movimento d’aria atmosferica…”
“Alt, tu stai parlando di meccanica il vento soffia è la causa; la finestra si apre ecco l’effetto”.
“Ma non ci spiega perché siamo stati colpiti dalla parola fantasma che non c’entra niente con la meccanica”.
“Già c’entra più con la ‘onirica’. Ah che simpaticone! ”
“Fatto sta che l’evento apertura della finestra è risuonato in un altro piano non solo in quello meccanico, per lo meno a me, ma mi pare anche ad altri il senso della apertura della finestra non è stato solamente un affare di corpi c’era sicuramente dell’altro”.
“È vero l’apertura della finestra è una apertura di una finestra, ma questa finestra che si apre in quel particolare momento ha un effetto incorporeo. Già non è una sola questione di corpi”.
“Vorresti forse dire che se c’è un effetto incorporeo c’è anche una causa incorporea”.
“Già sembra che Deleuze avesse ragione quando parlava di doppia causalità e di quasi causa”.
“Si ma lui ci fa tornare non solo a Hume ma addirittura agli stoici”.
“E allora? Che fate, cominciate con i Millepiani e il corpo senza organi?”
“E perché no! ”
“Ma io mi chiedo è evidente che la finestra che si è aperta ci ha colpito. Quindi il suo effetto non è stato solamente fisico in quello che Bleger chiama
“campo ambientale” ma anche nel “campo psicologico” e poi quando tu hai detto “sembra che sia entrato un fantasma” l’effetto si è manifestato anche nel “campo di coscienza” ci è apparso evidente a chi stavamo pensando e tu hai dato parola a questo fantasia comune quando hai detto “sai che stavo pensando a ***” hai assunto il ruolo di portavoce, come dice Pichon. Ma allora emergente e portavoce non sono la stessa cosa?”
“Certo che no. Il portavoce è un caso particolare di emergente”.
“Ma con tutta questa dialettica e questo materialismo blegeriano mi stai confondendo”.
Grande confusione sotto il cielo, la situazione è eccellente.

Bibliografia

1) M. Ferrari, L. Montecchi, S. Semprini Cesari, “Cambiare. Il modello operativo del Sert di Rimini”, Pitagora
2) Ludwig Wittgenstein, “Tractatus Logicus-philosophicus”, Einaudi
3) A. Gargani, “Wittgenstein. Musica, parola e gesto”, Cortina Editore
4) Giustiniano, “Istituzioni II 7,3″, Edizioni Simone
5) Aristotele, “Metafisica”, Utet
6) M. Bonfantini, R. Brunetti, A. Ponzio, “Freud, l’analisi, la scrittura”, Edizioni B. A Graphis
7) C. S. Peirce, “Opere”, Bompiani
8) L. Geymonat, E. Bellone, G. Giorello, S. Tagliagambe, “Attualità del materialismo dialettico”, Editori Riuniti
9) I. Newton, “Philosophiae Naturalis Principia Mathematica”, Newton Compton
10) S. Mill. “Un sistema di logica”, Laterza
11) C.Darwin, “L’evoluzione della specie”, Newton Compton
12) L. Althusser, “Leggere il capitale”, Feltrinelli
13) K. Marx, F. Engels, “Opere”, Editori Riuniti
14) A. Gramsci, “Quaderni dal carcere”, Einaudi
15) C. L. Morgan, “Emergent Evolution”, Williams & Norgate
16) H. Bergson, “L’evoluzione creatrice”, Bompiani
17) K. Lewin, “Teoria dinamica della personalità”, Giunti
18) E. Pichon-Riviere, “El proceso grupal”, Nueva vision
19) Charles Broad, “The Mind and Its Place in Nature”, free download
20) U. Eco, “Kant e l’ornitorinco”, Bompiani
21) Percy Bridgam, “The Logic of Modern Physics”, MacMillan Company
22) G. Mead, “Mente, se e società”, Giunti
23) K. Cooley. La comunicazione.  Armando
24) J. Bleger, “Psicologia della conducta”, Paidos
25) J. Bleger, “Psicoanálisis y dialéctica materialista”, Paidós
26) G. Politzer, “I fondamenti della psicologia”, Mazzotta
27) H. Lefevre, “La somme et le reste”, Antropos
28) Stephen Pepper, “World hypotheses: a study in evidence”, University of California press
29) S. Nadel, “Fundamentos de antropología social”, Fondo de Cultura Económica
30)H. Foladori, “Hacia una teoría de lo emergente en grupo operativo, ‘Ilusión Grupal’, N° 3″, UAEM,
31) M. Gear e E. Liendo, “Psicoterapia della coppia e del gruppo familiare”, Edizioni Del Riccio
32) E. Lorenz, “Deterministic nonperiodic flow. Journal of Atmospheric Sciences. Vol.20″, 130—141
33) D. Hume, “Saggio sulla natura umana”, Laterza
34) E. Morin, “Il metodo”, Cortina Editore
35) A. Bauleo, “Ideologia gruppo e famiglia”, Feltrinelli
36) A. Bauleo, “Psicanalisi e gruppalità”, Borla

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Schizofrenia e territorio

Scuola di prevenzione José Bleger Rimini - Lun, 16/01/2017 - 11:06

Recensione di Armando Bauleo al libro di Alberto Merini, “Schizofrenia e territorio”, Patron, 1979 (tratto da “Psicoterapia e Scienze Umane”, 3/4 del 1981, pagg. 165-167)

 

Tutte le nostre consocenze sulla schizofrenia come pure la possibilità di un suo trattamento sono fondamentalmente legate al manicomio

… (…) La nuova legge 833 che, abolendo il manicomio, ha spostato sul territorio l’intervento psichiatrico, con tutta probabilità permetterà una conoscenza della schizofrenia diversa da quella avuta fino ad oggi”.

L’introduzione del libro ci predice un passaggio da una possibilità a una probabilità, ciò che è stato possibile e ciò che sarà probabile.

Come sfondo di questo gioco di certezze si colloca la fine di una tappa, quella del manicomio, e l’inaugurazione dell’altra, quella del territorio. In mezzo alle due situazioni storiche c’è la nascita e lo sviluppo della psicoanalisi.

L’insistenza di Merini sulla questione del ‘Territorio’ (è il suo secondo libro su questo tema; il primo, curato da lui, è “Psichiatria nel territorio”, Ed. Feltrinelli) ci obbliga a considerarlo come emergente di una situazione storico-sociale, la legge 180 e la legge 833, che chiudono il manicomio e stabiliscono una ‘Assistenza a livello di comunità’.

Ho consociuto Merini nel 1972 e nel 1974: grazie all’amabilità del Prof. Gentili, sono stato per quasi due mesi nella clinica psichiatrica di Bologna, e vi ho lavorato usando una metodologia di psicologia di gruppo. In un mio libro, il capitolo “Rapporto sulla psichiatria” è una sorta di riassunto di quella esperienza. Da quel momento sono sempre stato una specie di osservatore, attivo quando è stato possibile, dei vari tentativi di assistenza e prevenzione lì realizzati.

Torniamo a Merini come emergente della situazione storico-sociale del pensiero e della pratica psichiatrica, per i problemi che indica nel suo libro e per la polemica che apre usando certe definizioni. Si trovano nel libro due posizioni: una didattica e quella dell’intervento psichiatrico. La psicoanalisi che si prende in considerazione è quella della ‘Psicologia dell’Io’ (pag. 10). I capitoli I e II espongono le ipotesi di quest’ultima sulla schizofrenia, e danno una descrizione dinamica della stessa. Lo scopo di questi due capitoli è quello che poi appare nell’appendice (2°) sulla Didattica, cioè hanno la funzione di informare gli studenti e i giovani operatori che esiste una diversa valutazione della schizofrenia.

A sua volta però questo tipo di informazione serve come introduzione all’interno, e in alcuni momenti la psicoanalisi corre il pericolo di trasformarsi paradossalmente in una ipotesi da comprovare sul campo. Non ci può sfuggire che qui si apre il primo intervento, e cioè se questa definizione dinamica della schizofrenia è stata quella possibile o sarà quella probabile della situazione storica?

Entriamo adesso nella seconda parte del libro, dal capitolo III al VI. Mi sembra che qui il libro diventi completamente polemico ed apra un insieme di interrogativi che coinvologno tutti coloro che desiderino riflettere su questa questione.

Cominciamo dai problemi che si svolgono attorno alla vita quotidiana. La situazione diventa discutibile, soprattutto se si è introdotta la psicoanalisi. Questa ci  spinge a non fermarci a ciò che appare di un comportamento. Se “la regolazione degli orari” di un ex paziente, “le sue diverse letture”, “la sua voracità smisurata” o il problema della “solitudine” non si iscrivono in una interpretazione del processo dell’inserimento, rimangono solo dati sociologici o, nel migliore dei casi, psicosociologici sospesi nell’aria.

