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Grassi Benaglia Moretti avvocati e commercialisti

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Aggiornato: 5 giorni 16 ore fa

Congruità spese bonus diversi dal 110%: il tecnico non è obbligato ad avere l'assicurazione specifica.

Dom, 19/06/2022 - 11:27
Novità importante per tutti i professionisti che devono procedere con l’attestazione di congruità delle spese per gli interventi diversi dal 110%: non è richiesto il possesso dell’assicurazione professionale a copertura specifica dell’attestazione resa. Lo stabilisce la circolare 19/e dell’Agenzia delle Entrate. La normativa. L’Agenzia delle Entrate, nel suo documento di prassi, ricostruisce la disciplina sull’obbligo dell’assicurazione per il professionista che rilascia le attestazioni o le asseverazioni nell’ambito degli interventi edilizi. In particolare la disciplina è contenuta all’interno del comma 14 dell’art. 119 del D.L. 34/2020, il quale stabilisce che coloro che rilasciano attestazioni in merito agli interventi rientranti nel suddetto articolo 119 devono stipulare una assicurazione con massimale pari agli importi che sono oggetto delle attestazioni o asseverazioni rilasciate, ciò al fine di garantire sia lo Stato che il cliente da eventuali richieste di risarcimenti danni.  La norma, poi, apre al fatto che l’assicurazione possa non essere necessariamente una polizza assicurativa a parte, ma può rientrare anche in quella professionale purchè quest’ultima:
  • non escluda dal risarcimento le attività di asseverazione;
  • abbia un massimale minimo pari ad euro 500.000,00 specifico per il rischio relativo all’attività di asseverazione;
  • garantisca la copertura per i successivi cinque anni in caso di cessazione dell’attività o abbia una retroattività di almeno cinque anni per le asseverazioni effettuate negli anni precedenti. 
L’esclusione dell’obbligo della polizza. L’Agenzia delle Entrate, correttamente, osserva che solo l’art. 119 del D.L. 34/2020 riporta l’obbligo specifico di una polizza assicurativa, mentre il successivo art. 121 del D.L. 34/2020, che è quello che disciplina le modalità di cessione dei crediti diversi dal 110 e del relativo rilascio di attestazioni di congruità, non fa alcun accenno specifico ad obblighi assicurativi in capo al tecnico attestatore e, pertanto, non è da ritenersi obbligatoria.  Ciò, a parere nostro, non esclude però una responsabilità del tecnico che attesta le congruità delle spese diverse dal 110. L’eventuale copertura dei danni cagionati da una attestazione infedele, deve essere demandata alla polizza professionale che copre l’attività ordinaria del professionista. Resta da capire, quindi, per quest’ultimo aspetto se le compagnie assicurative in qualche modo ritengono l’attestazione delle congruità delle spese per i bonus edilizi diversi dal 110 come attività “ordinaria” della professione, e quindi rientrante nella copertura assicurativa della R.C. professionale obbligatoria, o meno. Un problema non da poco, che deve essere valutato non solo dai diretti interessati, ma anche da chi appone il visto di conformità, visto che tale atto presuppone anche l’esistenza di una conformità dichiarata da un altro soggetto.  Notizie ImpreseOggi
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Congruità spese bonus diversi dal 110%: il tecnico non è obbligato ad avere l'assicurazione specifica.

Dom, 19/06/2022 - 11:27
Novità importante per tutti i professionisti che devono procedere con l’attestazione di congruità delle spese per gli interventi diversi dal 110%: non è richiesto il possesso dell’assicurazione professionale a copertura specifica dell’attestazione resa. Lo stabilisce la circolare 19/e dell’Agenzia delle Entrate. La normativa. L’Agenzia delle Entrate, nel suo documento di prassi, ricostruisce la disciplina sull’obbligo dell’assicurazione per il professionista che rilascia le attestazioni o le asseverazioni nell’ambito degli interventi edilizi. In particolare la disciplina è contenuta all’interno del comma 14 dell’art. 119 del D.L. 34/2020, il quale stabilisce che coloro che rilasciano attestazioni in merito agli interventi rientranti nel suddetto articolo 119 devono stipulare una assicurazione con massimale pari agli importi che sono oggetto delle attestazioni o asseverazioni rilasciate, ciò al fine di garantire sia lo Stato che il cliente da eventuali richieste di risarcimenti danni.  La norma, poi, apre al fatto che l’assicurazione possa non essere necessariamente una polizza assicurativa a parte, ma può rientrare anche in quella professionale purchè quest’ultima:
  • non escluda dal risarcimento le attività di asseverazione;
  • abbia un massimale minimo pari ad euro 500.000,00 specifico per il rischio relativo all’attività di asseverazione;
  • garantisca la copertura per i successivi cinque anni in caso di cessazione dell’attività o abbia una retroattività di almeno cinque anni per le asseverazioni effettuate negli anni precedenti. 
L’esclusione dell’obbligo della polizza. L’Agenzia delle Entrate, correttamente, osserva che solo l’art. 119 del D.L. 34/2020 riporta l’obbligo specifico di una polizza assicurativa, mentre il successivo art. 121 del D.L. 34/2020, che è quello che disciplina le modalità di cessione dei crediti diversi dal 110 e del relativo rilascio di attestazioni di congruità, non fa alcun accenno specifico ad obblighi assicurativi in capo al tecnico attestatore e, pertanto, non è da ritenersi obbligatoria.  Ciò, a parere nostro, non esclude però una responsabilità del tecnico che attesta le congruità delle spese diverse dal 110. L’eventuale copertura dei danni cagionati da una attestazione infedele, deve essere demandata alla polizza professionale che copre l’attività ordinaria del professionista. Resta da capire, quindi, per quest’ultimo aspetto se le compagnie assicurative in qualche modo ritengono l’attestazione delle congruità delle spese per i bonus edilizi diversi dal 110 come attività “ordinaria” della professione, e quindi rientrante nella copertura assicurativa della R.C. professionale obbligatoria, o meno. Un problema non da poco, che deve essere valutato non solo dai diretti interessati, ma anche da chi appone il visto di conformità, visto che tale atto presuppone anche l’esistenza di una conformità dichiarata da un altro soggetto.  Notizie ImpreseOggi
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Il Comune di Rimini apre il bando per la concessione di ristori a fondo perduto alle imprese del suo territorio.

Dom, 19/06/2022 - 10:37
Il Comune di Rimini ha pubblicato sul proprio sito l’avviso pubblico per la concessione di ristori a fondo perduto alle imprese che operano all’interno del territorio comunale e che hanno risentito della crisi dovuta dalla Pandemia da Covid 19. I Beneficiari Possono richiedere il contributo le micro o le piccole imprese che alla data di presentazione del contributo e alla data di erogazione dello stesso hanno sede legale nel Comune di Rimini e che hanno avuto, o nel 2020 o nel 2021, un fatturato inferiore del 20% rispetto al 2019. Non possono accedere al contributo:
  • coloro che hanno ricevuto da enti pubblici aiuti o contributi COVID-19 per un importo superiore a euro 5.000,00;
  • le imprese che forniscono servizi o lavori a favore della pubblica amministrazione o chi negli ultimi tre anni ha svolto funzioni di Dirigente o di posizione organizzativa per il Comune di Rimini;
  • chi non ha il Durc regolare;
  • le imprese non iscritte al Registro Imprese oppure quelle che al momento della richiesta del contributo sono registrate come “inattive”;
  • tutte quelle imprese che hanno i titolari o i soci o i legali rappresentanti che sono incorsi in condanne per reati contro il patrimonio o contro la Pubblica Amministrazione
Entità del contributo Il contributo, determinato in maniera forfettaria, è pari ad euro 5.000,00. Qualora le imprese richiedenti siano superiori a 60, il contributo è ridotto ad euro 3.000,00. Se le imprese richiedenti sono superiori a 100, il contributo sarà erogato solo alle prime 100, sulla base di una graduatoria che privilegerà chi non ha ricevuto alcun contributo COVID-19 e chi avrà subito la maggior perdita percentuale di fatturato, confrontando quello medio del 2020 e 2021 con quello conseguito nel 2019. Scadenza della domanda. Le domande dovranno essere presentate, tramite portale informatico e attraverso l’utilizzo o di carta CNS, CIE o Spid, entro e non oltre il giorno 31 luglio 2022. Notizie ImpreseOggi
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Il Comune di Rimini apre il bando per la concessione di ristori a fondo perduto alle imprese del suo territorio.

