Favorire e consolidare lo sviluppo di imprese nelle aree montane della Regione Emilia Romagna per permettere la tenuta del tessuto produttivo e, più in generale, per la tenuta del sistema montagna, che negli anni è andato incontro all’emigrazione e al conseguente calo e progressivo invecchiamento della popolazione: questi i principi di fondo contenuti nella delibera n. 1116 del 12 luglio 2021 approvata dalla Giunta Regionale e che prevede un aiuto alle imprese del territorio sottoforma di contributo a fondo perduto sugli investimenti realizzati.
BENEFICIARI DEL BANDO A FONDO PERDUTOLa misura di sostegno, che prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 70% dell’investimento realizzato, è rivolta alle imprese aventi qualsiasi forma giuridica, esercenti qualsiasi attività con esclusione di quella della pesca e dell’acquacoltura così come normata dal regolamento del Consiglio Europeo n. 104/2000 e quella della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea.
Gli ulteriori requisiti, che il bando a fondo perduto pone, sono:
Gli interventi finanziabili dal Bando a fondo perduto sono:
Nell’ambito degli interventi sopra indicati sono ammissibili le seguenti spese:
La spesa minima ammissibile è pari ad euro 25.000,00, mentre il finanziamento a fondo perduto massimo è pari ad euro 150.000,00
PREMIALITA’ DEL BANDO MONTAGNA 2021.Il bando a fondo perduto prevede, poi, un regime di premialità per gli interventi che posseggono le seguenti caratteristiche:
La scadenza per la presentazione del bando è fissata per il giorno 16 settembre 2021 alle ore 13:00.
CONTATTA LO STUDIO AL NUMERO 0541.708252 PER AVERE ASSISTENZA E AIUTO PER PARTECIPARE AL BANDO FONDO PERDUTO MONTAGNA 2021Notizie ImpreseOggi
Favorire e consolidare lo sviluppo di imprese nelle aree montane della Regione Emilia Romagna per permettere la tenuta del tessuto produttivo e, più in generale, per la tenuta del sistema montagna, che negli anni è andato incontro all’emigrazione e al conseguente calo e progressivo invecchiamento della popolazione: questi i principi di fondo contenuti nella delibera n. 1116 del 12 luglio 2021 approvata dalla Giunta Regionale e che prevede un aiuto alle imprese del territorio sottoforma di contributo a fondo perduto sugli investimenti realizzati.
BENEFICIARI DEL BANDO A FONDO PERDUTOLa misura di sostegno, che prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto fino al 70% dell’investimento realizzato, è rivolta alle imprese aventi qualsiasi forma giuridica, esercenti qualsiasi attività con esclusione di quella della pesca e dell’acquacoltura così come normata dal regolamento del Consiglio Europeo n. 104/2000 e quella della produzione primaria dei prodotti agricoli di cui all’allegato I del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea.
Gli ulteriori requisiti, che il bando a fondo perduto pone, sono:
Gli interventi finanziabili dal Bando a fondo perduto sono:
Nell’ambito degli interventi sopra indicati sono ammissibili le seguenti spese:
La spesa minima ammissibile è pari ad euro 25.000,00, mentre il finanziamento a fondo perduto massimo è pari ad euro 150.000,00
PREMIALITA’ DEL BANDO MONTAGNA 2021.Il bando a fondo perduto prevede, poi, un regime di premialità per gli interventi che posseggono le seguenti caratteristiche:
La scadenza per la presentazione del bando è fissata per il giorno 16 settembre 2021 alle ore 13:00.
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Notizie ImpreseOggi
di Loredana Boscolo
Chioggia – Venezia – 23 aprile 2021
V INCONTRO INTERNAZIONALE DEI GRUPPI PLURIFAMILIARI (23, 24 APRILE)
RILEVANZA E AGGIORNAMENTI SUL DISPOSITIVO MULTIFAMILIARE: SFIDE ALLA CREATIVITÀ
Fondamento teorico dell’intervento nei gruppi multifamiliari, dal vertice della concezione operativa di gruppo
“La familia funciona cuando proporciona
Oggi parliamo d’attualità del dispositivo del gruppo multifamiliare in questo momento storico sociale di pandemia planetaria, di malessere generalizzato, sociale, istituzionale e globale. Viviamo in un mondo in qui sta crollando il sistema capitalistico e neoliberale. Aumentano le disuguaglianze, i disoccupati, i lavori precari, emergono nuove povertà.
La nostra vita quotidiana, le relazioni familiari, i vincoli personali, di amicizia e professionali sono contagiati da questo clima di pandemia. Si mettono a nudo i nostri limiti in relazione al conosciuto, alle nostre fragilità e vulnerabilità; viviamo con un sentimento di incertezza. Dobbiamo fluttuare tra paura e le possibilità, nel presente tra passato e futuro.
La domanda principale oggi sarebbe: che idea abbiamo e come ascoltiamo la famiglia? Che tipo di apparato psichico e sociale utilizziamo nella nostra operatività quotidiana?
Inesorabilmente i vincoli all’interno della famiglia sono cambiati: è aumentata la sofferenza nei vincoli familiari, la violenza domestiche, i femminicidi, gli abusi sessuali sui minori. L’aumento dei divorzi e le diverse ricomposizioni familiari, dove convivono nella stessa famiglia figli di più matrimoni con nuovi partner, diversi dai genitori biologici.