Come e chi interpreta? Quale luogo del territorio permette la interpretazione? È possibile una interpretazione ambulante, e/o qual è il suo setting? Questi sono problemi da chiarire, ma che è impossibile evitare, perché altrimenti si fissa una rottura tra una comprensione sociologica e una spiegazione psicoanalitica della situazione. Contini dice di fare entrare in “una dimensione umana lo schizofrenico” (pag. 53). Qual è questa dimensione se non quella della parola, cioè il suo discorso e la controparte, e quindi la interpretazione? A questo punto si pone il problema dell’intervento, e del territorio come luogo dell’intervento.

Merini svolge un lavoro minuzioso ridefinendo ogni passo presente e passato dell’intervento psichiatrico e psicoterapeutico. Sono d’accordo con Merini che il manicomio era “una difesa sociale” dove “si depositava la parte sincretica della personalità” (pagg. 92-93). Siamo d’accordo con lui anche contro l’eclettismo, ma vorremmo richiamare l’attenzione su certe situazioni paradossali pratiche e teoriche.

Se si parla di schizofrenia come malattia dell’Io, e, seguendo Searles (pag. 131) “…senza supporre che modificando i rapporti interpersonali la situazione del paziente possa cambiare significativamente”, se queste sono le premesse teoriche, allora il territorio appare come una situazione di cambiamento per gli operatori sociali mentre i pazienti continuano ad avere una malattia che è una questione ‘individuale’. Allora il sociale diventa un discorso ideologico di ‘buona volontà’. ‘Essere buono’, ‘essere amabile’, ‘essere comprensivo’ portano a una morale e non ad una scienza psichiatrica.

Ci troviamo quindi imprigionati tra un’Ideologia Psichiatrica (moralistica) e una Psicoanalisi delle Associazioni Psicoanalitiche.

Nel 1981, nonostante i cambiamenti avvenuti in tutti questi anni, e dei quali straordinario esponente fu Franco Basaglia (il mio mai dimenticato amico) corriamo il rischio di tornare al dopoguerra. Di nuovo la psichiatria si può trasformare in un problema di ‘Assistenza sociale’ (come direbbe Castel) e dal lato opposto sembra che, se si vuole studiare in ‘profondità’, sia necessario ricorrere alle Associazioni Psicoanalitiche.

Tra le due posizioni, una oscurità, o una paura. Quale?

Merini risponde: il territorio può essere un luogo di mediazione, a pag. 91 egli infatti afferma: “Se per territorio si intende una realtà sociale, politica e culturale ove i problemi possono essere gestiti collettivamente, diviene lecita l’ipotesi che da esso si possa sviluppare un nuovo modo di confrontarsi con la schizofrenia”. Facciamo una digressione. In altre circostanze storiche, e in un altro paese, abbiamo progettato di socializzare la conoscenza e l’assistenza psicoanalitica. Abbiamo cercato, in certi luoghi e istituzioni pubbliche (ospedali, quartieri, sindacati, ecc.) di dare una formazione alla gente (‘I lavoratori della Salute mentale’) ed un’assistenza pubblica.

I problemi insorti derivavano: dalla struttura teorica della psicoanalisi, dalla sua tecnica, dalla sua applicazione in altri campi (e le conseguenti variazioni del setting), dall’interpretazione, dalla modificazione istituzionale dell’organizzazione (soprattutto dopo l’inclusione di una prospettiva psicoanalitica), dai passaggi dalla traslazione individuale ad una istituzionale, ecc. Ciò che rimaneva fisso, ed era una situazione ‘costante’, era che qualcuno veniva (richiedente) e qualcuno riceveva (intervistatore). Si stabiliva un contatto (anche se c’era un pagamento). Il rapporto che si stabiliva aveva certi limiti.

Sul territorio, è lecito chiedersi come sono questi ruoli e quali sono i contratti. E inoltre quale rapporto esiste tra il gestore e gli utenti. Se la malattia è individuale, che ruolo svolgono gli ‘altri’ (i ‘sani’, aggiungerei)?

Come mi hanno riferito gli ‘operatori sociali’ di diverse zone, quando essi arrivano a una casa e chiedono a un familiare il perché della chiamata, la risposta è: “Il solito” (quale complicità si nasconde dietro a questa frase? E si risveglia un altro interrogativo: Psichiatria o Ordine pubblico?).

Parallelamente si pone la questione del rapporto tra la Comunità e il senso comune, o il consenso. Sappiamo che esso è ideologia, o meglio resistenza al cambiamento. È il senso comune, o il ‘senso della realtà’ che spesso impedisce l’uso della fantasia e dell’immaginazione. Queste ultime saranno stupidaggini per una Psichiatria utile?

Ci si può rispondere che attraverso la psichiatria non si possono fare cambiamenti sociali. Siamo d’accordo. Però qui non si trattava di ‘spostamenti’ (o sostituzioni), né di ‘actings’, ma di concepire in altro modo il movimento di una disciplina, la psichiatria, nel momento in cui la storia del suo sviluppo ci porta ai limiti del suo vecchio modello assistenziale.

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Psicanalisi delle Psicosi

Scuola di prevenzione José Bleger Rimini - Mar, 10/01/2017 - 23:22

A partire dal libro di Orazio Costantino
Psicosi e dintorni” Edizione Borla (2015)

 

Parteciperanno :
Paolo di Benedetto – Socio Ordinario SIPP (Società Italiana di Psicoterapia Psicanalitica)
Carla Montanari – Socio Ordinario SIPP ( società Italiana di Psicoterapia Psicanalitica)
Emma Caliò – Psicologa psicoterapeuta
Claudio Roncarati – Psichiatra (CSM Rimini)

Coordina:
Leonardo Montecchi
Direttore della scuola Bleger.


Lavoreremo con una prima parte di informazione e poi una discussione in gruppo.
La concezione operativa nasce in relazione alla Psicosi.
Come è noto, i gruppi operativi nascono nell’ospedale psichiatrico di Buenos Aires
ad opera di Pichon Riviere che, alla fine degli anni ’40, si era occupato di psicanalisi
della schizofrenia producendo diversi ed importanti articoli.
E’ una occasione per riprendere questo tema ora molto trascurato.
Partecipate e fate partecipare colleghi interessati al tema.
Non sono stati richiesti, né lo saranno, crediti ECM

L’incontro si terrà venerdì 20 gennaio, dalle 16.00 alle 19.00,
presso l’Hotel Imperial Beach in via Toscanelli 19 – Rivabella di Rimini.

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Buon Natale e felice 2017: Target Sinergie sostiene la ricostruzione delle opere benedettine di Norcia e l'Avsi in Kenya

C'è una Italia ferita dal terremoto che Target Sinergie vuole aiutare, è l'Italia che da secoli accoglie pellegrini da tutto il mondo e che a Norcia è caduta in briciole. Quest'anno abbiamo deciso di sostenere la ricostruzione delle opere benedettine nella città umbra – la basilica, il monastero – gravemente lesionate dalle scosse di terremoto e le attività che i monaci portano avanti nel segno di San Benedetto, per continuare a essere presenti con la Fede presso i pellegrini e i più deboli. Maggiori informazioni su come aiutare la ricostruzione e sulla portata delle opere benedettine di Norcia le trovate qui: https://it.nursia.org/

Quest’anno, inoltre, sosterremo nuovamente AVSI con l’Opera di Scuola Little Prince a Nairobi in Kenya. Nasce nel 2000 come doposcuola, con un insegnante e sette bambini in una struttura provvisoria. Successivamente le richieste di ammissione dei genitori sono aumentate e, nel giro di poco tempo, si sono formate tre classi da 20 alunni ciascuna. Si trattava di famiglie povere che non potevano permettere ai loro figli di andare a scuola per l’impossibilità a sostenerne i costi o per l’aiuto che il bambino poteva dare alla famiglia. Oggi la scuola conta 350 alunni e dispone di un asilo, di una biblioteca, un laboratorio artistico, un teatro, una classe di informatica, una mensa, una cucina e degli uffici amministrativi. Per saperne di più, visita www.avsi.org.

Con la speranza che il nostro piccolo gesto possa far crescere il desiderio di felicità per noi e per gli altri, Target Sinergie e le sue consorziate vi augurano un Buon Natale e un Felice 2017.

natale_16.jpg Notizie CSR
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Accordo di collaborazione e scambio fra Centro Studi e Ricerche “Josè Bleger” e Centro Takiwasi

Scuola di prevenzione José Bleger Rimini - Ven, 16/12/2016 - 22:03

L’Associazione Centro Studi “Josè Bleger”, sita a Rimini in via Circonvallazione 122 (Italia), propone una collaborazione con il Centro Takiwasi, centro di recupero per dipendenze, sito a Tarapoto (Perù), in merito alla ricerca “Psicosi e ayahuasca”.

