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Se si impugna tardivamente una cartella esattoriale, spetta al contribuente dimostrare quando questa è stata effettivamente notificata.

La Corte di Cassazione, con sentenza 15224 del 15 marzo 2024, formula un principio di diritto ben preciso da applicare ai casi di contestazioni sulla tempestività nella presentazione di un ricorso contro una cartella di pagamento. Il principio enunciato prevede che, in presenza di un ricorso tardivo, tocca al contribuente dimostrare il momento esatto in cui la cartella di pagamento è stata notificata, al fine di dare prova della tempestività della presentazione del suo ricorso. Il caso da cui trae origine questo principio è assai curioso. Il contribuente riceve, tra il febbraio 2015 e il marzo 2017, sette cartelle di pagamento, relative a imposte dirette, Irap, Iva e omessi versamenti di ritenute alla fonte. Presenta, per tutte e sette le cartelle, un unico ricorso nel febbraio 2018, cioè quasi un anno dopo rispetto all’ultima notifica ricevuta, e quasi tre anni dopo la data di notifica della prima cartella di pagamento. Nei motivi di ricorso si chiede la nullità delle cartelle per una serie di vizi delle stesse. I giudici di primo e secondo grado rigettano il ricorso, eccependo solamente il fatto che i vizi di nullità denunciati dal contribuente non sussistono. Nulla decidono rispetto all’eventuale tardività nella proposizione del ricorso, nonostante l’Agenzia delle Entrate ne avesse sollevato la questione. Il contribuente, ovviamente insoddisfatto, propone ricorso in Cassazione, avverso il quale si costituisce anche l’Agenzia delle Entrate, insistendo sulla tardiva proposizione del ricorso in primo grado. L’Ufficio fa bene ad insistere su questo punto, perché la Corte di Cassazione, ancor prima di esaminare i motivi del contribuente, riconosce che qualsiasi Giudice deve prima di tutto verificare che il ricorso sia stato presentato rispettando i sessanta giorni dalla notifica dell’atto oggetto di contestazione. Cosa che nessun Giudice che ha trattato il caso ha fatto. Da qui il rinvio al Giudice del merito, al quale è assegnato il compito di verificare quando il contribuente ha avuto conoscenza di ciascuna cartella che ha impugnato.   Notizie ImpreseOggi
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Se si impugna tardivamente una cartella esattoriale, spetta al contribuente dimostrare quando questa è stata effettivamente notificata.

La Corte di Cassazione, con sentenza 15224 del 15 marzo 2024, formula un principio di diritto ben preciso da applicare ai casi di contestazioni sulla tempestività nella presentazione di un ricorso contro una cartella di pagamento. Il principio enunciato prevede che, in presenza di un ricorso tardivo, tocca al contribuente dimostrare il momento esatto in cui la cartella di pagamento è stata notificata, al fine di dare prova della tempestività della presentazione del suo ricorso. Il caso da cui trae origine questo principio è assai curioso. Il contribuente riceve, tra il febbraio 2015 e il marzo 2017, sette cartelle di pagamento, relative a imposte dirette, Irap, Iva e omessi versamenti di ritenute alla fonte. Presenta, per tutte e sette le cartelle, un unico ricorso nel febbraio 2018, cioè quasi un anno dopo rispetto all’ultima notifica ricevuta, e quasi tre anni dopo la data di notifica della prima cartella di pagamento. Nei motivi di ricorso si chiede la nullità delle cartelle per una serie di vizi delle stesse. I giudici di primo e secondo grado rigettano il ricorso, eccependo solamente il fatto che i vizi di nullità denunciati dal contribuente non sussistono. Nulla decidono rispetto all’eventuale tardività nella proposizione del ricorso, nonostante l’Agenzia delle Entrate ne avesse sollevato la questione. Il contribuente, ovviamente insoddisfatto, propone ricorso in Cassazione, avverso il quale si costituisce anche l’Agenzia delle Entrate, insistendo sulla tardiva proposizione del ricorso in primo grado. L’Ufficio fa bene ad insistere su questo punto, perché la Corte di Cassazione, ancor prima di esaminare i motivi del contribuente, riconosce che qualsiasi Giudice deve prima di tutto verificare che il ricorso sia stato presentato rispettando i sessanta giorni dalla notifica dell’atto oggetto di contestazione. Cosa che nessun Giudice che ha trattato il caso ha fatto. Da qui il rinvio al Giudice del merito, al quale è assegnato il compito di verificare quando il contribuente ha avuto conoscenza di ciascuna cartella che ha impugnato.   Notizie ImpreseOggi
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Fondo perduto startup innovative: la Regione Emilia Romagna ne incentiva la nascita

La Regione Emilia Romagna, con la delibera di Giunta Regionale n. 910 del 27 maggio 2024, intende incentivare la nascita e lo sviluppo delle startup innovative che operano nel proprio territorio regionale. Dei cinque milioni di euro stanziati per questa misura di incentivo, due milioni sono riservati a imprese culturali e creative e per l’innovazione nei servizi. I destinatari della misura di aiuto sono le piccole e medie imprese che alla data di presentazione della domanda di agevolazione sono regolarmente iscritte al Registro Imprese con la qualifica di Startup innovativa. Condizione essenziale per l’ammissione è anche quella di avere la sede o una unità operativa all’interno del territorio della Regione Emilia Romagna. Il contributo a fondo perduto concesso è pari al 40% della spesa ritenuta ammissibile e, comunque, per un importo non superiore ad euro 150.000,00. La percentuale del contributo a fondo perduto può essere aumentata:
  • di un 10% nel caso in cui sia prevista l’assunzione di una persona a tempo indeterminato nella sede o nell’unità locale dove viene realizzato il progetto oggetto di agevolazione;
  • di un 5% nel caso in cui, alternativamente:
    • vi sia una prevalente presenza femminile o giovanile all’interno della compagine sociale dell’impresa;
    • l’intervento oggetto di incentivo è realizzato in un’area montana o in un’area definita “interna”, oppure in un’area interessata dall’alluvione del maggio 2023;
Gli interventi ammissibili dovranno riguardare:
  • lo sviluppo di prodotti realizzati sfruttando le conoscenze interne dell’impresa;
  • sfruttamento economico di ricerche realizzate da università o enti di ricerca, sia essi pubblici che privati;
  • applicazione di modelli di business o produttivi nuovi rispetto al mercato di riferimento;
  • commercializzazione di nuovi prodotti o servizi.
Le spese ammissibili sono:
  • acquisto o noleggio (compreso il leasing) di impianti, macchinari, attrezzature, licenze per l’utilizzo di brevetti e di software. I beni oggetto di contributo possono essere anche usati;
  • affitto di laboratori;
  • Consulenze per la realizzazione del progetto ammesso all’agevolazione a fondo perduto;
  • Partecipazione a fiere, nella misura di un importo massimo di euro 20.000,00;
  • Spese per il personale, nella misura massima del 20% delle spese di cui ai punti precedenti.
La scadenza del bando è prevista per il giorno 11 settembre 2024 alle ore 13:00.   SE VUOI SAPERNE DI PIU', NOI POSSIAMO AIUTARTI. CLICCA QUI

 

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La Regione Emilia Romagna incentiva la nascita e la crescita delle startup innovative