Bambini che hanno due padri o due madri che si prendono cura di loro.
Stiamo assistendo a un fenomeno globale di diminuzione delle natalità. Se da una parte, la liberazione della donna, la diffusione dell’uso di contraccettivi, e la introduzione nel mondo del lavoro ha favorito una nuova soggettività sociale di emancipazione.
Però dall’altra parte, e presente la mancanza di lavoro e la possibilità di acquistare o affittare una casa. Questi cambiamenti nella famiglia contemporanea modificano profondamente le condizioni di esistenza delle persone e dei loro vincoli, producendo conseguenze sia nell’organizzazione psichica e sia nell’organizzazione sociale.
Inserendo in questo quadro generale, il lavoro con il gruppo multifamiliare, diventa uno dei dispositivi più appropriati, urgenti da applicare e implementare nel campo clinico-terapeutico, educativo, e soprattutto a livello preventivo comunitario.
Questo congresso è un’occasione per interrogarci sui diversi modelli e metodologie di intervento con il gruppo multifamiliare.
Le differenze servono per creare dialogo e per aprire la mente.
Svilupperò due nozioni centrali del concetto operativo di gruppo: Compito e Emergente.
Due nozioni teoriche di base per organizzare un’idea minima intorno al gruppo, nozioni trasversali che ci permettono:
1) La comprensione del funzionamento del gruppo multifamiliare.
2) Il lavoro multifamiliare post-gruppo dell’incontro di sviluppo dell’équipe terapeutica.
1) La comprensione del funzionamento del gruppo multifamiliare
In relazione al primo punto, articolerò la relazione gruppo multifamiliare e compito. Voglio sottolineare che la nozione di compito non va presa in modo formale, diciamo pure da un punto di vista pedagogico; poiché è il compito che fonda e stabilisce il gruppo.
È l’elemento che dà significato alle dinamiche e alla struttura gruppale.
Possiamo intenderlo come una metafora. Dal punto di vista del nostro schema concettuale di riferimento operativo, partiamo da una triangolazione: gruppo-compito e coordinazione.
Schema minimo (Figura 1, Figura 2) tra cui collochiamo la nostra comprensione dei disturbi dell’apprendimento, della comunicazione, della comparsa dei sintomi e delle disfunzioni familiari. All’interno di questo inquadramento triangolare osserviamo il movimento latente della struttura che produce un certo tipo di emergente.
La concezione operativa di gruppo, si differenzia dalle altre teorie perché per noi tutto inizia dal compito che istituisce il gruppo.
Il passaggio tra aggruppamento e gruppo, è un costante gioco dialettico, sarà il compito che sosterrà e sopporterà il gruppo in questi passaggi. Il gruppo durante tutto il processo oscillerà tra pre-compito e compito. In altre parole, nel momento della pre-compito, nel momento del compito si presenteranno gli aspetti più difensivi, le riproduzioni ideologiche e gli aspetti istituzionali. Nell’entrata nel compito, prevarranno gli aspetti di trasformazione: creativi, immaginativi.
La funzione dello psicoterapeuta, del coordinatore o dei coordinatori, sarebbe quella di: segnalare, costruire la interpretazione, di ciò che accade nel vincolo gruppo-compito: gli ostacoli, le resistenze al cambiamento e facilitare le opportunità di sviluppo, e quando è necessario porre i limiti.
Il coordinatore non è il leader del gruppo. Il leader è il compito.
Questo è un aspetto fondamentale per creare meno dipendenza dal coordinatore o coordinatori. L’azione terapeutica, sarebbe come restituire al gruppo multifamiliare il deposito che viene assegnato all’equipe dei coordinatori, affinché il gruppo possa elaborare gli aspetti più indiscriminate dei vincoli tra di loro. (Processo gruppale, la teoria delle tre D di Pichón Rivière).
Tra l’altro, si rompono le complicità. Per esempio: il rischio che il coordinatore o i coordinatori si trasformino in un membro della famiglia.
Nel passaggio di aggruppamento multifamiliare a gruppo multifamiliare emergono le difese più arcaiche, le resistenze e le relazioni sincretiche.
Analizzeremo le costruzioni e decostruzioni dei vincoli che gli individui sviluppano attraverso l’identificazione proiettiva-introiettiva, rappresentazioni e fantasmi che ciascuno ha di sé stesso in relazione agli altri membri del gruppo multifamiliare. Cioè, costruiranno una rete immaginaria gruppale.
Questi sono gli elementi che creano un’atmosfera emozionale. Sarebbe la tensione del movimento che si produce tra pre-compito e compito. Un esempio concreto è il momento in cui lavorando con il gruppo multifamiliare c’è sempre qualcuno che entra senza bussare alla porta per prendere qualche oggetto o cercare qualcuno, un altro esempio è quando un componente del gruppo risponde al telefono o manda dei messaggi. Attraverso questi comportamenti vediamo un certo tipo di aggressione e ci chiediamo perché un gruppo multifamiliare permette un certo tipo di aggressione? La nostra ipotesi è che sempre questo ha che vedere con la dinamica gruppale da esso prodotta. Nel momento del pre-compito, si presentano i ruoli formali istituiti dallo status quo: di mamma, papà e figli. Per questo ci piace ed è essenziale differenziare il ruolo dalla funzione. Perché in questa differenziazione transita dal nostro punto di vista, la nozione di vincolo. Una madre o un padre, non sono madre e padre per sempre, lo sono finché svolgeranno questa funzione, ma tale funzione soprattutto nella attualità può essere svolta anche da altri membri della famiglia o dagli amici.