Dom, 19/06/2022 - 10:37
Il Comune di Rimini ha pubblicato sul proprio sito l’avviso pubblico per la concessione di ristori a fondo perduto alle imprese che operano all’interno del territorio comunale e che hanno risentito della crisi dovuta dalla Pandemia da Covid 19. I Beneficiari Possono richiedere il contributo le micro o le piccole imprese che alla data di presentazione del contributo e alla data di erogazione dello stesso hanno sede legale nel Comune di Rimini e che hanno avuto, o nel 2020 o nel 2021, un fatturato inferiore del 20% rispetto al 2019. Non possono accedere al contributo:
  • coloro che hanno ricevuto da enti pubblici aiuti o contributi COVID-19 per un importo superiore a euro 5.000,00;
  • le imprese che forniscono servizi o lavori a favore della pubblica amministrazione o chi negli ultimi tre anni ha svolto funzioni di Dirigente o di posizione organizzativa per il Comune di Rimini;
  • chi non ha il Durc regolare;
  • le imprese non iscritte al Registro Imprese oppure quelle che al momento della richiesta del contributo sono registrate come “inattive”;
  • tutte quelle imprese che hanno i titolari o i soci o i legali rappresentanti che sono incorsi in condanne per reati contro il patrimonio o contro la Pubblica Amministrazione
Entità del contributo Il contributo, determinato in maniera forfettaria, è pari ad euro 5.000,00. Qualora le imprese richiedenti siano superiori a 60, il contributo è ridotto ad euro 3.000,00. Se le imprese richiedenti sono superiori a 100, il contributo sarà erogato solo alle prime 100, sulla base di una graduatoria che privilegerà chi non ha ricevuto alcun contributo COVID-19 e chi avrà subito la maggior perdita percentuale di fatturato, confrontando quello medio del 2020 e 2021 con quello conseguito nel 2019. Scadenza della domanda. Le domande dovranno essere presentate, tramite portale informatico e attraverso l’utilizzo o di carta CNS, CIE o Spid, entro e non oltre il giorno 31 luglio 2022. Notizie ImpreseOggi
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Corte Costituzionale: illegittimo l’art. 66 comma 2 della Legge sull’imposta di registro in quanto subordina il diritto alla tutela giurisdizionale al pagamento del tributo

Sab, 11/06/2022 - 19:36
La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 140 del 26 aprile, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 07 giugno 2022, ribadisce un principio fondamentale per il nostro sistema giuridico e tributario: non si può limitare il potere di agire in giudizio del cittadino (c.d. tutela giurisdizionale, prevista dall’art. 24 della Costituzione) al preventivo assolvimento, da parte sua, del pagamento di un tributo. IL CASO. Il caso da cui trae origine la sentenza in commento riguarda la richiesta, avanzata dal Consiglio di Stato, di dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 66 comma 2 del Dpr 131/1986 (Approvazione del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’Imposta di Registro). Per comprendere meglio la questione oggetto del contenzioso, è utile ricordare che il comma 1 dell’art. 66, vieta ai cancellieri e ai segretari degli organi giurisdizionali di rilasciare originali, copie ed estratti degli atti soggetti a registrazione, prima che sia pagata l’imposta di registro, con l’obbligo di indicare, nel caso, gli estremi della registrazione effettuata all’Ufficio del Registro. Il comma 2 elenca, invece, cinque distinte deroghe a quest’obbligo, che sono:
  1. le copie rilasciate per la prosecuzione del giudizio;
  2. gli atti richiesti d’ufficio necessari per un procedimento giurisdizionale;
  3. gli atti destinati alla trascrizione o iscrizione nei registri immobiliari;
  4. gli atti necessari all’approvazione per omologazione;
  5. le copie degli atti per le quali il pubblico ufficiale è tenuto per legge a depositarle presso gli uffici pubblici.
In questo elenco di esclusioni che, si ricorda, è tassativo non compare il rilascio dell’originale o della copia della sentenza, necessaria per intraprendere il giudizio di ottemperanza dinanzi al Giudice amministrativo, cioè quel procedimento che permette alla parte vittoriosa di dare esecuzione a una sentenza del processo amministrativo, nel caso in cui la Pubblica Amministrazione non lo faccia spontaneamente.  Per instaurare questo “giudizio di ottemperanza” è necessario dimostrare il passaggio in giudicato della sentenza, che si attesta per tramite di un documento rilasciato dalla cancelleria del Tribunale competente. Il dubbio sulla costituzionalità della norma è stato sollevato dal Consiglio di Stato, il quale osserva che “non consentendo il rilascio” del documento dimostrante il passaggio in giudicato “prima dell’adempimento dell’obbligazione tributaria, precluderebbe l’attuazione del diritto accertato giudizialmente. Questa preclusione violerebbe, innanzitutto, gli artt. 3 e 24 Cost., determinando un’irragionevole compressione del diritto di agire in giudizio”. Prosegue, poi, evidenziando che subordinando il rilascio del certificato di passato in giudicato al pagamento dell’imposta di registro, la norma determinerebbe “una discriminazione tra creditori in base alle rispettive disponibilità economiche”. Solo chi è ricco, quindi, ha il diritto di avere riconosciuto la propria ragione e il conseguente soddisfacimento del diritto leso dalla Pubblica Amministrazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, al contrario, ritiene che non vi sia alcuna incostituzionalità nella norma impugnata perché il creditore potrebbe benissimo utilizzare altri strumenti oltre al giudizio di ottemperanza, per ottenere riconosciute le proprie ragioni. Non vi sarebbe nemmeno una discriminazione fra creditori ricchi e quelli poveri, in quanto comunque l’imposta di registro andrebbe pagata, anche se successivamente al rilascio del certificato di passaggio in giudicato. LA SENTENZA DI INCOSTITUZIONALITA'. La Corte Costituzionale richiama preliminarmente oltre che alcune sue sentenze risalenti addirittura, in alcuni casi, agli anni 60, anche l’art. 7 della L. 825/1971 (Legge Delega sulla Riforma Fiscale) nel quale si stabilisce che la nascente riforma tributaria avrebbe dovuto rimuovere “ogni impedimento fiscale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”. Stabilito, dunque, sia in forza di passata giurisprudenza costituzionale che di leggi in vigore, che un dovere tributario non può precludere l’esercizio di un diritto di tutela delle proprie ragioni da parte del cittadino, la Consulta esprime due considerazioni che la portano, poi, a dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 66 comma 2 del Dpr 131/86. La prima considerazione è che il divieto di rilascio del certificato di passaggio in giudicato, in assenza del pagamento dell’imposta, limita il diritto alla tutela giurisdizionale. La seconda considerazione è che la limitazione al rilascio del certificato solo al caso del pagamento dell’imposta di registro non è proporzionatarispetto alle esigenze di tutela dell’adempimento del dovere tributario”. In sostanza, anche se questo i Giudici non lo dicono, non si può impedire al cittadino di vedersi riconosciuto un proprio diritto perché non ha pagato preliminarmente i 200,00 euro dell’imposta sul certificato di passaggio in giudicato. C’è evidente una sproporzione fra le due cose. Infine la Corte Costituzionale respinge anche la tesi, avanzata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, circa il fatto che vi sono altre forme di tutela oltre al giudizio di ottemperanza. Ci saranno anche, scrivono gli estensori della sentenza, ma quest’ultimo è un giudizio “diretto, piuttosto, a completare la tutela conseguibile nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata, essendo connotato da “potenzialità sostitutive e intromissive nell’azione amministrativa, non comparabili con i poteri del giudice dell’esecuzione nel processo civile (sentenza n. 406 del 1998)””. Notizie ImpreseOggi
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Corte Costituzionale: illegittimo l’art. 66 comma 2 della Legge sull’imposta di registro in quanto subordina il diritto alla tutela giurisdizionale al pagamento del tributo

Sab, 11/06/2022 - 19:36
La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 140 del 26 aprile, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 07 giugno 2022, ribadisce un principio fondamentale per il nostro sistema giuridico e tributario: non si può limitare il potere di agire in giudizio del cittadino (c.d. tutela giurisdizionale, prevista dall’art. 24 della Costituzione) al preventivo assolvimento, da parte sua, del pagamento di un tributo. IL CASO. Il caso da cui trae origine la sentenza in commento riguarda la richiesta, avanzata dal Consiglio di Stato, di dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 66 comma 2 del Dpr 131/1986 (Approvazione del Testo Unico delle disposizioni concernenti l’Imposta di Registro). Per comprendere meglio la questione oggetto del contenzioso, è utile ricordare che il comma 1 dell’art. 66, vieta ai cancellieri e ai segretari degli organi giurisdizionali di rilasciare originali, copie ed estratti degli atti soggetti a registrazione, prima che sia pagata l’imposta di registro, con l’obbligo di indicare, nel caso, gli estremi della registrazione effettuata all’Ufficio del Registro. Il comma 2 elenca, invece, cinque distinte deroghe a quest’obbligo, che sono:
  1. le copie rilasciate per la prosecuzione del giudizio;
  2. gli atti richiesti d’ufficio necessari per un procedimento giurisdizionale;
  3. gli atti destinati alla trascrizione o iscrizione nei registri immobiliari;
  4. gli atti necessari all’approvazione per omologazione;
  5. le copie degli atti per le quali il pubblico ufficiale è tenuto per legge a depositarle presso gli uffici pubblici.
In questo elenco di esclusioni che, si ricorda, è tassativo non compare il rilascio dell’originale o della copia della sentenza, necessaria per intraprendere il giudizio di ottemperanza dinanzi al Giudice amministrativo, cioè quel procedimento che permette alla parte vittoriosa di dare esecuzione a una sentenza del processo amministrativo, nel caso in cui la Pubblica Amministrazione non lo faccia spontaneamente.  Per instaurare questo “giudizio di ottemperanza” è necessario dimostrare il passaggio in giudicato della sentenza, che si attesta per tramite di un documento rilasciato dalla cancelleria del Tribunale competente. Il dubbio sulla costituzionalità della norma è stato sollevato dal Consiglio di Stato, il quale osserva che “non consentendo il rilascio” del documento dimostrante il passaggio in giudicato “prima dell’adempimento dell’obbligazione tributaria, precluderebbe l’attuazione del diritto accertato giudizialmente. Questa preclusione violerebbe, innanzitutto, gli artt. 3 e 24 Cost., determinando un’irragionevole compressione del diritto di agire in giudizio”. Prosegue, poi, evidenziando che subordinando il rilascio del certificato di passato in giudicato al pagamento dell’imposta di registro, la norma determinerebbe “una discriminazione tra creditori in base alle rispettive disponibilità economiche”. Solo chi è ricco, quindi, ha il diritto di avere riconosciuto la propria ragione e il conseguente soddisfacimento del diritto leso dalla Pubblica Amministrazione. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, al contrario, ritiene che non vi sia alcuna incostituzionalità nella norma impugnata perché il creditore potrebbe benissimo utilizzare altri strumenti oltre al giudizio di ottemperanza, per ottenere riconosciute le proprie ragioni. Non vi sarebbe nemmeno una discriminazione fra creditori ricchi e quelli poveri, in quanto comunque l’imposta di registro andrebbe pagata, anche se successivamente al rilascio del certificato di passaggio in giudicato. LA SENTENZA DI INCOSTITUZIONALITA'. La Corte Costituzionale richiama preliminarmente oltre che alcune sue sentenze risalenti addirittura, in alcuni casi, agli anni 60, anche l’art. 7 della L. 825/1971 (Legge Delega sulla Riforma Fiscale) nel quale si stabilisce che la nascente riforma tributaria avrebbe dovuto rimuovere “ogni impedimento fiscale al diritto dei cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi”. Stabilito, dunque, sia in forza di passata giurisprudenza costituzionale che di leggi in vigore, che un dovere tributario non può precludere l’esercizio di un diritto di tutela delle proprie ragioni da parte del cittadino, la Consulta esprime due considerazioni che la portano, poi, a dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 66 comma 2 del Dpr 131/86. La prima considerazione è che il divieto di rilascio del certificato di passaggio in giudicato, in assenza del pagamento dell’imposta, limita il diritto alla tutela giurisdizionale. La seconda considerazione è che la limitazione al rilascio del certificato solo al caso del pagamento dell’imposta di registro non è proporzionatarispetto alle esigenze di tutela dell’adempimento del dovere tributario”. In sostanza, anche se questo i Giudici non lo dicono, non si può impedire al cittadino di vedersi riconosciuto un proprio diritto perché non ha pagato preliminarmente i 200,00 euro dell’imposta sul certificato di passaggio in giudicato. C’è evidente una sproporzione fra le due cose. Infine la Corte Costituzionale respinge anche la tesi, avanzata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, circa il fatto che vi sono altre forme di tutela oltre al giudizio di ottemperanza. Ci saranno anche, scrivono gli estensori della sentenza, ma quest’ultimo è un giudizio “diretto, piuttosto, a completare la tutela conseguibile nell’ambito del procedimento di esecuzione forzata, essendo connotato da “potenzialità sostitutive e intromissive nell’azione amministrativa, non comparabili con i poteri del giudice dell’esecuzione nel processo civile (sentenza n. 406 del 1998)””. Notizie ImpreseOggi
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Agevolazione imposta di registro art. 7 D.L. 34/2019 (Decreto Crescita): sanzioni piene anche con il ravvedimento spontaneo del contribuente.