La Regione Emilia Romagna, con la delibera di Giunta Regionale n. 910 del 27 maggio 2024, intende incentivare la nascita e lo sviluppo delle startup innovative che operano nel proprio territorio regionale. Dei cinque milioni di euro stanziati per questa misura di incentivo, due milioni sono riservati a imprese culturali e creative e per l’innovazione nei servizi. I destinatari della misura di aiuto sono le piccole e medie imprese che alla data di presentazione della domanda di agevolazione sono regolarmente iscritte al Registro Imprese con la qualifica di Startup innovativa. Condizione essenziale per l’ammissione è anche quella di avere la sede o una unità operativa all’interno del territorio della Regione Emilia Romagna. Il contributo a fondo perduto concesso è pari al 40% della spesa ritenuta ammissibile e, comunque, per un importo non superiore ad euro 150.000,00. La percentuale del contributo a fondo perduto può essere aumentata:
  • di un 10% nel caso in cui sia prevista l’assunzione di una persona a tempo indeterminato nella sede o nell’unità locale dove viene realizzato il progetto oggetto di agevolazione;
  • di un 5% nel caso in cui, alternativamente:
    • vi sia una prevalente presenza femminile o giovanile all’interno della compagine sociale dell’impresa;
    • l’intervento oggetto di incentivo è realizzato in un’area montana o in un’area definita “interna”, oppure in un’area interessata dall’alluvione del maggio 2023;
Gli interventi ammissibili dovranno riguardare:
  • lo sviluppo di prodotti realizzati sfruttando le conoscenze interne dell’impresa;
  • sfruttamento economico di ricerche realizzate da università o enti di ricerca, sia essi pubblici che privati;
  • applicazione di modelli di business o produttivi nuovi rispetto al mercato di riferimento;
  • commercializzazione di nuovi prodotti o servizi.
Le spese ammissibili sono:
  • acquisto o noleggio (compreso il leasing) di impianti, macchinari, attrezzature, licenze per l’utilizzo di brevetti e di software. I beni oggetto di contributo possono essere anche usati;
  • affitto di laboratori;
  • Consulenze per la realizzazione del progetto ammesso all’agevolazione a fondo perduto;
  • Partecipazione a fiere, nella misura di un importo massimo di euro 20.000,00;
  • Spese per il personale, nella misura massima del 20% delle spese di cui ai punti precedenti.
La scadenza del bando è prevista per il giorno 11 settembre 2024 alle ore 13:00.

 

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San Vito, la “ligaza” dal mondo degli abitanti della frazione

Cooperativa sociale Cento Fiori - Mar, 21/05/2024 - 16:26
Cena di vicinato organizzata dal Sistema Accoglienza e Integrazione (Sai) della struttura di San Vito, dove risiedono sei persone assistite dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori.

Cena di vicinato organizzata dal Sistema Accoglienza e Integrazione (Sai) della struttura di San Vito, dove risiedono sei persone assistite dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori per l’Unione dei comuni della Valmarecchia. Una “ligaza” in piena osservanza della tradizione d’accoglienza romagnola, però con gli ingredienti della multiculturalità. Per cui accanto ai piatti tipici cucinati dalle e dagli abitanti della struttura di “San Void”, si è aggiunta la pizza fatta in casa e gli involtini di carne ucraini, oltre ai dolci tipi romagnoli. Il tutto innaffiato con the alla menta dal Marocco e vino per gli altri.

L'articolo San Vito, la “ligaza” dal mondo degli abitanti della frazione proviene da Cento Fiori, Rimini.

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La cessione delle rate residue del Superbonus e dei bonus edilizi ordinari non sarà più possibile.

Nella notte tra venerdì 10 maggio e sabato 11 maggio il Governo ha presentato al Senato un emendamento al Decreto Legge numero 39 del 29 marzo 2024, attualmente all’esame della Commissione Finanze e Tesoro, in attesa di essere convertito in Legge ordinaria. Ciò che ha attirato l’attenzione, in questi ultimi giorni, ha riguardato principalmente l’allungamento a dieci anni della detrazione delle spese sostenute a partire dal 2024. La lettura effettiva del testo depositato ha fugato i timori della vigilia. C'è da dire che una certa curiosità l'ha destata anche il divieto per le Banche e gli altri intermediari finanziari, di utilizzare i crediti fiscali acquisiti dalla propria clientela per compensare i propri contributi previdenziali. La curiosità nasce dal fatto che questo divieto, nei rumors dei giorni precedenti, non era mai circolato. Tuttavia tra le pieghe del testo presentato a Palazzo Madama vi è un comma che farà dormire sonni poco tranquilli a tutti quei contribuenti alle prese con la faticosa cessione dei propri bonus edilizi. Infatti, il comma 7 del nuovo articolo 4 così come formulato dal Governo, prevede che, a far data dall’entrata in vigore della nuova disposizione (che avverrà solo dopo l’approvazione in Legge del decreto in commento), testualmente “non è in ogni caso consentito l'esercizio dell'opzione di cui all'articolo 121, comma 1, lettera b), del decreto-legge 19 4 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in relazione alle rate residue non ancora fruite delle detrazioni derivanti dalle spese per gli interventi di cui al comma 2 del medesimo articolo 121”. Più semplicemente, a far data dall’entrata in vigore del Decreto convertito in legge non sarà più possibile cedere a terzi le rate residue degli interventi relativi a:
  • recupero del patrimonio edilizio;
  • efficienza energetica;
  • adozione di misure antisismiche;
  • recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti;
  • installazione di impianti fotovoltaici;
  • installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all'articolo 119-ter del presente decreto.
Il testo così come formulato è indubbiamente una pietra tombale per tutti quei contribuenti che, per svariati motivi, non sono stati in grado, o non hanno potuto, cedere entro il 04 aprile 2024, i lavori pagati nel corso del 2023 o di quelli pagati negli anni precedenti.

 

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La cessione delle rate residue del Superbonus e dei bonus edilizi ordinari non sarà più possibile.

Nella notte tra venerdì 10 maggio e sabato 11 maggio il Governo ha presentato al Senato un emendamento al Decreto Legge numero 39 del 29 marzo 2024, attualmente all’esame della Commissione Finanze e Tesoro, in attesa di essere convertito in Legge ordinaria. Ciò che ha attirato l’attenzione, in questi ultimi giorni, ha riguardato principalmente l’allungamento a dieci anni della detrazione delle spese sostenute a partire dal 2024. La lettura effettiva del testo depositato ha fugato i timori della vigilia. C'è da dire che una certa curiosità l'ha destata anche il divieto per le Banche e gli altri intermediari finanziari, di utilizzare i crediti fiscali acquisiti dalla propria clientela per compensare i propri contributi previdenziali. La curiosità nasce dal fatto che questo divieto, nei rumors dei giorni precedenti, non era mai circolato. Tuttavia tra le pieghe del testo presentato a Palazzo Madama vi è un comma che farà dormire sonni poco tranquilli a tutti quei contribuenti alle prese con la faticosa cessione dei propri bonus edilizi. Infatti, il comma 7 del nuovo articolo 4 così come formulato dal Governo, prevede che, a far data dall’entrata in vigore della nuova disposizione (che avverrà solo dopo l’approvazione in Legge del decreto in commento), testualmente “non è in ogni caso consentito l'esercizio dell'opzione di cui all'articolo 121, comma 1, lettera b), del decreto-legge 19 4 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, in relazione alle rate residue non ancora fruite delle detrazioni derivanti dalle spese per gli interventi di cui al comma 2 del medesimo articolo 121”. Più semplicemente, a far data dall’entrata in vigore del Decreto convertito in legge non sarà più possibile cedere a terzi le rate residue degli interventi relativi a:
  • recupero del patrimonio edilizio;
  • efficienza energetica;
  • adozione di misure antisismiche;
  • recupero o restauro della facciata degli edifici esistenti;
  • installazione di impianti fotovoltaici;
  • installazione di colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici;
  • superamento ed eliminazione di barriere architettoniche di cui all'articolo 119-ter del presente decreto.
Il testo così come formulato è indubbiamente una pietra tombale per tutti quei contribuenti che, per svariati motivi, non sono stati in grado, o non hanno potuto, cedere entro il 04 aprile 2024, i lavori pagati nel corso del 2023 o di quelli pagati negli anni precedenti.

 

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L’impresa agricola potrà chiedere la sospensione dei pagamenti delle rate dei mutui.