La collaborazione prevede:

  • lo scambio ed il confronto del materiale raccolto con persone intervistate dall’Associazione Bleger che possiedono alcune caratteristiche relative alla ricerca e persone che sono state in trattamento presso il Centro Takiwasi. Nello specifico, si raccolgono 10 interviste in Italia e si analizza il materiale del trattamento di 8 pazienti del Centro Takiwasi
  • confronto e riflessione congiunta sul materiale bibliografico e sul materiale clinico
  • riflessione suull’ipotesi di ricerca, lavoro in vivo a Tarapoto, per il periodo di settembre 2016, nel quale la Dott.ssa Valeri si è recata personalmente presso il Centro Takawasi
  • elaborazione del materiale raccolto in maniera condivisa. La Scuola Bleger elabora il materiale e il Centro Takawas partecipa come revisore dell’avanzamento dei lavori
  • pubblicazione a nome dell’Associazione Bleger e del Centro Takiwasi

L’Associazione “Josè Bleger” e il Centro Takiwasi favoriscono un intercambio fra l’Italia ed il Perù di eprsone che siano in formazione e che per interesse scientifico abbiano il desiderio di conoscere la realtà della Scuola Bleger e del Centro Takiwasi e di partecipare a ricerche e interventi.

Associazione “Josè Bleger”                                     Centro Takiwasi
Il Direttore                                                                  Il Direttore

Dott. Leonardo Montecchi                                       Dott. Jacques Mabit

Rimini, Italia, 1 novembre 2016

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Accordo per lo scambio scientifico e di istruzione tra ICHPA e SCUOLA BLEGER

Scuola di prevenzione José Bleger Rimini - Lun, 12/12/2016 - 23:13

ACCORDO PER LO SCAMBIO SCIENTIFICO E DI ISTRUZIONE TRA

ICHPA SOCIETÀ CILENA DI PSICOANALISI
REPUBBLICA DEL CILE

e

SCUOLA DI PREVENZIONE JOSÉ BLÉGER, RIMINI
REPUBBLICA ITALIANA

Le due sopra citate Istituzioni convengono di stabilire una cooperazione accademica al fine di promuovere e favorire lo scambio scientifico e culturale.

I

La cooperazione tra le due Istituzioni sarà sviluppata nei seguenti settori:

1.Formazione

2.Ricerca

3.Comunicazione

II

Per una realizzazione ottimale dell’Accordo, entrambe le Istituzioni concordano i seguenti termini di scambio, soggetti alla disponibilità di risorse appropriate e accordo dei reciproci dipartimenti accademici collaborativi:

  • Visite di scambio di personale accademico;
  • Scambio di studenti laureati;
  • Organizzazione congiunta di conferenze scientifiche e workshop;
  • Scambio di pubblicazioni, Edizioni Universitarie, libri e reti di cooperazione in comunicazione.

III

Gli studenti che partecipano allo scambio dovranno provvedere autonomamente alle spese di viaggio, di alloggio, vitto, materiale didattico, trasporto locale, spese di assicurazione sanitaria, spese personali e eventuali imposte di bollo sul passaporto/visto.

IV

L’Istituto ospite fornirà gratuitamente supporto, per studio e ricerca, allo staff designato.

In linea di principio, l’Istituto che invia personale, pagherà le spese di viaggio e l’Istituto ospite coprirà le spese di sussistenza. Ogni visita verrà concordata con congruo anticipo tra le due istituzioni ed avrà luogo solo dopo la firma di un accordo formale tra le Autorità di entrambi gli uffici competenti.

V

Ogni articolo di questo accordo può essere integrato o revocato dopo consultazione reciproca e consenso tra le due Istituzioni.

VI

Il presente accordo è firmato in due copie identiche in lingua Italiana e Spagnola.

Nel rispetto dello spirito accademico di cooperazione e dei principi di mutuo rispetto e comprensione firmiamo questo accordo

 

SCUOLA DI PREVENZIONE                                                    ICHPA
– JOSÉ BLÉGER RIMINI –                        –
SOCIETÀ CILENA DI PSICOANALISI –

           DIRETTORE                                                            PRESIDENTE

Prof. Dr. Leonardo Montecchi                                       Prof. Dr. Eduardo Jaar

 

______________________________                                         _______________________________

 

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Analisi, prevenzione e contrasto della corruzione: un seminario a cura dell'Avv. Wild

Lunedì 19 dicembre (dalle 15 alle 18), l'Avv. Patrick Wild, collaboratore dello Studio Grassi Benaglia Moretti, sarà a Bellaria Igea Marina (RN) per curare un incontro di formazione gratuito, rivolto principalmente ad amministratori e dipendenti pubblici, sul fenomeno della corruzione, la l. 190/2012, il whistleblowing, il ruolo di A.N.A.C., la redazione del Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione, etc.

Sarà un'occasione per fare il punto in tema di anticorruzione e di adempimenti obbligatori in capo ad amministrazioni e Responsabile Anticorruzione, a pochi giorni dalla Giornata Internazionale contro la Corruzione e la pubblicazione dell'ultimo rapporto del GRECO sull'Italia.

L'evento è sostenuto dalla Regione Emilia Romagna e promosso dall'Osservatorio provinciale sulla criminalità organizzata, il FISU (Forum Italiano Sicurezza Urbana) e il Comune di Bellaria Igea Marina

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Avviato il calendario natalizio di pranzi e cene con i 900 dipendenti del Consorzio Target Sinergie: sette appuntamenti in tutta Italia per scambiarci gli auguri di un felice 2017

Con i pranzi di Firenze, Milano e Soresina debuttano i tradizionali appuntamenti natalizi che coinvolgono i 900 dipendenti di Target Sinergie e delle cooperative consorziate, Log It e In Opera, impegnati nei tre settori di servizi: Logistica, Facility Management amministrativi, Igiene e pulizie. Domenica 11 i primi brindisi per tre cantieri della GDO, al Novotel hotel di Firenze, al ristorante La Cadrega di Pioltello e al ristorante Gli Oleandri di Castellone, nei pressi del cantiere di Soresina. Tre incontri sui sette che quest'anno saranno organizzati, due in più rispetto al Natale 2015, per raggiungere con un messaggio di pace e (speriamo) di felicità gli appalti in essere in otto regioni italiane.

Questa settimana di appuntamenti proseguirà il 13 a Pioltello, al ristorante la Cadrega, con i colleghi del cantiere Amsa. Dalla Lombardia alla Sardegna: a seguire, le feste all'Agriturismo Il Giglio di Oristano, una cena il 14 e un pranzo il 15, dedicati ai dipendenti sardi nei tre cantieri che Target Sinergie gestisce nell'isola. Il 17 la tappa riminese, per i dipendenti della sede e dei diversi cantieri nella provincia di Rimini e Forlì Cesena, con un aperitivo a partire dalle ore 18,30 all'hotel Sporting. Infine, l'ultimo festeggiamento il 20 dicembre a Carinaro, Caserta, con i colleghi campani impegnati alla Comifar per pranzare al ristorante Country House. Buone feste.

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Il Controllo a distanza dei lavoratori a seguito del Jobs Act

Chi installa videocamere o dispositivi per controllare i dipendenti, senza previo accordo con i sindacati, commette un reato. Anche a seguito dei decreti attuativi del Jobs Act.

Lo ha stabilito la terza sezione della Corte di Cassazione penale (sentenza n. 51897 ud. 08/09/2016 - deposito del 06/12/2016), relativamente al caso di una donna che presso il proprio distributore di benzina aveva fatto installare, senza però darne avviso, delle telecamere per controllare i propri dipendenti. Gli agenti accertatori avevano contestato il reato previsto dagli articoli 4 e 38 dello Statuto dei Lavoratori ed il Tribunale, in primo grado, aveva condannato la rappresentante legale dell'azienda. Veniva dunque proposto ricorso per Cassazione, rigettato tuttavia dalla Suprema Corte. 

La terza Sezione ha ricordato come il decreto 23/2015, attuativo di alcune deleghe contenute nel Jobs Act, abbia modificato la L. 300/70, "rimodulando la fattispecie che prevede il divieto dei controlli a distanza, nella consapevolezza di dover tener conto, nell’attuale contesto produttivo, oltre degli impianti audiovisivi, anche degli altri strumenti dai quali derivi la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori e di quelli utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa" e che dunque sussiste continuità di illecito, anche a seguito delle modifiche normative.

Gli Ermellini hanno specificato che tale condotta non costituiva un legittimo esercizio di chi intende tutelare il patrimonio aziendale, giudicando al contrario lesive "le manifestazioni del potere organizzativo e direttivo del datore di lavoro lesive della dignità e della riservatezza del lavoratore".

