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Una porta piena di spifferi

La casa di Kikko (il mio blog) - Mer, 15/01/2014 - 16:05

Uno dice: beh, perdiamo il lavoro e pensa che sia finita lì. Si chiude una porta e si apre un portone, forse. E in qualche modo mi piacerebbe fosse così. E invece si scopre che si spalancano un sacco di feritoie da quella porta che si sta chiudendo, feritoie che occorre studiare, scrutare e poi tentare di aprire. Perché la porta che viene chiusa, forse, non è stata chiusa nel modo più corretto. Ma occorre dimostrarlo.

Me ne sono accorto oggi, quando siamo stati convocati per la penultima busta paga, quella relativa a a dicembre. La procedura è stata laboriosa: il presidente della cooperativa Feynman – il nome di un famoso fisico – ha esposto il suo profondo rammarico per l'epilogo e per la triste situazione in cui ci troviamo. Sottolineando che è anche la loro, una triste situazione. Gettando lì, en passant, che al tavolo delle trattative del prossimo 21 gennaio con le parti sindacali, avrebbe proposto il licenziamento collettivo.

Si è anche premurato di dirci a quali ammortizzatori potevamo accedere, escludendo subito mobilità e cassa integrazione. Due ore di colloquio, allungate da una costellazione di interventi vari dei colleghi, conditi dalle giuste preoccupazioni di chi ha responsabilità familiari maggiori. Un clima empatico che avrebbe commosso. Molti miei colleghi hanno partecipato a questo clima empatico, in modo più che dignitoso. Naturalmente nel tempo lasciato dal presidente. Altri ancora si sono preoccupati delle spettanze maturate e non ancora liquidate, nonostante se ne parli da tempo. Altri hanno preferito tacere. Sono stati per lo più gli stranieri, che non sempre riescono a seguire i dialoghi in italiano e le normative di un paese comunque straniero, «crazy but beautifull».

Ripeto: un clima empatico che avrebbe potuto commuovere. Se. Se non conosce abbastanza la legislazione vigente. Non si conoscono tutti i passi che hanno portato a questa prospettata conclusione. Se non si colgono i significati delle parole. Se non si mettono in fila gli impegni dichiarati. Se si accetta che restino dei meri enunciati. Se si da per scontato che l'empatia eluda in un colpo precise responsabilità. Ecco. E' stata in questa occasione che ho apprezzato la mia lunga militanza nella politica. Non so se potrà essere utile ai miei colleghi. Ma finita la riunione e tirate le somme tra di noi, ripercorrendo insieme quel che abbiamo sentito e quel che abbiamo visto in questo anno trascorso, quel clima empatico si è dissolto.

Argomenti: Luoghi:

Wanna Marchi mon amour

La casa di Kikko (il mio blog) - Mar, 14/01/2014 - 22:39

Ogni volta che leggo su Fb frasi del tipo “Clamorosa rivelazione”, “incredibile”, “prima che venga censurato”, “quello che non vedrete mai in televisione” mi vengono in mente certi personaggi, quando in televisione impazzavano gli urlatori nelle televendite. Robertino, mi pare si chiamasse uno, quello robustino, con i baffi, che sembrava sempre sull'orlo dell'infarto e in deficit d'ossigeno. Oppure la mitica Wanna Marchi, prima che le disavventure troncassero una gloriosa carriera di teleimbonitrice. E gli emuli? Una miriade, tutti a urlare a squarciagola nei tubi catodici di Telecampanile. Ecco, le tecniche di adescamento son sempre le stesse. Cambiano i prodotti che ti vogliono propinare. Solo che questi sono gratis, al massimo ti costano un voto.

Argomenti: Informatica:

Abbiamo perso il lavoro. Via sms.

La casa di Kikko (il mio blog) - Gio, 02/01/2014 - 14:14

Tutte le sere alle nove un sms mi avvertiva se avrei lavorato il pomeriggio dopo. Se non c'era lavoro, sarei stato a casa. Oggi, un sms mi ha confermato quel che già si ipotizzava: starò a casa a tempo indefinito. L'azienda presso la quale avevamo l'appalto ha disdetto il contratto causa cessione ramo d'azienda. E io e altre 16 persone non sappiamo quale sarà il nostro destino lavorativo. Tutto via sms. Per un anno ha funziona così: il messaggino mi diceva se c'erano dei libri da smistare ai vari ordini, inscatolare, impilare in bancali, sigillare e avviare alla spedizione. Parliamo di migliaia o decine di migliaia di libri. Funziona così in certe cooperative di logistica (perché formalmente è una cooperativa, ma il caposquadra chiamava il presidente “titolare”). Funziona così anche per chi è part time come me.

Dubito che “i milanesi” (come chiamo l'azienda del lavoro pomeridiano) ci chiederanno di trasferirci in un altro dei loro cantieri, a Milano – dove ha sede - o giù di lì. Magari però arriverà un sms: «nel dispiacerci per l'epilogo, l'informiamo con piacere che c'è pronto un posto per lei a Usmago, presso lo stabilimento XY, a partire dalle 7,30 di domattina». E' più probabile invece la cassa integrazione. L'ultima volta che li abbiamo sentiti – perché il disastro era nell'aria – ci hanno rassicurato: non sappiamo nulla, sappiamo solo che hanno venduto il settore dei libri a metà prezzo. Ma state tranquilli: c'è la cassa integrazione». Ho passato la vita sui libri, e gran parte delle cose che so me le hanno insegnate loro. Ora i libri mi regalano una nuova esperienza lavorativa: la cassa integrazione. Spero.

Argomenti: Luoghi:

Target sinergie affianca Drive Eat: tante proposte di ristorazione veloce in una sola innovativa idea. L’azienda riminese aiuta il progetto con il settore Igiene e pulizie

La ristorazione veloce vive in una nuova, innovativa dimensione: Drive Eat. E Target Sinergie accompagna con i servizi della divisione Igiene e Pulizie la neonata “food court” di nuova concezione, ovvero tante proposte del gusto in una sola struttura. E’ Drive Eat, appunto, il locale inaugurato a San Giovanni in Marignano in una posizione strategica, appena fuori Cattolica, proprio di fronte al casello dell’autostrada A14 e con un ampio parcheggio. Drive Eat è il luogo dove le culture dello street food hanno trovato una sintesi e ognuno può trovare la risposta al proprio appetito. Dalla piada fatta a mano di Zaira la Piadinara, dal Sushi Sunbar – fusion style all’inedito burgher kebab restaurant di Pellekappona, insieme a Maranello il Ristorantino Pasta & Pizza, inaugurato da poco. E, naturalmente, il bar caffetteria Pascucci. Insomma, tanti ristoranti affacciati su una sola sala, che diventa quindi una piazza del gusto. «Si tratta di un’offerta che copre tutti i target della ristorazione veloce, dai giovani alle famiglie, che si basa su una serie di servizi, parcheggio, wi – fi, si mangia in fretta ma con ottima qualità e a un prezzo giusto – spiega Matteo Bordoni, ideatore della formula ristorativa insieme a Claudio Villa, in un’intervista rilasciata ai giornali.

«Target Sinergie affianca la nuova proposta con i suoi collaudati servizi di igiene rivolti alle zone comuni del locale. – spiega Gianluca Fabbri commerciale di Target Sinergie per il settore Igiene – La struttura, infatti, prevede 6 differenti proposte ristorative che si affacciano su una unica piazza comune, dove poter consumare i piatti ordinati. Compito del personale Target Sinergie è di mantenere in modo ineccepibile l’ampia sala, riassettare i tavoli durante i momenti di punta del servizio di ristorazione e una costante attività di sanificazione per quanto riguarda i servizi igienici».