Lo prevede il Decreto Legge Agricoltura approvato dal Consiglio dei Ministri in data 08 maggio 2024 e ancora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La disposizione agevolativa di cui si parla è contenuta nell’articolo 1, rubricato come “Interventi urgenti per fronteggiare la crisi economica delle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura”. Nello specifico la norma consente alle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura di sospendere, per dodici mesi, il pagamento delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti rateali, compresi quelli costituiti da cambiale agrarie che sono in scadenza nel corso del 2024. La condizione per richiedere tale sospensione è che il volume d’affari conseguito nel 2023 abbia avuto una riduzione almeno pari al 20 per cento rispetto a quello che si è registrato nell’anno precedente. L’imprese agricola potrà dimostrare tale calo facendo ricorso a una semplice autocertificazione, che dovrà essere presentata alla banca dove si intrattengono i rapporti di finanziamento per i quali si vuole richiedere la sospensione. Non possono accedere alla richiesta di sospensione le imprese che, pur avendo i requisiti qui descritti, hanno esposizioni debitorie che, nei fatti, sono da considerarsi come “incagliate”. Una volta che l’impresa agricola si è avvalsa della moratoria, il piano dei pagamenti viene spostato in avanti per un periodo pari al periodo di sospensione richiesto. Anche le eventuali garanzie che accompagnano i finanziamenti oggetto di sospensione sono per legge prorogate per analogo periodo. Infine il decreto dà la possibilità, alle imprese agricole che ne faranno richiesta, di sospendere il pagamento della sola quota capitale, potendo continuare a pagare, così, solo gli interessi sui finanziamenti concessi. Notizie ImpreseOggi
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L’impresa agricola potrà chiedere la sospensione dei pagamenti delle rate dei mutui.

Lo prevede il Decreto Legge Agricoltura approvato dal Consiglio dei Ministri in data 08 maggio 2024 e ancora in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La disposizione agevolativa di cui si parla è contenuta nell’articolo 1, rubricato come “Interventi urgenti per fronteggiare la crisi economica delle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura”. Nello specifico la norma consente alle imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura di sospendere, per dodici mesi, il pagamento delle rate dei mutui e degli altri finanziamenti rateali, compresi quelli costituiti da cambiale agrarie che sono in scadenza nel corso del 2024. La condizione per richiedere tale sospensione è che il volume d’affari conseguito nel 2023 abbia avuto una riduzione almeno pari al 20 per cento rispetto a quello che si è registrato nell’anno precedente. L’imprese agricola potrà dimostrare tale calo facendo ricorso a una semplice autocertificazione, che dovrà essere presentata alla banca dove si intrattengono i rapporti di finanziamento per i quali si vuole richiedere la sospensione. Non possono accedere alla richiesta di sospensione le imprese che, pur avendo i requisiti qui descritti, hanno esposizioni debitorie che, nei fatti, sono da considerarsi come “incagliate”. Una volta che l’impresa agricola si è avvalsa della moratoria, il piano dei pagamenti viene spostato in avanti per un periodo pari al periodo di sospensione richiesto. Anche le eventuali garanzie che accompagnano i finanziamenti oggetto di sospensione sono per legge prorogate per analogo periodo. Infine il decreto dà la possibilità, alle imprese agricole che ne faranno richiesta, di sospendere il pagamento della sola quota capitale, potendo continuare a pagare, così, solo gli interessi sui finanziamenti concessi. Notizie ImpreseOggi
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In presenza di soci usufruttuari, le somme derivanti da una liquidazione di una srl devono essere tassate dagli usufruttuari e non dai nudi proprietari.

In presenza di un usufruttuario che detiene delle quote di una società a responsabilità limitata, le somme che derivano dalla conclusione della liquidazione volontaria, devono essere dichiarate dall’usufruttuario stesso e non dal nudo proprietario
A stabilire questo principio di diritto è la Corte di Cassazione, Sezione 5 Civile, con sentenza numero 11152 del 20 marzo 2024 pubblicata il 24 aprile 2024. Il caso. Il caso giudicato trae origine da un ricorso avverso un diniego di rimborso proposto da cinque contribuenti che sono nudi proprietari di alcune quote di partecipazione di una società a responsabilità limitata. Al termine della liquidazione volontaria la società ha provveduto a distribuire una somma che è stata poi inserita nella dichiarazione dei redditi dei singoli soci nudi proprietari. La tesi proposta da quest’ultimi è, infatti, che sono loro i legittimi percettori delle somme e non il socio usufruttuario in quanto, in caso di scioglimento di una srl, la posta di patrimonio netto dalla quale vengono prelevate le somme è indistinta e non imputabile a una voce di utile. In sostanza, secondo i nudi proprietari, al termine della liquidazione si sono visti restituire il denaro che è stato conferito in sede di costituzione della società e non una forma di “utile”, che spetta unicamente all’usufruttuario.   La decisione.  La Cassazione non è d’accordo con la tesi proposta dai contribuenti. Prima di arrivare, però, ai motivi della decisione, gli Ermellini si pongono il problema sia di chiarire quando cessa il diritto di usufrutto su una quota di una srl sia di stabilire quali sono i diritti patrimoniali che spettano all’usufruttuario.
Nel nostro ordinamento non esiste una norma specifica che dà risposta ai due problemi sopra descritti. Di conseguenza occorre fare ricorso alle norme generali in materia di cessazione dell’usufrutto, che sono contenute nell’art. 1014 del Codice Civile. Per quanto di interesse, il passaggio importante è quello che prevede che l’usufrutto cessa “per il totale perimento della cosa su cui è costituito”. Per cui, per analogia, nel caso di una partecipazione in una società, l’usufrutto non cessa al momento della messa in liquidazione della società stessa, ma al momento in cui questa viene cancellata dal registro imprese. E’ solo in quel caso che la cosa su cui è costituito l’usufrutto “perisce”.
Accertato questo principio, la Cassazione osserva che non solo non vi è nessuna norma che limita all’usufruttuario il diritto di percepire solo i dividendi, ma non vi è nemmeno nessuna norma che prevede che l’usufruttuario debba percepire delle somme dalla società solo quando questa non è in liquidazione! L’ambito di azione è ormai sostanzialmente circoscritto. Si tratta solo di risolvere l’ultimo dilemma: una società in liquidazione può produrre ancora utili?
Certamente sì, è la risposta. In ciò viene in aiuto anche l’art. 47 comma 7 del TUIR, il quale stabilisce che le somme ricevute dai soci in caso di liquidazione di una società sono oggetto di tassazione per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto. Di conseguenza rientrano nell’oggetto della tassazione anche le somme assegnate ai soci a titolo di patrimonio netto risultante dalla liquidazione, nulla rilevando se esse possano riferirsi a voci di utili o di denaro conferito in sede di costituzione o successivamente. 
  Il principio di diritto. La sentenza in commento è senz’altro innovativa, tanto da far esprimere agli stessi Ermellini il principio di diritto per il quale quando si è in presenza di soci usufruttuari di una quota di srl, qualsiasi somma che la società in liquidazione distribuisce come esito della liquidazione stessa, deve essere tassata dal socio usufruttuario e non da quello nudo proprietario. 

 

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In presenza di soci usufruttuari, le somme derivanti da una liquidazione di una srl devono essere tassate dagli usufruttuari e non dai nudi proprietari.