Generalmente, le figure genitoriali o filiali corrispondono al ruolo concreto biologico specifico, al vincolo di sangue. Quando funzionano i ruoli fissi definiti istituzionalmente, prevalgono gli stereotipi del movimento della assunzione e dell’aggiudicazione dei ruoli. Queste sono le situazioni critiche o di criticità perché ci indicano il movimento di come sono stati costruiti i vincoli tra di loro. Siano essi sani o patologici, però soprattutto ci danno l’idea della struttura e delle dinamiche di gruppo.
Quando parliamo di vincoli e funzioni, non parliamo di persone fisiche, ma di ciò che sta nel “mezzo”.
Parliamo del “tra“, cioè quell’area di transito che c’è tra il tu e l’io e viceversa. Quell’area di transito che produce e costruisce il noi gruppale.
Con il gruppo multifamiliare è necessario favorire uno spostamento tra funzione e biologia. Molte volte non è facile pensare alla funzione separandola dalla biologia.
Il nostro ECRO, ci permette di pensare a partire dalle tre funzioni (Vedere figure 1 e 2), di dare un altro significato a questi vincoli, siano essi: inter, intra o trans. Lasciamo il livello biologico per pensare di più sul piano della rappresentazione, del simbolico e di un immaginario diverso. Gli effetti di questi vincoli producono diversi tipi di soggettività sana o patologica, come afferma Bauleo: “Lo sguardo all’interno dei gruppi è uno dei problemi maggiori (perché il terzo è sempre presente) è necessario fare uno sforzo per separare lo sguardo dal ascolto per osservare come sono i vincoli all’interno del gruppo”.
Oltre la nozione di compito, utilizzeremo la nozione di emergente, la quale ci offre la possibilità di allargare il campo di osservazione da una prospettiva individuale ad un vertice gruppale.
L’emergente è quell’elemento che ci può orientare, ci segnala come un meccanismo difensivo rigido patologico ostacola un processo di salute, prima di rimanere incagliati nelle acque stagnanti della malattia.
2) Il lavoro multifamiliare post-gruppo di elaborazione dell’équipe terapeutica
In relazione al secondo punto, molto valido è lo spazio di elaborazione del vincolo gruppo multifamiliare e elaborazione post-gruppo dell’équipe. L’interrogativo sarebbe: come si integrano i diversi schemi di riferimento, il pluralismo dei punti di vista di ognuno, come si aggiustano i canali di comunicazione e i conflitti, per affrontare la complessità o meglio detto l’ipercomplessità, senza riduzionismi o banalizzazioni, ossia come si costituisce l’orizzontalità dell’equipe senza che prevalgano gli individualismi o i narcisismi poco funzionali al compito terapeutico o preventivo?
Segnalerei dal mio punto di vista che il processo di integrazione mette sempre in gioco una tensione tra identità e differenti appartenenze personale e istituzionali. Come funzionerebbe la psicoanalisi integrativa? Dice E. Mandelbaum: “lo scopo sarebbe quello di integrare teoria e pratica con gli aspetti affettivi, mentali e cognitivi”.
Credo che per arrivare a questa fondamentale integrazione nel lavoro con il gruppo multifamiliare si debbano affrontare gli elementi collegati alla resistenza del cambiamento. Il processo di integrazione richiede necessariamente l’apprendimento di una metodologia di lavoro gruppale che risponda a due livelli:
A) All’ipercomplessità del campo di intervento.
B) Alla possibilità di riflettere sulla propria implicazione.
Lo scopo dell’elaborazione sarebbe quello di costruire un’idea comune, in relazione al vincolo gruppo multifamiliare e processo terapeutico, poiché ritengo molto prezioso e fertile il momento dello spazio di elaborazione. Per questo credo, affinché, funzioni la comunicazione si dovrebbe avere un codice comune tra i membri dell’equipe di comprensione del processo terapeutico.
Nella nostra esperienza di lavoro con il gruppo multifamiliare, noi ricercatori della scuola Bleger di Rimini, usiamo come chiave di lettura la nozione di emergente comprendere il processo gruppale. L’emergente sarebbe la punta dell’iceberg che emerge dal magma e che disvela le parti latenti delle situazioni gruppali familiari. Imponendosi come elemento nuovo e imprevisto, producendo una qualità diversa dalla situazione stessa. La successione e il ritmo degli emergenti ci indicano il camino, rendendo possibile l’osservazione delle vicissitudini, delle fantasie inconsce gruppale, delle identificazioni incrociate o delle coazioni a ripetere.
L’emergente deriva dal latino participio passato: “emergere, accade come un accidente impensabile e inaspettato”.
L’emergente palpa gli aspetti controtransferali e, più in generale l’implicazione di ciascuno dei professionisti: come mi implico e come sono implicato.
D’altra parte, l’emergente dipende anche dal controtransfert istituzionale dell’équipe, dalla propria storia personale articolata con la formazione e con le proprie esperienze vissute.
