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Coop sociali l'altra faccia della crisi. Per gli «svantaggiati» il lavoro è un miraggio

La crisi economica che spinge a una forte competitività è una ganascia della tenaglia, l'altra sono i tagli agli enti locali e nel mezzo c'è un settore del mercato del lavoro che non guarda solo al profitto ma all'inclusione sociale dei lavoratori cosiddetti "svantaggiati": la cooperazione sociale di tipo B. E che comincia a sentire gli effetti di questa morsa. L'allineamento con il mercato in crisi è cominciato proprio dalla missione, dare un lavoro a chi, per disabilità fisiche o psichiche, faticava più degli altri a trovarlo. «Se prima della crisi riuscivi a inserire lavoratori svantaggiati anche con condizioni di media gravità, ora devi impiegare uno "svantaggiato biondo, alto e velocissimo", facendo una selezione dei migliori. - dice Vittorio Saltini, presidente del modenese Consorzio solidarietà sociale, circa 30 coop di cui 20 di tipo B - I lavoratori con problemi psichici prima della crisi erano gli ultimi a essere impiegati. Oggi, con la disoccupazione che cresce, sono gli ultimi di una lunga fila. Nei servizi ambientali di "psichici" non ce n'è più». E' la produttività, baby, un tema - o uno scoglio - che ricorre in ogni tipo di contratto, sia che si forniscano servizi alle grandi multiutility, sia ai privati, sia agli enti locali.

«Ancora non vediamo effetti devastanti della crisi - dice Alberto Alberani, responsabile regionale della Legacoop sociali - ma li vedremo nel prossimo anno. Ad oggi i comuni hanno tenuto, non siamo ancora al grido di allarme». Alberani riepiloga il mix del fatturato della cooperazione sociale B in Emilia - Romagna: «dei circa 100 milioni il 50% viene dalle grandi multiutility, Hera e Iren per intenderci. Lì ci sono problemi di messa a norma del contratto di lavoro, ma occorre vedere le gare di appalto e le tariffe. Poi c'è il mercato delle imprese private, con circa 25 milioni di fatturato, il resto sono contratti con Enti locali e loro controllate. Nel settore del privato ci sono segnali di crisi. Molte aziende di produzione, pur di mantenere il lavoro per i dipendenti, non hanno esternalizzato. Altre invece hanno esternalizzato, ma in Cina».

Nel modenese, racconta Vittorio Saltini, «le coop che gestiscono i laboratori protetti di assemblaggio hanno la concorrenza dei cinesi in Italia. C'è un sistema di lavoro a domicilio, un po' come avveniva tanti anni fa nel tessile e nell'abbigliamento. Una concorrenza oggettiva di chi ti lavora a minor costo». Nel bolognese, dice Fabrizio Pedretti, presidente del consorzio di cooperative Impronte sociali «il peso del fatturato con privati diminuisce. Non importa se ti conoscono da anni, il piccolo sconto fa gola».

«Da quest'anno cominciano ad esserci delle riduzioni negli affidamenti diretti per tagli dai comuni. - prosegue Pedretti - L'affidamento in convenzione è sempre stato dibattuto: molti lo ritengono un azzardo, anche se la legge è ben precisa. Dall'Ue è visto di malocchio, i dirigenti comunali lo utilizzano solo se c'è una scelta precisa dell'ente con delibera di giunta, altrimenti non lo prevedono. E se c'è invece l'indirizzo, i Comuni finiscono sotto la sorveglianza della Corte dei conti. Comunque i tagli sono già ventilati, in alcune realtà sono del 15%».

Pietro Borghini

«Stanno cambiando i rapporti con gli enti locali - dice Pietro Borghini, presidente del Consorzio Sociale Romagnolo di Rimini - diminuiscono gli affidamenti diretti, i comuni preferiscono le gare di appalto: alcune con clausole sociali, dove possiamo partecipare, spesso invece gare al massimo ribasso. La partnership sociale, con le cooperative che sostituivano i comuni o le municipalizzate nell'assorbire personale diversamente abile, sta andando verso una fase critica. Non sappiamo se ciò è dovuto alla situazione economica contingente o il segnale di un cambiamento di pensiero».

Pubblicato su l'Unità Emilia - Romagna

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