In presenza di un usufruttuario che detiene delle quote di una società a responsabilità limitata, le somme che derivano dalla conclusione della liquidazione volontaria, devono essere dichiarate dall’usufruttuario stesso e non dal nudo proprietario
A stabilire questo principio di diritto è la Corte di Cassazione, Sezione 5 Civile, con sentenza numero 11152 del 20 marzo 2024 pubblicata il 24 aprile 2024. Il caso. Il caso giudicato trae origine da un ricorso avverso un diniego di rimborso proposto da cinque contribuenti che sono nudi proprietari di alcune quote di partecipazione di una società a responsabilità limitata. Al termine della liquidazione volontaria la società ha provveduto a distribuire una somma che è stata poi inserita nella dichiarazione dei redditi dei singoli soci nudi proprietari. La tesi proposta da quest’ultimi è, infatti, che sono loro i legittimi percettori delle somme e non il socio usufruttuario in quanto, in caso di scioglimento di una srl, la posta di patrimonio netto dalla quale vengono prelevate le somme è indistinta e non imputabile a una voce di utile. In sostanza, secondo i nudi proprietari, al termine della liquidazione si sono visti restituire il denaro che è stato conferito in sede di costituzione della società e non una forma di “utile”, che spetta unicamente all’usufruttuario.   La decisione.  La Cassazione non è d’accordo con la tesi proposta dai contribuenti. Prima di arrivare, però, ai motivi della decisione, gli Ermellini si pongono il problema sia di chiarire quando cessa il diritto di usufrutto su una quota di una srl sia di stabilire quali sono i diritti patrimoniali che spettano all’usufruttuario.
Nel nostro ordinamento non esiste una norma specifica che dà risposta ai due problemi sopra descritti. Di conseguenza occorre fare ricorso alle norme generali in materia di cessazione dell’usufrutto, che sono contenute nell’art. 1014 del Codice Civile. Per quanto di interesse, il passaggio importante è quello che prevede che l’usufrutto cessa “per il totale perimento della cosa su cui è costituito”. Per cui, per analogia, nel caso di una partecipazione in una società, l’usufrutto non cessa al momento della messa in liquidazione della società stessa, ma al momento in cui questa viene cancellata dal registro imprese. E’ solo in quel caso che la cosa su cui è costituito l’usufrutto “perisce”.
Accertato questo principio, la Cassazione osserva che non solo non vi è nessuna norma che limita all’usufruttuario il diritto di percepire solo i dividendi, ma non vi è nemmeno nessuna norma che prevede che l’usufruttuario debba percepire delle somme dalla società solo quando questa non è in liquidazione! L’ambito di azione è ormai sostanzialmente circoscritto. Si tratta solo di risolvere l’ultimo dilemma: una società in liquidazione può produrre ancora utili?
Certamente sì, è la risposta. In ciò viene in aiuto anche l’art. 47 comma 7 del TUIR, il quale stabilisce che le somme ricevute dai soci in caso di liquidazione di una società sono oggetto di tassazione per la parte eccedente il prezzo pagato per l’acquisto. Di conseguenza rientrano nell’oggetto della tassazione anche le somme assegnate ai soci a titolo di patrimonio netto risultante dalla liquidazione, nulla rilevando se esse possano riferirsi a voci di utili o di denaro conferito in sede di costituzione o successivamente. 
  Il principio di diritto. La sentenza in commento è senz’altro innovativa, tanto da far esprimere agli stessi Ermellini il principio di diritto per il quale quando si è in presenza di soci usufruttuari di una quota di srl, qualsiasi somma che la società in liquidazione distribuisce come esito della liquidazione stessa, deve essere tassata dal socio usufruttuario e non da quello nudo proprietario. 

 

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Lo Stato Sociale ha galleggiato sopra 3 mila persone che hanno Ballato la Liberazione al parco della Cooperativa Sociale Cento Fiori

Cooperativa sociale Cento Fiori - Ven, 26/04/2024 - 16:44
Successo per il 25 aprile alla Serra Cento Fiori, tra stand gastronomici e impegno sociale, tante generazioni si sono date appuntamento per la musica e i diritti dal pomeriggio a tarda sera. Questa sera Legno. Il programma del fine settimana

Rimini – Tre il numero fortunato del 25 aprile Cento Fiori: il concerto per la Liberazione al parco de La serra Cento Fiori si conferma per il terzo anno un appuntamento irrinunciabile per oltre 3 mila persone. E la Festa continua per tutto il fine settimana con il contest che Risuona Rimini organizza per i musicisti riminesi emergenti al pomeriggio e i Legno in serata, e poi sabato con i dj del Velvet, e domenica con Csi e ancora tanta musica e concerti dal vivo, con il dj Marco Corona e la band Nasville & Backbones domenica.

Ragazze, ragazzi giovani famiglie con bambini piccoli o figli grandi: i festeggiamenti per il valori della libertà e della democrazia hanno di nuovo coinvolto generazioni di riminesi e dalle provincie vicine venuti ad ascoltare Lo Stato Sociale e a mangiare negli stand dello street food di numerose attività riminesi, dalle tagliatelle fatte in casa al pesce dell’Adriatico, dai burgher alla piadina all’asado argentino. Una folla che ha firmato per i referendum promossi dalla Cgil, si sono fermati al banchetto dell’Anpi, dei centri sociali, hanno comprato libri dalle bancarelle di associazioni di attivisti per i diritti, prima di accedere all’area spettacoli.

In 3 mila, dicevamo, per ascoltare l’opening act di Eleonora Elettra accompagnata da Luca Arduini alla chitarra, i saluti dell’assessora Francesca Mattei, a nome del Comune di Rimini, le parole di benvenuto di uno dei fondatori della Cento Fiori, Werther Mussoni, e di chi ne ha raccolto l’eredità nell’amministrazione della storica cooperativa che si occupa di recupero delle persone dalla dipendenza: la vicepresidente Gabriella Maggioli a nome dei soci e degli oltre 70 lavoratori.

La foto del chitarrista de Lo Stato Sociale che galleggia sulla folla del 25 aprile è eloquente sul successo e sul legittimo orgoglio del gruppo di dipendenti della Cooperativa Sociale Cento Fiori, che si presta però ad altri tre giorni di fatica a partire da oggi, venerdì 26 aprile, con la musica sul palco inizia alle ore 16 con il contest musicale ChiAmaLaCittà, arrivato alla sua seconda edizione, per giovani musicisti emergenti del territorio di Rimini, organizzato da RisuonaRimini APS. L’idea del contest (da cui il nome) nasce dalla duplice necessità di dare spazio e voce ai giovani emergenti, e di invitare la città ad ascoltarli e conoscerli. L’evento clou è alle 21 con Legno in concerto, un progetto indipendente, un duo toscano che ha totalizzato 40 milioni di stream. Firmato dall’etichetta indipendente Matilde Dischi, il progetto debutta a giugno 2018 con la trilogia “Sei la mia droga” (parte uno), “Tu chiamala estate” (parte due) e “Mi devasto di thè” (parte tre).

Sabato 27 l’amore per i quattrozampe apre la giornata, con un duplice appuntamento allo stand che i colleghi della Cento Fiori che gestiscono il canile comunale di Rimini Stefano Cerni e i volontari che li coadiuvano allestiranno al parco de La Serra Cento Fiori. Per chi vuole fare un’’esperienza di condivisione, alle 11 inizia la passeggiata nel parco XXV aprile che durerà fino alle 12, con i cani del canile, ai quali possono partecipare tutti, anche chi ha un proprio cane e vuole unirsi ad una bella carovana scodinzolante. Nel corso della giornata lo stand, invece, sarà aperto fino alle 16, con educatori e volontari pronti a dare tutte le informazioni necessarie su adozioni e vita con i nostri amici a quattro zampe. Un punto informativo davvero utile, gestito di chi ha fatto dell’amore per gli animali il loro mestiere.

Alle ore 16 di sabato 27 spettacolo Tra le viole, mentre dalle ore 19 il djset è appannaggio della musica ereditata dai due templi del rock riminese Velvet e Slego. Il primo evento Velvet del 2024 durerà fino a notte con i Dj Elio (LuciferRising) e dj Fullnelson.

Domenica invece musica e sport per grandi e piccini: è A ruota libera Bike fest, a cura di CSI e numerose associazioni ciclistiche. Sarà allestita una pista di Pumptrek, ovvero una pista per giovanissimi a circuito chiuso. Alle ore 15 si svolgerà una tavola rotonda alimentazione e allenamento. Ore 17 dj set con Marco Corona, dalle ore ore 21 Nashville e Backbones in concerto, quattro musicisti riminesi dalle canzoni originali e cover di grandi artisti: The Police. Musica Americana a tutto tondo, dal rock, al pop, da Country al Folk.

L'articolo Lo Stato Sociale ha galleggiato sopra 3 mila persone che hanno Ballato la Liberazione al parco della Cooperativa Sociale Cento Fiori proviene da Cento Fiori, Rimini.

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Successo per Ri-conosciamoci a Borgo Marina. Condivisioni, testimonianze e apprezzatissimi piatti provenienti da tutto il mondo

Cooperativa sociale Cento Fiori - Mer, 24/04/2024 - 11:54
L’iniziativa promossa da Cas Cento Fiori, Casa Italia Cina, Comunità Bengalese Rimini, Nuovo Comitato Borgo Marina all’oratorio della chiesa di San Nicolò di Rimini

È stata un grande successo la festa del 21 Aprile “Ri-Conosciamoci a Borgo Marina” alla quale hanno partecipato tutti gli abitanti del quartiere, che hanno passato una piacevole serata tra cibo, musica e chiaccihere. L’intento dell’evento era permettere a tutte le persone che abitano e attraversano il quartiere di conoscersi e ri-conoscersi attraverso la condivisione delle proprie storie e dei propri piatti.