L’emergente sarebbe il segnale che indica una traccia, che qualcosa è successo, se ignoriamo questi segnali, gli aspetti fisici e psichici continueranno ad esprimere i loro emergenti. Producendo sintomi o altre ripetizioni gruppali.
Loredana Boscolo Buleghin
Psicologo Psicoterapeuta
Email: loredana.boscolo@alice.it
Bibliografia:
Armando Bauleo, Psicoanalisi e Gruppalità, 2000.
Armando Bauleo, Ideologia, Gruppo e famiglia, Feltrinelli, Milano 1978.
Armando Bauleo e De Brasi MS, Clinica Gruppale – Clinica Istituzionale, Il Poligrafo, Padova 1994.
Bion, W. Esperienze nei Gruppi, Armando Editore, Roma 1971.
José Bleger, Simbiosi e Ambiguità, 1992.
Eduardo Mandelbaum, Teoria e pratica dei gruppi multifamiliari, Edizione Nicop Saggi, 2017.
Pichón Rivière, Il processo gruppale, dalla psicoanalisi alla psicologia sociale, Edizione Lauretana Loretto, 1986.
Pichón Rivière, La teoria del Vincolo, Edizioni Nueva Vision, 1979.
Progetto di Lavoro interdisciplinare e interazione sulla salute della persona, del gruppo familiare della comunità, ricerca finalizzata di sanità pubblica. ULSS17 Monselice, Padova. ULSS14 Chioggia, Venezia, e Regione Veneto giunta Regionale. Edizione Cleup, 2009.
Rimini – Una torma di bambini ha letteralmente preso d’assalto i nuovi percorsi sugli alberi di Rimini Avventura, inaugurando così la struttura ai bordi del parco XXV aprile, di fianco alla Serra Cento Fiori. Disciplinati, attenti ad utilizzare correttamente le loro protezioni, si sono avventurati con sicurezza divorando altezze e ostacoli su quote che sembravano del tutto naturali per loro, destando l’ammirazione degli adulti, tutti a testa in su.
Sotto di loro, la breve cerimonia inaugurale del terzo adventure park del territorio (dopo Riccione e San Marino) costruito in partnership tra la Cooperativa Sociale Cento Fiori (già concessionaria dell’area) e la Top Adventure Park, con il taglio del nastro da parte del sindaco Andrea Gnassi e i saluti dell’amministrazione portati dall’assessora Roberta Frisoni. La quale ha detto che «ci si trova in un gioiello che da gioia e divertimento ai bambini – e da genitori sappiamo quanto sia bello quando c’è gioia nei bambini – e che da inclusione sociale e lavoro« Poi, smessi i panni dell’amministratrice, ha voluto provare anche lei l’ebbrezza dell’altezza, percorrendo uno degli 11 percorsi che compongono Rimini Avventura.
L’attesa per l’inaugurazione è stata ingannata dalle giovani danzatrici della Compagnia Nonchalance di Riccione. Poi i saluti di Alfredo Manzaroli, della Top Adventure Park,: «l’obiettivo è di far divertire, socializzare ed offrire un presidio dell’avventura a Km zero per residenti e turisti. E di recuperare un’area ora pienamente rivalorizzata e curata nell’ottica dello sviluppo sostenibile e turismo green, come da oltre 15 anni l’azienda italo-sammarinese fa in Italia e nel mondo con oltre 100 realizzazioni». Cristian Tamagnini, presidente della Cooperativa Sociale Cento Fiori ha ricordato che da cinque anni si attendeva l’inaugurazione del parco, ora finalmente raggiunta. Un parco che nasce «nel segno della cooperazione – una delle parole chiave di questa pandemia, assieme a Bene comune e Reciproca responsabilità – perché non sarà solo luogo di divertimento sano e all’aria aperta ma anche occasione di lavoro per persone svantaggiate e di attività didattiche».
Il Parco Ecologico “Rimini Avventura” è ai bordi del Parco XXV Aprile, con ingresso da via Galliano 19 e da via Padre Tosi. E’ il nuovo fiore all’occhiello della Cooperativa Sociale Cento Fiori e della catena Top Adventure Park, azienda che già ha costruito e gestisce i parchi Avventura di San Marino e Riccione. L’obiettivo è creare un triangolo del divertimento avventuroso con tre strutture che lavorano in sinergia costituendo assieme il più grande Carosello dell’avventura al Mondo: 57 percorsi avventura oltre 2 km di teleferiche, Tarzan Tree Village e attrazioni ecosostenibili per tutte le età e i livelli di allenamento.
L'articolo Rimini Avventura invaso dai bambini! Aperto il carosello sugli alberi nel cuore della città, nel parco XXV aprile. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Rimini – Mercoledì 16 giugno alle 18, alla presenza del sindaco Andrea Gnassi, inaugurerà a Rimini, di fianco al Parco XXV Aprile, il nuovissimo Parco Ecologico “Rimini Avventura”, con ingresso da via Galliano 19 e da via Padre Tosi. Rimini Avventura è il nuovo fiore all’occhiello della catena Top Adventure Park, azienda che già ha costruito e gestisce i parchi Avventura di San Marino e Riccione. L’obiettivo è creare un triangolo del divertimento avventuroso con tre strutture che lavorano in sinergia costituendo assieme il più grande Carosello dell’avventura al Mondo: 57 percorsi avventura oltre 2 km di teleferiche, Tarzan Tree Village e attrazioni ecosostenibili per tutte le età e i livelli di allenamento.