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Natale in Target Sinergie è un messaggio solidale per i giovani: sostegno alle opere Avsi in Brasile e a Open Centro Giovani di Rimini

Per Natale, Target Sinergie devolve il budget dei regali natalizi alla solidarietà. La scelta è orientata all’aiuto alle giovani generazioni, un messaggio positivo per il futuro che si concretizza nella nostra terra e all’altro capo del mondo. Stiamo parlando del sostegno all’Avsi per le Opere educative Don Giussani a Belo Horizonte in Brasile e a Open Centro Giovani a Rimini.

Abbiamo già aiutato Belo Horizonte in passato: 8 strutture – quattro “creches” (asili per la prima infanzia), un centro socioculturale, una casa di accoglienza per bambini abbandonati e due centri sportivi – che aiutano oltre mille ragazzi a sfuggire alla violenza e all’abbandono. Una scommessa che Avsi porta avanti in una delle città più popolose del Brasile, dove la povertà colpisce pesantemente. Soprattutto i più piccoli. Per saperne di più, visitate www.avsi.org: scoprirete ciò che fa a Belo Horizonte ma anche in tante altre parti del mondo.

L’altra realtà che sosterremo per questo Santo Natale è Open centro Giovani, un punto di riferimento importante per i suoi percorsi educativi tra le nuove generazioni, sito in via Colonna 20, a Rimini. Qui i ragazzi diventano protagonisti della creazione del loro futuro, prevenendo forme di devianza o la dispersione scolastica attraverso le iniziative che la cooperativa sociale organizza per l’aiuto allo studio, la ricreazione e lo sport. Per conoscere meglio Open Centro Giovani e sostenerlo potete visitare www.centroopen.it .

Tanti Auguri di Buon Natale da Target Sinergie.

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Romagna Nostra: le mafie sbarcano in Riviera: il video dell'associazione Gruppo Antimafia Pio La Torre

Il video «Romagna Nostra: le mafie sbarcano in Riviera», edito dall'associazione Gruppo Antimafia Pio La Torre, vede la partecipazione nella documentazione legale e nella produzione di Patrick Francesco Wild, praticante avvocato associato allo studo Grassi Benaglia Moretti.

Video
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E' passato pure l'ultimo tram chiamato Desiderio

La casa di Kikko (il mio blog) - Lun, 11/11/2013 - 23:14

Oggi era l'ultimo giorno utile per rinnovare la tessera Pd in vista del congresso. E non l'ho fatto. Tra le varie perplessità – che non sto a elencare perché non sono su un lettino da psicanalista anche se ci vorrebbe - non capisco perché dovrei rinnovare la tessera per scegliere i candidati, quando poi arriva uno sconosciuto che con me e il mio partito non c'entra nulla e decide, al mio pari, chi dovrà dirigerci. E ce ne sono. Qualche tempo fa ho cenato con uno che era dichiaratamente di destra, antieuropeista, vagheggiava il ritorno alla lira e – udite udite – la cancellazione della cassa integrazione ed altri ammortizzatori sociali. L'alternativa era un reddito di cittadinanza a scaglioni in base all'età, che tutti percepivano a partire da bambini. E i soldi? Bastava stamparli. Senza l'euro sarebbe stato più facile. Mi ha confessato di aver votato Renzi alle primarie. Poi però ha votato Berlusconi: «io volevo Renzi come candidato, ha vinto Bersani e io non lo volevo». Pensare che si permetterà a questo di decidere chi guiderà il mio partito - a parte che mi da il disgusto - mi fa seriamente riflettere sul senso di appartenenza a un partito. Come a un ricordo, ovvio.

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San Marino e l’impari lotta all’evasione

L’impari lotta all’evasione può essere riequilibrata anche con strumenti normativi, come l’accertamento sintetico, che permettono al Fisco di presumere l’evasione basandosi sul semplice assunto che se c’è una spesa c’è anche un reddito che la consente. Su questo tema, però, la riforma fiscale in discussione pecca di coraggio. Nel testo proposto, infatti,  l’accertamento sintetico sulle persone fisiche, pur ammesso, può essere fatto solo se il reddito determinato in maniera analitica non è credibile rispetto al tenore di vita effettivo del contribuente.  Un’impostazione indubbiamente equa, che spulcia tutte le carte per stanare l’evasore, lasciando a quest’ultimo, in caso di contenzioso, ben poche speranze di farla franca.  L’accertamento presuntivo è meno equo, più rudimentale, tutt’altro che preciso, ma senz’altro efficace e veloce. Non ci si basa più su un’analisi certosina  della documentazione contabile ma su elementi già noti all’Amministrazione finanziaria, di più rapido accesso quali l’acquisto di case, automobili, barche oppure la sottoscrizione di mutui o finanziamenti.

Se si vuole efficacemente contrastare l’evasione fiscale, la riforma fiscale deve sancire la piena indipendenza dell’accertamento sintetico da quello analitico lasciando all’Ufficio fiscale la possibilità di determinare presuntivamente fin dall’inizio il reddito complessivo del contribuente.

Ciò facendo, ovviamente, si ammette l’incapacità del Fisco di combattere equamente l’evasione.  Ma non vi è equità nemmeno colpendo chirurgicamente pochi evasori lasciandosi sfuggire tutti gli altri.

(da La Tribuna Sammarinese, 29 ottobre 2013, pagina 7)

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Solenne ottavario dei morti

La casa di Kikko (il mio blog) - Sab, 02/11/2013 - 19:11

Mi piaceva di più andare al cimitero a trovare mio fratello quando fumavo. Spostavo un ciaffo a forma di paperella che qualcuno – non so chi e non so perché – gli aveva lasciato di fianco all'immagine, mi sedevo al suo posto, rollavo la mia paglia e mi ritagliavo quelle poche boccate con lui. Qualche volta parlavo del più e del meno – sto imparando a gestire mamma, Viola mi sembra un po' smarrita, non riesco a darmi una radanata... - ma poi ho smesso: se c'è un aldilà, è probabile che sappia già tutto, se non c'è un aldilà, sono solo un altro matto che parla da solo. E così spipacchiando il mio tabacco passavo con lui una decina di minuti.

Ora che ho perso il vizio delle sigarette, il giro da Robi ha molto meno senso. La sua assenza è una presenza conclamata nei gesti quotidiani. I fiori non si possono portare perché non c'è modo, tra l'ulivo nano e i fiori nella terra e la composizione stagionale a centro tomba. E poi la cura delle spoglie è il consolatorio monopolio delegato alle sue due donne. C'è il piacevole del posto, calmo, tranquillo, con quell'affrettarsi di congiunti intenti alla cura dei marmi, delle foto, delle piante, il cui andirivieni ricorda il bottinare delle api, instancabile e immutabile liturgia del ricordo. Anzi, della pulizia del ricordo.

Oggi poi ha avuto ancora meno senso. O pregnanza, o interesse, o gusto? Il cimitero invaso dalle torme di congiunti agghindati nella festa, il baracchino dello Ior che ha preso il posto del rom che chiede l'elemosina (stesso rito, ma molta più professionalità, non trovate?), i vigili alla porta in alta uniforme, le anziane con il capello scolpito da grande occasione, con quel grigio che del tempo non ha nulla, anzi riluce di riflessante... Ecco, tutto quel che negli altri 364 giorni manca, rendendo il cimitero un luogo piacevole da percorrere.