Leggi la sentenza integrale

 

Avv. Patrick Francesco Wild

 

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Imprenditore vittima di estorsione: imputati condannati, risarcimento alle parti civili

Il Tribunale di Milano ha condannato un'intera famiglia, accusata di tentata estorsione ai danni di un imprenditore. Risarcimento alle parti civili, tra cui SOS IMPRESA.

Le indagini prima e il processo poi hanno permesso di accertare come un'intera famiglia - tra cui il padre, soggetto già coinvolto in attività criminali di storici boss insediati a Quarto Oggiaro - avesse posto in atto un'attività estorsiva (riconosciuta dai giudici nella forma del tentativo) nei confronti di un imprenditore attivo in Lombardia nel settore delle pulizie. Le minacce erano finalizzate ad acquisire quote della società della vittima, per poi sostituirsi del tutto al legittimo proprietario. A quest'ultimo venivano imposta inoltre l'assunzione di diversi operai, tutti pregiudicati. L'imprenditore (difeso dall'Avvocato riminese Davide Grassi), tuttavia, ha trovato il coraggio di denunciare quanto stava subendo, anche grazie all'appoggio dello sportello di SOS IMPRESA, associazione a tutela della libera impresa che si è poi costituita parte civile nel processo, con l'Avv. Gaia Galeazzi del Foro di Rimini. 

Il 23 novembre scorso, il Tribunale del Milano, accogliendo le richieste del Pubblico Ministero Silvia Perrucci, ha così condannato tutti gli imputati: otto anni al capofamiglia e due anni alla moglie e alla figlia. Riconosciuto il danno patito dalle parti civili, i Giudici hanno poi disposto il risarcimento a favore dell'imprenditore e di Sos Impresa, alla quale è stato liquidato un danno di 10.000 euro.

Come riporta l'articolo di cronaca del giorno successivo, nell'ambito del processo si è assistito anche alla trasmissione degli atti in Procura per falsa testimonianza da parte di uno dei testi della difesa.

"Questa è solo una delle tante tristi vicende che emergono al Nord - commenta il presidente di SOS IMPRESA di Milano Ferruccio Patti - gli imprenditori non sempre hanno il coraggio di ribellarsi ai loro aguzzini".

(l'articolo è tratto da Repubblica del 24 settembre 2014, a firma di Sandro De Riccardis)

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Qualche altra ragione perché voto Sì e perché penso che una parte della sinistra del No fa una battaglia di sopravvivenza

La casa di Kikko (il mio blog) - Mar, 29/11/2016 - 21:02

Non mi riconosco in Renzi. Ma in questa tornata referendaria mi riconosco ancora meno nelle ragioni del No. In nome di una pretesa fedeltà alla Costituzione alcuni, non tutti, a sinistra contrabbandano la loro incapacità di dialogare con la contemporaneità. Non hanno il coraggio di cambiare – CAMBIARE – e allora riesumano paure e parole d’ordine cresciute all’ombra del muro di Berlino. Le hanno preservate dalle macerie per cullare la loro sopravvivenza, in uno scenario antico che l’elettorato e la globalizzazione ha già ampiamente spazzato via.

La classe operaia c’è ancora, il ceto medio ha una fifa matta e questi continuano a usare un vocabolario che i primi non ascoltano più per rabbia e i secondi non capiscono perché alieno. Il NO a questo referendum per loro è la possibilità di mantenere ibernato un assetto istituzionale che li ha visti già scomparire, ridursi a gruppetti di scontenti che si accontentano di colonizzare l’Anpi, per fare un esempio evidente, o di trovare nel dissenso l’unico collante. Un piccolo prodotto per chi nella politica – POLITICA – è cresciuto, ben sapendo che la parola significava “costruire insieme”, trovare accordi che funzionassero per la comunità.

Si accontentano di tentare – o riuscire, lo vedremo il 5 - una spallata da fuori a Renzi. Ma i giochi si fanno in Parlamento, lì ci sono i numeri per andare o non andare alle elezioni. E le forze che sono dentro – tutte le forze, anche i 5stelle, che dopo Roma, Quarto, Livorno hanno perso la rassicurante e dorata verginità del non aver mai amministrato, per non parlare di Palermo e Bologna - non hanno questa fretta di andare a ricontare i propri consensi, o perché non sono più sicuri di riavere i loro numeri, o perché non sono ancora pronti.

L’eventuale vittoria del NO affosserà la riforma, questo è certo, ma non è altrettanto certo che affossi Renzi. Per questo io me ne frego di Renzi. Prima o poi passerà: lui lo sa e sta sereno. Mi frega invece di sgombrare il campo istituzionale da un Senato mero doppione della Camera dei Deputati. Mi frega di un Senato con nuove funzioni. Mi frega di scongelare un assetto istituzionale in una Italia che non fa più i conti con il fascismo, con il dopoguerra, con la Ricostruzione, ma li fa con un nuovo millennio, con un’Europa, con una società diversa dai diversi “fascismi”. Mi frega di cominciare a cambiare. Mi frega anche di rischiare un po’. So cosa mi lascio dietro, so cosa c’è scritto nella riforma, il rischio lo accetto e voto SI.

Argomenti: Blogging

Target Sinergie al Forum Retail 2016 di Milano

Tutto pronto in casa Target Sinergie per l'appuntamento di Milano con il Forum Retail 2016, dove l'azienda riminese sarà presente con un proprio stand, B, all’ingresso della manifestazione. Il salone dedicato alla «Innovazione in store e mobile experience per l’engagement del cliente», questo il tema trainante dell'evento meneghino, si terrà domani 29 e mercoledì 30 novembre all’Atahotel Expo Fiera, organizzato da IKN Italy – Institute of Knowledge " Networking per rispecchiare le trasformazioni del business e guidare il cliente verso l’innovazione.

Si tratta dell’appuntamento di riferimento per comprendere le grandi trasformazioni del settore del Retail e il team commerciale Target Sinergie – Davide Zamagni (Ceo), Gianluca Fabbri e Barbara Pifferi – è pronto a viverlo appieno. L’edizione 2016 rappresenta l’occasione per i professionisti del mondo Retail per confrontarsi, condividere idee e vivere l’esperienza del “negozio del futuro”. I contenuti di Forum Retail 2016 sono stati studiati e sviluppati grazie al contributo strategico di 5 Advisory Board – 4 in più rispetto alla passata edizione - composti da 40 membri di importanti aziende del settore che condividono con noi la loro esperienza e la loro visione sul futuro. Questo confronto fa sì che l’evento ogni anno si rinnovi nel formato e cresca nel numero di presenze, per esplorare tutte le aree di sviluppo con i maggiori player del settore. Da sempre rappresenta una grande occasione di networking tra end-user e fornitori.

L’edizione 2016 affronta temi strategici, sviluppati in 2 Sessioni Plenarie, 16 Sessioni Parallele e in 2 Board Room. Queste ultime vedranno protagonisti CEO e AD di prestigiose aziende operanti nel mercato nazionale e internazionale, che daranno interessanti contributi su tematiche come il ruolo della tecnologia nel punto di vendita, le previsioni su quanto accadrà nei prossimi tre anni nel mondo retail e l’individuazione delle reali esigenze del cliente. Si confronteranno inoltre sul Travel Retail e sulla diversificazione di prodotto e canale.

Il programma completo è consultabile sul sito ufficiale dell’evento: www.forumretail.com

forum_retail_testata.jpg Eventi Notizie
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Una logistica Smart che fa sempre più i conti con la tecnologia, le figure professionali e un valido rapporto tra le parti in outsourcing: gli atti del convegno Target Sinergie a San Benedetto del Tronto

Una logistica in crescita nel 2016, sempre più “Smart”, dove la tecnologia gioca un ruolo sempre più importante ma la cui rapida evoluzione diventa un vincolo da considerare nella gestione delle risorse umane. Si è parlato di questo ma anche di aspetti contrattuali al convegno di San Benedetto del Tronto dedicato alla esternalizzazione dei servizi logistici, organizzato da Target Sinergie in collaborazione con Confindustria Servizi Ascoli Piceno, Adaci e Aidp ad una platea di imprenditori giunti non solo dalla provincia ascolana. Tre gli esperti invitati per discutere le soluzioni della contract logistics nei processi aziendali, proprio per la complessità che riveste in termini operativi ma anche contrattuali tra imprese e le implicazioni nelle risorse umane. Così Damiano Frosi, dell'Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano ha inquadrato la situazione nell'economia italiana, l'avvocato Gianvincenzo Lucchini, dello studio bolognese Lucchini Gattamorta e associati, ha testimoniato le migliori prassi nell'approccio contrattuale, mentre Alessandro Belli, Hr manager della società perugina di consulenza Ideeprogetti, si è concentrato sulle scelte in materia di risorse umane che le forti evoluzioni della logistica e della tecnologia richiedono.