Costruito in partnership tra la Cooperativa Sociale Cento Fiori (già concessionaria dell’area) e la Top Adventure World, Rimini Avventura aprirà i battenti con 11 fantastici percorsi avventura, oltre mezzo km di carrucole immersi nel verde con l’obiettivo di far divertire, socializzare ed offrire un presidio dell’avventura a Km zero per residenti e turisti. Il tutto a soli 300 metri dal ponte di Tiberio. Un’area prima degradata e ora pienamente rivalorizzata e curata nell’ottica dello sviluppo sostenibile e turismo green che da oltre 15 anni l’azienda italo-sammarinese esporta in Italia e nel mondo con oltre 100 realizzazioni.
Tante le possibilità per il divertimento outdoor e anche convenienti abbonamenti che consentono più ingressi o ingressi illimitati, sia a Rimini che in tutto il circuito dell’avventura.
L'articolo Inaugura Rimini Avventura, il nuovissimo Top Adventure Park nel parco XXV aprile, a 300 m dal Ponte di Tiberio. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Rimini – Dopo la pausa di un anno dovuto all’emergenza CoVid, riprende il progetto Ulisse, le crociere terapeutiche organizzate da oltre 20 anni dalla Cooperativa Sociale Cento Fiori. Quest’anno la peculiare esperienza riminese di outdoor education accade nel 40simo anniversario della fondazione dell’azienda sociale. Inoltre, la crociera entra in una fase accademica: all’equipaggio si è aggiunta Chiara Borelli, dottoranda di ricerca del Dipartimento di scienze dell’educazione dell’Università di Bologna che sta compiendo uno studio per Cefeo, il Centro di ricerca sull’Educazione e la Formazione Esperienziale e Outdoor dell’ateneo bolognese.
A salpare verso i lidi croati sette ospiti della Comunità Terapeutica di Vallecchio, guidati da capitan Andrea Ambrosani, lo skipper che ha ereditato il comando dal fondatore del progetto, Werther Mussoni, e assistiti dallo psicologo Michele D’Alessio e dall’educatrice Chiara Gentili, entrambi ormai dei veterani di questa esperienza, unica invece per quasi tutti i pazienti a bordo. Anche se gli ingredienti sono quelli di una vacanza – sole, mare, barca a vela – per operatori della Cento Fiori e ospiti non sarà proprio una villeggiatura: «per gli educatori lo scopo principale della crociera è l’osservazione degli utenti – dice Michele Maurizio D’Alessio – ma per i pazienti è un’esperienza formativa perché è la realtà stessa (il vento, il mare, la convivenza in uno spazio particolare come una barca) a regolarizzare i rapporti: la realtà ci detta delle priorità. Il gruppo dei pazienti trova quindi un suo equilibrio nel corso della crociera».
A salutare il viaggio della prima crociera 2021 il fondatore del progetto, Werther Mussoni, che anche se ha smesso la cerata del capitano, non fa mai mancare il suo supporto agli equipaggi, quando non prende addirittura parte alle crociere. Ai nuovi marinai Mussoni ha ricordato che questa esperienza serve “a far riscoprire il gusto della vita che c’è nelle cose, anche in quelle inaspettate o non piacevoli, e nelle persone che ci circondano”. A sottolineare che questo viaggio è un’ulteriore tappa nel percorso di realizzazione di sé, avviato con l’adesione alla terapia.
Il progetto Ulisse sono ormai 20 anni che solca i mari. Quest’anno la prima delle tre crociere che si svolgono normalmente servirà a mettere a punto degli strumenti di osservazione e valutazione da parte del Cefeo, grazie appunto alla presenza della ricercatrice Chiara Borelli. Ora si utilizza una barca a vela dotata di tutti i comfort, ma all’inizio non era così. La prima crociere era con una goletta in legno, il Catholica, un ex peschereccio cattolichino restaurato dagli ospiti della Comunità Terapeutica di Vallecchio, poi diventata la Goletta Verde di Legambiente. All’epoca le crociere duravano settimane e toccavano il mar Ionio e poi le coste della Sicilia. Ora l’esperienza si gioca tra le due traversate e la costa croata. Forse crociere meno lunghe, ma non meno intense per i pazienti.
La goletta Catholica, prima barca del progetto Ulisse della Cooperativa Sociale Cento FioriL'articolo Riprendono dopo l’emergenza CoVid le crociere di Ulisse: dalla Comunità Terapeutica di Vallecchio alla Croazia. Con in più una ricerca dell’Università di Bologna. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Riccione – Una prova gratuita (con prenotazione obbligatoria) il 29 maggio e da sabato 5 giugno comincerà il corso di Hata yoga nel parco del Lago Arcobaleno, in viale Murano 47, organizzato dal Centro Arbor Vitae di Rimini. Dalle 9 alle 10,30 Ramona Frisoni, naturopata e insegnante yoga di scuola Sivananda, condurrà le lezioni che si svolgeranno su quattro momenti: pratica di pranayama (controllo del respiro), asana (posizioni statiche) e posizioni eseguite dinamicamente (saluto al sole), concentrazione e, infine, rilassamento profondo. Gli esercizi proposti sono semplici, adatti a chi fa già yoga e a chi si avvicina per la prima volta a questa pratica. Per partecipare occorre chiamare lo 0541 24822 o scrivere a segreteria@centroarborvitae.it, vestire con abbigliamento comodo e portando con se un tappetino e un asciugamano.