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Erich Priebke: una pietra sopra

La casa di Kikko (il mio blog) - Mar, 15/10/2013 - 00:37

Non è per niente facile chiudere questa maledetta vicenda di Erich Piebke, gravata com'è da un bel po' di sovrastrutture che non andranno mai in pensione. Né quelle a carico del boia delle Ardeatine – e ci mancherebbe altro!!! - né quelle a discarico. Purtroppo, aggiungo. Ma una pietra sopra comunque va messa. Un po' per evitare altri imbecilli che scrivano con mano tremolante frasi insulse e macabri segni. Ma sopratutto perché credo fermamente sia necessario, per chi si riconosce nelle ragioni dell'accusa all'ex capitano delle Ss, marcare la differenza tra “uomini e no”.

Per questo non sono d'accordo con chi gli vuol negare la sepoltura. La pietà per un morto, innanzi tutto. Magari spererei che la famiglia, come ha fatto notare il Governo tedesco, decida per una tumulazione all'estero. Siamo pieni di idioti che indossano fez o anfibi inscenando macchiette nostalgiche sulle tombe di illustri assassini. Riportare le spoglie di Priebke nella sua terra natia, oltre a dissuadere odiose sceneggiate e conseguenti contromanifestazioni, sarebbe soprattutto un gesto di rispetto per le sue vittime e per una terra che egli ha insanguinato e che solo in parte è riuscita a punirlo per l'efferatezza del suo delitto. Ma temo, dopo aver letto la provocazione del figlio – “seppellitelo in Israele” - sia difficile un atto di buon senso. Eppure, di questo abbiamo bisogno. Solo di questo e di un po' di pace.

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Target Sinergie e Comifar “debuttano” nella logistica farmaceutica outsourcing: all’azienda riminese la movimentazione delle merci del polo distributivo in Campania

La logistica Target Sinergie “entra” nella distribuzione farmaceutica nazionale affiancando l’azienda leader italiana, Comifar, in un suo primo esperimento di terzializzazione che interessa l’unità distributiva della Campania, a Carinaro di Caserta. E’ un “appuntamento” importante questo per l’azienda riminese di servizi logistici in outsourcing, certamente perché Comifar è il maggior distributore di farmaci italiano, che copre attraverso le proprie unità distributive tutta la penisola e le isole, servendo 12 mila delle oltre 18 mila farmacie italiane. Ma anche perché per il grande gruppo è la prima esperienza di esternalizzazione dei servizi logistici. «Diciamo che accompagnare nella nuova modalità di gestione del servizio nell’area campana una realtà così importante della distribuzione farmaceutica è per noi un motivo di orgoglio – dice Davide Zamagni, direttore commerciale del gruppo logistico riminese – Ma è nello stesso tempo uno sprone non indifferente per chi, come noi, da oltre 25 anni vede nella terzializzazione della logistica un valore e un fattore evolutivo per il tessuto delle imprese in Italia».

La struttura di Carinaro è recente e molto moderna, sviluppata su un’estensione di 14800 metri quadrati e automatizzata per il 67%, come è la stessa Comifar a spiegare sul suo sito. Il magazzino gestisce 26500 referenze (questo il termine tecnico per i prodotti in vendita in farmacia) che distribuisce a oltre 500 farmacie clienti nelle province campane di Avellino, Benevento, Salerno, Caserta e Napoli. Una parte del magazzino è totalmente automatizzata, ed una parte a gestione manuale. Target gestisce tutte le fasi operative, dal ricevimento delle merci alla preparazione degli ordini, alla spedizione, attraverso un orario continuato basato su turni di lavoro. Il personale, 33 persone, è stato assorbito dalla Comifar e lavora sotto il coordinamento dei responsabili Daniele Rossi e Lorenzo Lancerotto. «L’obbiettivo – dice Davide Zamagni – è ovviamente la crescita della struttura. Ma ci sono alcuni aspetti di sfida anche per noi. Dopo aver svolto per 10 anni la logistica sanitaria nella struttura ospedaliera di Busto Arsizio, Saronno, Tradate, stiamo ampliando il nostro know- how nella gestione di flussi di merci nel mondo del farmaco, un settore delicato ma nel quale crediamo di essere abbastanza maturi per esprimerci in modo significativo».

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Il Cuore di Rimini batte ma non ha fiuto per la pecunia calcistica

La casa di Kikko (il mio blog) - Gio, 12/09/2013 - 23:49

Non mi reputo bacchettone, credo nella legalizzazione delle droghe leggere, non ho figli, ma quando ho letto che uno sponsor della giovanile di calcio di Rimini è il Cocoricò ho storto il naso. Perché credo che il Cocco stia all'educazione calcistica come una dama di carità sta alla solidarietà. E ancora di più l'ho storto leggendo i commenti di chi invece quei soldi “pochi, maledetti e subito” (l'ho messo tra virgolette per ironia, ovvio) li apprezza, li brama e se ne frega da dove vengono.

Non è peregrino il paragone della dama di carità di ottocentesca memoria. Credo infatti che un simile binomio, se anche porta nelle esangui casse del vivaio calcistico un po' di soldi, valga per un locale chiuso per problemi attinenti alla droga come una patacca di buone intenzioni da appuntarsi sul petto. Roba di marketing buona quanto un'operazione di ricostruzione dell'imene alla vigilia del matrimonio. Intendiamoci, non ho elementi per ricondurre direttamente il Cocco ad abusi di stupefacenti. Non mi interessa nemmeno farlo. La decisione è stata presa da organi dello Stato in base a delle leggi e a degli atti che le contravvenivano. E' un fatto, e basta. E in materia di droghe leggere – sottolineo leggere, ovvero i derivati dalla cannabis - sono io il primo a non essere d'accordo con le patrie leggi. Ma questo è un altro discorso.

E' un fatto però che le parole Cocco e abusi formino una rappresentazione scolpita nell'immaginario di generazione e generazioni di frequentatori di discoteche, dai più giovani agli attuali genitori. Chiunque lo percepisce. Sono molti meno quelli che conoscono il Cocco come qualcosa di più, quale è infatti. Il Cocoricò è un fenomeno di costume, è un locale dove le culture giovanili sono cresciute e diventate tendenze, è un luogo di lavoro, un'icona, un brand che attira altri brand. E' speciale, magari bellissimo. Ma non c'entra nulla con i valori dell'educazione sportiva.

Questo brand, oltre ai soldi, non porta un valore aggiunto al vivaio calcistico del Rimini. E' il vivaio calcistico del Rimini che porta qualcosa al locale. Lo aiuta a ricostruire la sua verginità come faro delle giovani generazioni, non solo legato al ballo e ai riti della notte. Una verginità perduta irrimediabilmente nell'immaginario collettivo e, recentemente, nei provvedimenti di pubblica sicurezza.