Lo stato dell'arte in Italia era quanto di più attuale, con Damiano Frosi che ha presentato il recentissimo Rapporto Contract Logistics 2016 del Politecnico di Milano, «dal quale emerge che la Logistica in Italia è sempre più complessa in un mondo che evolve grazie all'ecommerce e alle nuove tecnologie». Il ricercatore ha utilizzato l'acronimo “Smart”, perché racchiude «gli elementi che deve avere la logistica: Servizio, Multicanale, Agile, Resiliente e resistente per i cambiamenti sempre più dinamici del mercato e Tecnologica». Molto positivi i numeri 2016: «per la prima volta non è diminuito il numero di aziende del mercato, il fatturato continua a crescere (+ 1,2%) e anche nei margini operativi c'è una crescita. Terziarizzazione: siamo arrivati a 40%, segno che le aziende credono sempre di più nell'esternalizzazione e stiamo vincendo la battaglia culturale secondo cui per le imprese committenti dare all'esterno i servizi logistici può portare al rischio di perdere il controllo, cosa che abbiamo dimostrato, ovviamente scegliendo gli operatori più seri del mercato, non è assolutamente vero».

«Le tecnologie si sono evolute molto rapidamente ed anche se la logistica non le ha adottate da subito, ci sta arrivando. Abbiamo mappato otto strumenti tecnologici diversi, dagli smart glasses, che aiutano i pickeristi a svolgere le loro missioni, per arrivare alla dematerializzazione del materiale cartaceo – schede trasporto, ordini - per arrivare alle App, già diffuse da anni tra i consumatori, approdate ora nella logistica sopratutto nell'ultimo miglio e le consegne. Uno dei settori che cresce a doppia cifra è l'ecommerce, quasi del 20% ogni anno in un mercato in cui i consumi sono sostanzialmente stabili. Anche la logistica deve cominciare a giocare la sua partita. Se prima si parlava di Logistica che seguiva questo canale in maniera a se stante, quindi non in un'ottica integrata come la GDO o la vendita al dettaglio, ora si iniziano a usare delle sinergie con gli altri canali, sulla gestione delle scorte ad esempio o della distribuzione. Per questo si è passati a parlare da una logica multicanale a una logica omnicanale, il consumatore vuole sempre più un'esperienza d'acquisto uniforme su ogni canale e anche la logistica si deve adattare a questa evoluzione».

«La logistica è un settore che fa della velocità e della efficienza due leve del proprio posizionamento competitivo. - ha detto Alessandro Belli - La tecnologia va nella direzione di favorire, aumentare e accelerare questo processo. La necessità di introdurre innovazione in una prima fase genera un vantaggio competitivo. Ma la velocità di introduzione e di diffusione della tecnologia cresce in maniera esponenziale e questo significa che il vantaggio competitivo è di una durata sempre più ridotta e quindi in un breve tempo si trasforma da elemento di differenziazione a elemento imprescindibile e soltanto un punto di partenza. Se questo è vero, chi si occupa di risorse umane non può non considerare questi elementi come vincoli per le decisioni da prendere nella selezione e collocazione del personale e per lo sviluppo delle competenze. Le stesse competenze che vanno ricercate, formate e sviluppate sono significativamente diverse da quelle ricercate negli anni addietro. Si va verso un ruolo autonomo verso tutte le figure organizzative e manageriali, si va verso ruoli di creatività, si va verso ruoli dove la tecnologia stenta ancora a sostituire l'uomo, ed è lì che si fa la differenza in termini di produttività, efficienza, di innovazione, non solo tecnologica, ma anche in termini di posizionamento, di marketing e di servizi. Qui si riesce a lavorare sulla catena del valore e ad assicurare agli azionisti il giusto ritorno, ai lavoratori la possibilità di una continuità lavorativa, alle aziende di cavalcare nuove fasi di mercato».

Sugli aspetti contrattuali e le migliori prassi per un proficuo ed efficace rapporto contrattuale si è concentrato Gianvincenzo Lucchini, che da anni segue aziende del settore nella codifica del delicato rapporto di outsourcing. E conosce i limiti di un approccio in sequenza: «Nell'immaginario aziendale quando si parla di contratto si ipotizza uno strumento il cui principale scopo è di dare una regolamentazione giuridica ad un determinato rapporto. Con una certa ingenuità si pone questo momento in una sequenza verticale e successiva rispetto a un altro momento, quando gli enti aziendali – tecnici, operativi e amministrativi – arrivano a una regolamentazione che deve diventare lo strumento per il raggiungimento dei fini aziendali. Questa sequenza temporale e logica di una trattativa e di una sua rappresentazione giuridica è intrinsecamente e potenzialmente pericolosa, perché la realtà può essere regolata e disciplinata da un solo strumento, il contratto. E quindi delle due l'una: o la trattativa operativa e tecnica che precede il momento della redazione del contratto porta a due strumenti che sono assolutamente coincidenti l'uno all'altro, oppure esistono delle distonie tra il primo e il secondo. In questa distonia si consuma tutto il contenzioso che può nascere da un rapporto giuridico. Occorre quindi avere una grande attenzione nel creare un solo tavolo al quale far sedere chi delinea il progetto di outsourcing e chi deve poi andare a mettere questo progetto in un involucro chiamato contratto».

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Offese su Facebook all'ex datore di lavoro: logiche da social, niente diffamazione

Rimini - Quelle parole su Facebook non erano degli insulti, ma un giudizio critico sulle qualità del suo ex datore di lavoro. 

Sono le motivazioni con le quali il giudice Vinicio Cantarini ha definitivamente archiviato l'accusa di diffamazione nei confronti di un utente riminese del social network, difeso dall'Avvocato Davide Grassi, che aveva lasciato un commento a corredo di un post nel quale si lodavano le iniziative dell'altro, titolare di uno stabilimento balneare a Marina Centro. L'accusato, "indignato e rancoroso per il trattamento illegittimo subito nel corso del rapporto di lavoro avuto in passato" (a suo dire pagato cinquecento euro al mese in nero e senza giorno di pausa) aveva accompagnato la descrizione del presunto torto subito a un giudizio negativo ("Ecco chi è il noto filantropo"). Secondo il GIP, inoltre, la successiva espressione ("bella merda"), era da riferirsi alle condizioni di lavoro e non al bagnino. Per il giudice, la libera scelta di pubblicizzare la propria attività  su Facebook comporta anche un'accettazione al sistema di comunicazione dei social e quindi pure alle eventuali critiche. Nell'interpretazione del GIP, in questo caso, l'indagato spinto ad agire in uno stato di provocazione, non avrebbe superato il limite della continenza.

(dal Corriere di Romagna, edizione del 15 novembre 2016)

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La pronuncia del Giudice per le Indagini Preliminari di Rimini definisce il caso in questione, tornando nuovamente su uno dei temi più attuali e scottanti del momento, vale a dire le condotte degli utenti sui (numerosi) social network - nella specie Facebook -, sconfinato terreno all'interno del quale possono verificarsi situazioni che determinano quotidianamente l'instaurarsi di procedimenti penali a carico degli stessi. Nella vicenda in esame, il GIP riminese ha accolto la tesi prospettata dalla difesa dell'indagato e dal Pubblico Ministero che ne aveva richiesto a sua volta l'archiviazione, evidenziando che l'accettazione delle logiche dei social da parte di un utente non pone quest'ultimo al riparo dalle eventuali critiche, sempre che queste non contengano notizie o fatti falsi o attacchi gratuiti alla persona, contumelie o espressioni dileggianti. L'indagato, in altre parole, non ha superato i limiti della continenza poiché "...Sono in definitiva gli interessi in gioco che segnano la misura delle espressioni consentite. D'altronde, come ricorda la giurisprudenza CEDU, il diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni non concerne unicamente le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti, alla cui manifestazione nessuno mai s'opporrebbe, ma è al contrario principalmente rivolta a garantire la libertà proprio delle opinioni che urtano, scuotono o inquietano (Cass. n. 36045/2014).

 

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Truffe online: sussiste l'aggravante della minorata difesa

La Corte di Cassazione ha affermato che in relazione al reato di truffa commesso attraverso vendite “on line”, è configurabile la circostanza aggravante della c.d. minorata difesa, prevista dall’art. 61 n. 5 cod. pen., richiamata dall’art. 640, comma 2, n. 2 bis, cod. pen. [Sentenza n. 43705 ud. 29/09/2016]

La Corte ha osservato che nell'ambito delle vendite online, il venditore, in virtù della distanza fisica e del versamento anticipato del prezzo da parte dell'acquirente, si pone su un piano di maggior favore rispetto alla vittima. Vantaggio di cui non godrebbe qualora la vendita avvenisse "de visu".