L'articolo Hatha Yoga all’aperto a Riccione al Lago Arcobaleno proviene da Cento Fiori, Rimini.
Laureato in Agraria, è entrato da giovane nella Cooperativa Sociale Cento Fiori e creato per gemmazione Ecoservizi L’Olmo: «un vero cooperatore sociale che credeva nella creazione di posti di lavoro per le persone in difficoltà».
Gilberto Vittori, per noi è sempre stato Gibo, ha lavorato con noi della Cooperativa Sociale Cento Fiori fin dai primi tempi, quasi dall’inizio si può dire. Avevamo l’esigenza di una persona esperta che seguisse il giardinaggio e la manutenzione del verde, uno dei settori lavorativi iniziali della cooperativa che servivano a completare il percorso terapeutico di disintossicazione. Era un giovane laureato in Agraria a Bologna, specializzato in paesaggistica, che prima di lavorare con noi svolgeva attività libero professionale. Abbiamo diviso l’ufficio per anni.
Quando fu emanata la legge 381/91, che divideva le cooperative sociali in tipologia A o B, a seconda se facevano assistenza sociosanitaria alle persone o producevano, decidiamo di creare per gemmazione la Cooperativa Sociale Ecoservizi l’Olmo, con a capo Gibo. E già dalla scelta del nome troviamo alcuni tratti del suo carattere e delle sue inclinazioni verso il prossimo. L’Olmo, mi diceva, era una pianta che era quasi estinta per causa di una malattia, ma che ha trovato la forza di sconfiggerla. E per questo – mi diceva sempre con emozione – gli ricordava i ragazzi che avevamo in cura e che stavano sconfiggendo la loro dipendenza. Era un cooperatore sociale convinto, e credeva nella creazione di posti di lavoro per le persone in difficoltà. A proposito di questa missione, un lavoratore della Olmo mi disse dell’opera di Gibo che «ha piantato un albero in mezzo al deserto e noi godiamo della sua ombra e dei suoi frutti».
Aveva verso di se un forte rigore interiore, unito a una marcata modestia. Ed era altrettanto rigoroso nel rispetto delle regole e delle persone, sopratutto per quanto riguarda i diritti dei lavoratori. Un episodio quasi banale che lo testimonia: ogni anno si faceva la cena sociale dell’Olmo, con 80 – 100 persone tra dipendenti e soci. Si intendeva di vini e, assaggiato quello al tavolo, chiama il cameriere chiedendo un vino migliore. Nessun problema, il cameriere prende le bottiglie al tavolo e ne porta due di un vino molto superiore. Fa per andarsene, Gibo lo ferma e indicando i tavoli degli altri dipendenti gli chiede: «E agli altri?» Anche a tavola era lui, con il suo spiccato senso dell’uguaglianza e il rispetto per chi lavora.
Abbiamo lavorato insieme per la costituzione del Consorzio Sociale Romagnolo, nel quale ha messo l’anima per riunire gran parte delle cooperative sociali di tipo B di Rimini. Una realtà che ora è cresciuta fino ad abbracciare realtà di tutta la Romagna. Ed anche pochi giorni fa, quando ci siamo visti l’ultima volta, il discorso è caduto sul Consorzio Sociale Romagnolo: «la cosa più bella che ho fatto, oltre la famiglia e i figli».
Ho avuto con Gibo un rapporto molto stretto, non solo per il lavoro. Abbiamo costruito una barca, passato le ferie, e i giorni e giorni che abbiamo navigato insieme hanno cementato la nostra amicizia. In lui ho visto l’anarchia pura, quel credere profondamente nell’uomo e il dovere che si ha di lasciare agli altri un mondo migliore».
Werther Mussoni
Abbiamo perso un cooperatore sociale lungimirante nel creare lavoro per le persone in difficoltàArmando Berlini, Coop 134: «ha affrontato i mutamenti del mercato creando, insieme a Legacoop e me, la più grande cooperativa sociale dell’Emilia – Romagna».
Con Gilberto Vittori ci siamo incontrati già dai tempi in cui lavorava per la Cooperativa Sociale Cento Fiori, coltivando la nostra conoscenza nell’ambiente che riguarda non solo il sociale, ma anche il mercato dei servizi e della manutenzione del verde. Il tempo ci ha avvicinato ulteriormente quando fondammo la cooperativa sociale Nel Blu di Cattolica. Da questi rapporti, via via sempre più stretti è nata l’idea di creare una cooperativa unica.
La visione di Gibo era molto chiara, la cooperazione sociale stava affrontando un mutamento del mercato che avrebbe compromesso la stabilità delle cooperative sociali piccole, menomandole nella loro capacità di creare posti di lavoro per le persone in difficoltà. Con lungimiranza quindi si mise al lavoro assieme a Legacoop e a me per costruire questo progetto comune: Coop 134, la più grande cooperativa sociale dell’Emilia – Romagna.