C'è chi ha ben chiaro che non è, tutto sommato, un affare d'oro il connubio calcistico – educativo con il nome del locale riccionese. E chi invece preferisce seguire l'adagio del “pecunia non olet”. Anzi, visto che uno dei contrari e Stefano Vitali, la nenia principale che viene intonata è “Non ci sono alternative e comunque dove sono le istituzioni, cosa fanno e cosa propongono?” Stefano difende da sé le proprie idee, io posso dire che diversi gli hanno risposto con solenni patacate. Qualcosa di più di una patacata invece è il comunicato di  Cuore di Rimini, la piccola lista civica presentatasi alle scorse elezioni e, da come si dimena, mi sa anche alle prossime. In un lungo comunicato di non facile lettura Emanuale Pironi, - con il quale condivido occasionalmente un calice di vino e quattro chiacchiere, entrambi piacevolmente, all'enoteca del Teatro – traccia al pubblico i perché sì dei civisti. Tralascio gran parte del testo, leggetevelo sul sito di Cuore di Rimini.  Sottolineo solo due passaggi. Il primo : «... se posti di fronte ad uno sponsor eticamente e legalmente impresentabile, allora si che lo stigmatizzare diventa opera non solo accettabile, ma ineludibile e doverosa». E' chiaro che un locale chiuso per problemi connessi allo spaccio, per la lista civica non rientra nella fattispecie.

Vi lascio chiosando dopo con il passaggio seguente: «E bandendo l’ipocrisia, se possibile, quale sarebbe lo sponsor ideale? Quello senza macchia? Quello che non urterebbe nessuna sensibilità? Siamo sicuri che tutto andrebbe bene per tutti, se lo sponsor fosse un ente benefico che gira solo il 17% circa di ciò che incassa per tutelare i soggetti del proprio oggetto sociale? O se fosse una ditta che raffina il petrolio? O che produce il famoso abbigliamento in paesi poveri semmai sfruttando bambini? O se fosse un’industria che sopravvive solo con aiuti di stato ed infischiandosene dei diritti dei lavoratori? O se fosse il magnate straniero, dai dubbi affari in casa propria?» Chiaro il concetto? Le perplessità sulla situazione legale dello sponsor sono solo ipocrisia e, pare di capire leggendo la brillante rassegna delle ipotesi più astratte, con qualunque sponsor ci sarebbero state delle polemiche. Per cui va bene così. E meno male che parliamo di educazione sportiva.

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L’esperienza Target Sinergie come case history al Meeting 2013: l’intervento di Domenico Pirozzi al convegno Cdo Logistica

«Responsabilità solidale e Lavoro: Uomini all’opera»: con questo titolo la Cdo Logistca ha realizzato un incontro nella cornice degli eventi del Meeting per l’amicizia fra i popoli di Rimini. Martedì 20 agosto, il dialogo sulla logistica è stato tra Michele Tiraboschi. professore ordinario di Diritto del lavoro presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, già estensore della legge Biagi, Tiziano Barone, presidente del Consorzio Formazione Logistica Intermodale (Cfli) , Domenico Pirozzi, fondatore del consorzio Target Sinergie e Renzo Sartori, presidente della CDO Logistica . Il compito di introdurre l’evoluzione e il punto della situazione per le imprese di servizi logistici è stato delegato a Domenico Pirozzi, che ha utilizzato la case history Target Sinergie per raccontare il cammino della logistica negli ultimi 25 anni, ma anche per lanciare qualche piccola provocazione. Ecco il testo integrale dell’intervento di Domenico Pirozzi:

Target nasce nel 1988 con un duplice scopo: offrire servizi con una particolare attenzione al cliente – Non a caso il nostro primo “slogan” fu «Il piacere di dirvi ci pensiamo noi» – e creare opportunità di lavoro, sopratutto per i giovani. Centro propulsivo dell’attività all’inizio ed ancora oggi sono gli uomini e le donne che qui lavorano.

Il rapporto con i clienti non è definito solo dai servizi da vendere ma rapporti da coltivare e bisogni da interpretare, fino a delle vere e proprie partnership.

Lo spirito di squadra o di team, come si dice oggi, ci ha caratterizzato sin dall’inizio, quando in sede ci dicevamo a voce alta le cose da fare da un ufficio all’altro. Oggi siamo una struttura più complessa ma il tentativo è lo stesso, con in più un lavoro di formazione e di dialogo molto articolato.

I primi dieci anni di attività di Target sono stati relativamente “semplici”: la cooperativa si era mossa a 360 gradi, occupandosi di un po’ di tutto e i clienti non mancavano. Facchinaggi, parcheggi, pulizie, hostess per fiere, volantinaggi, distribuzione di materiale pubblicitario, vendita di giornali in spiaggia: erano le prime tipologie di un lavoro che veniva fornito con l’esternalizzazione di servizi che altre aziende non potevano o non volevano più fare. È stato un confronto ante litteram con la flessibilità, una parola che ha fortemente caratterizzato, soprattutto negli ultimi anni, il mondo del lavoro.

Ben presto, la grande disponibilità della cooperativa non era però più sufficiente a garantirsi un posto importante nel mondo del lavoro; i clienti di Target, infatti, avevano iniziato a chiedere qualcosa di nuovo: maggior professionalità. E la cooperativa ha risposto.

Il lavoro ‘ad ore’ è stata la prima carta vincente di Target ma era anche un punto su cui riflettere per cambiare, perché non era decisiva la qualità, ma il prezzo. E’ stato allora che abbiamo iniziato a definire tariffe forfettarie al chilo, a pallet, a collo. Abbiamo cioè iniziato a diventare un’azienda. E’ il passaggio dal facchinaggio ad un regime imprenditoriale, nel quale il costo del lavoro è un nostro problema imprenditoriale.

A questo ha fatto seguito un altro cambiamento importante: abbiamo iniziato a gestire interi servizi. Caricare e scaricare merci, all’epoca, ci aveva permesso di entrare in rapporto con molti clienti che, nella gestione della quotidianità del proprio lavoro, si erano accorti presto di aver bisogno anche di altri servizi, come la gestione degli ordini, l’imballaggio e l’etichettatura delle merci. Così, in breve tempo, erano andate definendosi alcune specifiche professionalità e Target ha potuto iniziare a gestire veri e propri servizi. Con sempre maggior professionalità ci stavamo specializzando nel trovare soluzioni efficaci che permettevano alle aziende di risparmiare tempo e denaro.

Sicuramente è stato determinante il rapporto con l’amico Adriano Colombo, che ci ha lasciato l’anno scorso, pioniere della logistica terzializzata e fondatore di SO.GE.MA., società leader in Italia nella logistica. Questa persona è stata un vero maestro per me per la Target.

Oggi, chi deve “terziarizzare” un settore della propria impresa, deve poter scegliere realtà serie ed affidabili, che garantiscano il rispetto dei tempi e la qualità del personale impiegato, che viene formato continuamente. Oggi noi abbiamo una persona che fa selezione ed una persona che si occupa stabilmente di fare formazione professionale. Nei cantieri logistici (“cantiere” è il luogo, ovvero l’azienda cliente, dove il personale Target svolge l’attività) il turn over di personale è così basso che possiamo parlare di “fidelizzazione delle persone”. Proprio loro, rinnovando la fiducia nei confronti della cooperativa, decidono di rimanere a lavorare in Target, contribuendo a creare un clima da molti ritenuto sereno e familiare.

Noi stessi, facendo la scelta di fare impresa seriamente, in modo professionale, abbiamo scelto di essere coerenti e quindi non combattiamo con altre realtà cooperative che non giocano al nostro stesso gioco imprenditoriale. Crediamo che siano scelte che ala fine hanno pagato, se è vero che nel 2012 il nostro fatturato è cresciuto del 20%.

