«Dai, uno di questi giorni ci sentiamo che mi spieghi un po' come si fa un blog». Qualche volta capita di sentirmi rivolgere questa domanda. Magari più per anzianità di servizio (il primo post su La casa di Kikko, il mio primo blog, è del 2003), che per meriti sul campo (se li contate, i testi, sono davvero pochini). E qualche volta mi capita di proporlo, a qualche amico o amica che leggo sui social network per i loro testi arguti o divertenti, o per le competenze che hanno costruito nei più disparati campi applicativi. Sta di fatto che la lampadina appena accesa del desiderio, nell'interlocutore, comincia a calare di luminosità quando si chiede se sarà difficile da gestire. La risposta giusta, sarebbe: «se non si va non si vede». Ma non ho voglia di incrociare uno sguardo tra l'interrogativo e il «ma sei scemo»?
La prima cosa che suggerisco è di provare. Davvero, nel campo della scrittura, «se non si va non si vede», come dice il protagonista di Domani accadrà, bel film d'esordio dello scomparso Daniele Luchetti. Se apri un blog per diletto, per sistematizzare un desiderio di espressione che hai dentro, è solo il tempo la cartina al tornasole del tuo interesse, delle tue capacità non solo letterarie ma di confronto con la realtà dei lettori. Poi, chi ha più filo da tessere tesserà di più. Ma qui entriamo già in un altro discorso.
Un altro aspetto, non secondario, è che spesso affidiamo i nostri pensieri – ma anche le nostre azioni - ai social network, Facebook in particolare, ma anche LinkedIn. Lì riversiamo una grande quantità di informazioni che ci riguardano. Alcune superficiali, altre invece un po' più profonde e articolate. E queste ultime, come le altre, finiscono per scomparire nella timeline quotidiana, inghiottite dai database di una compagnia oltreoceano e da un sistema che non ti permette con facilità di rileggere il passato. Anche perché non sono indicizzati dai motori di ricerca. Inoltre Facebook, e i lettori di Fb, non amano i testi lunghi. E' il regno dell'effimero, delle immagini. Ma è anche un piccolo arcipelago nella Rete che ci siamo costruiti contatto dopo contatto, che difficilmente si allarga oltre gli isolotti racchiusi nel nostro orizzonte, le nostre placide acque territoriali. Un blog, o un sito, vive invece nell'oceano che comprende il nostro e tanti altri arcipelaghi, un oceano che fornisce agli utenti di Facebook notizie, link, testi, immagini. Per questo credo di non dare un cattivo consiglio a chi se la cava con le parole di alimentare con un blog e i suoi post (e quindi se stesso, in definitiva) prima l'oceano, poi di condividere con il proprio arcipelago ciò che si è pubblicato. C'è una bella differenza, no?
La seconda cosa che suggerisco è: iniziare con un servizio gratuito. Meglio se con wordpress.com. L'aspetto tecnico spaventa le persone, forse perché è un mondo sconosciuto. Meglio quindi iniziare con qualcosa di relativamente semplice. Io propongo wordpress.com perché è amichevole nell'approccio, chiaro e perché il sistema che utilizza – wordpress - nel corso degli ultimi anni è diventato anche da noi uno standard diffuso e di ottimo livello, utilizzato sia da privati per il proprio blog sia da web house per creare siti di aziende, di associazioni, di liberi professionisti e chi più ne ha più ne metta. Fino a qualche anno fa ogni azienda di produzione siti si «inventava la propria ruota»: ciascuno creava il proprio sito - più o meno con gli stessi servizi: creare news, pagine statiche, calendari di eventi - sviluppando codice e layout in solitaria. Mentre all'estero da tempo i tecnici socializzano le loro competenze in una comunità per sviluppare un unico strumento per gestire i contenuti del sito quanto più duttile possibile, che ciascuno poi personalizza nei servizi erogati e nella grafica. Ora che anche in Italia questa prassi si è consolidata, “buttare sù” un sito in wordpress è relativamente semplice o relativamente economico se lo fa qualcun altro per te. Se la propria voglia di bloggare si consolida in una proposta editoriale stabile e interessante, forse è il caso di acquistare un dominio e di migrare il blog di prova in un blog (o un sito) proprio. E il travaso dei contenuti da wordpress.com alla tua nuova creatura diventa un gioco da ragazzi. Da far crescere e condividere sui social network. Come si fa a farlo crescere? Una risposta alla volta: la linea editoriale la discutiamo al prossimo post.