La sua attenzione all’inserimento delle persone svantaggiate è sempre stata altissima, un vero faro per il suo operato nella cooperazione sociale, sia da presidente dell’Olmo, sia da presidente del Consorzio Sociale Romagnolo, del quale ha contribuito ad allargarne la base sociale fino a toccare le cooperative di tutta la Romagna.
Io perdo un amico, un punto di riferimento in cooperativa assolutamente essenziale, puntuale e lucido nelle analisi e nelle scelte, a volte anche dure, che abbiamo dovuto fare. E mi piace ricordare che le abbiamo sempre fatte con la totale condivisione.
Lascia un grande vuoto nella cooperativa di cui era vicepresidente, che si stringe tutta intorno alla moglie Rossella e ai figli Lorenzo e Anita.
Armando Berlini
Presidente Coop 134 cooperativa sociale
Il ricordo di Tamagnini, «sono cresciuto nella Cooperativa Sociale Cento Fiori, della quale ha gettato le basi, 40 anni fa».
Con Gilberto Vittori non ho condiviso molti momenti di lavoro, sono un cooperatore sociale della generazione successiva. Ma sono cresciuto nella Cooperativa Sociale Cento Fiori, della quale ha gettato le basi quando nacque, 40 anni fa. E certamente ho avuto modo di conoscere in lui la forte passione per questo impegno che al posto del profitto ricerca i posti di lavoro, anteponendo il benessere sociale di chi è svantaggiato.
Parliamo di valori forti, veri, che una persona ha o non ha, che non può fingere. Ricordo quando un incendio doloso devastò la sede della sua cooperativa in via Portogallo e delle altre tre cooperative sociali, La Formica, noi Cento Fiori e New Horizon. Era un uomo affranto non tanto e non solo per i danni subiti, ma perché era stato colpito il cuore del lavoro sociale di Rimini.
Così come ricordo la sua rabbia e sconforto quando a Roma alcuni imprenditori senza scrupoli hanno gettato il fango sulla vera cooperazione sociale, quella che crea posti di lavoro per persone in difficoltà. Rabbia che non avevo mai visto in lui, una persona mite, disponibile, ironica e autoironica. Una rabbia che posso comprendere, visto il grande impegno che ha sempre avuto verso lo sviluppo della cooperazione sociale a Rimini, al quale si è sempre dedicato con dedizione e tenacia.
Cristian Tamagnini
Presidente Cooperativa Sociale Cento Fiori
L'articolo Scomparso dopo una lunga malattia Gilberto Vittori, il cordoglio di amici e delle cooperative sociali che l’hanno visto protagonista. proviene da Cento Fiori, Rimini.
Rimini – Sette maggio 1981, diciannove persone si riuniscono nello studio del notaio Enrico Franciosi per fondare quello che doveva essere un nuovo tassello nella lotta all’eroina che stava dilagando in città: la Cooperativa Cento Fiori. Con un capitale di appena 100 mila lire, la sede in via Cavalieri, la cooperativa nasce come costola operativa del Centro Tutela Salute Tossicodipendenti, nel disegno del collettivo che gravita intorno al CTST di completare un Modello Rimini nella lotta alla droga. Un modello che, pur con qualche variante che il tempo inevitabilmente ha portato, continua a vivere nell’attuale Cooperativa Sociale Cento Fiori, sempre riminese nel cuore pulsante, ma con l’orizzonte di aiutare chi è dipendente da qualunque parte d’Italia provenga.
La fondazione della Comunità Terapeutica di Vallecchio: si monta il prefabbricato acquisito a Sulmona.Collettivo, una parola che porta con sé il sapore della politica, del lavoro e della prassi di quegli anni. Anni dove le ideologie mobilitano le masse, terreni umani dove si possono piantare grandi idee ma anche grandi disastri. E’ il caso dell’eroina, che dalla fine degli anni ‘70 dilaga in tutti i quartieri riminesi, così come in tutte le città italiane, senza tanti riguardi per ceto e professioni. Intorno ai medici e operatori del Ctst (prima ancora si chiamava Centro Medico di Assistenza Sociale Cmas, ora SerT, Servizio Tossicodipendenza o SerDP, Servizio Dipendenze Patologiche) si riuniscono familiari, consumatori di droga, volontari che cercano insieme un metodo per combattere il fenomeno che avvelena la città. E’ una fase pionieristica per tutti. Al Cmas distribuiscono il metadone in sciroppo, per contrastare sia l’eroina sia il gusto del buco, coinvolgono i tossicodipendenti in assemblee, stampano giornali per sensibilizzare la città alla lotta all’eroina, le famiglie ospitano nelle case amici caduti nella spirale della dipendenza. Il collettivo che si raduna nel Cmas, giorno dopo giorno sperimenta e discute un modello che vede il lavoro come argine alla droga e una forma di riscatto nell’immediato. E per il futuro vagheggia il completamento in una comunità terapeutica, che faccia da cesura con i richiami delle piazza e dell’eroina che vi circola.