Il 1999 segna la nascita di una realtà molto importante per Target: si costituisce, infatti, la cooperativa sociale In Opera, con l’obiettivo di favorire l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate. Alla base di questa nuova intrapresa, c’erano e ci sono ancora, due forti ragioni: cercare di rispondere al bisogno di lavoro di persone che hanno difficoltà nell’inserimento lavorativo, mentre la seconda ragione nasceva dalla constatazione che, nell’ambito di Target, si incontravano spesso persone che soffrivano di vari disagi: sociali, psichici, tossicodipendenza, e non era raro che qualcuno provenisse anche dal carcere. Da qui l’intuizione alla base di In Opera: sostenere le persone con problemi che spesso impediscono loro di poter avere una vita dignitosa, non solo attraverso un lavoro reale, serio e qualitativo, ma anche creando le condizioni affinché queste persone potessero essere accompagnate nel loro percorso umano e sociale. Anche per In Opera abbiamo fatto una scelta di imprenditorialità, sociale certo, ma imprenditoriale, sia nella gestione sia nell’offerta di servizi di qualità, come ad esempio la gestione dei Centri di prenotazione telefonica (Cuptel) per le Ausl di Ravenna e di Rimini o la gestione della segreteria e l’accoglienza all’interno delle strutture sanitarie (intra moenia), come nel caso dell’I.S.R.T (Istituto Scientifico Romagnolo per lo studio e la cura dei Tumori) di Meldola.

Tra il 2001 e il 2005 abbiamo avuto anche noi la nostra crisi, troppi investimenti, ritardati pagamenti. Ci eravamo strutturati molto negli anni ’90, eravamo cresciuti, avevamo fatto passo avanti in termini di fatturato e di diffusione territoriale. Dal 2000 operavamo in varie regioni italiane, grazie anche alla collaborazione con il gruppo Marr, leader nel settore catering. Cercavamo clienti sempre più importanti, ma i margini di guadagno hanno iniziato ad assottigliarsi. Così dal 2000 al 2003 abbiamo dovuto ridimensionarci. Ma se è vero che ogni crisi porta in sé i semi per lo sviluppo di nuove opportunità, proprio in quel periodo è stata messa in moto una decisa fase di riorganizzazione dell’azienda, fatta di scelte razionali e programmazione.

In questo senso anche la scelta di partecipare alla costituzione di un consorzio con aziende analoghe a noi (Sincro), con cui creare una rete che permetta lo sviluppo di relazioni, quindi accrescimento delle possibilità commerciali, ma anche una razionalizzazione degli strumenti necessari per poter gestire al meglio la propria singola impresa: vedi governance, amministrazione, buste paghe ecc.

Fatte queste scelte, nel 2004 abbiamo ricominciato a crescere, recuperando il terreno perduto. Fino ad arrivare alla crisi attuale, con la quale ci siamo trovati di fronte non ad una flessione del fatturato ma ad una riduzione dei margini. Questo ci ha costretto ad una nuova riorganizzazione aziendale, con fasi di spostamenti e la riconversione di alcune figure. Ma, in tutti questi frangenti e vicissitudini, ci tengo a sottolinearlo, abbiamo sempre pagato regolarmente gli stipendi al 13 di ogni mese.

Ed ora, due domande, due piccole provocazioni per il dibattito per il professor Tiraboschi

Ci può spiegare la ragionevolezza dell’Irap per delle aziende di servizio come la nostra?

Nella legislazione degli appalti l’azienda che subentra dovrebbe assumere il personale dell’azienda che ha perduto l’appalto. Spesso accade però che chi vince l’appalto è di città molto distanti ed il personale non viene assorbito, perché il luogo di lavoro è distante. Dando vita così a licenziamenti collettivi.

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Prima uscita da Giocatore Abilitato: bye bye driver

La casa di Kikko (il mio blog) - Gio, 15/08/2013 - 21:17

Ieri ho raggiunto il battesimo del campo: le mie prime nove buche. Ufficiali. Essì, perché in realtà ero già sceso su un golf course, in Scozia. Lì, nessuno mi ha chiesto nulla. Qui, in Italia, invece, dopo esserti affiliato alla Federazione Italiana Golf, la trafila è decisamente diversa, come puoi leggere qui: prima diventi giocatore non abilitato (Na). Poi un istruttore o una commissione ti abilita al campo e diventi Giocatore Abilitato (GA), e puoi giocare sui golf course. Poi dai l'esame delle regole e diventi Non Classificato (N.C.), ovvero senza handicap, poi giochi nelle gare per N.C e ti danno l'handicap... Insomma, la storia si fa lunga e... «Non di questo mi sono messo a raccontare» :-)

Anche se in quest'ultimo anno mi sono “sfinito” a giocare sul campo executive di Villa Verucchio, Rimini, il traguardo di scendere su un vero campo è comunque emozionante. U po' perché le buche sono molto più lunghe (e il mio drive è decisamente in fase di affinamento), un po' perché comunque ti misuri con chi ti precede e chi ti segue. E tra palle perse, slice ed errori vari, il gioco si prevede lento. Per cui, tra l'emozione e le preoccupazioni, già si parte con un bell'handicap. Per fortuna, mentre mi apprestavo al tee giallo della buca Uno, un giocatore – Carlo, un NC come me ma già in odore di classificazione – si è proposto come compagno di debutto. Il che, se da una parte sfalsa il mio gioco – ogni volta che gioco con qualcuno, si risveglia il competitor che dorme in me e.... sbaglio l'insbagliabile – dopo pochi colpi è stato un toccasana. Poiché non solo mi ha illustrato il campo sul quale stavo giocando, a me del tutto sconosciuto, ma ha reso piacevole e talvolta didattico un tour altrimenti impegnativo, a paragone del campo executive.

Intanto, già dal primo colpo, ho abbandonato il driver n. 1. La prima buca al golf course di Villa Verucchio è un par 5 di 440 metri, con un percorso a sinistra che, costeggiando un laghetto, disegna una U. Con, in più, un piccolo ostacolo d'acqua proprio nel mezzo. Già al primo slice opti per ridimensionare i tuoi sogni di potenza. Con un legno tre o un rescue, proseguendo nel gioco, sono riuscito ad ottenere gli stessi risultati (che speravo di ottenere) restando più o meno nel fairway o poco distante. Qualche volta ho perso anche la palla, sia chiaro. E' vero che i primi colpi hanno risentito del giocare con uno sconosciuto: dalla psiche emerge prepotente quello spirito competitivo capace di soffocare l'adagio del primo maestro: «nice and easy, nice and easy». Ma nel prosieguo, grazie al compagno di gioco sportivo e illuminante e ad una maggiore calma, ho notato che un po' meno desideri di distanza e un po' più di precisione ti consente di puntare a stare nel par. Puntare, beninteso... Senza contare che il percorso riminese è lungo e ricco di ostacoli: se non si è ragionevolmente padroni dei propri colpi, meglio una sana prudenza. Il risultato è stato un percorso buche 1 – 9 davvero piacevole, che stimola a continuare, sperando tra qualche tempo ad affrontare il più impegnativo percorso 9 – 18 riminese.

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Riviera Golf Resort sceglie Target Sinergie per housekeeping e governariato. I servizi di pulizia alberghiera offerti.

Riviera Golf Resort e Target Sinergie: attivata la nuova partnership per i servizi di pulizie alberghiere, housekeeping e governariato nel prestigioso impianto di sport e benessere a San Giovanni in Marignano. Un sodalizio professionale avviato a giugno e che vede Target Sinergie mettere in campo la gamma professionale e il personale più qualificati del proprio settore Pulizie alberghiere, all’altezza della qualità offerta dalla bellissima struttura ricettiva. Il Riviera Golf Resort, infatti, oltre ad offrire agli appassionati del gioco un campo da 18 buche di alto livello, un campo pratica ed uno executive, e agli amanti del tennis due nuovissimi campi in terra rossa, affianca alla natura e al verde della struttura un hotel con lussuose suite, un centro benessere, una guest house con servizio di ristorante.