La serata si è aperta con delle esibizioni canore da parte di alcuni giovani della comunità italo-cinese e italo-bengalese, seguito da un momento al microfono in cui ogni rappresentante delle varie comunità del quartiere ha raccontato la propria storia. Il Nuovo Comitato del Quartiere Borgo Marina ha raccontato com’è cambiato nei secoli il borgo, dalla sua nascita fino ai giorni nostri, i rappresentanti della comunità del Bangladesh hanno parlato della propria esperienza come migranti e come italiani di seconda generazione, per la Cooperativa Cento Fiori un ospite del Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) ha portato la propria esperienza come richiedente asilo mentre il portavoce di Casa Italia Cina ha portato il tema della fratellanza, il filo conduttore di tutti questi racconti.

La seconda parte della serata è stata scandita da un mix di musica e da una varietà di apprezzatissimi piatti provenienti da tutto il mondo. Questo è stato solo l’inizio di una conoscenza che vorrebbe portare alla creazione di un quartiere a misura di tutte le anime che lo abitano.

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“Ri-Conosciamoci a Borgo Marina”. Il quartiere si incontra in festa: racconti, musica e cibi delle nostre terre.

Cooperativa sociale Cento Fiori - Ven, 19/04/2024 - 15:25
Domenica 21 aprile dalle 17,30 all’oratorio Chiesa San Nicolò, Rimini: evento organizzato con la partecipazione degli abitanti in collaborazione con Cas Cooperativa Sociale Cento Fiori, Casa Italia Cina, Comunità Bengalese Rimini, Nuovo Comitato di Quartiere Borgo Marina.

Rimini – Domenica 21 aprile 2024 ore 17.30 – 19 presso l’Oratorio di San Nicolò “Ri-Conosciamoci a Borgo Marina”. Il quartiere si incontra in festa: racconti, musica e cibi delle nostre terre, un evento dedicato a tutti gli abitanti del Borgo Marina, che sono invitati a partecipare.

Borgo marina è uno dei borghi più antichi della città di Rimini che negli anni ha visto cambiare il proprio tessuto sociale. Ai riminesi “storici” si sono aggiunte nuove identità etniche e culturali, che oggi compongono la geografia di una nuova convivenza. Negare le problematiche che inevitabilmente sorgono in questi casi, o semplicemente non parlarne, significa non solamente chiudersi ai cambiamenti storici, ma soprattutto precludersi le opportunità di crescita e di trasmissione anche dei propri valori alle prossime generazioni.

Per questo motivo, abbiamo creato insieme una occasione per alimentare la conoscenza fra le varie anime della nostra comunità: quelle più antiche e quelle nuove, per età e per arrivo, e quelle forse di passaggio. Nasce così l’iniziativa del Borgo che si Ri-Conosce, cioè che inizia un nuovo percorso di conoscenza reciproca, di scambio e comunicazione. L’idea non è quella di superare le diversità, ma proprio di raccontarsele e aiutarsi reciprocamente a comprenderle, perché conoscere diventi capire e andare oltre le naturali diffidenze, creando insieme occasioni di connessione e cura degli spazi che si condividono, di risoluzione dei problemi comuni, in quella reciprocità di diritti e doveri alla base del welfare della comunità.

L’evento è organizzato con la partecipazione degli abitanti stessi e grazie alla collaborazione fra Centro Accoglienza Straordinaria Cooperativa Sociale Cento Fiori, Casa Italia Cina, Comunità Bengalese Rimini, Nuovo Comitato di Quartiere Borgo Marina.

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Lo Stato Sociale, Legno, djset Velvet e Slego: Balla la Liberazione, musica gratuita e street food, una festa con Cento Fiori lunga tutto il ponte.

Cooperativa sociale Cento Fiori - Mar, 16/04/2024 - 15:52
Il 25 aprile Lo Stato Sociale, 26 Legno, sabato djset Velvet e Slego, domenica ciclismo per grandi e piccini e ancora tanta musica stand gastronomici: è il fine settimana della Cooperativa Sociale Cento Fiori, nel cuore del parco XXV Aprile.

Il 25 aprile con Lo Stato Sociale, il 26 con Legno, sabato djset Velvet e Slego, domenica in sport ciclistico per grandi e piccini e ancora tanta musica, il tutto in un’arena delimitata da stand gastronomici: è il fine settimana di Balla la Liberazione, la festa creata dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori, anche quest’anno nel cuore del parco XXV Aprile, a Rimini.

Una manifestazione che attende, solo per il concerto principale nella grande arena del parco de La Serra Cento Fiori (ingressi da via Galliano 19, via Padre Tosi oltre che dal parco XXV aprile) oltre 3mila persone, dato confermato dalle due edizioni precedenti della festa svoltasi nello stesso luogo, a circa 350 metri dal Ponte di Tiberio e dal centro storico di Rimini.

Quattro giorni e una lunga serie di eventi, concerti, che trasformeranno il perimetro in una festa per giovani, adulti e famiglie nel segno della condivisione dei valori che la cooperativa, anche in questa ricorrenza, vuole celebrare: l’accoglienza, la convivenza nel segno delle regole democratiche e civili, la bellezza della volontarietà, la valorizzazione dei beni comuni, come l’area verde un tempo degradata e ora restituita alla vita cittadina.

E che vede questi valori impreziositi dall’apporto dell’illustratore riminese Samuele Grassi, che ha disegnato il bellissimo manifesto di questa edizione.

Ma vediamo nel dettaglio il programma. Si comincia giovedì 25 ore 17 con l’opening act di Eleonora Elettra, alle 18 Lo Stato Sociale in concerto, segue alle ore 21 dj Muna feat Ale Paglia in FestivalPark.

Venerdì 26 la musica sul palco inizia alle ore 16 con il contest musicale ChiAmaLa Città, organizzato dall’associazione Risuona Rimini. L’evento clou è alle 21 con Legno in concerto. Sabato 27 nel pomeriggio lo spettacolo

Sabato 27 h 16 spettacolo Tra le viole, mentre dalle ore 20 il djset è appannaggio della musica ereditata dai due templi del rock riminese Velvet e Slego. Domenica invece muscia e sport per grandi e piccini: è A ruota libera Bike fest, a cura di CSI e numerose associazioni ciclistiche. Sarà allestita una pista di Pump trek, ovvero una pista per giovanissimi a circuito chiuso. Alle ore 15 si svolgerà una tavola rotonda alimentazione e allenamento. Ore 17 dj set con Marco Corona, dalle ore ore 21 Nashville e Backbones in concerto. Buon divertimento.

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Corte di Cassazione: la compensazione delle spese di lite tributaria deve essere adeguatamente motivata. Il caso della Camera di Commercio di Roma.