Mar, 07/06/2022 - 01:04
L’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello del 06 giugno 2022, interviene sull’agevolazione fiscale in materia di imposta di registro e ipo-catastale contenuta nell’art. 7 del D.l. 34/2019 (c.d. Decreto Crescita), ad oggi tra l’altro non più in vigore, precisando che a questa non è applicabile l’istituto del ravvedimento operoso nel caso di decadenza. Si ricorda che l’art. 7 del citato Decreto Legge ha introdotto nel nostro ordinamento, e fino al 31 dicembre 2021, la possibilità di pagare le imposte di registro e ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 200,00 ciascuna. Condizioni per usufruire di questa importante agevolazione erano:
  • l’acquirente doveva essere impresa di costruzione o di ristrutturazione;
  • i fabbricati dovevano essere acquistati per intero e non parzialmente e sugli stessi di dovevano realizzare interventi di demolizione, ricostruzione, manutenzione straordinaria o ristrutturazione entro dieci anni dall’acquisto;
  • la ristrutturazione o la ricostruzione dovevano portare al conseguimento di una classe energetica NZEB almeno pari a A o B, e i fabbricati dovevano essere adeguati alla normativa antisismica vigente.
In caso di mancato rispetto di anche una di queste condizioni, per espressa previsione normativa l’impresa beneficiaria decadeva dalla agevolazione e avrebbe dovuto pagare le imposte di registro e ipo-catastali ordinarie maggiorate di una sanzione del 30%. L’interpello in esame interviene proprio su questo aspetto: il contribuente istante, infatti, dichiara di aver trasferito il fabbricato acquistato con l’agevolazione ex art. 7 del D.L. 34/2019, di fatto senza aver eseguito sullo stesso alcuna attività edilizia richiesta dalla norma. A questo punto si domanda se autodenunciandosi può, addirittura, versare le imposte dovute in maniera ordinaria senza applicare sulle stesse alcuna sanzione o, al massimo, quelle ridotte previste dall’istituto del ravvedimento operoso, in analogia alla normativa sulle agevolazioni prima casa. Correttamente, a parere di chi scrive, l’Agenzia delle Entrate ha respinto la richiesta avanzata dal contribuente e ha stabilito che, non solo quest’ultimo deve versare le imposte ordinarie, ma maggiorate della sanzione del 30% non potendosi in alcun modo applicare nessun istituto del ravvedimento operoso, neanche se frutto di autodenuncia. Ciò in quanto l’art. 7 del D.L. 34/2019 stabilisce chiaramente che nel caso in cui le condizioni “non siano rispettate nel termine ivi previsto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sanzione pari al 30 per cento delle stesse imposte. Sono altresì dovuti gli interessi di mora a decorrere dalla data di acquisto del fabbricato di cui al primo periodo”

 

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Agevolazione imposta di registro art. 7 D.L. 34/2019 (Decreto Crescita): sanzioni piene anche con il ravvedimento spontaneo del contribuente.

Mar, 07/06/2022 - 01:04
L’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello del 06 giugno 2022, interviene sull’agevolazione fiscale in materia di imposta di registro e ipo-catastale contenuta nell’art. 7 del D.l. 34/2019 (c.d. Decreto Crescita), ad oggi tra l’altro non più in vigore, precisando che a questa non è applicabile l’istituto del ravvedimento operoso nel caso di decadenza. Si ricorda che l’art. 7 del citato Decreto Legge ha introdotto nel nostro ordinamento, e fino al 31 dicembre 2021, la possibilità di pagare le imposte di registro e ipotecarie e catastali nella misura fissa di euro 200,00 ciascuna. Condizioni per usufruire di questa importante agevolazione erano:
  • l’acquirente doveva essere impresa di costruzione o di ristrutturazione;
  • i fabbricati dovevano essere acquistati per intero e non parzialmente e sugli stessi di dovevano realizzare interventi di demolizione, ricostruzione, manutenzione straordinaria o ristrutturazione entro dieci anni dall’acquisto;
  • la ristrutturazione o la ricostruzione dovevano portare al conseguimento di una classe energetica NZEB almeno pari a A o B, e i fabbricati dovevano essere adeguati alla normativa antisismica vigente.
In caso di mancato rispetto di anche una di queste condizioni, per espressa previsione normativa l’impresa beneficiaria decadeva dalla agevolazione e avrebbe dovuto pagare le imposte di registro e ipo-catastali ordinarie maggiorate di una sanzione del 30%. L’interpello in esame interviene proprio su questo aspetto: il contribuente istante, infatti, dichiara di aver trasferito il fabbricato acquistato con l’agevolazione ex art. 7 del D.L. 34/2019, di fatto senza aver eseguito sullo stesso alcuna attività edilizia richiesta dalla norma. A questo punto si domanda se autodenunciandosi può, addirittura, versare le imposte dovute in maniera ordinaria senza applicare sulle stesse alcuna sanzione o, al massimo, quelle ridotte previste dall’istituto del ravvedimento operoso, in analogia alla normativa sulle agevolazioni prima casa. Correttamente, a parere di chi scrive, l’Agenzia delle Entrate ha respinto la richiesta avanzata dal contribuente e ha stabilito che, non solo quest’ultimo deve versare le imposte ordinarie, ma maggiorate della sanzione del 30% non potendosi in alcun modo applicare nessun istituto del ravvedimento operoso, neanche se frutto di autodenuncia. Ciò in quanto l’art. 7 del D.L. 34/2019 stabilisce chiaramente che nel caso in cui le condizioni “non siano rispettate nel termine ivi previsto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria, nonché una sanzione pari al 30 per cento delle stesse imposte. Sono altresì dovuti gli interessi di mora a decorrere dalla data di acquisto del fabbricato di cui al primo periodo”

 

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Fondo Impresa Creativa: al via la presentazione delle domande di contributo a fondo perduto.