«Con il Riviera Golf Resort è partita una vera e propria partnership che ci vede impegnati non solo nei nostri tradizionali e collaudati servizi di Housekeeping, cioè di cura, riassetto, pulizia e preparazione delle suite per gli ospiti. – spiega Gianluca Fabbri, che per Target Sinergie ha ideato e seguito il progetto – Attraverso il servizio di Governariato, infatti, sovrintendiamo tutta la parte di coordinamento e controllo del settore, sollevando il cliente dall’impegno della supervisione e garantendogli nello stesso tempo stanze sempre pronte ad accogliere gli ospiti, perfette in termini di qualità, pulizia e comfort. Oltre a fornirgli consulenza per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro e per la razionalizzazione dell’offerta alberghiera».

La partnership Target Sinergie – Riviera Golf Resort va oltre Governariato e Housekeeping del settore ricettivo. Il servizio di pulizia infatti coinvolge tutte le aree comuni del golf club e della Spa annessa alla struttura di San Giovani in Marignano. «Il rapporto con una delle eccellenze del territorio riminese come servizi per il tempo libero, quale è il Riviera Golf Resort, rappresenta per Target Sinergie un traguardo professionale e nello stesso tempo una sfida, visto il contesto ambientale in cui siamo chiamati ad operare. – dice Gianluca Fabbri – Per superarla abbiamo aggiunto alle nostre prassi professionali (servizi di Qualità e Gestione Ambientale certificati ISO 9001 – 14001, report su lavoro e costi “day by day”) nuovi sistemi per ridurre al minimo indispensabile i consumi di prodotti chimici e preservare anche attraverso l’igiene il fascino della natura che circonda il resort».

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Tra il libro e il moschetto

La casa di Kikko (il mio blog) - Sab, 27/07/2013 - 19:15

C'è qualcosa di autolesionistico nella politica comunicativa dei Nuovi Balilla. Loro ci provano a mostrare i muscoli come gli “antenati”, fieri e impettiti nel nuovo look fatto di camicie immacolate e bandiere garrenti. E fin qui, gli va bene. Se scatti una foto senza indugiare nei particolari dei volti, magari possono essere pure equiparati ai combattivi nonni (se a loro fa piacere...). Il problema è quando lasciano il libro e, prima di imbracciare il moschetto, si impratichiscono di altre armi. E qui il neobalilla, ahimè, scivola. Stavolta sulla classica buccia di banana.

Ne hanno dato una dimostrazione gli aderenti a CasaPound il 21 giugno, a Solferino, Mantova. Arrivano per manifestare contro la privatizzazione – secondo loro – della Croce Rossa e cosa ti combinano? Con le torce che brandivano hanno dato fuoco alle sterpaglie, costringendosi ad una precipitosa fuga.

Non è andata meglio a Cervia, l'altro giorno, quando un altro neobalilla, di altra formazione, ha tentato di sfruttare l'assist (mediatico) di Calderoli, lanciando alcuni frutti all'indirizzo del ministro Cècile Kyenge. Posto che alle feste dell'Unità folle oceaniche si notano solo alla balera, il neobalilla è arrivato appena alla prima e seconda fila, meritandosi l'ironico sfottò del ministro Cècile Kyenge – che sarà ormai stufa di misurarsi con decerebrati – e persino di disconoscimento dalla locale squadretta di Forza Nuova. Il che, è tutto dire.

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I motivi di una patrimoniale

La categoria dell’animo che fa riferimento all’equità non può essere usata per giustificare l’imposta patrimoniale. Non si può neppure dimostrare una maggior giustizia dell’imposizione progressiva: è indubbio come il suo peso gravi solo sul lavoratore dipendente, essendo impossibilitato ad evaderla. La patrimoniale attiene, invece, alla categoria delle cose necessarie. L’economia di un Paese è simile a una famiglia con un parente che, amando più il videopoker che la sobrietà, finisce per portare al dissesto tutto il parentado. Per risolvere il danno si avranno di fronte due strade: lavorare di più oppure vendere qualche gioiello di famiglia costringendo, da principio, il parente scapestrato a rimettersi in riga. Così vale per lo Stato: un elevato debito pubblico, frutto più di sperperi che di investimenti, potrà essere ridotto scegliendo tra un aumento delle tasse oppure chiedendo un sacrificio straordinario ai cittadini. Aumentare le tasse è buona cosa a due condizioni: bassi interessi sul debito pubblico e alta crescita economica. Ad oggi ciò è pura utopia. Nemmeno evocare la lotta all’evasione serve a qualcosa: i risultati non sono immediati. L’unica soluzione rapida è la patrimoniale straordinaria: i cittadini si impegnano a cedere un pezzo della propria ricchezza per raddrizzare il debito pubblico. La politica, di contro, si impegna a tornare in riga, a risanare i conti eliminando gli sperperi, le ruberie, le inefficienze e l’evasione. Una spirale virtuosa che attraverso le maggiori risorse reperite dalla riduzione degli interessi sul debito potrà dare luogo a una diminuzione della tassazione la quale, a sua volta, farà aumentare i consumi con effetti positivi sull’andamento del PIL. Solo così la patrimoniale straordinaria potrà essere un prezzo accettabile da pagare per rimettere in riga rapidamente un Paese e impedire di trasferire l’onere del debito pubblico interamente sulle attuali generazioni e su quelle future.

(La Tribuna Sammarinese, sabato 20 luglio 2013)

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Qualcosa da difendere. Ovvero, una Citroën Dyane, Mutonia e le giovanili “visioni” cyberpunk.

La casa di Kikko (il mio blog) - Lun, 08/07/2013 - 10:15

Il primo amore a quattro ruote fu la Citroën Dyane 6. Gialla. Anche il secondo. Rosso fiammante. E quando raggiunse i limiti di età, non portai la mia Dyane dallo sfasciacarrozze. La portai alla Mutoid Waste company, a Santarcangelo Perché sapevo che quegli artisti squinternati le avrebbero dato una seconda vita. Il che mi piaceva assai. Erano già parcheggiati da qualche anno a Santarcangelo, usciti da un film di Mad Max proiettato nel centro di Londra. E alle colorate creste che i loro colleghi londinesi mostravano per foto da cartolina, loro aggiungevano un'arte meravigliosa, ridare vita artistica ad oggetti che la civiltà-così-come-la-conosciamo gettava via. Dai ramificati tentacoli culturali e tematici della letteratura cyberpunk – integrazione uomo–macchina, degrado ambientale da industrializzazione selvaggia, denuncia di un'economia aggressiva e democraticida – arrivano questi qua in una cava dismessa lungo il Marecchia, archeologia della rapina ambientale.

Magari a questi non gliene fregava niente di William Gibson o J.C. Ballard, Mad Max è stata un'occasione per fare qualche opera, forse si preoccupavano di fare qualche spettacolo e festa e basta... Non lo so, chi guarda un'opera di solito ci trova tante di quelle robe che l'autore manco ci pensa. Ma la loro presenza per me ha significato qualcosa. Al confine di un mondo che guardava all'effimero e che rapinava l'ambiente come se non ci fosse domani, che vestiva i panni della rivolta solo perché li preferiva a quelli dell'omologazione, i Mutoid erano una ventata che spazzava via tutti gli alibi provinciali, un pezzo di contemporaneità culturale inverata nel quotidiano, la lievità e la naturalezza del vivere un'idea piuttosto che indossarla sulla passerella del proprio ego.