Avv. Patrick Francesco Wild

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Dopo tante parole ascoltate, esprimerò un monosillabo per il cambiamento: sì.

La casa di Kikko (il mio blog) - Ven, 04/11/2016 - 20:40

Io voterò sì al referendum del 4 dicembre. E non lo farò per sostenere questo o quel governo, questa o quella maggioranza, ma perché questa è, sopratutto, un’ottima occasione per superare un bicameralismo paritario inutile e anacronistico. E francamente sono stanco di vedere tentativi di rinnovare la nostra formula parlamentare naufragare nelle secche della tattica politica e nell’agitazione del consenso. O peggio, nella resilienza di figure politiche ormai ampiamente messe all’angolo dal tempo e da loro stesse. Credo sia questa l’occasione per dire se si vuole fare un passo avanti da un’architettura legislativa ormai datata oppure no. Io dico sì: si può fare ora.

Ci ho messo un po’ a prendere una posizione netta. Anche quando l’orientamento era in qualche modo definito, ho atteso un gesto risolutivo – una revisione della legge elettorale meno “centralista” nella selezione dei capolista – che purtroppo non è arrivato. Una conferma al mio non apprezzare Renzi come segretario di partito. Ma questo lo discuteremo al congresso: sarei insipiente a legare una scelta di revisione costituzionale sulla base della mia affinità con Renzi. La rimodulazione delle funzioni del Senato in chiave più collegata al decentramento è da troppo tempo un dibattito, il “come farlo” ha tenuto in ostaggio il “quando”. E comunque, una riforma del Parlamento travalica l’attuale figura del capo del governo. I presidenti del consiglio passano, la Repubblica resta, sempre e comunque. Ora abbiamo una legge, votata in entrambve le Camere, che cambia il Parlamento, dopo anni di discussione e tentativi abortiti dalla tattica politica. Ora abbiamo una riforma che, seppur perfettibile, è già operativa, non è vuoto cianciare. E’ un cambiamento reale e tangibile. Che sposo convintamente.

Ho passato oltre 12 anni della mia vita a raccontare il lavoro dei parlamentari, di entrambi i rami. Sergio Gambini e Sergio Zavoli in due legislature, in modo limitato Giuseppe Chicchi ed Ermanno Vichi, infine Elisa Marchioni. Ho passato ore ed ore insieme a loro, con associazioni, enti e “semplici cittadini” a ripercorrere l’iter parlamentare di leggi che non avrebbero mai visto la luce nell’assurdo ping pong di discussione tra commissioni e Camere. Ho esultato le rarissime volte che un disegno di legge (ddl) è diventato norma: perché la normalità del lavoro del singolo parlamentare locale è non riuscire a far vedere la luce a un suo ddl, stretto com’è dalle procedure in doppia copia, insieme alla complessità della legislazione e dei rapporti politici (si, ci sono anche questi). Ho scritto di emendamenti che, in righe illeggibili nel linguaggio “parlato”, in commissione o in Aula diventavano occasioni o tranciavano speranze. Sempre in doppia copia. Gli emendamenti diventava notizia troppo spesso ben più di quattro volte nel corso di una Finanziaria: quando si presentavano alla commissione alla Camera, quando erano bocciati (o passavano) in commissione alla Camera, quando si ripresentavano in Aula, quando venivano bocciati in Aula, e poi di nuovo tutto l’iter al Senato. Una serie inesauribile. Provate a pensare quanto lavoro c’è dietro a ogni singola mozione – il parlamentare che la formula, il tecnico legislativo che la scrive, il tecnico che trova la copertura finanziaria, i parlamentari che la devono discutere - e quadruplicatelo, e avrete una pallida idea del perché considero l’abolizione del Senato come duplicato di una camera legislativa già operante un sano taglio alle normali procedure parlamentari. Non è un taglio alla democrazia, è un taglio a procedure che, al di fuori dei percorsi protetti che avvolgono le norme fondamentali per la nostra Repubblica, sono ridondanti e pleonastiche.

Ho letto molte cose che considero assurdità in queste settimane di discussione. La più grande è che la Costituzione è intoccabile, pena il viatico per una nuova dittatura. Lo Statuto Albertino ci accompagnò dagli arbori dell’Italia risorgimentale – una Italia cetuale dove gli ultimi non avevano diritto di voto - alla dittatura fascista senza bisogno di essere modificato. Per questo nacque la nostra Carta, sulle macerie della nazione e sul sangue dei Partigiani e di chi la liberò. In quei sacrifici c’era la volontà di un rinnovamento dell’Italia così come era stata costruita e poi distrutta, sbarrando la strada al ritorno di una dittatura. Una Italia che ora chiede di cambiare ancora, non mettendo da parte il profondo senso di quei sacrifici, che sono e resteranno la base del vivere comune, ma nell’organizzazione dello Stato e delle sue rappresentanze del corpo elettorale, dei cittadini. Ancora, cito le modifiche della Riforma, “Ciascun membro della Camera dei deputati rappresenta la Nazione (art. 55). Ed ancora “I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato” (art. 67). Solo, le due Aule avranno funzioni diverse: “Il Senato della Repubblica è composto da novantacinque senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica” (art. 57). Tutti i parlamentari hanno quindi una legittimazione popolare, ma un percorso elettivo e un compito diverso: dov’è quindi il pericolo per la nostra democrazia? La discussione in realtà è un’altra. E’ scegliere se davvero si vuole modificare qualcosa nella nostra politica, se si vuole uscire dalle secche della contrapposizione senza costrutto o dalla tattica del consenso, oppure se si vuole cominciare – cominciare – a cambiare. Io sono per cominciare a cambiare e lo dico con un Sì. Renzi o non Renzi.

Argomenti: Blogging

Save the date: convegno "Le leve dell'impresa futura: dalla Gestione delle risorse umane alla Contract Logistics. Stato dell'arte e buone prassi contrattualistiche"

In principio era “esternalizzare per ridurre i costi”. Oggi, l'orizzonte è la Contract Logistics: la logica dei tagli è stata superata e flessibilità, variabilizzazione dei costi, snellimento della struttura aziendale, riduzione dei rischi d'impresa sono diventati i fattori strategici. E' un’evoluzione in atto e, come per ogni evoluzione, ci sono molti ‘‘come’’ e ‘‘perché’’, varie regole e buone prassi. Tutto questo diventa il tema della tavola rotonda "Le leve dell'impresa futura: dalla Gestione delle risorse umane alla Contract Logistics. Stato dell'arte e buone prassi contrattualistiche".

Target Sinergie insieme a Confindustria Ascoli Piceno e ADACI hanno organizzato un seminario per parlare della Contract Logistics, invitando due esperti della materia: Damiano Frosi, Project Manager dell’Osservatorio Contract Logistics del Politecnico di Milano, che illustrerà lo stato dell'arte della Contract logistic in Italia, secondo l'ultimo rapporto appena stilato dal centro studi, Graziana Dell'Apa, (avvocato dello studio legale Lucchini Gattamorta e Associati di Bologna) che porterà la sua contrattuale in materia, e Alessandro Belli (HR manager, temporary manager, Ideeprogetti - Consulenza Direzionale, Risorse Umane e Ambiente). Insieme, dialogheranno con imprenditori, manager e dirigenti d'impresa, portando le studi, esperienze e case histories, moderati da Davide Zamagni (presidente Target Sinergie, Contract Logistics & Facility Management).

L’evento si svolgerà il 15 novembre a partire dalle ore 16.30 presso la sede di Confindustria Servizi a San Benedetto del Tronto, in Contrada San Giovanni Scafa. Per iscriversi compilate il form, per ulteriri informazioni potete contattare Barbara Pifferi via web oppure via tel. 0541 796462 e Fax 0541 796450 (Target Sinergie Rimini), o Confindustria Servizi: Antonella Marinelli, info@confindustriaservizi.ap.it, tel 0735 610102 fax 0735 751125.

Vista la disponibilità limitata, le adesioni si riceveranno entro il 14 novembre.

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Sull’attualità del gruppo operativo

Scuola di prevenzione José Bleger Rimini - Mar, 01/11/2016 - 21:52

del Professor Armando Bauleo

(Il titolo originale dell’articolo, tratto da www.area3.org.es Numero Especial nº 1, è “Sobre l’actualidad del Grupo Operativo” ed è stato tradotto dallo spagnolo da Lorenzo Sartini)

Conferenza inaugurale del congresso internazionale “Sull’attualità del Gruppo Operativo”, svoltosi a Madrid dal 24 al 26 febbraio 2006

L’asse che spero guidi questo incontro comprende un messaggio doppio, sottilmente compreso nel titolo, i cui diversi aspetti sarebbero articolati grazie alla questione dell’attualità.
Il messaggio è doppio nel senso che punta a due direzioni: una di esse è la domanda sulle condizioni nelle quali si trova oggi il Gruppo Operativo; l’altra si deve al fatto che, chiedendo a proposito di queste condizioni, inevitabilmente si pone il problema su ciò che succede, nel presente, con l’operatività dei gruppi.