Mar, 07/06/2022 - 00:07
Finalmente, dopo mesi di attesa, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il Decreto Direttoriale del 30 maggio 2022 con il quale si dettano le linee per la presentazione delle domande di contributo a fondo perduto per le imprese creative, così come previsto dall’articolo 1, commi 109 e ss., della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Stabilità 2022) Beneficiari del Fondo Impresa Creativa Possono fare richiesta di agevolazione:
  • Le imprese creative, cioè quelle imprese che operano in settori che comprendono le attività volte alla produzione, alla diffusione, alla conservazione di beni o servizi che costituiscono espressioni culturali e di creatività. Rientrano in tale categoria le attività nell’ambito dell’architettura, dell’archivistica, delle biblioteche, dei musei, dell’artigianato artistico, dell’audiovisivo, del cinema, della televisione, del software, dei videogiochi, del design, dei festival, della musica, della letteratura, delle arti, dello spettacolo, dell’editoria, della radio, delle arti visive, della comunicazione e della pubblicità. L’impresa creativa deve rientrare nella classificazione dei codici ATECO elencati nell’Allegato 1 del Decreto interministeriale 19 novembre 2021;
  • Le imprese non creative che, però, partecipano a progetti integranti con imprese creative.
  • Le imprese non creative le quali necessitano di un supporto per lo sviluppo nel settore creativo.  
Per entrambe le tipologie la condizione è che si tratti di micro, piccola e media impresa così come definita dai regolamenti dell’Unione Europea. Possono richiedere l’agevolazione anche imprese non costituite, purchè entro sessanta giorni dalla comunicazione di ammissione al contributo comunichino al soggetto gestore (Invitalia, nel caso di specie) la documentazione che ne attesti l’effettiva costituzione. Infine possono presentare la domanda sia imprese neo costituite, cioè quelle non più anziane di cinque anni dalla data di presentazione della richiesta, sia quelle costituite da più di tale periodo, per spese necessarie all’implementazione o sviluppo di nuove attività o servizi. Iniziative e spese ammissibili. Le spese, per essere ammissibili, non possono superare i 500.000,00 euro al netto d’iva, devono essere realizzate entro 24 mesi dalla concessione e devono riguardare:
  • Immobilizzazioni materiali, quali impianti, macchinari, e attrezzature. Sono esclusi i beni usati;
  • Immobilizzazioni immateriali, quali licenze d’uso o brevetti;
  • Opere murarie, nel limite del 10% delle spese ammissibili;
  • Capitale circolante, nel limite del 50% delle spese precedenti. Per capitale circolante si intende le spese relative a materie prime, affitti, servizi di carattere ordinario, spese del personale
Nel caso di imprese non creative che necessitano di un supporto per lo sviluppo creativo, le spese ammissibili devono riguardare interventi volti all’introduzione di innovazioni di prodotto o di processo oppure l’ammodernamento dell’organizzazione aziendale. I servizi devono essere erogati da “imprese creative” e devono rientrare nei settori dello sviluppo del marketing, del brand o nella valorizzazione di design e design industriale. Entità dell’agevolazione. L’agevolazione è pari all’80% delle spese ammissibili, ed è così suddivisa:
  • 40% a fondo perduto;
  • 40% finanziamento agevolato a un tasso pari a zero e di durata pari a dieci anni.
Solamente nel caso di imprese non creative che necessitano di un supporto per lo sviluppo creativo, l’agevolazione dell’80% è interamente a fondo perduto, e comunque per un importo massimo pari ad euro 10.000,00. Scadenze per la domanda di contributo. Compilazione della domanda di agevolazione. Per gli interventi riguardanti la nascita o il consolidamento delle imprese creative la compilazione della domanda può avvenire a partire dalle ore 10:00 del 20 giugno 2022. Per gli interventi per la collaborazione fra imprese creative e non, e per quelle che necessitano di supporto nel settore creativo, la compilazione della domanda può avvenire a partire dalle ore 10 del 6 settembre 2022. Invio della domanda di agevolazione. Le domande relative agli interventi per la nascita o il consolidamento delle imprese creative devono essere spedite a partire dalle ore 10.00 del 05 luglio 2022. Le domande relative agli interventi per la collaborazione fra imprese creative e non, e per quelle che necessitano di supporto nel settore creativo possono essere spedite a partire dal giorno 22 settembre 2022.       Notizie ImpreseOggi
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Fondo Impresa Creativa: al via la presentazione delle domande di contributo a fondo perduto.

Mar, 07/06/2022 - 00:07
Finalmente, dopo mesi di attesa, il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato il Decreto Direttoriale del 30 maggio 2022 con il quale si dettano le linee per la presentazione delle domande di contributo a fondo perduto per le imprese creative, così come previsto dall’articolo 1, commi 109 e ss., della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Stabilità 2022) Beneficiari del Fondo Impresa Creativa Possono fare richiesta di agevolazione:
  • Le imprese creative, cioè quelle imprese che operano in settori che comprendono le attività volte alla produzione, alla diffusione, alla conservazione di beni o servizi che costituiscono espressioni culturali e di creatività. Rientrano in tale categoria le attività nell’ambito dell’architettura, dell’archivistica, delle biblioteche, dei musei, dell’artigianato artistico, dell’audiovisivo, del cinema, della televisione, del software, dei videogiochi, del design, dei festival, della musica, della letteratura, delle arti, dello spettacolo, dell’editoria, della radio, delle arti visive, della comunicazione e della pubblicità. L’impresa creativa deve rientrare nella classificazione dei codici ATECO elencati nell’Allegato 1 del Decreto interministeriale 19 novembre 2021;
  • Le imprese non creative che, però, partecipano a progetti integranti con imprese creative.
  • Le imprese non creative le quali necessitano di un supporto per lo sviluppo nel settore creativo.  
Per entrambe le tipologie la condizione è che si tratti di micro, piccola e media impresa così come definita dai regolamenti dell’Unione Europea. Possono richiedere l’agevolazione anche imprese non costituite, purchè entro sessanta giorni dalla comunicazione di ammissione al contributo comunichino al soggetto gestore (Invitalia, nel caso di specie) la documentazione che ne attesti l’effettiva costituzione. Infine possono presentare la domanda sia imprese neo costituite, cioè quelle non più anziane di cinque anni dalla data di presentazione della richiesta, sia quelle costituite da più di tale periodo, per spese necessarie all’implementazione o sviluppo di nuove attività o servizi. Iniziative e spese ammissibili. Le spese, per essere ammissibili, non possono superare i 500.000,00 euro al netto d’iva, devono essere realizzate entro 24 mesi dalla concessione e devono riguardare:
  • Immobilizzazioni materiali, quali impianti, macchinari, e attrezzature. Sono esclusi i beni usati;
  • Immobilizzazioni immateriali, quali licenze d’uso o brevetti;
  • Opere murarie, nel limite del 10% delle spese ammissibili;
  • Capitale circolante, nel limite del 50% delle spese precedenti. Per capitale circolante si intende le spese relative a materie prime, affitti, servizi di carattere ordinario, spese del personale
Nel caso di imprese non creative che necessitano di un supporto per lo sviluppo creativo, le spese ammissibili devono riguardare interventi volti all’introduzione di innovazioni di prodotto o di processo oppure l’ammodernamento dell’organizzazione aziendale. I servizi devono essere erogati da “imprese creative” e devono rientrare nei settori dello sviluppo del marketing, del brand o nella valorizzazione di design e design industriale. Entità dell’agevolazione. L’agevolazione è pari all’80% delle spese ammissibili, ed è così suddivisa:
  • 40% a fondo perduto;
  • 40% finanziamento agevolato a un tasso pari a zero e di durata pari a dieci anni.
Solamente nel caso di imprese non creative che necessitano di un supporto per lo sviluppo creativo, l’agevolazione dell’80% è interamente a fondo perduto, e comunque per un importo massimo pari ad euro 10.000,00. Scadenze per la domanda di contributo. Compilazione della domanda di agevolazione. Per gli interventi riguardanti la nascita o il consolidamento delle imprese creative la compilazione della domanda può avvenire a partire dalle ore 10:00 del 20 giugno 2022. Per gli interventi per la collaborazione fra imprese creative e non, e per quelle che necessitano di supporto nel settore creativo, la compilazione della domanda può avvenire a partire dalle ore 10 del 6 settembre 2022. Invio della domanda di agevolazione. Le domande relative agli interventi per la nascita o il consolidamento delle imprese creative devono essere spedite a partire dalle ore 10.00 del 05 luglio 2022. Le domande relative agli interventi per la collaborazione fra imprese creative e non, e per quelle che necessitano di supporto nel settore creativo possono essere spedite a partire dal giorno 22 settembre 2022.       Notizie ImpreseOggi
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Regime forfettario: dal 01 luglio 2022 scatta l’obbligo della fatturazione elettronica ma non per tutti.

Dom, 29/05/2022 - 19:40
Finalmente dopo tanti annunci, l’obbligo della fatturazione elettronica per chi si avvale del regime forfettario diventa realtà. A stabilirlo è l’articolo 18 comma 1 e 2 del decreto legge 30 aprile 2022, n. 36, rubricato come “Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – numero 100 del 30.04.2022. Obbligo ma non per tutti. In perfetto stile italiano, però, l’obbligo c’è ma non per tutti. Infatti il comma 2 del citato articolo 18 stabilisce che, a partire dal 01 luglio 2022, sono tenuti ad adottare, la fatturazione elettronica i soggetti in regime forfettario e nel regime dei minimi che “nell'anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a euro 25.000”. Solo dal 01 gennaio 2024 l’obbligo è esteso a tutti i soggetti. Coloro i quali, invece, hanno aperto la partita iva nel 2022 non avranno l’obbligo di emettere la fattura elettronica dal 01 luglio 2022. L’obbligo scatterà nel 2023 nel caso in cui al 31.12.2022 abbiano superato i 25.000 euro di fatturato ragguagliati al periodo di apertura dell’attività. Esclusioni dall'obbligo di fatturazione elettronica. Il primo limite, quindi, all’adozione della fatturazione elettronica sta nel fatto di avere conseguito, nell’anno precedente (e cioè il 2021) ricavi o compensi superiori a euro 25.000. Il ragguaglio all’anno significa che se un soggetto, ad esempio, ha aperto la partita Iva a ottobre 2021, dovrà calcolare il limite per i 3/12 dello stesso (ottobre – novembre – dicembre). Nel caso, quindi, si dovranno emettere fatture nel formato elettronico se i ricavi lordi sono stati superiori ad euro 6.250,00. Il secondo limite, non esplicitato nel Decreto in commento ma dedotto dalla lettura delle norme attualmente in vigore, potrebbe riguardare, a prescindere dal fatturato realizzato nell’anno precedente, i soggetti che sono obbligati ad inviare i dati al Sistema Tessera Sanitaria, cioè sostanzialmente tutti gli esercenti le professioni sanitarie per le quali le relative prestazioni possono essere scaricate dalle dichiarazione dei redditi dei propri clienti. Infatti l’art. 10-bis del Decreto Legge 23 ottobre 2018, n. 119 stabilisce che per gli anni 2019, 2020, 2021 e 2022, “i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, […] non possono emettere fatture elettroniche […] con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria”. Al momento tale divieto di emissione della fattura elettronica vale solo per il 2022. Per cui, in caso di sua mancata proroga, dal 2023 anche per questi soggetti occorrerà procedere alla verifica del fatturato conseguito nel corso del 2022.  Conclusioni: chi sono i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica Per riepilogare, quindi, i soggetti che si avvalgono del regime forfettario e del regime dei minimi che sono tenuti, a far data dal 01 luglio 2022, ad emettere la fattura elettronica sono esclusivamente quelli che nell’anno precedente hanno avuto più di 25.000 euro di fatturato su base annua e che svolgono una professione “non sanitaria”. Per tutti gli altri l’obbligo scatterà a far data dal 01 gennaio 2024.  C'è da osservare, però, che l'effettiva entrata in vigore dell'obbligo della fatturazione è connesso alla conversione in legge del D.l. 36/2022, che non è scontata. Infatti alcune forze politiche hanno già presentato una serie di emendamenti volti al rinvio dell'introduzione dell'obbligo in commento o alla sua sostanziale modifica. Ovviamente solo l'approvazione definitiva della legge di conversione consentirà di avere la misura degli obblighi di fatturazione a carico dei contribuenti in regime forfettario.  Notizie ImpreseOggi
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Regime forfettario: dal 01 luglio 2022 scatta l’obbligo della fatturazione elettronica ma non per tutti.