Si dovrebbe essere seri e limitarsi a commentare una sentenza della Cassazione che riguarda la sempre irrisolta questione della compensazione delle spese di lite. Un commento fatto senza farsi distrarre dal merito della causa. Rimanere concentrati esclusivamente sui principi di diritto che la Suprema Corte esprime. Purtroppo in questo caso tutto questo è assai difficile. Sì, perché al di la del merito giuridico, ciò che irrita è il fatto che in contenzioso nasce a seguito dell’ennesima situazione di inefficienza in cui versa la Pubblica Amministrazione. Con l’aggiunta per di più che pure una Commissione Tributaria di Primo Grado ci aggiunge del suo, ad aggravare la questione. L’oggetto del contendere è questo: un contribuente propone ricorso contro alcuni avvisi emanati dalla Camera di Commercio di Roma. Nei motivi di ricorso si evidenzia l’intervenuta prescrizione di quanto richiesto dall’ente pubblico. Valore della lite: 1.114,75 euro. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma gli dà ragione e, oltre ad annullare la pretesa, condanna la Camera di Commercio di Roma alle spese di lite, che determina in euro 250,00.  A questo punto la questione pare chiusa qui, anche se stupisce un po’ il fatto che la Camera di Commercio di Roma probabilmente sapeva già di suo che gli avvisi potevano essere prescritti. Ma tant’è, lasciamo il beneficio del dubbio. Invece, purtroppo, la questione non è chiusa qui. L’avvocato che ha difeso il contribuente vittorioso, in sede di primo giudizio, si è dichiarato “antistatario”, cioè ha assistito il proprio cliente senza aver riscosso gli onorari e anticipando le spese del giudizio. In questo modo può chiedere direttamente alla parte soccombente, nella fattispecie la Camera di Commercio, di vedersi pagato il suo onorario. Cosa che puntualmente fa. In cambio non ottiene nessuna risposta. La Camera di Commercio di Roma, condannata al pagamento delle spese di lite, non risponde e non versa quanto dovuto. Di fronte a questo silenzio, all’avvocato non resta altro che proporre ricorso di ottemperanza ai sensi dell’art. 70 e ss. del D. Lgs. 546/1992, per chiedere alla Camera di Commercio di Roma di pagare le spese legali del precedente giudizio. In prossimità dell’udienza, l’Ente si costituisce producendo la contabile del pagamento delle spese di giudizio della causa dove è risultato soccombente. Solo che il pagamento è avvenuto in data successiva all’instaurazione del giudizio di ottemperanza. In pratica un Ente pubblico, solo di fronte alla minaccia di un nuovo giudizio negativo, provvede al pagamento di quanto dovuto in base a una sentenza precedente. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, di fronte al pagamento della Camera di Commercio di Roma, non può fare altro che dichiarare estinto il giudizio di ottemperanza, perché è avvenuto il pagamento per il quale si è prodotto il ricorso. Solo che al momento di stabilire a chi accollare le spese del giudizio di ottemperanza, invece di condannare ulteriormente la Camera di Commercio di Roma a rifondere anche queste spese, le compensa! Quindi ci troviamo di fronte al fatto che l’avvocato difensore del contribuente vittorioso del primo giudizio, per essere pagato, deve far nuovamente causa alla Camera di Commercio di Roma la quale si è guardata bene dal pagare tempestivamente le spese a cui è stata condannata. Le spese di questo nuovo giudizio, secondo i giudici tributari, sono a suo carico. Dimenticavo: il valore della lite del giudizio di ottemperanza è pari ad euro 364,78! Quindi l’avvocato ne riscuote 250 euro dalla Camera di Commercio di Roma ma per farlo ne deve pagare 364,78 al suo difensore. Per far rispettare un suo diritto ci ha rimesso 114,78 euro. Alla faccia del buon funzionamento della Pubblica Amministrazione. A questo punto l’avvocato del contribuente propone, giustamente si aggiunge, ricorso alla Corte di Cassazione per chiedere un pronunciamento di legittimità sulla compensazione delle spese del giudizio di ottemperanza fatta dalla Commissione di Primo Grado. Arriviamo, quindi, al principio di diritto contenuto nella sentenza n. 9037/2024 pubblicata in data 04.04.2024. Il principio che la Cassazione stabilisce è molto semplice. La sua base giuridica è contenuta nella sentenza n. 77 del 02 aprile 2018 della Corte Costituzionale, nella quale si dichiara illegittimo l’art. 92 secondo comma del Cod. Proc. Civile, nella parte in cui non consente, nelle ipotesi di soccombenza totale, di compensare parzialmente oppure per intero le spese di giudizio. Ciò anche nei casi in cui la compensazione sarebbe logica in presenza di gravi ed eccezionali motivi diversi da quelli tipizzati dalle norme. Nello specifico i casi tipizzati dalle norme sono quelli di soccombenza reciproca, di assoluta novità della questione trattata o di mutamento di opinione della giurisprudenza. Gli Ermellini scrivono che, quando non ricorrono i casi di compensazione previsti per legge, il Giudice deve sempre indicare i motivi alla base della compensazione delle spese legali: “La compensazione delle spese di lite allorchè concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche”. Nel caso di specie la Commissione Tributaria Provinciale di Roma non ha motivato le ragioni alla base della compensazione delle spese. Per cui la Cassazione non può far altro che cassare la sentenza e rinviare il tutto al Giudice di Primo Grado che deve rifare il giudizio indicando, questa volta, i motivi per i quali trova applicazione l’eventuale nuova compensazione delle spese. Il commento alla sentenza potrebbe finire qui, con una piccola chiosa finale rispetto all’obbligo che ha il Giudice Tributario di indicare i motivi alla base della compensazione delle spese di lite. Non è giusto, però, finire così. Si deve osservare anche la situazione di sperpero di denaro e risorse pubbliche fatto da un Ente pubblico. Già in partenza ci si poteva accorgere che gli atti erano viziati da prescrizione e non emanarli. Come si diceva, però, si può lasciare alla Camera di Commercio il beneficio del dubbio. La Commissione Tributaria di Primo grado ha però ristabilito correttamente la giustizia, sia annullando gli atti, sia sanzionando l’Ente attraverso il pagamento delle spese.  E’ il giudizio successivo che dimostra la scarsa efficienza dell’Ente pubblico. La sua inattività rispetto alla richiesta di pagamento delle spese di giudizio, ha portato a dover iniziare un nuovo contenzioso al quale hanno lavorato tre giudici, i segretari delle Commissioni Tributari, un funzionario della stessa Camera di Commercio e poi ancora, la Cassazione, i funzionari della Cassazione, tutto il personale amministrativo. Tutti pagati con soldi pubblici. Ma non è finita qui, perché adesso dovrà di nuovo lavorare la Commissione Tributaria Provinciale di Roma per adeguarsi alla prescrizione impostagli dalla Corte di Cassazione. Il tutto perché la Camera di Commercio di Roma non ha voluto pagare spontaneamente la somma impostagli da un Giudice Tributario pari ad euro 250,00. Il Fisco italiano non sta bene, ma anche la Pubblica Amministrazione non è di sicuro messa meglio. Analisi e commenti ImpreseOggi
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Corte di Cassazione: la compensazione delle spese di lite tributaria deve essere adeguatamente motivata. Il caso della Camera di Commercio di Roma.