Con la nozione di operativo, operatività, operazione gruppale, ci troviamo nel campo della prassi gruppale, cioè in un piano dal quale abbiamo sempre voluto poter intravedere le relazioni che mantenevano un insieme di nozioni con le attività gruppali. Tutto questo ritagliato in questo momento storico-sociale-economico.

Rispetto alla questione dell’attualità si rende necessario esplicitare la nostra posizione. Foucault in “Sapere e verità”, interrogando il presente, si domandava “qual è la mia attualità? Qual è il senso di questa attualità? Che cosa è che faccio quando parlo di essa? Ho qui, mi sembra, la singolarità di questa nuova interrogazione sulla modernità?”.
La sua inchiesta è, per volere di Nietzsche, una genealogia, pertanto “condurre l’analisi partendo dalla questione del presente”.
“Il lavoro genealogico – segnalano Alvarez-Uria e Varela, autori del prologo di quel testo foucaultiano – esige una minuziosa analisi delle mediazioni, isolare le trame secondo i fili, definire le sue conformazioni, le sue trasformazioni, la sua incidenza nell’oggetto di studio e, infine, ripensare i concetti che permettono la sua definizione”.
Ricordiamo che nelle sfumature di questi pensieri emerge la sentenza dell’Ecce Homo di Nietzsche: “La mia filosofia trionferà un giorno sotto questo motto: ci lanciamo nelle braccia del proibito. Ed è che, ancora oggi, quello che è stato sistematicamente proibito era la verità”.
La problematizzazione dell’attualità, l’interrogazione sul presente, porta il senso specifico di ciò che si può inquadrare di una pratica, di un discorso, di un successo o fenomeno, in un’epoca determinata.
Nel nostro caso, quindi, cercheremo di iniziare l’analisi di queste due direzioni attraverso le osservazioni o le domande sullo sviluppo gruppale nel presente.
Per essere più preciso e chiaro: “La storia non ha ‘senso’, che non vuol dire che sia assurda o incoerente. Al contrario è intellegibile e deve poter essere analizzata fino al suo più minimo dettaglio: ma partendo dall’intelligibilità delle lotte, delle strategie e delle tattiche” (Michel Foucault, “Verità e potere” in “Microfisica del potere”)

Ora miriamo alle condizioni attuali del Gruppo Operativo. Partendo da quella esperienza primitiva nel Manicomio di Buenos Aires, modello mitico di una nascita, l’idea e la pratica dei Gruppi Operativi transitarono per diverse regioni o paesi, istituiti in innumerevoli scuole, conferenze, seminari, gruppi di studio così come pratiche istituzionali o comunitarie.
Da molto tempo osserviamo questa grande diffusione che ha acquisito il Gruppo Operativo, ma essa non può essere confusa con un aumento della densità concettuale e pratica che oggi dovrebbe aver arricchito la nostra concezione.
Ci troviamo con un’enorme disparità tra quella diffusione e il magro accrescimento dell’insieme concettuale.
Una questione generale di come ci troviamo attualmente illuminerebbe questo quadro. Quindi, confrontati con questa situazione, cercando di sciogliere i fili, verifichiamo che non mancano scritti, ma questi mirano alle applicazioni del Gruppo Operativo e alle osservazioni sul funzionamento in circostanze specifiche.
Abbiamo notato anche qui un grande sforzo per ripensare alle possibilità che fornisce questo tipo di gruppo.
Ma ci troviamo anche con molte descrizioni, al contrario, che sono mere volgarizzazioni che fanno entrare il nostro Gruppo Operativo nell’ambito di un populismo esasperato che permette di indovinare la mancanza di elaborazione teorica dell’autore o le resistenze al cambiamento che lo cinsero, non facendolo uscire dal manifesto grossolano del suo lavoro.
Una certa quantità di autori hanno omologato la nostra concezione gruppale con giochi infantili, non in senso winnicottiano ma circense, per esempio, un autore commenta a proposito delle divertenti conseguenze che deriverebbero dall’assenza del compito, quando ben sappiamo che la non presenza del compito provoca un’angoscia per l’imprecisione della situazione e un clima di confusione.

Aggiungo che il vero divertimento si produce quando la demolizione dell’ostacolo epistemologico provoca ‘esplosioni creative’. Lavorando con un intendimento psicoanalitico in situazioni di disagio, come in ‘Villas en Emergencia’[1], non siamo mai stati obbligati a diminuire il livello teorico del nostro lavoro. In un’occasione il nostro autore affermò che: “lavorare significa intraprendere il cammino per pensare qualcosa di differente da ciò che fino allora si pensava”. Centreremo, ora, il nostro sguardo su tre questioni fondamentali, le ritagliamo e cerchiamo di orientarci nella loro attualità.
L’idea di compito, la comprensione del latente (nelle sue due versioni, la trasmissione e la sua comprensione) e la valutazione della nozione di emergente.

Ognuno di noi che ha studiato attentamente le diverse prassi gruppali può confermare  – in molte di esse – che l’idea di compito non è percepita nella sua pienezza, si prende formalmente come l’obiettivo o il ‘dovere scolare’, pertanto si può fare una specie di bilancio esprimendo che ‘è, bene o male’ realizzato.
Il compito, elemento che convoca alla realizzazione di un gruppo, ha sfaccettature manifeste e latenti, provoca mobilizzazioni inconsce dei vincoli tra gli integranti, stimola la dinamica dell’aggiudicazione e assunzione dei ruoli e la finalizzazione di un compito è dato dall’inquadramento gruppale o istituzionale che si era fissato del tempo e dello spazio, dall’inizio dell’esercizio gruppale.
Pertanto, il compito oltrepassa il titolo dato ad una dinamica di gruppo. Sottolineiamo che siamo nell’ambito della ‘sofferenza’ del corpo teorico della nostra concezione, sperando che dall’errore possiamo estrarre il vantaggio di apprendere, inoltre si tratta di delucidare non ciò che corrisponde o no alla concezione operativa, cioè in un clima di ortodossia, ma di svelare le linee storiche di questa concezione che ce ne permette l’uso nel nostro lavoro.

Continuiamo, ora, con le problematiche che riguardano il latente. Possiamo dire che l’insufficienza nella comprensione del latente fa che, chi coordina osservi il funzionare del gruppo sullo stretto piano manifesto, cioè si prende come elementi forti del processo gruppale ciò che si può ‘palpare con la mano’. Segnalano, per esempio, in certe comunicazioni per descrivere l’evoluzione del gruppo, una lista di commenti o di aneddoti che esprimono gli integranti del gruppo, a cui segue una serie di opinioni dei coordinatori, o questi dirigono l’ordine degli oratori o indicano come i membri debbano farsi carico del compito. La descrizione assomiglia a una riunione di amici. Il gruppo ha perso la propria autonomia in quanto si è istaurata una leadership che lo dirige.
Esiste, pertanto, un vedere o un sentire con i padiglioni delle orecchie. Nei primi scritti freudiani già si parlava dei punti ciechi dell’analista. È difficile, per chi non ha elaborato certi conflitti propri, aiutare gli altri a risolvere quegli stessi conflitti.
Ora credo che dobbiamo affrontare queste circostanze iniziando ad interrogarci circa il nostro atteggiamento nella didattica. Il modello del sogno ci ha permesso di intendere la dialettica esistente tra il suo manifesto ed il latente intrecciato con esso. Gli insegnamenti su come interpretare il sogno ci spingono a considerare questa dialettica.
Sarebbe utile, nell’affrontare questa tematica, che ci confrontassimo, almeno, con due livelli di problematiche, alcune vincolate con la trasmissione, cioè con i modelli dell’insegnamento/apprendimento, le altre con le probabilità di capire, da parte dell’auditorio, o da parte degli alunni, la nozione di latente.