Dom, 29/05/2022 - 19:40
Finalmente dopo tanti annunci, l’obbligo della fatturazione elettronica per chi si avvale del regime forfettario diventa realtà. A stabilirlo è l’articolo 18 comma 1 e 2 del decreto legge 30 aprile 2022, n. 36, rubricato come “Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – numero 100 del 30.04.2022. Obbligo ma non per tutti. In perfetto stile italiano, però, l’obbligo c’è ma non per tutti. Infatti il comma 2 del citato articolo 18 stabilisce che, a partire dal 01 luglio 2022, sono tenuti ad adottare, la fatturazione elettronica i soggetti in regime forfettario e nel regime dei minimi che “nell'anno precedente abbiano conseguito ricavi ovvero percepito compensi, ragguagliati ad anno, superiori a euro 25.000”. Solo dal 01 gennaio 2024 l’obbligo è esteso a tutti i soggetti. Coloro i quali, invece, hanno aperto la partita iva nel 2022 non avranno l’obbligo di emettere la fattura elettronica dal 01 luglio 2022. L’obbligo scatterà nel 2023 nel caso in cui al 31.12.2022 abbiano superato i 25.000 euro di fatturato ragguagliati al periodo di apertura dell’attività. Esclusioni dall'obbligo di fatturazione elettronica. Il primo limite, quindi, all’adozione della fatturazione elettronica sta nel fatto di avere conseguito, nell’anno precedente (e cioè il 2021) ricavi o compensi superiori a euro 25.000. Il ragguaglio all’anno significa che se un soggetto, ad esempio, ha aperto la partita Iva a ottobre 2021, dovrà calcolare il limite per i 3/12 dello stesso (ottobre – novembre – dicembre). Nel caso, quindi, si dovranno emettere fatture nel formato elettronico se i ricavi lordi sono stati superiori ad euro 6.250,00. Il secondo limite, non esplicitato nel Decreto in commento ma dedotto dalla lettura delle norme attualmente in vigore, potrebbe riguardare, a prescindere dal fatturato realizzato nell’anno precedente, i soggetti che sono obbligati ad inviare i dati al Sistema Tessera Sanitaria, cioè sostanzialmente tutti gli esercenti le professioni sanitarie per le quali le relative prestazioni possono essere scaricate dalle dichiarazione dei redditi dei propri clienti. Infatti l’art. 10-bis del Decreto Legge 23 ottobre 2018, n. 119 stabilisce che per gli anni 2019, 2020, 2021 e 2022, “i soggetti tenuti all'invio dei dati al Sistema tessera sanitaria, ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, […] non possono emettere fatture elettroniche […] con riferimento alle fatture i cui dati sono da inviare al Sistema tessera sanitaria”. Al momento tale divieto di emissione della fattura elettronica vale solo per il 2022. Per cui, in caso di sua mancata proroga, dal 2023 anche per questi soggetti occorrerà procedere alla verifica del fatturato conseguito nel corso del 2022.  Conclusioni: chi sono i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica Per riepilogare, quindi, i soggetti che si avvalgono del regime forfettario e del regime dei minimi che sono tenuti, a far data dal 01 luglio 2022, ad emettere la fattura elettronica sono esclusivamente quelli che nell’anno precedente hanno avuto più di 25.000 euro di fatturato su base annua e che svolgono una professione “non sanitaria”. Per tutti gli altri l’obbligo scatterà a far data dal 01 gennaio 2024.  C'è da osservare, però, che l'effettiva entrata in vigore dell'obbligo della fatturazione è connesso alla conversione in legge del D.l. 36/2022, che non è scontata. Infatti alcune forze politiche hanno già presentato una serie di emendamenti volti al rinvio dell'introduzione dell'obbligo in commento o alla sua sostanziale modifica. Ovviamente solo l'approvazione definitiva della legge di conversione consentirà di avere la misura degli obblighi di fatturazione a carico dei contribuenti in regime forfettario.  Notizie ImpreseOggi
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Lesioni stradali: ciclista assolto per mancanza di colpa in relazione al comportamento alternativo lecito

Dom, 20/03/2022 - 21:35
Il Giudice del Tribunale penale di Rimini il 13 settembre 2021 ha assolto un ciclista con la formula perché il fatto non costituisce reato ex art. 530 c.p.p., per il delitto previsto e punito dall’art. 590 bis, comma 1, c.p. Il caso L’imputato aveva fatto opposizione al decreto penale di condanna che lo aveva ritenuto responsabile per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché per la violazione dell’art. 154, commi 1 e 8 del Codice della Strada e di aver cagionato lesioni personali giudicate guaribili in oltre 40 giorni ad un altro cicloamatore con il quale era entrato in collisione. L’imputato, in sella ad una bicicletta, secondo il querelante, spostandosi all’interno della carreggiata sulla sinistra con l’intento di effettuare una svolta, aveva creato pericolo ed intralcio agli altri utenti della strada ed era entrato in collisione con il suo velocipede, che lo precedeva nel medesimo senso di marcia, facendolo poi rovinare al suolo. Il nostro studio legale avvalendosi di apposita consulenza tecnica di parte, ha dimostrato l’impossibilità per l’imputato di evitare l’impatto con l’altro velocipede. La sentenza In relazione all’illecito contestato risulta decisiva la completa verifica della causalità soggettiva in quanto, fra gli elementi connotanti l’addebito colposo, occorre sempre appurare, accanto alla concretizzazione del rischio che la regola cautelare violata nel caso specifico tende a prevenire e alla causalità della colpa, se un comportamento alternativo lecito avrebbe con buone probabilità scongiurato il danno (o, secondo altra impostazione, se avrebbe diminuito significativamente il rischio del danno verificatosi). Pertanto, attraverso l’analisi cinematica, la difesa ha potuto asserire che, con riferimento all’età del soggetto, alla natura del velocipede, al posizionamento dello stesso e soprattutto alla velocità più moderata rispetto a quella del velocipede condotto dalla potenziale persona offesa, l’imputato non sarebbe stato, in ogni caso, posto nelle condizioni di poter evitare l’evento lesivo prodottosi. Sulla base della suddetta ricostruzione fattuale sostenuta nel processo, il Tribunale è pervenuto all’assoluzione ritenendo pertanto “[…] che non vi sia piena prova che la violazione di tale regola cautelare sia stata da sé sola causale alla realizzazione del fatto e che si possa configurare un comportamento alternativo lecito che, nelle condizioni di fatto sopra descritte, avrebbe evitato l’evento. […]. In sostanza, il concorso di colpa – da intendersi come concorso di violazione di regole cautelari - , pur non potendo incidere sotto il profilo della causalità materiale, può incidere su quello della causalità della colpa e sulla rimproverabilità della condotta, allorché, come nel caso di specie, sia provato che il rispetto della regola cautelare non avrebbe con ragionevole probabilità evitato l’evento lesivo.” - Sent. di merito 1742 /2021 depositata il 30.11.2021 a firma del Giudice Dott. Luca Gessaroli, Tribunale di Rimini, sezione penale. Notizie Newsletter Grassi Benaglia Moretti, avvocati & commercialisti
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Lesioni stradali: ciclista assolto per mancanza di colpa in relazione al comportamento alternativo lecito