Ecco, pensare che il boxer bicilindrico e lo chassis della mia Dyane sarebbe diventato un mezzo che impennavano nel mezzo degli spettacoli, la scorta al loro drago sputafuoco, mi riempiva in qualche modo di orgoglio. Oggi, quel gesto ha il potere di far passare in secondo piano anni e anni di ciarpame da me prodotto, ovvero il mio contributo alla civiltà-così-come-la-conosciamo.

Io non so perché si è giunti a questo”sfratto” della comunità dalla cava dove vivono da 20 anni. Se per un cavillo da azzeccagarbugli insondabile o per insipienza. Se a Santarcangelo si guardava veramente ai Mutoid come una risorsa, di sicuro avrebbero dovuto “blindare” anche amministrativamente la presenza della comunità. Ma verrà il tempo di valutare eventuali responsabilità politiche. Questo è il tempo di dare atto di ciò che ha prodotto un innesto culturale e di difenderlo.

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Violenza istituzionale violenza familiare: la relazione introduttiva al convegno della scuola Bleger

Scuola di prevenzione José Bleger Rimini - Sab, 15/06/2013 - 11:36

Per introdurre brevemente il percorso storico sociale ed economico che oggi ci porta a parlare di violenza istituzionale e violenza familiare pare opportuno ricordare il movimento delle donne nato negli ultimi decenni dell’Ottocento e nel primo ventennio del Novecento, ispirato a tesi liberali come richiesta di uguaglianza di diritti secondo la legge (voto, proprietà, accesso all’istruzione e alle libere professioni).

Il movimento conquisterà solo parte dei diritti richiesti, diritti che ancora oggi spesso si constata che sono solo sulla carta.

La tesi di fondo che distingue l’orientamento socialista da quello liberale sul problema dell’emancipazione e liberazione della donna è che,perchè le condizioni di subordinazione materiale delle donne e dei proletari cambino realmente, è necessario realizzare, tramite la rivoluzione, una società nella quale possano scomparire tutte le forme di subordinazione dei proletari (uomini e donne) rispetto ai capitalisti, delle donne rispetto agli uomini.

Tematiche relative alla condizione di subordinazione della donna sono presenti nel corso dell’Ottocento sia in teorici cosidetti “utopisti” (da Robert Owen a Charles Fourier) sia in donne impegnate nelle lotte operaie dalla metà del secolo in poi (Flora Tristan, le donne del ’48 parigino quelle della Comune del 1871).

L’elaborazione più organica di tale tematica è presente negli scritti di Karl Marx e di Friedrich Engels , sin dagli anni quaranta e soprattutto come viene riconosciuto dalle storiche del femminismo, in due scritti : uno liberale “L’asservimento delle donne” del 1869 di Mill e “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” di Engels del 1884, sulla problematica femminile.

Engels parla di trasformazioni sociali e culturali dei rapporti tra donne e uomini in fasi della preistoria dell’umanità, nelle quali prevale l’economia della caccia e della raccolta e dove c’è una divisione del lavoro tra donne e uomini, ma non una subordinazione delle donne agli uomini. Anzi la condizione delle donne in quanto fonte di vita è esaltata nelle religioni primitive nelle quali è la dea madre, simbolo della fecondità, che costituisce il momento più alto di venerazione religiosa.

Le cose cambiano gradualmente quando l’umanità in alcune zone passa allo stadio dell’allevamento del bestiame, della agricoltura organizzata , delle guerre per la conquista di terre e di schiavi.

L’uomo diventa il protagonista , il capofamiglia, il proprietario del territorio.

Questo passaggio rappresenta la grande sconfitta storica delle donne che da protagoniste diventano schiave ,oggetti di proprietà del marito.

Nasce la famiglia patriarcale e con essa la schiavitù della donna verso l’uomo.

In una linea di continuità con le tendenze socialiste dei movimenti politici più avanzati le ultime pensatrici femministe hanno ricordato l’uso insistente delle analisi freudiane a sostegno delle loro tesi, nonostante i molteplici attacchi mossi da una certa parte femminista.(Psicoanalisi e femminismo, di Julier Mitchell 1974) .

Freud ha indicato i condizionamenti psichici del rapporto uomo – donna oltre che le origini storiche.

Basti ricordare “Totem e tabù”. Il totem (il padre assassinato divinizzato dopo la morte) e il tabù dell’incesto (il divieto dei rapporti sessuali con consanguinei e conseguente scambio delle donne)

Ma è la comparsa sempre del 1974 del volume “Speculum” della psicanalista Luce Irigaray che la discussione sulle tematiche femministe riceve un nuovo slancio.

L’opera propone una fondazione della teoria della “differenza sessuale “attraverso una analisi critica sia delle tesi di Freud sia dell’intera tradizione filosofica occidentale, da Platone a Hegel.

Entrambe convergono nella tesi della essenzialità della differenza sessuale in una maniera che esalta e non reprime la sessualità femminile, di fronte alla quale sia la filosofia sia la psicanalisi, portatrici di pregiudizi maschilisti, sono rimaste cieche.

L’analisi più dettagliata è dedicata al notissimo mito della caverna proposto da Platone.

La caverna è l’equivalente per Irigaray dell’utero materno da cui nasce l’essere umano; è lo speculum che si contrappone allo “specchio” esterno /il Sole Il bene/; è il luogo dell’assenza, del vuoto, è la sede dell’ignoranza e della passività.

La caverna è il simbolo della donna, l’esterno della caverna è il simbolo dell’uomo.

Quando negli anni ’80 il movimento femminista entra in crisi, come movimento organizzato, la sua eredità politica e teorica non si disperde.

Se il movimento femminista entra in crisi quasi ovunque, non entra in crisi il movimento di liberazione delle donne.

I motivi centrali, quelli relativi alla parità dei diritti tra uomo e donna, non vengono abbandonati anche perchè quei diritti sono oggetto di continua minaccia in alcuni paesi o ancora di conquista in altri.

I temi cari all’orientamento socialista del movimento come lo sfruttamento economico ricompaiono oggi con forza , anche nei paesi più avanzati nei quali la reazione liberista produce immediatamente un arretramento della condizione economica delle donne e maggiori difficoltà di accesso al mercato del lavoro, in particolare per le donne delle minoranze etniche.

Il generale peggioramento della condizione sociale delle donne, in alcuni paesi, offre nuovo vigore alla differenza sessuale come luogo dell’oppressione femminile sia nella sfera pubblica (mercato del lavoro, presenza nelle istituzioni) sia in quella privata (famiglia).

Il lavoro teorico connesso alle tematiche contro” l’omofobia” collegate non solo al pensiero femminile ma anche a autori come Derrida, Foucault, Deleuze degli anni ’80, pone problemi di natura più generale relativi al “ come” e al “quando” si costituisce un “soggetto”, un’identità, addirittura un “corpo”, con le sue caratteristiche,scelte, orientamenti sessuali ma anche con aspetti più generali di “costruzione” del soggetto.

La violenza non è un comportamento inacettabile, è un REATO.

La violenza è potere e il potere è come una droga: difficile da abbandonare.

Per la maggior parte gli uomini violenti hanno subito aggressione diretta o indiretta da bambini.