Si dovrebbe essere seri e limitarsi a commentare una sentenza della Cassazione che riguarda la sempre irrisolta questione della compensazione delle spese di lite. Un commento fatto senza farsi distrarre dal merito della causa. Rimanere concentrati esclusivamente sui principi di diritto che la Suprema Corte esprime. Purtroppo in questo caso tutto questo è assai difficile. Sì, perché al di la del merito giuridico, ciò che irrita è il fatto che in contenzioso nasce a seguito dell’ennesima situazione di inefficienza in cui versa la Pubblica Amministrazione. Con l’aggiunta per di più che pure una Commissione Tributaria di Primo Grado ci aggiunge del suo, ad aggravare la questione. L’oggetto del contendere è questo: un contribuente propone ricorso contro alcuni avvisi emanati dalla Camera di Commercio di Roma. Nei motivi di ricorso si evidenzia l’intervenuta prescrizione di quanto richiesto dall’ente pubblico. Valore della lite: 1.114,75 euro. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma gli dà ragione e, oltre ad annullare la pretesa, condanna la Camera di Commercio di Roma alle spese di lite, che determina in euro 250,00.  A questo punto la questione pare chiusa qui, anche se stupisce un po’ il fatto che la Camera di Commercio di Roma probabilmente sapeva già di suo che gli avvisi potevano essere prescritti. Ma tant’è, lasciamo il beneficio del dubbio. Invece, purtroppo, la questione non è chiusa qui. L’avvocato che ha difeso il contribuente vittorioso, in sede di primo giudizio, si è dichiarato “antistatario”, cioè ha assistito il proprio cliente senza aver riscosso gli onorari e anticipando le spese del giudizio. In questo modo può chiedere direttamente alla parte soccombente, nella fattispecie la Camera di Commercio, di vedersi pagato il suo onorario. Cosa che puntualmente fa. In cambio non ottiene nessuna risposta. La Camera di Commercio di Roma, condannata al pagamento delle spese di lite, non risponde e non versa quanto dovuto. Di fronte a questo silenzio, all’avvocato non resta altro che proporre ricorso di ottemperanza ai sensi dell’art. 70 e ss. del D. Lgs. 546/1992, per chiedere alla Camera di Commercio di Roma di pagare le spese legali del precedente giudizio. In prossimità dell’udienza, l’Ente si costituisce producendo la contabile del pagamento delle spese di giudizio della causa dove è risultato soccombente. Solo che il pagamento è avvenuto in data successiva all’instaurazione del giudizio di ottemperanza. In pratica un Ente pubblico, solo di fronte alla minaccia di un nuovo giudizio negativo, provvede al pagamento di quanto dovuto in base a una sentenza precedente. La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, di fronte al pagamento della Camera di Commercio di Roma, non può fare altro che dichiarare estinto il giudizio di ottemperanza, perché è avvenuto il pagamento per il quale si è prodotto il ricorso. Solo che al momento di stabilire a chi accollare le spese del giudizio di ottemperanza, invece di condannare ulteriormente la Camera di Commercio di Roma a rifondere anche queste spese, le compensa! Quindi ci troviamo di fronte al fatto che l’avvocato difensore del contribuente vittorioso del primo giudizio, per essere pagato, deve far nuovamente causa alla Camera di Commercio di Roma la quale si è guardata bene dal pagare tempestivamente le spese a cui è stata condannata. Le spese di questo nuovo giudizio, secondo i giudici tributari, sono a suo carico. Dimenticavo: il valore della lite del giudizio di ottemperanza è pari ad euro 364,78! Quindi l’avvocato ne riscuote 250 euro dalla Camera di Commercio di Roma ma per farlo ne deve pagare 364,78 al suo difensore. Per far rispettare un suo diritto ci ha rimesso 114,78 euro. Alla faccia del buon funzionamento della Pubblica Amministrazione. A questo punto l’avvocato del contribuente propone, giustamente si aggiunge, ricorso alla Corte di Cassazione per chiedere un pronunciamento di legittimità sulla compensazione delle spese del giudizio di ottemperanza fatta dalla Commissione di Primo Grado. Arriviamo, quindi, al principio di diritto contenuto nella sentenza n. 9037/2024 pubblicata in data 04.04.2024. Il principio che la Cassazione stabilisce è molto semplice. La sua base giuridica è contenuta nella sentenza n. 77 del 02 aprile 2018 della Corte Costituzionale, nella quale si dichiara illegittimo l’art. 92 secondo comma del Cod. Proc. Civile, nella parte in cui non consente, nelle ipotesi di soccombenza totale, di compensare parzialmente oppure per intero le spese di giudizio. Ciò anche nei casi in cui la compensazione sarebbe logica in presenza di gravi ed eccezionali motivi diversi da quelli tipizzati dalle norme. Nello specifico i casi tipizzati dalle norme sono quelli di soccombenza reciproca, di assoluta novità della questione trattata o di mutamento di opinione della giurisprudenza. Gli Ermellini scrivono che, quando non ricorrono i casi di compensazione previsti per legge, il Giudice deve sempre indicare i motivi alla base della compensazione delle spese legali: “La compensazione delle spese di lite allorchè concorrano gravi ed eccezionali ragioni, costituisce una norma elastica, quale clausola generale che il legislatore ha previsto per adeguarla ad un dato contesto storico sociale o a speciali situazioni, non esattamente ed efficacemente determinabili a priori, ma da specificare in via interpretativa da parte del giudice del merito, con un giudizio censurabile in sede di legittimità, in quanto fondato su norme giuridiche”. Nel caso di specie la Commissione Tributaria Provinciale di Roma non ha motivato le ragioni alla base della compensazione delle spese. Per cui la Cassazione non può far altro che cassare la sentenza e rinviare il tutto al Giudice di Primo Grado che deve rifare il giudizio indicando, questa volta, i motivi per i quali trova applicazione l’eventuale nuova compensazione delle spese. Il commento alla sentenza potrebbe finire qui, con una piccola chiosa finale rispetto all’obbligo che ha il Giudice Tributario di indicare i motivi alla base della compensazione delle spese di lite. Non è giusto, però, finire così. Si deve osservare anche la situazione di sperpero di denaro e risorse pubbliche fatto da un Ente pubblico. Già in partenza ci si poteva accorgere che gli atti erano viziati da prescrizione e non emanarli. Come si diceva, però, si può lasciare alla Camera di Commercio il beneficio del dubbio. La Commissione Tributaria di Primo grado ha però ristabilito correttamente la giustizia, sia annullando gli atti, sia sanzionando l’Ente attraverso il pagamento delle spese.  E’ il giudizio successivo che dimostra la scarsa efficienza dell’Ente pubblico. La sua inattività rispetto alla richiesta di pagamento delle spese di giudizio, ha portato a dover iniziare un nuovo contenzioso al quale hanno lavorato tre giudici, i segretari delle Commissioni Tributari, un funzionario della stessa Camera di Commercio e poi ancora, la Cassazione, i funzionari della Cassazione, tutto il personale amministrativo. Tutti pagati con soldi pubblici. Ma non è finita qui, perché adesso dovrà di nuovo lavorare la Commissione Tributaria Provinciale di Roma per adeguarsi alla prescrizione impostagli dalla Corte di Cassazione. Il tutto perché la Camera di Commercio di Roma non ha voluto pagare spontaneamente la somma impostagli da un Giudice Tributario pari ad euro 250,00. Il Fisco italiano non sta bene, ma anche la Pubblica Amministrazione non è di sicuro messa meglio. Analisi e commenti ImpreseOggi
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A contrastare il gioco d’azzardo due iniziative, una teatrale a Casa Madiba Rimini e una in parrocchia a San Vito

Cooperativa sociale Cento Fiori - Mer, 10/04/2024 - 17:05
Da una parte l’impegno della Rete Gap e delle istituzioni provinciali con l’Ausl l’11 marzo, dall’altra lo spettacolo delle Albe/Ravenna teatro, “Slot Machine” il 12 marzo

Dal teatro con “Slot machine” a Rimini all’incontro a San Vito, due appuntamenti per contrastare il gioco d’azzardo e conoscerne i pericoli. E’ nutrito il prosieguo delle attività per contrastare il gioco d’azzardo, che vede nei prossimi giorni impegnati da una parte nella frazione riminese, la Rete Gap, la rete di contrasto al gioco d’azzardo che vede uniti in uno sforzo comune associazioni di volontariato, onlus, enti locali della provincia riminese e Ausl nel progetto “Occhio al gioco – quando il gioco non è un gioco”. Dall’altra invece un’iniziativa teatrale promossa da Casa Madiba e la Cooperativa Sociale Cento Fiori, a Rimini.

Andiamo con ordine: “E se il gioco d’azzardo diventa un problema?” è la domanda dalla quale prende l’avvio l’incontro con la dottoressa Michela Muccioli, psicologa e psicoterapeuta dell’Unità Operativa delle dipendenze patologiche dell’Ausl di Rimini. L’incontro è presso la sala parrocchiale della chiesa dei santi Vito e Modesto, in via Emilia Vecchia 219, San Vito. L’iniziativa sarà preceduta da un’aperi-cena gratuita alle 19,30, mentre l’incontro con la dottoressa Muccioli inizierà alle 20,30. Per info chiamare il numero +39 338 150 0188. L’iniziativa san vitese è curata per la Rete Gap dalle cooperative sociali Cento Fiori e Il Gesto e dall’Associazione Parkinson in Rete.

Da San Vito il tema del gioco d’azzardo si sposta a Rimini e prende la forma dello spettacolo teatrale, nella cornice di Casa Madiba, in via Dario Campana 63. Il centro sociale, nell’ambito di Senza filtri, rassegna di teatro e cinema pop & del percorso partecipato Zero Homeless presenta in collaborazione con la Cooperativa Sociale Cento Fiori venerdì 12 aprile “Slot machine”, soliloquio della fossa. Ovvero, la caduta vertiginosa di un giocatore, di un annegare nell’azzardo, dove ogni legame affettivo viene sacrificato sull’altare del niente. Amara è la sua fine e, nel suo malato sogno di potenza, delira da solo dal fondo di un fossato di campagna, colpito a morte dai suoi strozzini, allo stesso tempo vittima e carnefice di se’ stesso. Il gioco è una sfinge. Come una sfinge, ci interroga sulla nostra natura. E se siamo noi a interrogarlo, a interrogarne il concetto, l’essenza, la presenza millenaria nella storia dell’umanità, come un oracolo antico ci fornisce risposte ambigue: il gioco può manifestarsi come la voragine dell’autodistruzione solitaria, oppure, al contrario, come il senso più alto e bello dello stare insieme, del miracolo della convivenza. Il gioco può rivelarsi strumento demonico o danza angelica, inferno o paradiso, perché va al fondo della nostra enigmatica natura umana.