Dom, 20/03/2022 - 21:35
Il Giudice del Tribunale penale di Rimini il 13 settembre 2021 ha assolto un ciclista con la formula perché il fatto non costituisce reato ex art. 530 c.p.p., per il delitto previsto e punito dall’art. 590 bis, comma 1, c.p. Il caso L’imputato aveva fatto opposizione al decreto penale di condanna che lo aveva ritenuto responsabile per colpa, consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché per la violazione dell’art. 154, commi 1 e 8 del Codice della Strada e di aver cagionato lesioni personali giudicate guaribili in oltre 40 giorni ad un altro cicloamatore con il quale era entrato in collisione. L’imputato, in sella ad una bicicletta, secondo il querelante, spostandosi all’interno della carreggiata sulla sinistra con l’intento di effettuare una svolta, aveva creato pericolo ed intralcio agli altri utenti della strada ed era entrato in collisione con il suo velocipede, che lo precedeva nel medesimo senso di marcia, facendolo poi rovinare al suolo. Il nostro studio legale avvalendosi di apposita consulenza tecnica di parte, ha dimostrato l’impossibilità per l’imputato di evitare l’impatto con l’altro velocipede. La sentenza In relazione all’illecito contestato risulta decisiva la completa verifica della causalità soggettiva in quanto, fra gli elementi connotanti l’addebito colposo, occorre sempre appurare, accanto alla concretizzazione del rischio che la regola cautelare violata nel caso specifico tende a prevenire e alla causalità della colpa, se un comportamento alternativo lecito avrebbe con buone probabilità scongiurato il danno (o, secondo altra impostazione, se avrebbe diminuito significativamente il rischio del danno verificatosi). Pertanto, attraverso l’analisi cinematica, la difesa ha potuto asserire che, con riferimento all’età del soggetto, alla natura del velocipede, al posizionamento dello stesso e soprattutto alla velocità più moderata rispetto a quella del velocipede condotto dalla potenziale persona offesa, l’imputato non sarebbe stato, in ogni caso, posto nelle condizioni di poter evitare l’evento lesivo prodottosi. Sulla base della suddetta ricostruzione fattuale sostenuta nel processo, il Tribunale è pervenuto all’assoluzione ritenendo pertanto “[…] che non vi sia piena prova che la violazione di tale regola cautelare sia stata da sé sola causale alla realizzazione del fatto e che si possa configurare un comportamento alternativo lecito che, nelle condizioni di fatto sopra descritte, avrebbe evitato l’evento. […]. In sostanza, il concorso di colpa – da intendersi come concorso di violazione di regole cautelari - , pur non potendo incidere sotto il profilo della causalità materiale, può incidere su quello della causalità della colpa e sulla rimproverabilità della condotta, allorché, come nel caso di specie, sia provato che il rispetto della regola cautelare non avrebbe con ragionevole probabilità evitato l’evento lesivo.” - Sent. di merito 1742 /2021 depositata il 30.11.2021 a firma del Giudice Dott. Luca Gessaroli, Tribunale di Rimini, sezione penale. Notizie Newsletter Grassi Benaglia Moretti, avvocati & commercialisti
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Decreto Sostegni Ter: nuovi aiuti per le imprese turistiche, i commercianti, i ristoranti, parchi tematici e di divertimento

Gio, 10/02/2022 - 00:16
Con il Decreto Legge 27 gennaio 2022 n. 4, denominato Sostegni Ter, vengono introdotte alcune misure di sostegno a favore delle imprese colpite duramente dalla pandemia da Covid 19 e dalle successive chiusure e limitazioni. Misure di sostegno per le attività chiuse. L’art. 1 del D.L. 4/2022  prevede per le imprese o i professionisti destinatarie di misure di chiusura o sospensione dell’attività fino al 31 gennaio 2022 la sospensione dei versamenti delle ritenute alla fonte, delle trattenute fiscali e dell’Iva per il mese di gennaio 2022. I versamenti potranno essere effettuati, senza sanzioni o interessi entro il giorno 16 settembre 2022. Fondo Sostegni ter per le attività di commercio al dettaglio L’art. 2 del D.L. 4/2022 introduce un fondo di sostegno per le imprese che svolgono attività di commercio al dettaglio. In particolare le imprese che vogliono beneficiare di questo fondo devono rientrare nei seguenti codici Ateco:  47.19, 47.30, 47.43, tutte le attività dei gruppi 47.5 e 47.6, 47.71, 47.72, 47.75, 47.76, 47.77, 47.78, 47.79, 47.82, 47.89 e 47.99. Possono richiedere beneficio tutti le imprese che hanno registrato un ammontare di ricavi nel 2019 inferiore ai due milioni di euro e che hanno subito, nel 2021, un calo del fatturato di almeno il 30% rispetto a quello conseguito nel 2019. Il contributo sarà calcolato applicando una percentuale alla differenza fra i ricavi medi mensili del 2021 e quelli medi mensili del 2019. Le percentuali saranno le seguenti:
  • 60%, per i soggetti con ricavi 2019 inferiori a 400.000 €;
  • 50%, per i soggetti con ricavi 2019 superiori a 400.000 € e fino a 1 milione di €;
  • 40%, per i soggetti con ricavi 2019 superiori a 1 milione di € e fino a 2 milioni di €.
Con provvedimento successivo saranno definite le modalità per la richiesta del contributo. Fondo Sostegni Ter per attività di wedding, parchi tematici, ristoranti, bar, piscine, organizzazione di feste e cerimonie. L’art. 3 del D.L. 4/22 prevede un sostegno a favore delle imprese che operano nel settore del wedding, dell’intrattenimento, dell’Horeca. In particolare le attività incentivate sono quelle dei parchi tematici, acquari, parchi geologici e giardini zoologici, bar, ristoranti piscine e organizzazione di feste e cerimonie. Condizione per accedere agli aiuti è quella di avere subito nell’anno 2021 una riduzione, rispetto al 2019, pari ad almeno il  40% del fatturato. Nel caso di imprese costituite nel 2020, il calo del fatturato del 2021 dovrà essere confrontato con il calo medio mensile conseguito nel 2020, riparametrato per i giorni di apertura nel primo anno. Sempre nell'art. 3 è riconosciuto un credito di imposta sulle rimanenze finali di magazzino nel settore tessile, della moda e degli accessori per l'esercizio in corso al 31.12.2021, anche alle imprese che operano nel settore del commercio dei prodotti tessili, della moda, del calzaturiero e della pelletteria. Queste imprese devono svolgere attività che rientrano nei seguenti codici Ateco: 47.51, 47.71, 47.72 Anche in questo caso con provvedimento successivo saranno definite le modalità per la richiesta del contributo. Credito d’imposta in favore di imprese turistiche per canoni di locazione di immobili L’art. 5 del D.L. 4/2022 resuscita il credito di imposta per le imprese del settore turistico previsto dall'art. 28 del D.L. Rilancio 2020. Il credito è riconosciuto per i mesi di gennaio, febbraio, e marzo 2022. La condizione per la sua fruizione è aver subito un calo del fatturato nel mese di riferimento del 2022 di almeno il 50% rispetto allo stesso mese dell’anno 2019. Notizie ImpreseOggi
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Decreto Sostegni Ter: nuovi aiuti per le imprese turistiche, i commercianti, i ristoranti, parchi tematici e di divertimento

Gio, 10/02/2022 - 00:16
Con il Decreto Legge 27 gennaio 2022 n. 4, denominato Sostegni Ter, vengono introdotte alcune misure di sostegno a favore delle imprese colpite duramente dalla pandemia da Covid 19 e dalle successive chiusure e limitazioni. Misure di sostegno per le attività chiuse. L’art. 1 del D.L. 4/2022  prevede per le imprese o i professionisti destinatarie di misure di chiusura o sospensione dell’attività fino al 31 gennaio 2022 la sospensione dei versamenti delle ritenute alla fonte, delle trattenute fiscali e dell’Iva per il mese di gennaio 2022. I versamenti potranno essere effettuati, senza sanzioni o interessi entro il giorno 16 settembre 2022. Fondo Sostegni ter per le attività di commercio al dettaglio L’art. 2 del D.L. 4/2022 introduce un fondo di sostegno per le imprese che svolgono attività di commercio al dettaglio. In particolare le imprese che vogliono beneficiare di questo fondo devono rientrare nei seguenti codici Ateco:  47.19, 47.30, 47.43, tutte le attività dei gruppi 47.5 e 47.6, 47.71, 47.72, 47.75, 47.76, 47.77, 47.78, 47.79, 47.82, 47.89 e 47.99. Possono richiedere beneficio tutti le imprese che hanno registrato un ammontare di ricavi nel 2019 inferiore ai due milioni di euro e che hanno subito, nel 2021, un calo del fatturato di almeno il 30% rispetto a quello conseguito nel 2019. Il contributo sarà calcolato applicando una percentuale alla differenza fra i ricavi medi mensili del 2021 e quelli medi mensili del 2019. Le percentuali saranno le seguenti:
  • 60%, per i soggetti con ricavi 2019 inferiori a 400.000 €;
  • 50%, per i soggetti con ricavi 2019 superiori a 400.000 € e fino a 1 milione di €;
  • 40%, per i soggetti con ricavi 2019 superiori a 1 milione di € e fino a 2 milioni di €.
Con provvedimento successivo saranno definite le modalità per la richiesta del contributo. Fondo Sostegni Ter per attività di wedding, parchi tematici, ristoranti, bar, piscine, organizzazione di feste e cerimonie. L’art. 3 del D.L. 4/22 prevede un sostegno a favore delle imprese che operano nel settore del wedding, dell’intrattenimento, dell’Horeca. In particolare le attività incentivate sono quelle dei parchi tematici, acquari, parchi geologici e giardini zoologici, bar, ristoranti piscine e organizzazione di feste e cerimonie. Condizione per accedere agli aiuti è quella di avere subito nell’anno 2021 una riduzione, rispetto al 2019, pari ad almeno il  40% del fatturato. Nel caso di imprese costituite nel 2020, il calo del fatturato del 2021 dovrà essere confrontato con il calo medio mensile conseguito nel 2020, riparametrato per i giorni di apertura nel primo anno. Sempre nell'art. 3 è riconosciuto un credito di imposta sulle rimanenze finali di magazzino nel settore tessile, della moda e degli accessori per l'esercizio in corso al 31.12.2021, anche alle imprese che operano nel settore del commercio dei prodotti tessili, della moda, del calzaturiero e della pelletteria. Queste imprese devono svolgere attività che rientrano nei seguenti codici Ateco: 47.51, 47.71, 47.72 Anche in questo caso con provvedimento successivo saranno definite le modalità per la richiesta del contributo. Credito d’imposta in favore di imprese turistiche per canoni di locazione di immobili L’art. 5 del D.L. 4/2022 resuscita il credito di imposta per le imprese del settore turistico previsto dall'art. 28 del D.L. Rilancio 2020. Il credito è riconosciuto per i mesi di gennaio, febbraio, e marzo 2022. La condizione per la sua fruizione è aver subito un calo del fatturato nel mese di riferimento del 2022 di almeno il 50% rispetto allo stesso mese dell’anno 2019. Notizie ImpreseOggi
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Bando Ristori 3 Emilia Romagna: la Regione in aiuto delle imprese colpite dalla crisi del COVID – 19.