Questo spiega in parte la violenza alla quale sono improntati i loro rapporti con le donne ma non li giustifica.

Raramente è un sincero desiderio di cambiare che li spinge a chiedere di essere indirizzati ai centri di sostegno per uomini violenti che oggi cominciano ad esserci anche da noi.

Li frequentano a volte riluttanti per uno scopo ben preciso: ottenere l’affido dei figli, ampliare il diritto di visita, ritornare a convivere con la vittima.

Questo significa che l’intervento deve rientrare in un programma complesso di educazione nelle scuole, di prevenzione nella cittadinanza, di conquista di diritti con disegni di legge che siano approvati perchè spesso rimangono sulla carta.

La violenza dei diversi e degli stranieri a proposito di mutilazioni dell’apparato riproduttivo, come la cinconcisione dei maschi e l’infibulazione delle femmine, sono presentate come usanze religiose, riti di passaggio verso la maturità,

La violenza familiare è diventata uno dei temi centrali nel discorso pubblico in Italia e all’estero.

Di violenza si parla sui giornali, all’interno delle istituzioni pubbliche, nei luoghi di lavoro, sui mass media, nei social network,

La violenza è un abuso fisico, sessuale,psicologico, emotivo, economico, oltre che attraverso minacce e atteggiamenti persecutori, quali lo stalking, fino a giungere all’omicidio.

L’elenco si allunga di giorno in giorno, come recenti casi di cronaca ci hanno drammaticamente mostrato.

Pur agita nell’intimità delle mura domestiche,subdola o manifesta che sia, la violenza fra partner oltrepassa quegli stessi steccati che solitamente vengono posti tra genere, età, livello di istruzione, cultura ,classe, origine etnica, religione, condizione socio-economica.

La violenza domestica è cioè transculturale e globale.

L’attualità della violenza è oggi legata non tanto al fenomeno in sé, quanto alla radicale trasformazione della tradizionale forma di famiglia mononucleare.

La violenza familiare non riguarda più solo la donna nella veste di moglie (il cui omicidio veniva chiamato uxoricidio che oggi diventa femminicidio).

Altre figure unite al partner violento possono essere vittime di violenza: conviventi, amanti, bambini.

L’emergere culturale, sociale e politico della violenza di genere è stato senza dubbio determinato da più fattori consociati: la lotta delle donne, le leggi, i servizi sociali, le volontà individuali.

Un dato è comunque certo: la violenza di genere è una questione dalle proporzioni “endemiche globali “, così è stata definita dal fondo delle nazioni unite per l’infanzia (Unicef).

Pur essendo comune a tutte le classi e le culture, la violenza di genere colpisce gruppi di donne rese più vulnerabili da altri fattori discriminanti. Si pensi a disabili, prostitute, immigrate, rifugiate e richiedenti asilo, appartenenti a minoranze etniche come i Rom, detenute.

La violenza diventa assoluta quando degenera in omicidio. Grazie alla crescente sensibilizzazione popolare, alle campagne promosse da associazioni femminili si è cominciato a parlare con insistenza del numero di donne uccise per questioni di genere, ovvero di un fenomeno sottaciuto anche dalle istituzioni.

Il discorso pubblico porta consapevolezza nelle coscienze e magari qualche violenza in meno.

Il 2012 si è chiuso con 127 omicidi di donne.

Parlare di violenza significa stabilire un nuovo patto fra le generazioni a partire dalle precarie mura domestiche. La violenza può esser affrontata solo con un lavoro diffuso di reti che interagiscono capillarmente sul territorio.

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Crescono fatturato (+ 4,5 milioni) e posti di lavoro (+180) per Target Sinergie ma «sostanziale tenuta» del bilancio con lieve passivo. Costi del credito e margini ridotti punti critici su cui lavorare

Bene il fatturato Target Sinergie nel 2012 che cresce di oltre 4 milioni di euro (+26% rispetto al 2011), trascinando con se anche la crescita dei dipendenti del gruppo: circa 180 in più. Sono così due i segnali positivi – in controtendenza generale – che il gruppo riminese registra nel bilancio dello scorso anno. Meno positivo il risultato finale, un disavanzo di circa 200 mila euro su un bilancio totale di 20 milioni 500 mila euro, disavanzo ampiamente coperto dagli accantonamenti 2011. «Una sostanziale tenuta che non spegne il nostro ottimismo, anzi lo rafforza per come il gruppo Target Sinergie e le cooperative aderenti (Log – It, Target Service e In Opera Onlus) stanno affrontando questo delicato momento nazionale», dice Davide Zamagni, presidente del consorzio riminese.

«Mentre molti settori soffrono pesantemente la crisi, qualche cliente ci è sfuggito, ma sono di più quelli acquisiti. – continua Davide Zamagni – Ed anche i segnali per il 2013 sono positivi, con rapporti consolidati che diventano un incremento di commesse e nuovi clienti che fanno allargare il nostro bacino territoriale. Siamo presenti in Emilia-Romagna, Marche, Abruzzo, Lombardia, Toscana, Sardegna e, da quest’anno, Campania». La logistica si conferma il settore con il maggior fatturato: 15 milioni, +3 milioni 200mila rispetto al 2011. Tra i risultati raggiunti nel 2012 l’aggiudicazione in Sardegna di un appalto presso il Pastificio Cellino e l’avviato rapporto con Esselunga, oltre all’ampliamento di servizi erogati a clienti consolidati nella Grande Distribuzione Organizzata. Incrementi di fatturato anche per il settore delle pulizie (uffici, stabilimenti industriali e aziende alimentari) e nei servizi alle imprese pubbliche e private: backoffice, order entry, Customer relationship satisfaction (Crm), In quest’ultimo settore si è aggiunta la  Società del Gas Rimini (Sgr).

Accanto ai numeri in euro, Simone Vezzali, direttore del personale, spiega che il gruppo «ha raggiunto i 731 dipendenti, di cui 534 inquadrati con il contratto a tempo indeterminato, mentre il restante sono legati agli impegni stagionali o in corso di stabilizzazione. Da registrare che oltre il 50% dei nuovi assunti della consorziata cooperativa sociale In Opera, sono persone provenienti da categorie svantaggiate». E sempre per la cooperativa sociale In Opera, di cui Vezzali è presidente, è da registrare nel 2012 la menzione speciale al Premio Marco Biagi – Il Resto del Carlino per la Solidarietà Sociale.

Dal bilancio 2012 si leggono in filigrana le positività ma anche i problemi che affrontano le imprese italiane in questo delicato periodo: i temi del lavoro, i margini, la tassazione e l’accesso al credito. «Abbiamo aumentato il fatturato di oltre 4 milioni, ma abbiamo aumentato i costi del personale di altrettanto – dice Domenico Pirozzi, fondatore del gruppo e presidente della consorziata Target Service – L’incremento del costo del lavoro per noi è un valore, perché significa che possiamo permetterci di pagare oltre 4 milioni in stipendi in più. La crisi ci fa soffrire nei minori margini, certo, ma abbiamo investito in migliore qualità. Altra voce segnata dai tempi è la voce imposte: quasi tutte le cooperative del gruppo hanno il bilancio prima del pagamento delle imposte in attivo, dopo le imposte in passivo: l’eccessiva pressione fiscale è un problema. Un’altra nota di sofferenza sono i costi finanziari e gli anticipi delle banche sulle fatture emesse, necessari per pagare regolarmente gli stipendi, che si fanno sentire in negativo sul risultato finale del bilancio».

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