Lo spettacolo di Marco Martinelli, che ne è anche regista e l’ha ideato insieme a Ermanna Montanari, vede in scena Alessandro Agnani. E’ una produzione di Albe / Ravenna Teatro in collaborazione con Teatro La Cucina/Olinda. A seguire un momento di riflessione insieme alla dottoressa Chiara Pracucci, psicologa e psicoterapeuta, l’attore di Slot machine Alessandro Agnani, un rappresentante di Giocatori anonimi e Cristian Tamagnini, presidente della cooperativa Sociale Cento Fiori.

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Una festa di diritti: tanta gente, associazioni, enti locali e il vescovo alla Giornata della visibilità transgender al parco de La Serra Cento Fiori.

Cooperativa sociale Cento Fiori - Lun, 08/04/2024 - 15:54
La manifestazione indetta da Aics Emilia Romagna e Rimini, Gruppo T. & Non-binary di Arcigay Rimini e la Cooperativa Sociale Cento Fiori, con il contributo della Regione Emilia – Romagna e Comune di Rimini.

«Cento Fiori nasce nel 1981 da una richiesta di diritti fatta dalla città con una manifestazione. Per questo ci siamo trovati a fianco di una manifestazione che rivendica diritti, come la “Giornata della visibilità trasgender, che rientra a pieno titolo nella nostra missione e in questo spazio». Cristian Tamagnini ha dato il benvenuto alle tante persone che hanno partecipato alla manifestazione indetta da Aics Emilia Romagna e Rimini, Gruppo T. & Non-binary di Arcigay Rimini e la Cooperativa Sociale Cento Fiori, che ha messo a disposizione il parco de La serra Cento Fiori.

Un evento che ha visto una nutrita partecipazione di persone al programma di musica, giochi, laboratori creativi, una grigliata di pesce promossa dalla Community 27 e un pranzo al sacco condiviso, evento creato intorno alla promozione della visibilità della comunità transgender, necessaria sia per contrastare i luoghi comuni, sia per ricordare l’universalità dei diritti civili, sia per creare reti con enti e associazioni del territorio.

L’evento ha anche avuto un grande risalto mediatico grazie al vescovo di Rimini Nicolò Anselmi, il primo a partecipare in Italia ad un evento in difesa dei diritti LGBT. E insieme a lui sono arrivati diversi rappresentanti degli enti locali, per una festa che ha radici nella società e che deve essere introiettata nelle istituzioni. Ha così portato il suo saluto Emma Petitti, presidente dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna – «Cento Fiori è ormai un presidio per i diritti nella città», riportiamo ciò che ha detto con un pizzico di orgoglio – l’assessora Francesca Mattei per il Comune di Rimini, Marco Tonti nella duplice veste di consigliere del Comune di Rimini e presidente di Arcigay, Viviana Neri presidente di AICS regionale dell’Emilia-Romagna.

«La Serra Cento Fiori nasce come luogo non solo di divertimento ma anche e sopratutto come spazio sociale e culturale, – ha detto Cristian Tamagnini – un luogo di inserimento di lavoratori svantaggiati e di attività ergoterapiche, un luogo un luogo per attività didattiche per i bambini a contatto con la natura; un luogo dove prende corpo il concetto di “Comunità Curante”, il prendersi cura reciprocamente; un luogo appunto di affermazione di diritti che, soprattutto in questa fase storica e politica, non vanno mai dati per scontati e acquisiti definitivamente, ma difesi costantemente, con forza, coraggio e orgoglio». Poi si è congedato dando appuntamento al 25 aprile, per la quattro giorni di musica e cibo di strada organizzata alla Serra per la Liberazione, che sarà aperta sul palco da Lo stato Sociale, Legno, numerosi gruppi locali e Djset.

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Superbonus: stop alle cessioni di credito per chi ha presentato la Cilas entro il 16 febbraio 2023 ma non ha iniziato i lavori.

Fine corsa per la cessione del credito o per lo sconto in fattura per tutti quei contribuenti che non hanno iniziato i lavori, nonostante abbiano presentato il titolo edilizio necessario entro il 16 febbraio 2023. Lo prevede il decreto legge n. 39 del 29 marzo 2024 il quale, dopo una gestazione di qualche giorno, è approdato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 del 29.03.2024. Si ricorda che, a tal proposito, il decreto n. 11 del 16 febbraio 2023 aveva introdotto un divieto assoluto di trasferimento del credito edilizio per tutti quegli interventi per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto stesso, non era stato presentato il titolo edilizio necessario per la loro realizzazione. Nello stesso decreto di febbraio 2023 era previsto, inoltre, che per gli interventi in edilizia libera (per i quali, si ricorda, non è necessario presentare una specifica autorizzazione edilizia), invece, il divieto operava solo nel caso in cui, alla data del 16 febbraio 2023, non erano stati avviati i lavori, oppure non era stato sottoscritto un contratto con i fornitori o, infine, non era stato pagato alcun acconto. Il decreto 39/2024 introduce un ulteriore giro di vite alla circolazione dei crediti edilizi. L’articolo 1, punto 5 stabilisce che “le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, del citato decreto-legge n. 11 del 2023, non si applicano agli interventi contemplati al comma 2, lettere a), b) e c), primo periodo, e al comma 3, lettere a) e b), del medesimo articolo 2 per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, non è stata sostenuta alcuna spesa, documentata da fattura, per lavori già effettuati”. La cessione del credito, o lo sconto in fattura, continua ad applicarsi agli interventi ante 16 febbraio 2023 solo nel caso sia stata sostenuta almeno una spesa, pagata e documentata, relativa a lavori già effettuati. E’ importante precisare il fatto che le spese devono essere state pagate: dalla lettura del decreto si evince chiaramente che non è sufficiente l’emissione della fattura per attestare l’inizio dei lavori e continuare a sperare di poter cedere i crediti edilizi a terzi. Vi sono, però, alcune eccezioni, per le quali la cessione del credito o lo sconto in fattura continua ad operare, ancorchè non siano iniziati materialmente i lavori e purchè, comunque, entro il 16 febbraio 2023 sia stato presentato l’idoneo titolo edilizio. Le eccezioni, per le quali è ammesso il trasferimento del credito, sono:
  • gli interventi riguardanti i piani di recupero del patrimonio edilizio esistente o di riqualificazione urbana, da realizzare nelle aree sismiche 1,2,3, che alla data del 16 febbraio 2023 risultano approvati;
  • gli interventi riguardanti la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune;
  • gli interventi di restauro e risanamento conservativo e di ristrutturazione edilizia riguardanti interi fabbricati e realizzati da imprese di costruzione, ristrutturazione o da cooperative edilizie, che entro diciotto mesi dalla fine dei lavori provvedano a vendere tali fabbricati;
  • interventi di adeguamento sismico realizzati da imprese di costruzione in zone classificate a rischio sismico 1,2,3, purchè i fabbricati realizzati, anche con demolizione e costruzione, siano ceduti entro trenta mesi dalla fine dei lavori.

Da segnalare, poi, che l’articolo 2 del decreto in commento prevede, al comma 2, la possibilire di sostituire le comunicazioni di cessione di credito entro e non oltre il 4 aprile 2024. Ad oggi è prevista la possibilità di sostituire e/o annullare le comunicazioni inviate entro cinque giorni dall’invio stesso. In linea teorica, fino a ieri, le comunicazioni del 4 aprile era possibile sostituirle entro il giorno 09 aprile. Con l’introduzione del decreto legge 39/2024, le comunicazioni inviate il 4 aprile sarà possibile sostituirle solo entro lo stesso giorno 4 aprile.

Infine si osserva che il decreto legge entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale: quindi entrerà in vigore il 30 marzo 2024. Da questa data decorrerà anche il divieto di cessione per tutti quegli interventi che non sono iniziati effettivamente a tale data.

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