Mer, 09/02/2022 - 23:20
La Regione Emilia Romagna, per tramite di Unioncamere Regionale che ne è il soggetto gestore, ha aperto il Bando Ristori 3 che prevede l’erogazione di contributi forfettari a favore delle imprese maggiormente colpite dalla pandemia Covid 19 e dalle successive chiusure o restrizioni. Il Bando è composto da due distinte linee di finanziamento
  • Linea A, a favore delle imprese turistiche dei comprensori sciistici;
  • Linea B, a favore di tutte le altre tipologie di imprese.
LINEA A. I beneficiari. Le imprese che vogliono accedere al contributo per la linea A devono possedere i seguenti requisiti:
  • avere sede legale o unità locale nei Comuni della Regione Emilia Romagna che rientrano nell’ambito dei comprensori sciistici, così come indicati all’Allegato A del bando;
  • essere iscritte, alla data del 23 marzo 2021, alla Camera di Commercio con un codice Ateco primario o prevalente rientranti tra quelli elencati all’Allegato B del bando;
  • essere attive alla data di presentazione della domanda;
  • avere subito un calo di fatturato superiore al 30% nel periodo compreso fra il primo novembre 2020 e il trenta aprile 2021, rispetto al periodo primo novembre 2018 – 30 aprile 2019. Per le imprese iscritte alla Camera di Commercio ed attivate successivamente alla data del 01 novembre 2018 ed entro la data del 23 marzo 2021 non si verifica il calo del fatturato;
  • non essere alla data del 31 dicembre 2019 in stato di difficoltà così come definito dalla norme europee;
  • il rappresentate legale non deve essere stato destinatario di misura di restrizione in base alle norme antimafia;
  • essere in regola, alla data del 23 giugno 2022, con gli obblighi contributivi e, cioè, che abbiano un DURC regolare.
Misura del contributo a fondo perduto per le imprese rientranti nella Linea A. Il contributo forfettario previsto per le imprese che rientrano nella Linea A è di euro 3.000,00. Qualora il numero di domande sia superiore alle risorse a disposizione il contributo sarà ridotto e ripartito su tutti i soggetti che hanno presentato la richiesta.   LINEA B. Settori ammessi al contributo. Le imprese che possono accedere al contributo a fondo perduto della Linea B sono quelle che operano nei seguenti settori:
  1. Trasporto turistico di persone mediante autobus coperti;
  2. Parchi tematici, acquari, parchi geologici e giardini zoologici;
  3. Imprese che operano nel settore del wedding;
  4. Attività ricettive alberghiere ubicate in comuni con più di 30.000 abitanti;
  5. Imprese che operano nel settore del commercio al dettaglio o ambulante nel settore della moda;
  6. Sale bingo e scommesse;
  7. Discoteche e sale da ballo;
  8. Agriturismi;
  9. Imprese culturali;
  10. Imprese operanti nel settore dell’editoria.
I Beneficiari dei contributi della Linea B. Possono presentare domande le imprese, operanti nei suddetti settori che:
  • hanno sede legale o unità locale nella Regione Emilia Romagna;
  • sono iscritte alla Camera di Commercio competente alla data del 23 marzo 2021;
  • sono attive alla data di presentazione della domanda;
  • hanno subito un calo del fatturato nel 2020 di almeno il 30% rispetto a quello del 2019. Questa verifica non va fatta nel caso in cui l’impresa si sia costituita successivamente al 01 gennaio 2019;
  • alla data del 31 dicembre 2019 non si trovano in stato di difficoltà così come definito dalla norme europee;
  • hanno il rappresentate legale che non si trova nelle condizioni di essere destinatario di restrizione in base alle norme antimafia;
  • sono in regola, alla data del 23 giugno 2022, con gli obblighi contributivi e, cioè, che abbiano un DURC regolare.
Misura del contributo a fondo perduto della Linea B. L’entità del contributo, che è forfettario e quindi non è calcolato sulla base del calo del fatturato registrato, varia a seconda della tipologia dell’attività svolta. In particolare:
  1. Imprese operanti nel settore del rasporto turistico di persone mediante autobus coperti: euro 2.000,00;
  2. Imprese operanti nel settore dei parchi tematici, acquari, parchi geologici e giardini zoologici: euro 3.000,00;
  3. Imprese operanti nel settore del wedding: euro 3.000,00;
  4. Imprese che gestiscono attività ricettive alberghiere ubicate in comuni con più di 30.000 abitanti: euro 4.000,00;
  5. Imprese che operano nel settore del commercio al dettaglio o ambulante nel settore della moda: euro 3.000,00;
  6. Imprese che operano in sale bingo e scommesse: euro 3.000,00
  7. Imprese che gestiscono Discoteche e sale da ballo: euro 3.000,00
  8. Imprese che gestiscono Agriturismi: euro 2.000,00
  9. Imprese culturali: euro 4.000,00
  10. Imprese operanti nel settore dell’editoria: euro 4.000,00
Modalità di richiesta del contributo a fondo perduto per entrambe le Linee di finanziamento. Le domande potranno essere presentate dalle ore 10:00 del giorno 15 febbraio 2022 fino alle ore 12 del giorno 08 marzo 2022, esclusivamente in maniera telematica sul portale RESTART https://restart.infocamere.it Notizie ImpreseOggi
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Bando Ristori 3 Emilia Romagna: la Regione in aiuto delle imprese colpite dalla crisi del COVID – 19.

Mer, 09/02/2022 - 23:20
La Regione Emilia Romagna, per tramite di Unioncamere Regionale che ne è il soggetto gestore, ha aperto il Bando Ristori 3 che prevede l’erogazione di contributi forfettari a favore delle imprese maggiormente colpite dalla pandemia Covid 19 e dalle successive chiusure o restrizioni. Il Bando è composto da due distinte linee di finanziamento
  • Linea A, a favore delle imprese turistiche dei comprensori sciistici;
  • Linea B, a favore di tutte le altre tipologie di imprese.
LINEA A. I beneficiari. Le imprese che vogliono accedere al contributo per la linea A devono possedere i seguenti requisiti:
  • avere sede legale o unità locale nei Comuni della Regione Emilia Romagna che rientrano nell’ambito dei comprensori sciistici, così come indicati all’Allegato A del bando;
  • essere iscritte, alla data del 23 marzo 2021, alla Camera di Commercio con un codice Ateco primario o prevalente rientranti tra quelli elencati all’Allegato B del bando;
  • essere attive alla data di presentazione della domanda;
  • avere subito un calo di fatturato superiore al 30% nel periodo compreso fra il primo novembre 2020 e il trenta aprile 2021, rispetto al periodo primo novembre 2018 – 30 aprile 2019. Per le imprese iscritte alla Camera di Commercio ed attivate successivamente alla data del 01 novembre 2018 ed entro la data del 23 marzo 2021 non si verifica il calo del fatturato;
  • non essere alla data del 31 dicembre 2019 in stato di difficoltà così come definito dalla norme europee;
  • il rappresentate legale non deve essere stato destinatario di misura di restrizione in base alle norme antimafia;
  • essere in regola, alla data del 23 giugno 2022, con gli obblighi contributivi e, cioè, che abbiano un DURC regolare.
Misura del contributo a fondo perduto per le imprese rientranti nella Linea A. Il contributo forfettario previsto per le imprese che rientrano nella Linea A è di euro 3.000,00. Qualora il numero di domande sia superiore alle risorse a disposizione il contributo sarà ridotto e ripartito su tutti i soggetti che hanno presentato la richiesta.   LINEA B. Settori ammessi al contributo. Le imprese che possono accedere al contributo a fondo perduto della Linea B sono quelle che operano nei seguenti settori:
  1. Trasporto turistico di persone mediante autobus coperti;
  2. Parchi tematici, acquari, parchi geologici e giardini zoologici;
  3. Imprese che operano nel settore del wedding;
  4. Attività ricettive alberghiere ubicate in comuni con più di 30.000 abitanti;
  5. Imprese che operano nel settore del commercio al dettaglio o ambulante nel settore della moda;
  6. Sale bingo e scommesse;
  7. Discoteche e sale da ballo;
  8. Agriturismi;
  9. Imprese culturali;
  10. Imprese operanti nel settore dell’editoria.
I Beneficiari dei contributi della Linea B. Possono presentare domande le imprese, operanti nei suddetti settori che:
  • hanno sede legale o unità locale nella Regione Emilia Romagna;
  • sono iscritte alla Camera di Commercio competente alla data del 23 marzo 2021;
  • sono attive alla data di presentazione della domanda;
  • hanno subito un calo del fatturato nel 2020 di almeno il 30% rispetto a quello del 2019. Questa verifica non va fatta nel caso in cui l’impresa si sia costituita successivamente al 01 gennaio 2019;
  • alla data del 31 dicembre 2019 non si trovano in stato di difficoltà così come definito dalla norme europee;
  • hanno il rappresentate legale che non si trova nelle condizioni di essere destinatario di restrizione in base alle norme antimafia;
  • sono in regola, alla data del 23 giugno 2022, con gli obblighi contributivi e, cioè, che abbiano un DURC regolare.
Misura del contributo a fondo perduto della Linea B. L’entità del contributo, che è forfettario e quindi non è calcolato sulla base del calo del fatturato registrato, varia a seconda della tipologia dell’attività svolta. In particolare:
  1. Imprese operanti nel settore del rasporto turistico di persone mediante autobus coperti: euro 2.000,00;
  2. Imprese operanti nel settore dei parchi tematici, acquari, parchi geologici e giardini zoologici: euro 3.000,00;
  3. Imprese operanti nel settore del wedding: euro 3.000,00;
  4. Imprese che gestiscono attività ricettive alberghiere ubicate in comuni con più di 30.000 abitanti: euro 4.000,00;
  5. Imprese che operano nel settore del commercio al dettaglio o ambulante nel settore della moda: euro 3.000,00;
  6. Imprese che operano in sale bingo e scommesse: euro 3.000,00
  7. Imprese che gestiscono Discoteche e sale da ballo: euro 3.000,00
  8. Imprese che gestiscono Agriturismi: euro 2.000,00
  9. Imprese culturali: euro 4.000,00
  10. Imprese operanti nel settore dell’editoria: euro 4.000,00
Modalità di richiesta del contributo a fondo perduto per entrambe le Linee di finanziamento. Le domande potranno essere presentate dalle ore 10:00 del giorno 15 febbraio 2022 fino alle ore 12 del giorno 08 marzo 2022, esclusivamente in maniera telematica sul portale RESTART https://restart.infocamere.it Notizie ImpreseOggi
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Regime Forfettario: nessun obbligo di utilizzo della fattura elettronica.