C’è un principio che indica che il nostro modello didattico (informazione-gruppo) contiene come un’iniziativa per avviare i membri del gruppo a percepire, intuire, apprezzare, capire, in uno stato tra il cosciente e l’incosciente, l’intergioco latente che sta funzionando nei distinti momenti del processo gruppale.
Le interpretazioni del coordinatore favoriranno le strade per questa comprensione, poiché il capire il funzionamento del latente proviene dall’esperienza gruppale realizzata e non solamente da una conferenza formale.
Il gruppo operativo dovrebbe contenere momenti iniziatici per acquisire una specie di sapere del latente. È così che si comincia a comprendere che i vincoli con gli altri includono aspetti che mai ci sono totalmente chiari, pertanto è necessario un terzo – il coordinatore – per arrivare a dar loro qualche significato.
Questo principio, che si incontra nel nucleo del Gruppo Operativo, dovrebbe essere internalizzato nei professori e nei coordinatori. Se non è così, allora dobbiamo domandarci se essi sono coscienti delle loro posizioni e delle loro responsabilità di fronte all’insegnamento ‘latente’ del latente.
Che fare con i punti ciechi di se stessi, a che cosa si devono, come possiamo uscire da questo pantano?

Non credo che possiamo sfuggire e né uscire da questa situazione con dei consigli.
Si rende necessaria una riflessione istituzionale sulla stessa, ricordiamo la frase di Paul Veyne: “Foucault non attaccava le elezioni degli altri, ma le razionalizzazioni che gli altri aggiungevano alle sue elezioni”.
Dall’altro lato ci domandiamo: che cosa accade agli utilizzatori o agli alunni? È abbastanza facile parlare di resistenze al cambiamento o di duri ostacoli epistemologici, sebbene teniamo a mente il deterioramento culturale proprio della globalizzazione e del consumismo.
Pichon-Rivière, alla domanda su chi dovrebbe integrarsi in un gruppo, in base alla sua idea di eterogeneità, segnalava che chiunque avrebbe potuto farlo, solamente si rendeva necessaria la sua motivazione a partecipare.
Cioè, il gruppo attuale ‘insegna’ al gruppo interno ad elaborare l’informazione che è stata fornita.
Pertanto, la prima questione che dovrebbe essere introdotta nell’insegnamento è il carattere caleidoscopico del compito, questo è e non ciò che si stipulò come finalità del gruppo. Questo già indicherebbe che esiste qualcosa di distinto dal manifesto. Ma questa circostanza sorge, semplicemente, quando i membri dimostrano che tutti hanno idee differenti sul compito proposto, e che queste idee provengono dalle proprie esperienze precedenti e dalle ‘voci’ interiori nate nel gruppo interno.
Ci interrompiamo per segnalare una questione che è sorta nel nostro discorso: continua ad esser valida, oggi, l’immagine o il sentimento della presenza di un gruppo interno nei soggetti? Si diffonde, ora, che questo gruppo interno è uno dei pilastri della concezione operativa?

Non dimentichiamo che esso è un elemento essenziale di qualsiasi vincolo, a sua volta è ciò che rende possibile la dinamica di aggiudicazione e assunzione dei ruoli, questioni, queste, che servono per studiare la patologia familiare ed i suoi emergenti. Ricordiamo che il gruppo interno cerca di trasformare in familiare il gruppo nel quale si sta partecipando nel momento attuale, per ‘salvare’ il soggetto, un modo di salvare l’individuo nel suo sforzo di elaborare le differenze esistenti tra lui e gli altri del gruppo.

Poiché ci siamo addentrati su questo tema, affronteremo la terza questione, la spinosa questione dell’emergente. Dall’inizio della nostra concezione la questione dell’emergente non è stata mai univoca.
Proporre un’indicazione esatta della cosa alla quale ci riferivamo ci sfuggiva sempre tra le mani o, per meglio dire, tra le diverse definizioni. Il caso che lo esemplifica meglio è la situazione del sofferente mentale, nella quale questo sarebbe l’emergente ed il prodotto dell’incrocio dei disagi nei vincoli familiari. L’emergente sarebbe quella figura che condensa e specifica in se stessa le mancanze nella comunicazione, i problemi generazionali e la dislocazione dei posizionamenti familiari, dei conflitti e lutti non elaborati nella dinamica familiare.
Da ora in poi esiste una semi-oscurità, un conoscere ambiguo su ciò che può essere considerato l’emergente di un gruppo. In varie occasioni lo si confonde con l’apparizione di un leader, ciò che gli fa perdere la sua proprietà di elemento del latente, quindi di essere alieno alla coscienza degli integranti del gruppo, o di costituire l’iceberg di una fantasia gruppale.

Per me, la percezione e l’interpretazione dell’emergente dipende da un lavoro del controtransfert del coordinatore, controtransfert costruito non solo dalle esperienze emozionali, ma anche dall’articolazione di queste con la formazione teorico-pratica di quel coordinatore.
Seguendo le tracce delle indicazioni freudiane, direi che ci imbattiamo nella segnalazione della ‘comunicazione da inconscio a inconscio’. Il coordinatore ‘appena darà conto’ del contenuto della sua interpretazione, la risposta apparirà nella creazione di un altro emergente gruppale, pertanto non si chiude mai il dialogo attorno al tema proposto come compito. La sua parola non è oracolare.

Se così non lo pensano i colleghi della nostra comunità scientifica – come direbbe Khun -, sarebbe bene che esprimessero come si capisce e segnala un dato emergente, e che cosa denominano emergente.
Ci rimarrebbe da affrontare – e non lo faremo oggi – in questa problematizzazione del presente della nostra concezione, già iniziata la discussione sui Gruppi Operativi, l’altra metà di questa concezione che corrisponde alle idee e alle pratiche accumulate intorno alla denominazione di Psicologia Sociale.
Una definizione concisa e veloce segnalerebbe che la Psicologia Sociale si incarica di studiare gli scambi esistenti tra la struttura sociale e l’organizzazione psichica dei soggetti, uno studio ritagliato della soggettività sorta in un momento storico-sociale-economico.
Possiamo dedurre che i Gruppi Operativi sono stati concepiti non solamente per studiare i movimenti interni di una dinamica gruppale, ma anche costruiti per un fuori, per un contesto, come metodo o strumento per indagare e intervenire in un campo disegnato da una Psicologia Sociale. Aggiungiamo che Bleger ha indicato chiaramente gli ambiti per i quali transitano questi gruppi. È così che il contesto sarà investigato nelle sue diverse qualità dalla prassi gruppale, indagine che, a sua volta, va trasformando questo contesto e le forme gruppali che sono intervenute in esso.

Quindi, in questo momento ci troviamo con questioni o domande che, partendo dal presente, devono risignificare la storia della nostra concezione.
L’idea di questa Psicologia Sociale si intreccia con l’apparato nozionale e con le pratiche dei gruppi. Ci sembra difficile stabilire che cosa o chi nacque da che cosa o da chi. Abbiamo presente che Pichon-Rivière è sempre stato uno psicoanalista, l’‘apparato analitico’ è stato il suo gruppo di lavoro interno. Aggiungiamo che non lo ha mai soddisfatto una metodologia clinica calibrata sull’attività individuale e privata.
I gruppi appaiono come una situazione collettiva lavorata in forma collettiva. La nozione di vincolo, da lui coniata, lo ha provvisto di un elemento ‘plus’ per entrare in quei collettivi, non solo gruppali ma anche istituzionali e comunitari.

Il precedente dimostra, in parte, i legami e le difficoltà di una separazione tranciante. Ma lo stesso Pichon-Rivière ha stabilito un primariato, o luogo di privilegio, nel dare alla Psicologia Sociale la possibilità di accogliere un’identità.
Noi ci definiamo come Psicologi Sociali e non come gruppalisti, sebbene adottiamo quest’ultima definizione in circostanze precise.
In un disegno sulla disposizione delle scienze sociali, la Psicologia Sociale sarebbe come un’intermediazione, che si adatta e si colloca come cuneo tra la Psicologia – che deve necessariamente ridefinirsi a partire dalla scoperta della Psicoanalisi –  e la Sociologia, si fissa così un elemento che si occupa di elaborare le relazioni tra soggetto ed il suo contesto.

In alcune università esiste una disciplina con quel titolo, non saprei dire in quali, ma in quei casi la Psicologia Sociale è sperimentale e circoscritta a effettuare studi sui comportamenti sociali marcatamente manifesti.
All’interno della nostra concezione, la Psicologia Sociale si occupa di situazioni di alta complessità, poiché inizia partendo da emergenti comunitari e/o regionali e da questo presente si immerge nella profondità delle sue storie.
Credo di aver realizzato una punteggiata sintesi che ci permette di iniziare un’indagine sulla nostra attualità nel campo del movimento gruppale. Movimento che ci serve per studiare e intervenire nel contesto storico-sociale nel quale siamo inclusi. Spero che questa occasione sia solo l’inizio per approfondire questa indagine.

Madrid, 24 febbraio 2006

[1] Le ‘Villas de Emergencia’ o ‘Villas Miseria’, in Argentina, sono delle città sorte intorno agli anni ’90 in aree periferiche di poco valore e caratterizzate da un alto grado di precarietà e scarso equipaggiamento dal punto di vista sociale (n.d.t.).

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