Werther Mussoni al lavoro nei campi di VallecchioL’idea della cooperativa prende corpo. E così alcune persone di quel collettivo, William Raffaeli,che sarà il primo presidente, Sergio Semprini Cesari, Ida Branducci, Mario Minadeo, Dino Balleroni, Rita Tortora, Giuseppe Avarino, Lanfranco Bezzi, Vittorio Buldrini, Lilo Nilo Puccioni, Trine Line Larsen, Roberta Giungi, Gilberto Filippi, Emanuele Zabaglio, Roberto Filippi, Giorgio Micconi, Maurizio Bullini, Claudio Mercatelli, Anna Ardini, si presentano nello studio del notaio Franciosi. I sette rappresentano solo una parte del collettivo che ruota intorno al Cmas, che comprende Leonardo Montecchi, Massimo Ferrari e altri medici e operatori.
La cooperativa è una buona idea ma ha bisogno di un catalizzatore che sappia darle forma, anche perché il lavoro del Cmas e ospedaliero di medici e operatori assorbe energie: occorrono altre figure per ampliare l’opera. C’è un volontario che frequenta il centro, un uomo impegnato nel sindacato e nel sociale, che ospita un amico in difficoltà con la droga e per questo viene a chiedere consigli e suggerimenti a medici e operatori. Sarà lui a dare corpo all’idea, strutturerà la cooperativa in forma agricola (coltivando terreni nell’aria Ghigi) e con laboratori di stampa serigrafica e di artigianato, e, infine, creerà la Comunità Terapeutica di Vallecchio, completando il Modello Rimini di lotta alla droga: Werther Mussoni.
La Cento Fiori anno dopo anno si consolida. Nel febbraio del 1983 un prefabbricato che ospitava terremotati, viene smontato in Friuli e montato a Vallecchio: è l’embrione della Comunità Terapeutica, dove già si coltivano i campi del podere Fantini e si allevano due mucche, Punto e Virgola. Sono sette i primi ospiti, tutti riminesi. E i primi sette operatori, psicologi ed educatori che lavorano con Mussoni sono stati anche fattori, muratori, elettricisti, contadini, giardinieri. Se la si guarda con gli occhi di oggi, era un’epoca pionieristica, si potrebbe dire, senza paura di essere retorici.
Da allora, la stalla è diventata una Scuderia Cento Fiori, e accanto è nato il Canile di Vallecchio e un ambulatorio veterinario, con la cooperativa che gestisce anche il Canile comunale di Rimini Stefano Cerni e un servizio di recupero di animali domestici da compagnia per conto di numerosi comuni della provincia riminese. La Comunità Terapeutica si è allargata, ora ospita 22 pazienti e un decennio fa, sotto la presidenza di Monica Ciavatta (succeduta a Werther Mussoni) e la direzione di Alfio Fiori è diventata di proprietà della Cooperativa. Per gemmazione, all’inizio del nuovo millennio, è nato un Centro Osservazione e Diagnosi, sempre a Vallecchio, con pazienti da tutta Italia, mentre pochi anni dopo la Cento Fiori ha acquisito un altro Centro Osservazione e Diagnosi, L’Airone, ad Argenta, Ferrara. Completano i servizi sociosanitari di lotta alle dipendenze il Centro Diurno di Rimini e due gruppi appartamento, che accompagnano i pazienti nel loro reinserimento nella vita di tutti i giorni. Mentre da dieci anni il patrimonio di esperienza nell’accoglienza delle persone è stato impiegato anche nel supporto ai richiedenti asilo.
Sergio Semprini Cesari con alcuni pazienti delle prime crociere terapeutiche del progetto UlisseSono cambiate le metodologie di riabilitazione dalle dipendenze patologiche, ma due aspetti restano importanti. Uno è la natura, con le crociere terapeutiche in barca a vela o la gestione del lago Arcobaleno, a Riccione. L’altro aspetto fondamentale per la terapia è il lavoro. Per questo la Cento Fiori continua ad avere servizi che coinvolgono pazienti e nello stesso tempo inseriscono persone svantaggiate o diversamente abili. In questo senso La Serra Cento Fiori da vent’anni è una attività importante, che ora risiede nel vivaio ai bordi del parco XXV aprile. O la tipografia digitale Rimini Stampa, erede dei primi laboratori serigrafici, situata al piano terra della sede legale e amministrativa di via Portogallo 10 a Rimini.
Oggi la Cooperativa Sociale Cento Fiori festeggia i suoi quarant’anni con Cristian Tamagnini, da tre anni presidente, Gabriella Maggioli vicepresidente, Giovanni Benaglia come direttore, 100 soci di cui 41 lavoratori, 43 sovventori (31 persone fisiche le altre giuridiche), 16 volontari e contando 74 dipendenti. Festeggia 40 anni cercando di coniugare il patrimonio storico e culturale dell’azienda sociale con le sfide del mercato. Il quarantesimo anniversario sarà scandito da diverse iniziative, alcune di documentazione del percorso fatto, come un libro che raccoglie le testimonianze dei protagonisti di questi otto lustri. Dall’altra alcuni eventi pubblici di riflessione sui temi delle dipendenze patologiche e sui valori che in questi 40 anni hanno accompagnato l’evolversi della Cento Fiori. E che la porteranno nel futuro.
L'articolo Quarant’anni di lotta alle dipendenze: il 7 maggio 1981 nasceva la Cooperativa Sociale Cento Fiori, la base della Comunità Terapeutica di Vallecchio e delle altre strutture di cura. proviene da Cento Fiori, Rimini.