Dom, 23/01/2022 - 18:24
Contrariamente alle notizie che circolano in questo periodo, ad oggi non vi è nessun obbligo per i coloro che si avvalgono del regime forfettario di utilizzare la fattura elettronica. L’equivoco è stata generato, molto probabilmente, dalla notizia apparsa nel mese di dicembre 2021, nella quale si dava conto del fatto che il nostro Paese aveva ottenuto dal Consiglio della Ue la possibilità di obbligare i contribuenti all'impiego della fattura elettronica fino a tutto il 2024, estendo tale obbligo anche a quelli forfettari, che in sede di prima applicazione ne erano stati esclusi. BREVE CRONISTORIA DELLA FATTURAZIONE ELETTRONICA. Un piccolo passo indietro è, quindi, necessario per capire i contorni della vicenda e l’equivoco nel quale molte persone sono cadute. L’obbligo, in generale, di utilizzo della fattura elettronica è una deroga ai principi generali che sovraintendono la disciplina IVA che, si ricorda, è una imposta di emanazione “europea”, la cui applicazione non è lasciata alla discrezione dei singoli Stati dell’Unione Europea, ma segue un rigido schema contenuto in una Direttiva Europea. Con una lettera inviata nel settembre 2017 il nostro Paese aveva chiesto di derogare la disciplina degli articoli 218 e 232 della Direttiva IVA che stabiliscono che ogni Stato è obbligato ad accettare le fatture sia formato cartaceo che elettronico e che l’impiego di quest’ultima forma può avvenire solo ed esclusivamente con il parere favorevole del destinatario. E' lapalissiano che l’imposizione dell’obbligo della fattura elettronica deroga le due citate disposizioni della Direttiva IVA, non essendo più possibile sostituirla, a discrezione di chi la riceve materialmente, con una in formato cartaceo. La deroga è stata chiesta in ottemperanza all'articolo 395 della direttiva Iva, ed è basato sul motivo evidente che tali strumenti informatici aiutano nella lotta contro l’evasione e contro l’elusione che affligge tale imposta nel nostro Paese. Con decisione del 05 aprile 2018 n. ST 6266 2018 COR 1 - 2018/0021 (NLE), il Consiglio Europeo ha concesso al nostro Stato la deroga richiesta limitandola fino al giorno 31.12.2021. In vista della scadenza, quindi, con lettera inviata alla Commissione Europea in data 31 marzo 2021, il nostro Governo ha richiesto una proroga della facoltà concessa, chiedendo altresì di estendere l’obbligo anche ai soggetti che “si avvalgono della franchigia per le piccole imprese di cui all'articolo 282 della direttiva IVA”, cioè i contribuenti in regime forfettario. Con decisione di esecuzione n. 2021/2251 del 13 dicembre 2021 il Consiglio Europeo ha accolto la richiesta avanzata dell’Italia e ha prorogato la possibilità di avvalersi dell’obbligo della fattura elettronica fino a tutto il 2024, estendendo tale facoltà anche ai contribuenti in regime forfettario. ENTRATA IN VIGORE DELL’OBBLIGO. Ad oggi, quindi, l'Italia può obbligare i contribuenti forfettari ad utilizzare solo ed esclusivamente le fatture elettroniche. Però non l'ha ancora materialmente fatto, perchè il Governo o il Parlamento non hanno emanato norme in tal senso. Quindi, tutti i contribuenti possono continuare ad emettere le fatture in formato cartaceo, rifacendosi alle leggi vigenti. Si può osservare che, nel nostro ordinamento, al momento il contribuente in regime forfettario che vuole, non essendone per quanto detto sopra obbligato, utilizzare comunque la fattura elettronica ha il vantaggio di vedersi ridotto di un anno il termine di decadenza per l'accertamento fiscale.
Resteranno, comunque, esclusi dall'obbligo della fatturazione elettronica, a prescindere dal regime adottato, i contribuenti che inviano i dati al Sistema Tessera Sanitario. Nulla cambia, invece, per i contribuenti in regime forfettario che emettono lo scontrino fiscale: in questo caso l'obbligo di scontrino telematico continua ad essere in vigore anche per il 2022.   Notizie ImpreseOggi
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Regime Forfettario: nessun obbligo di utilizzo della fattura elettronica.

Dom, 23/01/2022 - 18:24
Contrariamente alle notizie che circolano in questo periodo, ad oggi non vi è nessun obbligo per i coloro che si avvalgono del regime forfettario di utilizzare la fattura elettronica. L’equivoco è stata generato, molto probabilmente, dalla notizia apparsa nel mese di dicembre 2021, nella quale si dava conto del fatto che il nostro Paese aveva ottenuto dal Consiglio della Ue la possibilità di obbligare i contribuenti all'impiego della fattura elettronica fino a tutto il 2024, estendo tale obbligo anche a quelli forfettari, che in sede di prima applicazione ne erano stati esclusi. BREVE CRONISTORIA DELLA FATTURAZIONE ELETTRONICA. Un piccolo passo indietro è, quindi, necessario per capire i contorni della vicenda e l’equivoco nel quale molte persone sono cadute. L’obbligo, in generale, di utilizzo della fattura elettronica è una deroga ai principi generali che sovraintendono la disciplina IVA che, si ricorda, è una imposta di emanazione “europea”, la cui applicazione non è lasciata alla discrezione dei singoli Stati dell’Unione Europea, ma segue un rigido schema contenuto in una Direttiva Europea. Con una lettera inviata nel settembre 2017 il nostro Paese aveva chiesto di derogare la disciplina degli articoli 218 e 232 della Direttiva IVA che stabiliscono che ogni Stato è obbligato ad accettare le fatture sia formato cartaceo che elettronico e che l’impiego di quest’ultima forma può avvenire solo ed esclusivamente con il parere favorevole del destinatario. E' lapalissiano che l’imposizione dell’obbligo della fattura elettronica deroga le due citate disposizioni della Direttiva IVA, non essendo più possibile sostituirla, a discrezione di chi la riceve materialmente, con una in formato cartaceo. La deroga è stata chiesta in ottemperanza all'articolo 395 della direttiva Iva, ed è basato sul motivo evidente che tali strumenti informatici aiutano nella lotta contro l’evasione e contro l’elusione che affligge tale imposta nel nostro Paese. Con decisione del 05 aprile 2018 n. ST 6266 2018 COR 1 - 2018/0021 (NLE), il Consiglio Europeo ha concesso al nostro Stato la deroga richiesta limitandola fino al giorno 31.12.2021. In vista della scadenza, quindi, con lettera inviata alla Commissione Europea in data 31 marzo 2021, il nostro Governo ha richiesto una proroga della facoltà concessa, chiedendo altresì di estendere l’obbligo anche ai soggetti che “si avvalgono della franchigia per le piccole imprese di cui all'articolo 282 della direttiva IVA”, cioè i contribuenti in regime forfettario. Con decisione di esecuzione n. 2021/2251 del 13 dicembre 2021 il Consiglio Europeo ha accolto la richiesta avanzata dell’Italia e ha prorogato la possibilità di avvalersi dell’obbligo della fattura elettronica fino a tutto il 2024, estendendo tale facoltà anche ai contribuenti in regime forfettario. ENTRATA IN VIGORE DELL’OBBLIGO. Ad oggi, quindi, l'Italia può obbligare i contribuenti forfettari ad utilizzare solo ed esclusivamente le fatture elettroniche. Però non l'ha ancora materialmente fatto, perchè il Governo o il Parlamento non hanno emanato norme in tal senso. Quindi, tutti i contribuenti possono continuare ad emettere le fatture in formato cartaceo, rifacendosi alle leggi vigenti. Si può osservare che, nel nostro ordinamento, al momento il contribuente in regime forfettario che vuole, non essendone per quanto detto sopra obbligato, utilizzare comunque la fattura elettronica ha il vantaggio di vedersi ridotto di un anno il termine di decadenza per l'accertamento fiscale.
Resteranno, comunque, esclusi dall'obbligo della fatturazione elettronica, a prescindere dal regime adottato, i contribuenti che inviano i dati al Sistema Tessera Sanitario. Nulla cambia, invece, per i contribuenti in regime forfettario che emettono lo scontrino fiscale: in questo caso l'obbligo di scontrino telematico continua ad essere in vigore anche per il 2022.   Notizie ImpreseOggi
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